FROTTOLA
. Componimento poetico, la cui caratteristica è l'affastellamento (lat. medievale frocta) di pensieri e fatti bizzarri e strani senza nesso e quasi talvolta senza senso, in un metro irregolare per il succedersi a caso di versi di varia misura, e per la rima qua e là risonante senza ordine prestabilito. Tali furono le frottole più antiche che ebbero un carattere popolare e ritraevano scene di gioco, zuffe e battaglie. Di esse non si è conservata nessuna, ma possiamo averne un'idea da quelle, che ne sono un'imitazione, di Francesco di Vannozzo, di Franco Sacchetti, le quali pur tra i motti e le facezie spesso ammaestrano, sempre però col solito disordine di metro e di pensieri. Sulla fine del sec. XIV e nel sec. XV la frottola assunse un carattere letterario e forse fu il primo il Petrarca a tentar di nobilitare un tal componimento. Ne composero fra altri Antonio da Ferrara e Fazio degli Uberti. Le frottole letterarie, altrimenti chiamate motti confetti, sono, oltre che morali, politiche e satiriche, e spesso consistono in vere filastrocche di proverbî e motti sentenziosi in versi settenarî rimati a coppia, o settenarî, quinarî ed endecasillabi o endecasillabi con rimalmezzo.
Esempî di frottole: A. Medin, Le Rime di Francesco di Vannozzo, Bologna 1928, pp. 100, 137, 240; le frottole di Fr. Sacchetti sono inedite nel codice autografo conservato a Firenze; quella del Petrarca in A. Solerti, Rime disperse di F. Petrarca o a lui attribuite, Firenze 1909, p. 269; frottole di A. da Ferrara in E. Levi, Poesia di popolo e poesia di corte nel trecento, Livorno 1915, pp. 115 segg.; R. Renier, Liriche edite e inedite di Fazio degli Uberti, Firenze 1883, pp. 163, 191.
La frottola musicale. - Lo stesso nome di frottola (villotta, villanella, strambotto) ebbe una composizione musicale, per lo più a quattro voci, di genere popolaresco, copiosamente fiorita in Italia sulla fine del sec. XV. Da essa uscì, verso il 1530, il più artistico madrigale polifonico, mentre la Villotta e la Villanella continuarono, lungo il sec. XVI, il genere al quale la frottola appartiene. La frottola passò poi, sullo scorcio del'400, dalle piazze e dai trivî nelle aule dei signori, verseggiata da rimatori di mestiere, musicata da uno stuolo di compositori italiani venuti, con gusto proprio e con tecnica propria, a porsi in linea accanto ai maestri polifonisti di scuola franco-fiamminga. Salì allora la frottola in auge e portò nel mondo elegante la disinvolta e leggera spigliatezza dei metri briosi del popolo mescolata con le strane lambiccature, le immagini esagerate, le arguzie sottilmente ingegnose con le quali quei rimatori cercarono di rinvigorire la lirica d'arte, esausta per l'abuso dell'imitazione petrarchesca. Ma, per quanto grande fosse la dose dei nuovi ingredienti propinatile dal gusto del tempo, non per questo la frottola perdette le impronte derivate dalle sue origini popolari. Il suo nome divenne anzi termine generico sotto il quale eran comprese le barzellette nell'Italia superiore, le canzoni a ballo in Toscana, le canzoni per canto nel mezzogiorno. Lo schema metrico della frottola fu identico a quello della ballata, per cui fu chiamata anche piccola ballata popolare. Era quindi composta della ripresa, seguita dalle mutazioni e dalla volta. Ma è da osservare che la frottola si distingue dalla ballata in questo: in primo luogo nella volta della frottola vengono assai spesso ripetute più d'una delle rime della ripresa, ed i compositori vi riproducono talvolta dei frammenti di canzoni popolari; in secondo luogo la frottola è sempre di soli versi ottonarî.
Ottaviano de' Petrucci da Fossombrone, appena ebbe inventato la stampa musicale a tipi mobili metallici, fece seguire (a cominciare dal 1504) alle sue prime impressioni di canzoni francesi e di musiche sacre una serie di ben undici libri di frottole, comprendendo nella raccolta Odi, Strambotti - col noto schema di tre distici a rima alternata e di uno a rima baciata - Capitoli, Sonetti: forme che, rivestite dalle musiche di una pleiade di compositori, per i concetti versati nei testi poetici ed il genere di musica a quattro parti col quale si accompagnano, appartengono, come la frottola, al genere chiamato popolaresco.
La grande diffusione avuta da questa lirica richiama i costumi delle corti italiane, ove essa incontrò il generale gradimento e godette il favore anche degli spiriti colti, sia che risonasse nel canto monodico accompagnato sul liuto dei poeti-canterini, sia che ricevesse i testi dai rimatori cortigiani e le musiche a più voci dai compositori di mestiere, aulici in parte anch'essi. Fra i poeti-canterini sono da ricordare, in Napoli, il Cariteo; in Roma, Serafino Aquilano, imitato a Milano dal Cossa e a Pavia dal Testagrossa.
Ma l'importanza musicale della frottola, dello strambotto, dell'ode, del capitolo, sarebbe stata minima dal punto di vista dell'arte se il favoie incontrato ovunque non li avesse fatti cadere nelle mani di musicisti abbastanza addestrati nel contrappunto, i quali ne fecero un genere musicale a sé, distinto dalla polifonia a cappella. A differenza dei franco-fiamminghi, quei musicisti trovarono per essi la veste polifonica adatta a porne in evidenza il carattere popolaresco. Componendoli a quattro parti, essi si servirono di preferenza dell'omofonia; non tennero che raramente conto dell'imitazione canonica; seguirono esattamente gli schemi metrici della poesia, e si limitarono a comporre solo la prima strofa dei componimenti pluristrofici ed il primo distico dello strambotto. Il ritmo musicale delle loro frottole, in tempi in cui l'alta polifonia non conosceva ancora l'accentuazione periodica della composizione, riprodusse allora in sé il ritmo poetico, talché dal trocaico andamento dell'ottonario della frottola derivò lo stereotipo omofono periodare dei frottolisti: periodare comune a tutta la musica popolare e popolaresca che, accompagnandosi in Spagna ai Villancicos ed alle Canciones, in Italia ai Maggi ed alle Mascherate, alle Laudi ed alle Ballatelle, si servì dell'ottonario. Infine, per non perdere i contatti con l'altra frottola monodica dei poeti-canterini, la frottola polifonica si prestò a trasformarsi in monodica anch'essa ogni volta che ne veniva cantata la parte soprana, lasciando che le parti sottostanti fossero eseguite strumentalmente sopra il liuto od altro strumento. Ciò concorse a rafforzare il senso armonistico determinato dall'ordinato ritmico periodare dell'omofonia procedente per accordi di posa alternati ad accordi di moto.
Ecco un frammento musicale della frottola di M. Cara:
Come in questo caso, generalmente i versi della ripresa sono interamente musicati e soltanto il quarto di essi richiama, a motivo della rima, lo spunto iniziale del primo verso. Nell'ottava, cioè nella stanza che segue la ripresa, la musica della prima mutazione è ritornellata sulla seconda, e mentre è nuova la melodia accompagnante i primi due versi della volta, quella dei secondi due ripete, coi versi, la musica della ripresa.
Le composizioni dei frottolisti settentrionali posseggono affinità formali e stilistiche con certa lirica spagnola dell'ultimo '400, della quale si trova un cospicuo numero di saggi nel Cancionero musical, compilato nella prima metà del 1500 da Juan del Encina. Tali affinità richiamano i rapporti esistenti fra le varie corti d'Italia, per cui i due più fecondi rimatori di frottole, Gaspare Visconti e Galeotto del Carretto, mandati a Napoli da Lodovico il Moro, poterono bene conoscere quella lirica, certamente diffusa presso la corte aragonese e, scrivendo testi italiani d'ugual metro, farsene zelatori a Milano e a Mantova, ove un'altra Isabella concedeva la sua familiarità ai veronesi Cara e Tromboncino.
La grande copia di frottole e di composizioni liriche affini conservate in manoscritti, nelle raccolte a stampa del Petrucci e nelle trascrizioni per una voce con intavolatura di liuto fatte apparire da Franciscus Bossinensis nel 1509, dimostra come la frottola italiana si sia affermata come una forma lirica nazionale, che prese posizione di fronte alla più dotta e aristocratica canzone polifonica francese, coltivata dai maestri stranieri nello stile a cappella. Conquistato quel terreno, la frottola si dimostrò capace anche di conservarlo, non tanto per sé, quanto per quella forma lirica che nel '500 uscì da essa col nome di Madrigale. Nella frottola musicale stavano quindi già, in potenza, quelle energie di ritmo e di armonia conferenti alla musica della frottola un aspetto rivoluzionario nei confronti del polifonismo franco-fiammingo, il quale negava invece la costruzione periodica accentata ed aveva le sue radici armoniche nell'antica tonalità ecclesiastica.
I luoghi ove la frottola venne più coltivata furono, nel settentrione, Milano, Mantova, Verona, Ferrara, Padova e Venezia. A queste città appartengono i più noti compositori di frottole, quali furono i citati Marchetto Cara e Bartolomeo Tromboncino, veronesi come Michele Pesenti, Giorgio Porta, Antonio Rossetti e il Cesena, ma lungamente residenti alla corte dei Gonzaga in Mantova; mantovano invece fu il Rossino, lodigiano Pietro da Lodi, bresciano il Capreoli, padovani lo Stringario, Nicolò Pifaro e Onofrio Antenoreo, veneziano Francesco d'Ana organista in S. Marco. Composero frottole eruditi come Lodovico Fogliani e Pietro Aron, e due frottole compose pure il grande fiammingo Josquin Després (In te Domine speravi, El grillo è bon cantore), citato nel I e II libro delle raccolte petrucciane col nome di Josquin d'Ascanio. Le due frottole registrate nell'indice del IV libro, raccolte dallo stesso Petrucci sotto il nome dell'altro notevole contrappuntista Loyset Compère, non sono che saggi di stile canonico, svolti sui temi delle due popolari canzoni: Scaramella fa la galla, Che fa la ramacina.
Dal primo libro di frottole pubblicato dal Petrucci all'undecimo, si constata uno sforzo progressivo per uscire dalla morta gora del più sciatto frottolismo, per passare all'adozione di più nobili testi poetici e superare quelle difficoltà tecniche che ancora separavano i compositori nazionali di frottole dagli altri stranieri. Molte frottole mostrano stilistiche espressive che diventeranno proprie dello stile madrigalesco. Che se l'endecasillabo dello strambotto favorì, più dell'ottonario della frottola, lo snodo dei periodi melismatici e delle imitazioni e la distribuzione delle cadenze in meno sistematico ordine, non si può escludere che anche la frottola si sia servita di maniere melodiche fuori da quelle usate più comunemente.
Già nelle prime frottole stampate dal Petrucci, Tromboncino intona un'ode con intendimenti descrittivi:
effetto che con maggior arte si trova ripetuto nella frottola dell'XI libro, composta dal veneziano Giovanni Lucino:
Inoltre, nello stesso libro XI, abbiamo un esempio, offerto da Antonio Stringario, di frottola "a dialogo", uscita probabilmente dall'ecloga drammatica. La frottola dialogo adescava il Cara; il quale si vantava, il 14 settembre 1514, di averne composta una a cinque personaggi.
Verso gl'inizî del sec. XVI i frottolisti più attivi ed immaginosi erano entrati in possesso di una tecnica sufficiente per permettersi forme di espressione rimaste fino allora straniere al genere della frottola. Questa sembra ormai uscita dal dominio dei poeti-canterini; e, quantunque i nomi dei compositori dai quali essa riceve il suono siano sempre sostanzialmente quelli, non accade più tanto facilmente che si ripeta il caso di un frottolista, come il Pesenti, il quale usi comporre cantus et verba. Avvenuta la separazione della personalità del poeta da quella del musicista, diviene ora più agevole progredire sui terreni delle due arti. Invece di attingere alle parafrasi e alle adulterazioni della poesia del Petrarca, i musicisti d'Italia cominciano ad abbeverarsi alla fonte: così nell'undecima raccolta petrucciana si vedono entrare sedici sonetti, tre canzoni e due ballate del Canzoniere petrarchesco. Su questa via i frottolisti preparano l'avvento del madrigale cinquecentesco.
Ma il passaggio dal frottolismo al madrigalismo non ha impedito che la lirica musicale di gusto popolaresco avesse continuazione e, conservando il principio formale della ripetizione della musica sulle varie strofe del pezzo in stile omofono, assumesse atteggiamenti di snellezza e nuovi profumi di freschezza a seconda delle regioni in cui fioriva. Così si ebbero le Villotte sopra ritmi di danza, delle quali le prime ad apparire per le stampe furono, nel 1535 quelle alla veneziana, seguite dalle Padovane, Napolitane, Mantovane. La fortuna della Villotta dovette essere però alquanto oscurata dal favore goduto dalla Villanella, se dopo il 1560 la seconda andò sempre più sostituendosi alla prima, almeno come termine usato nelle stampe. La Villanella era spesso composta a tre parti, talvolta sopra testi dialettali, e fu denominata anche canzone villanesca, oppure Villanella alla napolitana a seconda del suo carattere. Libri di Villanelle pubblicarono i compositori più noti nel campo madrigalesco: A. Willaert e O. di Lasso, L. Marenzio e Orazio Vecchi, Baldassare Donati e Giovanni Gastoldi. Quando le Villanelle fecero proprî i precisi movimenti ritmici della danza, vennero denominate Balletti: i più celebri fra questi furono quelli del Gastoldi che ne compose parecchi libri a cinque e a tre voci. In Germania la Villanella venne fatta conoscere da Antonio Scandelli, residente presso la Corte di Dresda, mentre il fiammingo Regnart ne propagò il gusto a Praga scrivendo Villanelle in tedesco, a tre voci, seguito da Lechner, Friderici, Joh. Eccard e Hans Leo Hasler.
Bibl.: V. Cian, Motti inediti e sconosciuti di M. Pietro Bembo, Venezia 1888, pp. 95-102; F. Flamini, Per la storia di alcune antiche forme poetiche italiane e romanze, in Studi di Storia letteraria italiana e straniera, Livorno 1895, p. 107; R. Schwartz, Die Frottole in 15. Jahrh., Lipsia 1886. Per la parte mus., v.: G. Cesari, Il madrigale musicale cinquecentesco, in Riv. Mus. Ital., 1910; id., Musica e Musicisti alla Corte sforzesca, in Riv., cit., 1922; Francisco Asenjo Barbieri, Cancionero musical de los siglos XY y XVI, Madrid 1890; P. Savj-Lopez, Lirica spagnuola in Italia nel sec. XV, in Giorn. stor. della lett. ital., XLI, Torino 1903; E. Percopo, Barzellette napol. del quattrocento, Napoli 1893; A. Einstein, Das Elfte Buch der Frottole, in Zeits. für Musikwiss., Lipsia 1928.