Calboli, Fulcieri de'
, Nacque probabilmente nel terz'ultimo decennio del Duecento da Guido, fratello di Rinieri. Comparve forse la prima volta sulla scena politica nel 1295, nell'atto di rendere omaggio al rettore papale. Da questo momento intraprese una rapida e intensa carriera politica, distinguendosi come zelante fautore della causa papale e ancor più del guelfismo intransigente e fazioso.
Fu podestà a Parma e subito dopo a Milano nel 1298, capitano del popolo a Bologna negli anni 1299-1300. Entrato in rapporti con 'l demonio dei Pagani (Pg XIV 118), Maghinardo da Susinana, fu introdotto, forse per suo tramite, nell'ambiente politico della Firenze guelfa, lacerata dal contrasto fra Bianchi e Neri. Per questi ultimi mostrò di parteggiare con inflessibile crudeltà quando, nel 1303, fu eletto podestà del maggiore comune toscano. D., sempre per voce di Guido del Duca, lo coglie, in una sinistra luce di profezia, proprio in tale carica, come feroce persecutore e uccisore dei Bianchi e ghibellini di Firenze: Io veggio tuo nepote che diventa / cacciator di quei lupi in su la riva / del fiero fiume, e tutti li sgomenta. / Vende la carne loro essendo viva; / poscia li ancide come antica belva; / molti di vita e sé di pregio priva. / Sanguinoso esce de la trista selva (vv. 58-64). È questa una testimonianza poetica, resa in forma profetica, che trova perfetto riscontro nei cronisti del tempo (Compagni II 30; G. Villani VIII 59), i quali non esitano a rilevare le atrocità commesse da Fulcieri durante la sua podesteria che lasciò in Firenze un retaggio di odi e vendette.
Più di un indizio fa ritenere che questa sua fama di uomo politico fazioso e sanguinario si sia ulteriormente consolidata nel corso della sua carriera che vide Fulcieri podestà a Modena nel 1306, capitano del popolo a Bologna dal 1307 al 1309, podestà subito dopo a San Gimignano, capitano di guerra a Firenze nel 1312 e infine ancora capitano del popolo a Bologna nell'estate 1321.
A quest'ultima vicenda, cui si collega la cacciata da Bologna di Romeo Pepoli e il ritorno al potere dei ‛ guelfi intransigenti ' rappresentati dai Maltraversi, andrebbe riferito, secondo alcuni studiosi, il significato allegorico di un passo della seconda egloga responsiva di D. a Giovanni del Virgilio, scritta proprio negli ultimi tempi della vita del poeta: in esso D. intende motivare in modo definitivo il suo rifiuto ad accogliere il rinnovato invito di Giovanni del Virgilio a recarsi a Bologna, con la presenza in questa città di una temibile persona indicata col nome simbolico di Polifemo: " ...Mopsum visurus adirem, / hic grege dimisso, ni te, Polipheme, timerem ". / " Quis Poliphemon " ait " non horreat " Alphesiboeus / " assuetum rictus humano sanguine tingui, / tempore iam ex illo quando Galathea relicti / Acidis heu miseri discerpere viscera vidit? " (Eg IV 74-79). Ora la spiegazione forse più calzante finora data di Polifemo lo identifica appunto con Fulcieri, temuto e condannato dal poeta come feroce persecutore della sua parte politica.
Fulcieri, costretto quasi ininterrottamente a vivere fuori della sua città, sempre più saldamente in pugno dei rivali Ordelaffi, continuò ad operare tenacemente per la sua casata e il guelfismo romagnolo sulle montagne forlivesi, poi, come capitano generale di guerra per la Santa Sede, in Lombardia e nella Marca Anconetana (1322). I fasti comunali lo ricordano ancora nel 1325 e nel 1326 a Bologna, rispettivamente come capitano del popolo e podestà; infine nel 1327 a Faenza come podestà. Morì probabilmente attorno al 1340. (Per la bibliografia, v. CALBOLI).