BELLELLI, Fulgenzio
Nacque a Buccino (Salerno) il 18 giugno 1677, secondo G. Bellelli ed E. De Tipaldo, e non nel 1675, come erroneamente in Lanteri e Lopez Bardón, ed ebbe il nome di Francesco. Nel 1691 è ammesso al noviziato nel convento napoletano di S. Agostino Maggiore. Dopo la professione solenne (1692), assunto il nome di Fulgenzio, in onore di S. Fulgenzio di Ruspe, difensore della dottrina agostiniana della grazia, è per qualche tempo a Roma; di lì passa, nel 1695, a Siena quale maestro degli studenti e, nel 1696, a Firenze. Una nuova sosta a Napoli (1697) è interrotta dalla partecipazione, quale teologo, al capitolo, generale dell'Ordine tenuto a Bologna nel 1699. Nel 1700 insegna filosofia ai professi nel convento romano; due anni dopo torna a Siena in qualità di reggente. Nel 1704 ricopre la stessa carica a Napoli; nel 1705 è definitore generale della provincia. Stringe intanto rapporti con monsignor Iacopo Caracciolo, arcivescovo di Efeso, che, destinato nunzio agli Svizzeri, lo conduce con sé a Lucerna nel 1710 come teologo della nunziatura. Si interrompe cosi momentaneamente l'attività del B. nell'ambito dell'Ordine.
Durante la permanenza a Lucerna matura l'elaborazione della prima opera teologica, la Mens Augustini de statu creaturae rationalis ante peccatum. Polemica dissertatio adversus aliquot Pelagianos, Baianos, Iansenianos errores recentesve quorundam Doctorum opiniones..., Lucernae 1711 (rist. Antuerpiae 1714), dedicata al Caracciolo.
Nello stesso 1711 però il B. lascia Lucerna, per le non buone condizioni di salute, e passa a Milano, dove soggiorna sino al 1713. Lo seguiamo negli anni successivi, quale reggente, nei conventi di Venezia, Perugia e Roma. Nel 1720 diviene segretario dell'Ordine; nel dicembre 1720 Clemente XI lo dichiara procuratore generale in attesa del capitolo generale dell'Ordine che, celebrato nel 1721, conferma il B. in tale carica. Nello stesso anno egli ottiene in Roma la prefettura della Biblioteca Angelica. Il LXVI capitolo generale dell'Ordine lo elegge generale il 15 nov. 1726.
Il sessennio del generalato del B. rimane in gran parte legato alla soluzione dell'annosa questione della identificazione delle reliquie di S. Agostino in S. Piero in Ciel d'Oro di Pavia. La ricognizione, iniziatasi nel 1695, e la relativa causa erano tuttora aperte per l'opposizione e le contestazioni dei canonici regolari lateranensi che officiavano nella basilica. La disputa tra i due Ordini era destinata ad allargarsi quando, nell'ultima fase della causa voluta da papa Benedetto XIII e caldamente sostenuta dal B., scesero in campo, rinnovando antichi contrasti, i due massimi rappresentanti dell'erudizione ecclesiastica dei momento, Giusto Fo e L. A. Muratori, a favore degli agostiniani il primo, in appoggio ai canonici lateranensi il secondo (1730). Il B. in questa occasione agì in stretto accordo con il Fontanini, cui fornì materiale per il De Corpore s. Augustini... Ticini reperto... Disquisitio, Romae 1728, e sotto l'appena velata sollecitante simpatia del pontefice. Recatosi personalmente a Pavia, nel corso di una visita durata dal 17 aprile al 22 Sett. 1728 poté seguire i momenti conclusivi della ricostruzione, e il 16 luglio, la promulgazione della sentenza del vescovo della città, F. Pertusaul favorevole alla tesi sostenuta dagli agostiniani. Una importante relazione del B. sulla intera vicenda, ricca di particolari sugli stessi suoi interventi personali, nella quale sono inserite lettere scambiate tra il B. e il Fontanini, è edita nel Codex diplomaticus Ord. E. S. Augustini Papiae, pp. 150-167. Ma di un diretto intervento del B. nella polemica, più che mai incandescente dopo l'avvenuta identigcazione delle reliquie, si ha testimomanza con la pubblicazione del copioso materiale della causa in Alcune considerazioni sopra la causa dell'identità del corpo del padre s. Agostino fatte... e presentate a monsignor F. Pertusati vescovo di Pavia giudice di detta causa, Venezia 1728, e soprattutto nella Collectio actorum atque allegatorum quibus ossa sacra Ticini... reperta esse sacras s. Augustini... excuvias probatum est et novissime iudicatum..., Venetiis 1729, 2 voll. in uno. E dal suo impegno per il restauro del luogo della sepoltura del santo derivarono la richiesta di una colletta mensile ai singoli conventi dell'Ordine e il tentativo, rimasto vano, di superare le difficoltà frapposte dalla implacabile opposizione dei canonici lateranensi.
Da Pavia, seguitando la visita sempre nel corso del 1729, toccò Cremona, Mantova, Venezia, dove stampò le opere menzionate, Bologna, Rimini e Pesaro.
Più tormentati sono gli ultimi due anni di governo del B., come egli stesso ricorda in rapidi appunti autobiografici: nel 1732 da alcuni settori dell'Ordine viene sollecitata una visita apostolica che il pontefice Clemente XII concede con l'invio di un visitatore nella persona di monsignor T. Cervini. Tra le conseguenze, di tale visita è l'emanazione di un motu proprio papale deí 1733 (ma revocato alla conclusione della visita apostolica nel 1737), escludente dalla nomina a generale il procuratore generale e gli assistenti pro tempore dell'Ordine. I motivi dei contrasti restano oscuri, seppure sia da pensare a questioni inteme, quali traspaiono dalle visite del B., e alla particolare opposizione, che il B. ricorda, rivolta contro il p. F. Leoni, procuratore generale dell'Ordine e legatissimo al B., che si vide allora escluso dalla massima carica.
Concluso nel 1733 il periodo del generalato, il B. rioccupa la prefettura dell'Angelica e si dedica con tranquillità alla stesura dell'ultima sua opera teologica, la Mens Augustini de modo reparationis humanae naturae post lapsum adversus Baianam et Iansenianam haeresim iuxta apostolicas constitutiones exposita... pars prima, Romae 1737; pars altera, ibid. 1737.
Il B. morì a Roma il 22genn. 1742.
Manca nel B. quale generale dell'Ordine, forse per l'assillo e l'urgenza di motivi praúci, quell'impegno dottrinale evidente invece in uno dei suoi maggiori successori (1752-67) F. S. Vazquez (tuttavia egli ottenne la facoltà di creare maestri in teologia senza dover più richiedere l'autorizzazione pontificia); ma l'attività sua come teologo è importante tanto per la soluzione di molti discussi problemi quanto per le postume polemiche che la sua opera era destinata a suscitare. Il B. incentra sia la prima sia la seconda opera in polemica con le posizioni giansenistiche, in particolare contro Baio e Giansenio la prima, contro Quesnel la seconda. Più che a occasioni contingenti la sua elaborazione si deve alla ripresa di quella tendenza tradizionale entro l'Ordine, dell'"agostinianismo rigido" rinvigorita dal Noris alla fine del secolo precedente e proseguita, dopo il B., da G. L. Berti.
Il De statu creaturae rationalis ante peccatum è volto contro la negazione da parte di Baio del carattere soprannaturale della giustizia originale, ma anche contro le "recentes quorundam Doctorum opiniones", principalmente quelle di Molina, che a difesa della soprannaturalità della giustizia originale distinguevano l'ordine naturale da quello soprannaturale mediante la teoria della "pura natura", asserendo cioè la possibilità della creazione delle creature razionali ad opera di Dio senza i doni soprannaturali propri del primo uomo nello stato di innocenza. Lo sforzo del B., e in genere della scuola agostiniana, mira a denunziare l'insufficienza di tale teoria e ad indicare, da un punto di vista storico, a salvaguardia della tradizionale dottrina della gratuità del soprannaturale, una soluzione egualmente distante dalle posizioni di Baio e da quelle degli "scolastici". Fondamentale appare perciò nel B. la differenza tra i due stati di natura prima e dopo il peccato originale. La natura dell'uomo (ritenuto per analogia immagine di Dio) è intesa dal B. nella sua scaturigine agostiniana, ma priva di ogni base neoplatonica, e altresì spoglia di preoccupa, zioni metafisiche, nel senso in cui andavano orientandosi allora altre scuole teologiche cattoliche. Da simile concezione deriva la dottrina del B. circa la beatitudine dell'uomo, che tende per "desiderio innato" alla visione intuitiva e non, astrattiva di Dio. L'uso di un concetto scolastico e della relativa terminologia, derivata da Scoto e Soto, a proposito del "desiderio innato", non deve trarre in inganno circa la posizione del B. che si serve di tali formule, anziché della tradizione tomistica già prevalente al suo tempo, non tanto per la propensione ad una maggiore antichità quanto per la utilizzazione di tale argomento contro la teoria dello stato di "pura natura". E antiscolastica è,al tempo stesso, la negazione da parte del B. della possibilità di una conoscenza astrattiva di Dio.
Confermate la distinzione tra il piano naturale e quello soprannaturale e la necessità di una naturale tensione dell'uomo verso Dio, che può essere raggiunto solo attraverso un aiuto soprannaturale, il B. passa, sempre sulla scorta di. S. Agostino, particolarmente nel De modo reparationis (ma questi temi sono presenti anche nell'opera precedente) ad un esame della provvidenza e libertà divina circa il fine soprannaturale dell'uomo che si realizza, con richiamo alla polemica di S. Agostino contro Pelagio, nel gratuito conferimento della grazia. Sul quale concetto infine il B. vuole differenziarsi da Baio. Mentre questi, secondo una contestabile interpretazione del B., ridurrebbe il dono della grazia nello stato d'innocenza a qualcosa d'ordine puramente naturale ("debitum rigorosum"), il B. sostiene che esso quale "debitum congruitatis Dei" è soprannaturale, dipendendo soltanto dalla legge provvidenziale di Dio, e che è dotato pertanto di una "spontanea necessità" derivante dalla divina promessa. Il B. non precisa i concetti di "spontanea necessità" e di "debitum congruitatis" che a lettori contemporanei o di poco posteriori apparvero artifici verbali o almeno termini inadeguati a chiarire la differente posizione del B. da quella baiano-quesnellista, donde le prolungate accuse a lui rivolte di adesione alle proposizioni condannate. Indubbiamente, se la posizione del B. e quella della scuola agostiniana rigida non coincidono affatto con il giansenismo (ed anzi il loro significato storico-dottrinale consiste nel difficile tentativo di tracciare una netta linea di demarcazione), era facile riportare la sua posizione, nonostante le distinzioni avanzate, alle proposizioni condannate 53 e 27 di Baio, a proposito dei due stati di natura prima e dopo il peccato; o sottolineare quanto poco persuasivo apparisse, nel De modo reparationis, il suo tentativo di precisare in senso ortodosso il significato della proposizione 38 di Baio sulla duplice dilettazione vittoriosa. Più convincente sembrò tuttavia, sempre nella stessa opera, la confutazione della proposizione 13 di Quesnel sulla grazia efficace, poiché il B. distingue tra grazia sufficiente e grazia di per sé efficace la quale non annulla la libertà di indifferenza.
Una prima critica al tentativo del B. si ebbe poco dopo l'apparizione del De statu creaturae rationalis, da parte dell'agostiniano tedesco N. Girken, cui il B. rispose con urla Apologia (ms. in Arch. dell'Ordine, n. 16). Ma il B. non dovette esseme soddisfatto, o non ne furono soddisfatti i superiori, se ritornò sull'argomento con una Epistola seu opusculum apologeticum d. Romae d. 4 iun. a. 1717 (in Bibl. Angelíca, ms. 386), notevole perché contiene in nuce le idee sviluppate nel De modo reparationis. È da porre in questi anni anche una prima denunzia dell'opera del B. a Roma, rimasta senza conseguenze, di cui abbiamo vaghe notizie dal Roppo.
Una formale denunzia del De modo reparationis al S. Uffizio, nel corso del 1741, partì invece dal canonico de Gorgne di Soissons. Questi affiancò nella denunzia dell'opera del B. il terzo volume del De theologicis disciplinis del Berti, e i due nomi procederanno ormai affiancati nelle vicende successive, assumendosi il Berti, oltre che la propria, anche la difesa del confratello. La denunzia del de Gorgne viene confutata dal consultore G. Besozzi nel 1742, e dai padri F. Tamburini (che in qualità di censore aveva approvato il De modo reparationis)e Della Torre. Ma nel 1744 la polemica riprende vigore allorché J. d'Yse de Saleon, vescovo di Rodez (dal 1746 arcivescovo di Vienne), ripropone le accuse del de Gorgne a Benedetto XIV, tramite il cardinale de Tencin con un Baianismus et Iansenismus redivivi in scriptis PP. FF. Bellelli et Berti..., s.l. né d. [ma 1744]. Per una seconda volta il Besozzi, divenuto intanto cardinale, esamina le opere del B. e del Berti alla luce della principale accusa del Saleon, che il principio delle due dilettazioni come sostenuto da Giansenio fosse presente negli scritti dei due autori, e conferma la sostanziale ortodossia dei teologi agostiniani. Di contro il Saleon si adopera, inutilmente, perché le opere da lui denunziate siano condannate dall'assemblea dei clero di Francia del 1748. Ma già il Berti aveva pubblicato un'ampia confutazione dello scritto del Saleon, l'Augustinianum systema de gratia ab iniqua Baiani et Ianseniani erroris insimulatione vindicatum..., 2 voll., Romae 1747.
La polemica travalica ormai l'ambito della discussione sugli scritti del B. e dei Berti, per divenire, insieme con la quasi contemporanea polemica teologica tra il Maffei e il Migliavacca in Italia, e con i rinnovati fermenti giansenistici in Francia, occasione di una ennesima prova di forza tra le opposte tendenze, giansenistiche, agostiniane o comunque arcaizzanti sul piano teologico, e molinistiche o più genericamente "gesuitiche". Proprio per questo la discussione intomo ai nomi del B. e del Berti, che assumono di là dalle intenzioni il significato di ispiratori e la funzione di trait d'union di movimenti eterogenei sulla base di un comune consenso "agostiniano", è la più importante e vivace polemica puramente teologica a metà Settecento e appare per molti aspetti conclusiva di un secolare dibattito. Se da una parte le Nouvelles ecclésiastiques (Addizzioni del 1750, del 1753 e del 1757) giocheranno sull'equivoco e si rallegreranno che il Saleon, identificando il giansenismo con le dottrine cattoliche del B. e del Berti, abbia garantito la cattolicità del giansenismo stesso, dall'altra seguirà immediatamente l'offensiva antigiansenista con un Iudicium de operibus theologicis FF. Bellelli et Berti, Senonis 1-750, di J.-J. Languet de Gercy, vescovo di Sens, che rinnova su Benedetto XIV le pressioni per una condanna (cfr. de Heeckeren, II). Ancora una volta il Berti difenderà se stesso e il B. dalla perpetuantesi accusa di quesnellismo con l'In opusculum inscriptum... "Iudicium...", Liburni 1756. L'accusa tuttavia viene ripresa dal gesuita Patoufflet, che ripubblicando nel 1752 ad Anversa la Bibliothèque janseniste del de Colonia (apparsa nel 1744 e condannata da Roma nel 1749), con il titolo mutato in Dict. des livres jansénistes, vi include i nomi e le opere del B. e del Berti (cfr. per il B. t. III, pp. 107-114). Posto all'Indice romano anche il Dictionnaire, la polemica si trasferisce in Italia, caratterizzata dalle discussioni tra il Berti e il gesuita F. A. Zaccaria (cfr. in partic. per il B., Storia letteraria d'Italia, VIII, App., pp. 1-109). Anche questa fase polemica si dissolve, per stanchezza, in numerosi opuscoli polemici in prosa o in versi (Van Luijk, p. 397 n. 95). Più consistenti appaiono però le prese di posizione del Lami sulle Novelle letterarie (dal 1750 in poi) e quella del p. Viatore da Coccaglio, con la Ricerca sistematica sul testo e sulla mente di s. Prospero d'Aquitania..., Brescia 1756, che delineano gli orientamenti dei circoli filogiansenistici fiorentini e bresciani favorevoli al B. e al Berti.
Nonostante queste scosse, l'insegnamento Ael B. persisterà nella scuola agostiniana attraverso l'opera del Berti; e in talune sue formulazioni verrà ripreso, su un piano ufficiale, dal generale Vazquez nelle 23 tesi teologiche sintetizzanti la posizione dottrinale dell'Ordine, presentate nel 1758 a Clemente XIII con l'intento di ricevere un riconoscimento analogo a quello ottenuto dai domenicani per la scuola tomistica da parte di Benedetto XIII: tra le altre, la proposizione 3 sulla gratuità della grazia e sui doni soprannaturali nello stato d'innocenza porta chiaramente il segno della posizione del Bellelli. Il quale rimane il rappresentante estremo della scuola, distaccandosi dalla posizione moderatrice e sistematrice del Berti.
Oltre gli inediti del B. citati in precedenza, vanno ricordati una De incarnatione Verbi divini dissertatio, in Bibl. Angelica, ms. 1359, gruppo di lezioni tenute dal B. a Perugia nel 1716, e una Benedicto XIII... variarum notitiarum collectio ad Romanam synodum pertinentium..., in Bibl. Angelica, ms. 1111 (il B. fu teologo nel sinodo romano del 1725); questa Collectio è al centro dell'interesse dei filogiansenisti romani tra il 1765-66, allorché si discute di una interpolazione degli atti del concilio, nei quali sarebbe stato introdotto, successivamente, un passo attribuente alla Unigenitus il carattere di regola di fede, passo mancante negli atti originali conservati nell'Archivio Vaticano e nella Collectio del Bellelli.
Fonti e Bibl.: Notizie biogr. in N. Roppo, Delle lodi del rev.mo... F. B., Padova 1729, esemplare in Bibl. Angelica, s. 35, cui seguono rapidi appunti ms. del B. contenenti dati sino al 1738; in un elogio del B. steso probabilmente dal nipote G. Bellelli, s. l. né d., in Bibl. Angelica, I, ms. 22; qualche inesattezza e incompletezza in: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 665 s.; E. De Tipaldo: Biografia degli italiani illustri..., IV, Venezia 1837, pp. 396 s.; I. Lanteri, Postrema saecula sex…, III, Roma 1860, pp. 53-55; T. Lopez Bardón, Monastici Augustiniani... N. Crusenii continuatio…, III, Vallisoleti 1916, pp. 3 s., 299; D. A. Perini, Bibliographia Augustiniana, Firenze s. d. [ma 1931], pp. 108-110. In particolare: per la visita del B. a Pavia cfr. Codex diplomaticus Ord. E. S. Augustini Papiae, a cura di R. Maiocchi e N. Casacca, V, Papiae 1915, pp. 146 ss., 150-167. Sul Pensiero teologico del B. cfr. A. C. Jernolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, in part. pp. 133 ss., 142 ss., 151, 154 e soprattutto B. Hwang, The Nature and Destiny of Man according to F. B., in Augustiniana, III (1953), pp. 224-259 (a cui nuoce talora la tendenza ad esaminare sistematicamente il pensiero del Bellelli). Una buona ricostruzione delle polemiche riguardanti il B. e il Berti è in Fr. H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, II, Bonn 1885, pp. 837-839, ma più ampie notizie, con nuovi docc., in B. Van Luijk O.E.S.A., Gian Lorenzo Berti agostiniano (1696-1766), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIV(1960), pp. 236-262, 383-410, vart. pp. 244 ss. e 384 ss. Per l'atteggiamento di Benedetto XIV, cfr. Le lettere di Benedetto XIV, a cura di E. Morelli, I-II, Roma 1955, 1965, v. Indice, e Correspondance de Benoît XIV, a cura di E. de Heeckeren, II, Paris 1912, pp. 221 ss., 243 ss. Rapide notizie in E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del sec. XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 40, 41. 158, 296-298, 300-302, 318, 338, 347. Da vedere le voci B. in Dict. de Théol. Cath., II, col. 600, Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VII, col. 859, Encicl. Cattolica, II, col. 1185.