Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’arte di Chopin nasce nell’ambiente elegante e raffinato dei salotti aristocratici e borghesi del primo Ottocento. Tuttavia, il genere di musica praticato nei salotti viene sottoposto da Chopin a un processo di stilizzazione e di trasfigurazione poetica così radicale che i suoi brani pianistici trascendono del tutto l’originaria funzione di intrattenimento. Chopin unisce al gusto per la cantabilità e l’efflorescenza melodica un linguaggio armonico audace e innovativo, svincolato dall’armonia funzionale e non di rado spinto sino ai confini estremi del sistema tonale.
Il virtuoso del pianoforte
Fryderyk Chopin incarna perfettamente la tradizionale figura del compositore virtuoso che si esibisce in pubblico, improvvisa ed esegue ciò che scrive per il suo strumento; la produzione di Chopin si esaurisce perciò – quasi per intero – nella musica per pianoforte ed è funzionale alla sua abilità di strumentista. Come i numerosi virtuosi del pianoforte che all’epoca giungono a Parigi da ogni angolo d’Europa, Chopin orienta la sua attività alla frequentazione mondana e al gusto dominante nell’elegante società parigina. Più che la pubblica sala da concerto, il luogo d’elezione delle musiche di Chopin è il salon privato, in cui si riuniscono artisti, aristocratici, esponenti dell’alta borghesia e della finanza; un pubblico colto e selezionato che richiede musica brillante, fluida e di agevole comunicativa, unita magari a una vena di facile sentimentalismo.
Per quest’ambiente Chopin compone musica pianistica d’intrattenimento, che rivela un gusto assai tipico per l’ornamentazione, per la leggerezza e per la cura del dettaglio; tuttavia Chopin sottopone questo repertorio a un processo di stilizzazione così radicale e profondo che i pezzi di “consumo” subiscono una vera e propria trasfigurazione poetica, finendo per trascendere la loro originaria funzione.
Nell’esibizione e nella produzione musicale di Chopin il virtuosismo ha una funzione importante, ma non è mai inteso nel senso di un’esibizione gratuita, di uno sfoggio di bravura, come di norma avviene nei salotti parigini; per Chopin il virtuosismo consiste nella capacità di differenziazione timbrica, nella possibilità di ottenere dalla tastiera ricchezza di colori e sfumature. Così, partendo da una tecnica pianistica che molto deve a Johann Nepomuk Hummel e John Field, il musicista polacco sviluppa uno stile personale, basato non tanto sulle capacità atletiche o sulla ricerca della pienezza sonora, quanto sulla cantabilità di stampo vocale, sulla perfezione e la leggerezza del tocco, sul rubato e la flessibilità ritmica della melodia.
Le composizioni pianistiche
Le composizioni di Chopin sono concepite in funzione degli ambienti che frequenta e delle attività a cui si dedica all’epoca un virtuoso della tastiera: l’esibizione nei salotti (i valzer, i notturni, le polacche, le mazurche), la pubblica attività concertistica (i concerti per pianoforte e orchestra), l’affinamento della tecnica strumentale e l’attività didattica (gli studi e i preludi).
Le polacche e le mazurche, nelle quali affiorano tratti dell’etnofonia polacca, si inseriscono nel filone – di gran voga nei salotti parigini – della musica “nazionale”. Chopin allude al linguaggio etnico del suo Paese d’origine tramite le inflessioni modali, l’accentuazione dei tempi deboli della misura, l’accompagnamento in ottave e quinte “vuote” per suggerire l’effetto del bordone; mentre nelle danze, fortemente stilizzate, non si trovano citazioni vere e proprie di melodie popolari.
Nei notturni risuona la voce più romantica del pianoforte: espressione di un lirismo intenso e sognante essi consistono in una linea melodica che la mano destra suona sopra uno sfondo di arpeggi della sinistra. Estesi su una gamma molto ampia i notturni sono composizioni che tradiscono il gusto dell’arabesco melodico, dell’ornamentazione elegante e leggera. Negli scherzi (in tempo ternario e in forma tripartita, col trio in tempo più lento) largo spazio è concesso al virtuosismo brillante; la scrittura è piuttosto appariscente, anche per le forti contrapposizioni tematiche e dinamiche. Gli impromptus (composizioni in semplice forma di Lied tripartito ABA, con sezioni esterne veloci e una parte cantabile-meditativa al centro) conservano un saldo legame con la pratica salottiera dell’improvvisazione, non tanto perché vengono realmente improvvisati, quanto per l’eleganza del tratto, per la cura dei particolari, per i momenti virtuosistici alternati a quelli sentimentali e, in definitiva, per i caratteri stilistici tipici della musica eseguita di preferenza nell’ambiente raffinato dei salotti.
Le due raccolte di Studi op. 10 e op. 25 comprendono ciascuna 12 brani, ampi e straordinariamente difficili dal punto di vista tecnico. Ogni studio, come vuole il genere, è motivato da una singola difficoltà tastieristica: gli accordi spezzati, i tasti neri, l’esercizio del quarto dito, il legato o lo staccato, il cantabile, le terze. In Chopin, tuttavia, l’elemento tecnico è intimamente collegato all’indagine sulle possibilità della scrittura pianistica, possibilità che l’autore tende ad allargare, ed è trasfigurato da un altissimo valore poetico.
I preludi derivano in gran parte dalla notazione di un’idea fuggevole o di un passo felicemente riuscito in sede d’improvvisazione; il loro carattere musicale risente del fatto che essi traducono un singolo momento intensamente vissuto: il virtuosismo – quand’è presente – ha una funzione limitata, ed è sempre subordinato alla dimensione lirica ed espressiva. Si tratta di composizioni che nascono spesso da un elemento minimo, uno schizzo tracciato per catturare un’impressione momentanea e, proprio per la loro natura, queste brevi e soggettive pagine musicali possiedono una carica espressiva particolarmente intensa. La raccolta dei 24 preludi dell’op. 28 è organizzata secondo un piano tonale preciso che – sul modello del Clavicembalo ben temperato di Bach – conduce attraverso tutte le 24 tonalità maggiori e minori; altrettanto importante di quello tonale è il piano espressivo, in base al quale si alternano brani diversi per colore, carattere e atteggiamento.
Il linguaggio musicale
Nelle composizioni pianistiche di Chopin, il tipo fondamentale di scrittura è rappresentato dalla melodia accompagnata, sulla quale si innestano ricche efflorescenze e arabeschi. È una melodia di tipo vocale, distesa e aggraziata, dalla costruzione accurata e dalla cantabilità affine a quella operistica (ed è proprio per il bel canto italiano che Chopin mostra una spiccata predilezione). Certi tratti, quali la cantabilità pervasiva e l’ornamentazione florida, rimandano al genere della musica d’intrattenimento, ma il processo d’astrazione cui Chopin sottopone i brani legati al genere li allontana irrimediabilmente dalla loro funzione pratica, che viene del tutto trascesa.
L’aspetto che nega più radicalmente il rapporto con l’originaria funzione di consumo è quello armonico. Pur mantenendosi all’interno del tradizionale linguaggio dell’armonia funzionale, Chopin introduce effetti di sospensione determinati dall’impiego abbondante di armonie cromatiche, dissonanze di cui è elusa la risoluzione, accordi dall’esito imprevedibile; persegue, in altri termini, una certa disarticolazione delle funzioni sintattiche che orientano il discorso musicale. La logica e la sintassi armonica classiche ne risultano quindi offuscate o addirittura negate, il percorso armonico si configura “aperto”, mentre per converso vengono esaltati i valori timbrico-coloristici dell’armonia. Ciò avviene, a volte, tramite contaminazioni modali, vale a dire tramite il recupero o le allusioni all’etnofonia polacca (soprattutto nei brani “nazionali” come le polacche e le mazurche); altre volte sono gli ostinati melodico-armonici, lo sfruttamento strutturale delle dissonanze, i collegamenti accordali eterodossi a sospendere le forze cadenzali e a sottrarre il discorso ai rapporti dell’armonia funzionale. Numerosi anche i passi tonalmente ambigui: nel Preludio n. 2, ad esempio, lo slittamento cromatico degli accordi lascia incerta la tonalità fino all’ultima battuta, la sola che contenga una cadenza chiarificatrice.
All’interno del linguaggio musicale, dunque, Chopin compie una vera rivoluzione, senza che vi siano da parte sua dichiarazioni di intenti o prese di posizione critico-teoriche; la sua arte, infatti, non è fondata su motivazioni poetiche o programmatiche estranee alla musica stessa e, in tal senso, Chopin è figura quanto mai lontana da uno Schumann. Questa autonomia dai riferimenti esterni richiama la grande lezione classica: con quell’arte, la musica di Chopin condivide l’assoluta perfezione formale e il rigore stilistico di un linguaggio che trae le sue regole solo dal proprio interno.