FUEGINI
. Il nome di Fuegia (Terra del Fuoco) appartiene propriamente alla grande isola in forma di triangolo irregolare situata a sud dello Stretto di Magellano, ma, in senso più ampio, si suole chiamare Fuegia tutto l'adiacente arcipelago, che comprende le estreme terre australi abitate dall'uomo. Si dà il nome di Fuegini agli indigeni abitatori dell'intera regione, con generalizzazione d'indole geografica, non raziale, perché razialmente i Fuegini si scindono in due diversi gruppi. Il primo, orientale, costituito da Ona (o Šelk'nam) e Haush (o Manenkenke), appartiene al gruppo umano patagonico; il secondo, occidentale, costituito da Yámana (o Yahgan) e Alakaluf (o Halakwalup), al magellanico. Una abbastanza chiara diversità di ambiente permette all'antropogeografo di distinguere quale abitato del gruppo Ona-Haush quella parte piuttosto pianeggiante dell'Isola Grande che è volta verso l'Atlantico e limitata a SO. dall'intagliato Golfo dell'Ammiragliato e dal Lago Fagnano; invece la parte montagnosa e boschiva, che, insieme col frastagliato arcipelago, rappresenta lo sprofondato dorsale andino, rimane riservata al gruppo Yámana-Alakaluf. A questo sono strettamente legati i Chono, i quali risalgono a ponente lungo il frastagliamento delle isole chilene, fino a Chiloé, ossia a circa un migliaio di km. a N. dello Stretto di Magellano.
Benché non si tratti, a rigore, di Fuegini, pure in una trattazione sistematica i Chono non possono trovar posto lontano da essi, sì che opportunamente R. Biasutti (Memorie Geografiche, VI, Firenze 1912) ne fece una "provincia chilena", che, abbinata alla "provincia magellanica" costituisce la formazione austro-americana. Benché si tratti sempre di genti nomadi, a economia parassitaria, già a prima vista un dimorfismo etnografico primordiale distingue il gruppo Ona-Haush dall'altro Yámana-Alakaluf-Chono: i primi sono indiani della pianura e pedestri, gli altri invece vivono sul margine dell'acqua e sono battellieri. Ciò riflette già differenze essenziali: cacciatori i primi, essenzialmente pescatori i secondi; le armi e gli arnesi più diffusi o meglio attrezzati in possesso di ciascun gruppo ne recano la prova anche oggi, nonostante le acculturazioni reciproche che da lungo tempo hanno agito come una forza livellatrice, specie nella regione del Lago Fagnano. Ma tutti i gruppi della Fuegia sono in via di rapida estinzione. Foltissimi, sembra, all'epoca del viaggio della Beagle, erano ridotti nel 1860 a circa 10.000 individui; falcidiati posteriormente da micidiali epidemie, il Williams calcolò nel 1925 che ne esistessero appena 262 (65 Ona, 2 Haush, 45 Yámana e 150 Alakaluf), ma prima che finisse il 1925 il morbillo fece strage nella Terra del Fuoco, facendo perire più di 20 Ona adulti e gran numero di fanciulli, di maniera che nell'Isola Grande, secondo il Lothrop, deve ormai essere scomparsa quasi ogni traccia di Fuegini pedestri, se si eccettuano alcuni meticci.
Antropologia. - Dei gruppi etnici della Terra del Fuoco sono stati abbastanza bene studiati gli Ona e i Yámana e soprattutto il secondo, ma è da ritenere, per quello che si sa, che gli Alakaluf non differissero gran cosa dagli Yámana. Di questi si hanno conoscenze sull'aspetto esterno (Hyades e Deniker, specialmente), sul sistema scheletrico (autori diversi), sulle parti molli (Testut, Bischoff, Martin). Il tipo facciale dominante è certo quello detto dal Sera tibeto-polinesiano (v. fisionomia: Fisionomia facciale etnica). Esso è allo stato più puro negli Ona; molte delle fisionomie riprodotte dal Lahille somigliano assai a quelle dei Tibetani. Il tipo è meno evidente negli Yámana, ma tuttavia senza dubbio predominante. In questo gruppo però affiorano alcuni caratteri, come occhi meglio aperti, labbra assai spesse, facce basse, che richiamano altri tipi, come si dirà in seguito.
I rilievi della statura eseguiti sugli Ona dal Gusinde su 24 maschi e 22 femmine, dal Lehmann-Nitsche su 20 maschi e 30 femmine dimostrano valori quasi eguali, e cioè 172,9 e 174,1 per i maschi, 160,5 e 159,6 per le femmine; 67 maschi Yámana (Hyades, Pove, Hahn) dànno una media di 157,7; 55 femmine (degli stessi autori) una media di 147,3; 7 Alakaluf maschi (autori diversi) dànno una media di 160,9: il numero di questi ultimi però è troppo esiguo. Le proporzioni corporee sono di mesatischelia, ma sul confine con la brachischelia: 25 maschi Yámana, indice di 52,7; 23 femmine, 53,1; 20 maschi Ona, 52,8; 30 femmine, 53.
Negli Yámana pare che l'arto superiore sia relativamente lungo, in confronto dell'inferiore, per allungamento della mano. Presentano curvatura lombare (insellatura) scarsa; collo corto; tronco tozzo, lungo, cilindrico, invece che compresso. Gli Ona sono assai muscolosi e d'aspetto robustissimo in confronto degli altri due, che presentano spesso arti inferiori malfatti, con gambe gracili.
Il colore della pelle è dato per gli Yámana come bruno-giallastro o rossiccio, grigio-giallastro per gli Ona. Il Bischoff mise in luce un fatto di grande importanza: in un Alakaluf egli poté stabilire la estrema rarità delle glandole sudoripare e sebacee. I capelli sono neri o neri con tonalità grigia negli Ona, neri e talvolta castagni scuri negli Yámana. Queste differenze parlano nello stesso senso di quelle, anzidette, per la faccia. Così pure il tipo del capello, che, generalmente rigido e liscio, è talvolta ondulato negli Yámana. Il colore degli occhi è nero. La pelosità è scarsa o nulla, persino nelle ascelle e sugli organi genitali.
L'indice orizzontale della testa (nel vivente) è per 26 maschi Yámana 79,53; per 23 femmine, 78,99. Gli Ona di Lehmann-Nitsche dànno: 26 maschi, 79,6; 30 femmine, 79,1; 4 maschi Alakaluf di Manouvrier, 79,97. Per ciò che riguarda l'altezza del cranio osseo, la metodica del Sera (v. cefalici, indici) pone fuori di ogni dubbio che il cranio del tipo predominante è piuttosto basso. Il Gusinde ha fatto un'esposizione dei caratteri del cranio fuegino, in gran parte già conosciuti. Si ricordano di essi: 1. Una tendenza spiccata alla esostosi; perciò il peso e lo spessore del cranio è fortissimo, in contrasto con la mandibola. Si osserva che questo fatto ha una grande analogia con quanto si riscontra nell'acromegalia, malattia dovuta all'alterata funzione, per eccesso, della pituitaria. 2. Sviluppo di una eminenza longitudinale mediana sul cranio cerebrale, che G. Sergi chiamò "lofo". 3. Larghezza singolare dei forami della base. 4. Archi sopraccigliari e sopraorbitarî sviluppati fortemente in un vero "toro". Questo fatto colpì assai il Deniker e gli fece ritenere probabile un'affinità dei Fuegini con i Botocudo; in realtà i Botocudo presentano archi di tutt'altro aspetto e di assai minore sviluppo. 5. Lamina esterna dei processi pterigoidei assai lunga. 6. Il cranio fuegino è mesognato, mesoprosopo, mesorrino. Negli arti sono da ricordare la scarsa torsione dell'omero, la curvatura e il pilastro del femore, la retroversione e la platicnemia della tibia.
Il Gusinde e il Rivet asseriscono che i caratteri del cranio fuegino indicano affinità australoidi. A ciò si può osservare che, malgrado la prominenza del toro sopraorbitale, il carattere mongoloide della faccia è innegabile, anche negli Yámana, quindi del tutto diverso dalla faccia australiana o tasmaniana. Più acuta fu l'osservazione di molti autori intorno all'aspetto simile a quelle dei Neanderthal. Secondo il Sera, si tratta nell'uno e nell'altro caso dell'effetto della stessa causa esterna, il clima rigido, sopra forme umane non difese da vestimenta, o, in genere, dai mezzi protettivi della cultura (abitazione). Il clima rigido, in tali casi, attraverso un meccanismo di secrezioni interne (pituitaria specialmente) determinerebbe un adattamento organico, una manifestazione esterna del quale è lo sviluppo del "toro". La scarsezza delle ghiandole sudoripare e sebacee è un segno dell'adattamento in parola, giacché queste ghiandole sono utili nei climi caldi. Come i Fuegini presentano adattamento organico, fisiologico, gli Eschimesi presentano adattamento ergologico e sociale. Questi fenomeni si sarebbero prodotti sopra una forma appartenente al primo tipo. Per ciò che riguarda i caratteri diversi da questi affioranti negli Yámana, crediamo si tratti di un elemento negritoide, di cui sono resti evidenti nei Paraderos preistorici della Patagonia.
Etnografia. - Quanto alla cultura materiale dei Fuegini pedestri, ben poca differenza passa fra gli Ona e gli Haush. "Unico vestimento - così il Darwin - è un mantello fatto con pelli di guanaco, con la lana al difuori; lo portano gettato sulle spalle, lasciando le loro persone tanto scoperte quanto coperte". Calzano pantofole di pelle di guanaco, e sostengono i capelli con un pezzo della stessa tagliato a rombo posto sulla fronte a guisa di diadema e legato alla nuca; è ornamento esclusivo degli adulti maschi, cacciatori. Una grande tasca di pelle di volpe cinta alle reni serve a coprire il pube, ma più a portarvi gli attrezzi per il fuoco e qualche scalpello. Le donne aggiungono una specie di tunica dalle ascelle al ginocchio, della stessa pelle, ma con la lana in dentro. Oltre ad armille di tendini o erbe intrecciate e a collane di cilindretti ossei, gli ornamenti consistono in tatuaggi incisi nell'avambraccio e riempiti di carbone, e nella pittura del corpo (rosso, giallo, bianco e nero), che però ha carattere strettamente cerimoniale. Nessuna abitazione permanente: accampandosi, si proteggono con una tenda di pelli di guanaco cucite insieme e tinte di rosso, che si rizza a semicerchio di maniera che la parte chiusa si opponga al vento; dinnanzi si accende il fuoco. L'alimentazione è data dalla selvaggina (oche e anitre selvatiche, ma soprattutto il guanaco), che si mangia imperfettamente arrostita alla fiamma, e talora da foche e pesci; è insomma completamente carnea, se si eccettuano alcuni funghi e qualche bacca. Manca ogni sorta di vasellame o di pentole, sì che l'acqua si attinge in grandi borse di cuoio spalmate di pittura rossa. Hanno varî strumenti di pietra, canestri; principale arma l'arco e le frecce, con punta fabbricata di pietra e più di recente di vetro, e inoltre qualche fionda. Nella caccia sono aiutati da cani addestrati, che tengono a guinzaglio con un ramo fornito di collare. L'organizzazione sociale è embrionale, e si limita a un'effimera comunità di famiglie; ognuna di esse, più che un vero capo, riconosce la limitata supremazia di un anziano. L'unione dei sessi è di regola monogamica e con tendenza all'esogamia, la famiglia molto solida. Quando la popolazione era numerosa, lo stato di guerra fra una tribù e l'altra era pressoché continuo. I Yámana sono ancora meno protetti contro l'ingiuria delle intemperie. Il loro mantello di pelle di foca, benché simile nella forma a quello degl'indiani pedestri, è più ridotto in superficie e meno adatto a difendere dal freddo; inoltre una gran parte dei Yámana, di ogni età e sesso, fu osservata in perfetta nudità. I Yámana d'inverno usano delle pantofole di pelle di foca, e le donne un triangolo pubico. Meno provvisoria è invece la dimora dei Yámana, capanna costruita su uno scheletro fatto di rami piantati intorno, a circolo o a ovale, e riuniti nel mezzo a formare una cupola bassa; questo stile è peculiare delle capanne Alakaluf e dei Yámana di ponente. Nelle regioni orientali invece i rami si legano a un palo piantato nel mezzo, formando un cono. Il tutto è coperto d'erbe, e la porta d'accesso bassissima. Tutte queste capanne poi hanno un foro superiore per l'uscita del fumo, giacché il fuoco si accende nell'interno. Spesso varie capanne sono riunite; in ciascuna abita più di una famiglia, e spesso tre. Non conoscono il tatuaggio, usano braccialetti e collane, a volta lunghissime, di piccole conchiglie; la pittura del corpo è riservata ai riti e mascherate cerimoniali. Assente ogni vasellame, i Yámana fabbricano con la corteccia d'albero secchi per l'acqua (usano per berla grosse conchiglie) e piccoli otri di foca per l'olio; possiedono elaborati canestri, scalpelli e raschiatoi litici, spatole e punteruoli d'osso. Ma la loro vita acquatica rende di essenziale importanza il loro caratteristico canotto, dalle punte rialzate a mezzaluna, lungo 3-4 m., largo 80-90 cm., fatto di uno scheletro di legno coperto da tre pezzi di corteccia di faggio cuciti con fibre o tendini; l'attrezzamento consiste in 2 0 più remi, canestri, lance con punta d'osso, mazze e la lenza per pescare; su apposito supporto di terra si accende il fuoco, del quale i Yámana non fanno mai a meno nella navigazione per i canali. Un arco con frecce simile a quello degli Ona è usato nella regione di contatto con gl'indiani pedestri; altri mezzi di caccia sono le fionde e lunghe aste di legno fornite alla cima di un nodo scorsoio di corda, per gli uccelli. Il cibo è costituito da pesci, foche, uccelli e dagli abbondanti funghi che crescono sul ceppo dei faggi, ma specialmente da molluschi, tra cui il mitilo, le cui valve hanno formato in più luoghi, da tempo remoto, immensi cumuli (kjøkkenmøddinger). Non si conoscono capi, né aggruppamenti maggiori della famiglia, benché spesso nei canotti le coppie di rematori siano formate di parenti. L'unione è di regola monogamica.
Molti particolari di questo quadro dovrebbero essere ripetuti per descrivere la cultura materiale degli Alakaluf e, più esattamente, tutti quelli legati all'esistenza di pescatori nomadi, scartando gli altri che i Yámana hanno preso a prestito dai Fuegini pedestri e cacciatori. I coltelli e utensili degli Alakaluf sono fatti d'osso, legno e conchiglia, con progressiva esclusione della pietra. Identica struttura sociologica: assenza di capi e famiglia monogamica. Gli stessi caratteri sono riscontrati nella cultura dei Chono, oggi in via di estinzione, conosciuti fin dal secolo XVI in possesso del cane e del tipico canotto fatto di tre pezzi di corteccia d'albero, con alimentazione di molluschi e con sepolture supine, multiple, su telai aerei, in caverne sepolcrali isolate; ascia litica.
Lo studio metodico della vita spirituale dei Fuegini può dirsi portato a compimento dal Gusinde e dal Koppers, dopo i quattro lunghi soggiorni nella Fuegia (dal 1919 al 1923). Gli Ona praticano una cerimonia segreta, kloketen, festa d'iniziazione ai segreti della tribù, riservata ai maschi adulti, che consiste nel dipingersi occultamente il corpo, per uscire poi mascherati da "spiriti" ad atterrire le donne; una vera e propria società di maschi contra mulierem, la cui tradizione conserva il ricordo di un antico stadio matriarcale. Identica costumanza hanno i Yámana nella cerimonia detta kina; essa si conserva anche tra gli Alakaluf, ma ha perduto il suo carattere specifico. Vi rappresentano una parte importante i medici stregoni, jon degli Ona, yékamush dei Yámana. Come creatore e padrone dell'universo si riconosce da entrambi un essere supremo, immortale, incorporeo, detto Temáukl dai primi e Vatauinewa dai secondi; ve n'è traccia anche presso gli Alakaluf; a questo essere si rivolgono lagnanze e preghiere.
Ma l'attuale periodo dell'etnologia, che tende all'indagine sintetica e correlativa, non poteva contentarsi della pura e semplice descrizione dei patrimonî. A tutti è chiaro che le culture dei Fuegini rappresentano alcuni stadî molto antichi nella storia dell'incivilimento umano, conservati da gruppi indigeni che le successive migrazioni hanno già remotamente respinti e accantonati nell'America australe. Visibile è anche la duplice direzione del dinamismo: una corrente atlantica e un'altra pacifica, separate fra loro dalla siepe andina. Più difficile, naturalmente, è il compito di delimitare con precisione i singoli contributi. L'accurata disamina comparativa del Cooper rileva che i battellieri hanno copiato dagli Ona le danze mascherate, la festa d'iniziazione riservata ai maschi, i miti connessi col kloketen, e anche una certa forma dell'arco e, in genere, le armi del cacciatore. Elementi patagoni sono pure il mantello di pelli, la capanna a tetto conico, l'incisione dell'avambraccio, l'uso normale della pantofola. Invece è proprio della cultura dei battellieri ogni oggetto da pesca: reti, graticci, certe specie di canestri, il pettine d'osso, la fionda. Il particolare sistema d'accendere il fuoco (con un ciottolo e della pirite, e un fungo usato come esca) potrebbe essere un'invenzione locale generalizzata in tutta la Fuegia.
Questi rapporti si possono spiegare con l'ammettere l'esistenza di uno stadio primitivo, il più elementare fra le culture americane (si ripresenta anche altrove, per es., fra i Gēs del Brasile), sul quale agirono le influenze di due altri strati sopravvenuti: il primo costiero e ormai riconoscibile in tutta l'estensione del litorale americano del Pacifico, fino al Perù; il secondo diffuso nella pianura argentina meridionale, con metastasi più o meno lontane (a es., nel Chaco). Quest'ultimo ha chiare analogie con le culture dell'Australia del sud, dal lato materiale e spirituale. Benché il Rivet abbia escogitato, seguendo il Mendes Corrêa, immigrazioni di Australiani in America attraverso l'Antartide, è da ritenersi piuttosto, col Koppers, che quando i possessori di quel patrimonio toccarono il suolo americano - dove hanno lasciato qua e là delle vestigia - lo stato delle culture dell'Oceano Pacifico era su per giù indifferenziato e australoide, per complicarsi in seguito con le numerose creazioni e accumulazioni di beni, i cui portatori - le emigrazioni cioè a facies melanesiana e polinesiana - solo negli ultimi atti del grande dramma culturale del Pacifico poterono valersi delle vie marine.
Lingue. - Dal punto di vista glottologico, allo stato presente delle nostre conoscenze, gl'idiomi dei popoli Fuegini si riuniscono in tre gruppi, che formano tre famiglie linguistiche: 1. famiglia Yámana nella regione più meridionale; 2. famiglia Alakaluf, che comprende l'idioma degli alakaluf (Hékainé) e le lingue dei quasi estinti Enoo (Pešera), Lečeyel, Yekinahue(re), Kaukahue e Chono; 3. famiglia Čon (Ción), di cui solo uno dei due rami, il meridionale, è parlato da popolazioni fuegine, mentre il settentrionale è patagone (Tehuelche o Tsoneka). Il ramo meridionale comprende la lingua degli Ona e Auš (Haush).
Dal punto di vista lessicale si notano parecchie corrispondenze fra Yámana e Alakaluf da una parte, e fra Yámana e Ona dall'altra, ma per il momento non è possibile distinguere ciò che è un comune fondo linguistico da ciò che è prestito. La famiglia linguistica Alakaluf è stata costruita molto accuratamente dal Lehmann-Nitsche, El grupo linguístico Alakaluf de los canales magallánicos (in Revista del Museo de La Plata, XXV, 1919, pp. 15-65). Dei cinque idiomi che avrebbero formato questa famiglia, uno solo sopravvive: l'Alakaluf (Halakwalup), con parecchie varietà dialettali. Quanto alle lingue estinte che, secondo la classificazione sopra ricordata, si riuniscono al gruppo Alakaluf, si procede più che altro per induzione, data la mancanza di fonti sicure. Così per il Chono, perdute la dottrina e il vocabolario manoscritto del p. Matteo Estevan (1612-13) e la raccolta di preghiere del p. C. B. Ferrufino (1609), le nostre conoscenze sono ridotte a tre sole parole tramandateci dal Fitz-Roy. Il Chamberlain (in American Anthropologist, XIII, 1911 p. 467 segg.) lo considerava come indipendente, ma gli studî del Cooper e del Lehmann-Nitsche hanno dimostrato che ha un rapporto con l'Alakaluf.
La famiglia linguistica Čon è solo in parte fuegina; la sezione settentrionale o Tehuelche (Tsoneka), già ben conosciuta da parecchi decennî, è infatti patagone. R. Lehmann-Nitsche (in Revista del Museo de La Plata, XXII, 1914, pp. 217-276), dimostrò il rapporto fra il fuegino Ona e il patagone Tsoneka o Tehuelche, e costituì una famiglia linguistica Čon. Nel gruppo fuegino di questa famiglia abbiamo il gruppo Ona, che si può dividere in due sezioni: 1. l'Ona propriamente detto con due dialetti: l'Ona-Šelk'nám al sud e l'Onakojuká al nord (parlato dai Čonkujeká, che vale forse "uomini abitanti all'ovest"); 2. l'Auš (Haush), parlato altra volta da una tribù ora estinta nella penisola di Mitre, all'estremità sud-est dell'Isola Grande.
Bibl.: G. Bove, La spedizione antartica italiana, Genova 1883; P. Hyades e J. Deniker, Mission scientifique du Cap Horn, 1882-83, VII, Parigi 1891; C. R. Gallardo, Los Onas, Buenos Aires 1910; J. M. Cooper, Analytical and critical bibliography of the Tribes of Tierra del Fuego, in Bureau of American Ethnology, bull. 63, Washington 1917; W. Koppers, Unter Feuerland-Indianern, Stoccarda 1924; M. Gusinde, Die religiösen Anschauungen der Feuerländer, in Akadem. Missionsblätter, XV, Münster di Vestfalia 1927 (v. anche Zeitschr. für Ethn., LVIII); S. K. Lothrop, The Indians of Tierra del Fuego, in Contrib. from the Museum of Amer. Indians, New York 1928.
Antropologia: v. P. Hyades e J. Deniker, op. cit.; R. Martin, Zur physischen Anthropologie der Feuerländer, in Archiv für Anthrop., XXV, 1893; G. L. Sera, I caratteri della faccia ed il polifiletismo dei Primati, in Giornale morfol., 1918; M. Gusinde, Die kraniologischen Verhältnisse der Feuerländer, in Anthrop. Ges. Wien, 1927; R. Lehmann-Nitsche, Estudios antropológicos sobre los Onas (Tierra d. Fuego), in Ann. mus. La Plata, 1927; S. K. Lothrop, op. cit.
Lingue: Tutta la letteratura intorno agl'idiomi della Terra del Fuoco (stampe e manoscritti) apparsa fino al 1916 si trova raccolta e criticamente esaminata nell'opera sopra citata di J. M. Cooper; inoltre: M. Gusinde, Das Lautsystem der feuerländischen Sprachen, in Anthropos, XXI (1926), pp. 1000-1024; intorno al dizionario yámana del Bridges, v. Koppers, Anthropos, XXI (1926), pp. 991-95; F. Hestermann, Folia ethno-glossica, III (1927), pp. 5-7; per l'Alakaluf, cfr. D. Maggiorino Borgatello, Notizie grammaticali e glossario della lingua degli Indi Alakaluf, Torino 1928; per l'Ona, cfr. D. A. Tonelli, Grammatica e glossario della lingua degli Ona-Šelknám della Terra del Fuoco, Torino [1926]. Per uno speciale rapporto che le lingue del gruppo Čon avrebbero con gl'idiomi australiani, cfr. P. Rivet, Les Mélanéso-Polynésiens et les Australiens en Amérique, in Comptes-rendus Acad. Inscr. et belles lettres, 1924, pp. 335-342; Les Australiens en Amérique, in Bull. Soc. de Linguistique, XXVI (1925), p. 213, ma contro questi raffronti v. A. Trombetti, Lingue oceaniche in America?, in Rend. Acc. Sc. cl. sc. morali, Bologna, IX (1925).