SPILIMBERGO, Fulcherio
– Nacque a Udine il 17 dicembre 1682 dai conti Antonio di Spilimbergo, del ramo di Zuccola, e da Caterina Savorgnan.
Educato nel collegio dei nobili di Bologna, retto dai gesuiti, vi maturò la vocazione religiosa che lo spinse a entrare nel noviziato della provincia veneta della Compagnia di Gesù l’8 ottobre 1708, terminato il quale nel 1710, in deroga alla consuetudine dei gesuiti di non affidare la docenza di una materia in un loro istituto a chi non ne fosse stato prima allievo, fu inviato a Piacenza come insegnante di poesia e retorica per tre anni. Ritornò poi a Bologna per lo studio della teologia in quella università e, dopo l’ammissione al sacerdozio, chiese di essere destinato alle missioni. Il preposito generale Michelangelo Tamburini lo inviò nelle Filippine che erano parte del viceregno della Nuova Spagna.
Partito da Genova il 4 maggio 1717, dopo un lungo e difficile viaggio per mare che toccò la Spagna, dove si unì ai 58 missionari in partenza quell’anno, Portorico e il Messico (dove egli ebbe un primo apprendistato missionario) arrivò a Manila il 10 agosto 1718. Avrebbe dovuto svolgere il suo ministero nella missione di Silang e iniziò subito lo studio della lingua tagalog ma, probabilmente per la sua esperienza di docente e per difficoltà di adattamento al clima delle isole, venne invece aggregato ai padri del collegio di Manila, facendosi apprezzare per la predicazione chiara nonostante la non buona pronuncia dello spagnolo, l’amministrazione dei sacramenti, le visite nelle carceri e negli ospedali, l’assistenza ai moribondi e lo stile di vita frugale conforme all’ideale ignaziano. Per nove anni fu maestro dei novizi, aiutato dal padre Giovanni Antonio Cantova, poi rettore del collegio di S. Giuseppe, seminario della Compagnia. Nominato provinciale, sebbene si sentisse più adatto a ruoli di educatore che di governo, nel 1730 approvò la richiesta di Cantova di fondare una nuova missione nelle isole Caroline, dove quest’ultimo sarebbe poi stato martirizzato il 14 giugno 1731. Terminato il provincialato, per altri quattro anni fu rettore del collegio di Manila.
Nell’intero arco della sua vita missionaria, condivise e sostenne l’impegno dei gesuiti e degli spagnoli a diffondere il Vangelo tra le popolazioni pagane dell’interno e delle isole ancora non conosciute dagli europei e a tentare di convertire, o almeno tenere sotto controllo, i musulmani dei sultanati di Mindanao e di Sulu che, dediti alla pirateria e al traffico degli schiavi, costituivano una minaccia per la colonia. Comprese presto, però, che le conversioni arrivavano in gran numero dai pagani, mentre erano rarissime, se non impossibili, presso i musulmani e le popolazioni della costa di origine cinese o giapponese. Consapevole del peso e del cattivo esempio cristiano del governo spagnolo sui nativi, il cui animo e la cui naturale religiosità stimava sinceramente, sia pure con un certo paternalismo, più volte li ammonì a non credere alle promesse degli inglesi e degli olandesi, che li avrebbero abbandonati alla servitù dei musulmani e dei pirati, e in una occasione placò una rivolta versando del denaro da lui procurato ai promotori che rivendicavano di aver subito soprusi.
Nel dicembre del 1749 si oppose alla volontà del governatore delle Filippine e vescovo di Nueva Segovia, il domenicano Juan de Arechederra, di battezzare il sultano di Sulu Muhammad Azim ud-Din I (Alimuddin secondo la grafia del tempo), poiché non credeva alla sincerità della sua conversione.
Assunto il potere nel 1735, Azim ud-Din si era mostrato favorevole a un’intesa con la Spagna, firmando un trattato nel 1737 e acconsentendo nel 1744 alla richiesta di Filippo V di permettere l’ingresso di missionari gesuiti nel suo territorio. Quest’ultima concessione, però, scatenò una rivolta capeggiata dal fratello Bantilan, che nel 1748 lo detronizzò. Azim ud-Din fuggì a Zamboanga, città di Mindanao occupata dagli spagnoli, confidando nel loro aiuto per riconquistare il sultanato. Mandato a Manila, si presentò al governatore chiedendo di essere istruito nella fede cattolica. Tale compito fu assegnato a Spilimbergo, coadiuvato da altri gesuiti del collegio di Manila. Dopo un anno di catechismo, il 1° dicembre 1749 Azim ud-Din chiese il battesimo ma padre Fulcherio, non riscontrando nell’ex sultano le disposizioni appropriate per ricevere il sacramento, espresse dubbi su questa richiesta. Juan de Arechederra, desideroso di riportare sul trono il convertito a beneficio della colonia, cercò di superare il problema affidando il caso a una commissione di esperti dove i gesuiti erano in minoranza. La commissione, infatti, raccomandò il battesimo nonostante il voto contrario dei padri della Compagnia. Spilimbergo convinse delle proprie ragioni il nuovo arcivescovo di Manila Pedro Martinez de Arizala, sicché il governatore dovette battezzare il catecumeno personalmente nella sua diocesi il 28 aprile 1750. Gli spagnoli, quindi, intrapresero una spedizione militare a sostegno di Azim ud-Din, diventato Fernando I de Alimuddin, ma nel 1751 lo arrestarono accusandolo di tradimento. Resta in dubbio se la conversione del sultano fosse solo interessata o spinta da motivazioni autentiche, tuttavia quando nel 1762 gli inglesi occuparono Manila e gli restituirono il sultanato in cambio dei suoi territori del nord del Borneo, Azim ud-Din tornò alla fede islamica.
Spilimbergo morì a Manila il 22 maggio 1750, contagiato da una febbre epidemica contratta assistendo i malati.
Opere. Ha lasciato 16 lettere a familiari e amici, pubblicate nel 1881, interessanti per le informazioni etnografiche sui popoli, sulla fauna e il clima delle Filippine e delle isole vicine, e qualche notizia sulle persecuzioni dei cristiani in Cina e sui rapporti dei gesuiti con l’imperatore. Scrisse anche un panegirico di s. Luigi Gonzaga stampato nei Sermones [...] con que solemnizó el maximo colegio de la Compañia de Jesus de Manila la canonización de los dos nuevos astros de la Iglesia, San Estanislao de Kostka y San Luis Gonzaga, di Pedro Murillo Velarde (Manila 1729, pp. 29-49) e la Carta [...] ácerca de la Vida, Virtudes y gloriosa muerte del V.P. Juan Antonio Cantova, de la Compañia de Jesus, muerto a manos de los Barbaros Carolinos (Mexico 1740), scritta nel 1731 e inserita nella raccolta di documenti di R. Lévesque (History of Micronesia, 2000).
Fonti e Bibl.: Lettere del P. Fulcherio Spilimbergo della Compagnia di Gesù, missionario nelle Filippine (1717-1741), [a cura di V. Savi], Portogruaro 1881; History of Micronesia: a collection of source documents, a cura di R. Lévesque, XII, Gatineau 1998, pp. 131 s., XIII, 2000, pp. 299-351.
Pedro de Sanlúcar, Memoria della vita e delle virtù del Gesuita P. F. S., della diocesi di Concordia. Traduzione inedita dallo spagnolo del P. Giacomo Belgrado, conte udinese, d.m.c., Udine 1856; Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, a cura di C. Sommervogel, VII, Bibliographie, Bruxelles-Paris 1896, col. 1438, XII, Supplément, a cura di E.M. Rivière, Louvain 1960, col. 281; E. Patriarca, Padre F. dei conti di S. missionario nelle Filippine, Verona 1939; H. de la Costa, The Jesuits in the Philippines, 1581-1768, Cambridge (Mass.) 1961, pp. 548, 617; Bibliographie sur l’histoire de la Compagnie de Jésus (1901-80), a cura di L. Polgár, III, Les personnes, Rome 1990, p. 256.