Fumetto
Le parole viaggiano tra le nuvole
Raccontare per testo e immagini
di Marco Bussagli
12 febbraio
Muore a Santa Rosa, in California, Charles M. Schulz, il creatore dei Peanuts, le strisce comiche più popolari del mondo, pubblicate su 2600 giornali di 75 paesi e tradotte in 21 lingue. I Peanuts rappresentano una tappa miliare nella storia del fumetto, l'esempio più evidente di come questa forma di racconto, nata inizialmente per il pubblico giovanile, si sia trasformata nel tempo fino a conquistare anche i lettori adulti.
Cos'è un fumetto?
Dal 1950 le strisce di Schulz sono comparse ogni giorno sui giornali, prima negli USA poi praticamente in tutte le parti del mondo, accompagnando milioni di lettori alla scoperta di un microcosmo di bambini nel quale si riflettono gli umori, le nevrosi, le illusioni e le frustrazioni del macrocosmo degli adulti, americani in particolare, della società occidentale in genere. Proprio questo contrasto fra un'ambientazione tipicamente fanciullesca e problematiche caratteristiche del mondo dei cosiddetti grandi permette ai Peanuts di prestarsi a livelli di lettura diversi e di essere apprezzati da lettori di tutte le fasce di età. La ragione del successo dei personaggi di Schulz risiede in una straordinaria capacità di immediatezza espressiva, che i Peanuts condividono peraltro con tutti i fumetti più famosi. La morte del loro creatore, a poco più di un secolo dalla comparsa sulla stampa delle prime strisce comiche destinate all'infanzia, è uno stimolo a riflettere sull'importanza che il fumetto ha assunto come specifico e autonomo modo di raccontare, sulla cui evoluzione durante tutto il 20° secolo hanno influito mode, cambiamenti di gusto, innovazioni tecnologiche e persino profondi mutamenti sociali.
Cos'è un fumetto? Può essere un passatempo per chi lo legge, un lavoro e anche un divertimento per chi lo inventa. Può essere un gioco, talora molto serio. Può essere un modo diverso di fare letteratura e arte: Dino Buzzati, per es., si dedicò anche ai fumetti e Roy Lichtenstein ne fece uno dei temi più caratterizzanti della sua produzione artistica. Può essere un modo d'interpretare il mondo. Tuttavia, al di là delle rigide definizioni dei vocabolari ("ciascuna di quelle nuvolette che sembrano uscire dalla bocca dei personaggi disegnati o fotografati nelle quali si è soliti scrivere le parole o le frasi pronunciate da detto personaggio"), il fumetto è un particolare modo di porre in relazione l'immagine con il testo, anzi è un modo assai sofisticato d'intendere questo rapporto, cui si è giunti al termine di un lungo, inconsapevole percorso attraverso la storia dell'arte di diverse epoche.
Il rapporto testo-immagine dall'antichità al Rinascimento
L'esigenza di corredare un testo di un'immagine non è certo prerogativa soltanto del fumetto. Basti pensare alle scritte dedicatorie dell'antichità: da quelle che compaiono sulle pareti dipinte delle tombe egizie (per es. del faraone Tuthmose III) e spesso accompagnano le immagini della divinità e del faraone, committente dell'intera decorazione, all'iscrizione sul celeberrimo Auriga di Delfi che spiega come la vittoria dell'auriga esalti la gloria di Gelone tiranno di Gela (il cui nome venne però sostituito da quello del fratello Polizalo, che completò il monumento nel 475 a.C.). Il più delle volte, le scritte hanno funzione integrativa, poiché aggiungono informazioni a quelle che l'immagine fornisce già di per sé. Per es., la scritta etrusca Veiovis su una bella statuetta bronzea, conservata al Museo di Villa Giulia a Roma, svela l'identità della figura rappresentata, Giove, e consente di capire che quella specie di 'salsicciotto' che tiene in mano è un fulmine. Talvolta, invece, l'immagine va a corredare un testo illustrandone alcune parti, come avviene per es. in un codice tardoantico, contenente le opere di Virgilio e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, il Virgilio vaticano: qui l'immagine è circoscritta e illustra una scena particolare del racconto, nettamente separata, da un punto di vista grafico, dalla parte scritta; è infatti quest'ultima a essere considerata culturalmente prevalente, anche in virtù di una tradizione letteraria che aveva ormai collocato le opere virgiliane nell'empireo dei classici.
Ben diverso l'uso che delle immagini si fa in un'opera assai più tarda, ma non per questo meno legata al linguaggio figurativo della classicità, il Rotulo di Giosuè, databile al 10° secolo e conservato anch'esso nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Vi sono narrate le vicende della conquista della Terra Promessa da parte del popolo di Israele. Il Rotulo svolge il racconto - senza soluzione di continuità - non sulle pagine di un libro, ma sulla superficie di un nastro continuo di pergamena, un rotolo appunto, che ricorda le soluzioni narrative delle colonne coclidi romane di Traiano e di Marco Aurelio. A differenza di queste, però, nel Rotulo compaiono scritte di supporto alle immagini, che consentono di conoscere i nomi dei personaggi, i popoli cui appartengono le truppe rappresentate ecc., mentre al di sotto scorre il testo con la narrazione vera e propria. Tale modo di abbinare immagini e scritte denuncia un notevolissimo cambiamento di mentalità rispetto alle due colonne coclidi, dove la narrazione era intelligibile soltanto nel suo insieme perché la distanza che separava lo spettatore da gran parte delle scene ne limitava il completo godimento; in altri termini, pur narrando, si finiva per negare valore al racconto perché questo si perdeva ben presto nell'indistinguibile e quel che rimaneva chiaro era solo il 'segno' globale della colonna; l'assenza di un testo esplicativo o di commento era dovuta alla stessa ragione. Nel Rotulo, invece, prevale l'idea del continuum narrativo.
Una soluzione analoga a quella del Rotulo si ritrova nel ricamo di Bayeux, una tela di settanta metri sulla quale sono rappresentate le vicende della conquista dell'Inghilterra da parte dei normanni. Il ricamo (talora erroneamente chiamato 'arazzo') fu realizzato, forse a Canterbury, da ricamatrici anglosassoni fra il 1066 e il 1082 all'indomani della battaglia di Hastings, che segnò il trionfo di Guglielmo il Conquistatore. Si può osservare come qui il rapporto fra il testo di commento e le immagini anticipi la relazione che si instaurerà fra questi due elementi nelle prime strisce comiche. Anche in questo caso, infatti, il racconto è diviso in scene, che non sarebbe esagerato chiamare vignette, commentate dalla scritta latina soprastante: il testo, che è quanto mai scarno, si pone sullo stesso piano delle immagini, non è un elemento preponderante e le figure lo seguono passo passo. È proprio questo il tipo di rapporto testo-illustrazione che si ritroverà, a distanza di secoli, in alcune delle prime strisce comiche, per es. quelle degli Amours de Monsieur Vieux-Bois, create nel 1827 da R. Töpffer, o quelle, assai più note in Italia, del Signor Bonaventura, personaggio inventato da S. Tofano nel 1917.
Sempre alla ricerca di antecedenti culturali del fumetto, fra le opere medievali nelle quali la relazione testo-immagini assume un valore del tutto particolare si possono citare gli Exultet e la Biblia pauperum. Con il primo termine si definiscono quei lunghi rotoli in pergamena, sempre mirabilmente miniati, che venivano via via svolti dal diacono mentre ne cantava il testo, relativo alla salvazione del genere umano. La critica più recente tende a escludere che il motivo della forma degli Exultet derivasse dalla loro funzione, rintracciandone la ragione profonda nell'idea che la scelta del rotolo, implicante ascendenze classiche, fosse la più adatta a nobilitare il testo sacro. È certo però che la forma a rotolo si rivelava quanto mai idonea ad assolvere la funzione di 'striscia' da mostrare svolgendola dall'ambone su cui stava il diacono a cantare. Lo dimostrano in particolare quegli esemplari, quali l'Exultet (ms. Barb. lat. 592) della Biblioteca Apostolica Vaticana (11° secolo), in cui il testo è scritto a rovescio rispetto alle immagini. In questo modo, mentre il diacono svolgeva il rotolo per leggere e cantare, scendevano ed erano visibili ai fedeli le illustrazioni relative al racconto. Il rotolo diveniva così una sorta di macchina per raccontare, la cui logica si rivelava solo nell'uso; un po' come i vetrini della vecchia lanterna magica perdono tutta la loro forza narrativa se esaminati al di fuori della proiezione, similmente gli Exultet con il testo a rovescio sembrano inesorabilmente 'sbagliati' se non se ne tiene presente l'impiego.
Un altro caso importante per l'innovazione del rapporto fra testo e immagine è costituito dalla Biblia pauperum o 'Bibbia dei poveri', un tipo di trattato medievale, diffuso soprattutto nei paesi di lingua germanica, con il quale si mirava a porre in evidenza le relazioni fra Antico e Nuovo Testamento. Per evidenziarne l'interconnessione, nel medesimo foglio comparivano le immagini degli episodi vetero e neotestamentari da prendere in considerazione, con la conseguenza che il testo si parcellizzava, adeguandosi alle nuove esigenze illustrative. Nell'esemplare di Tegernsee, databile fra il 1340 e il 1350 (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, ms. Clm. 19414), per es., sul foglio 165r, è commentato l'episodio evangelico della Crocifissione, che occupa tutta la metà inferiore della pagina, mentre nella parte superiore si trova la raffigurazione degli episodi del Sacrificio di Isacco e del Serpente di bronzo, considerati prefigurazioni veterotestamentarie; a destra e a sinistra scorre il testo di commento e - cosa particolarmente importante - in basso, a fianco della Crocifissione, sono raffigurati i profeti che, con la loro autorità, suffragano la relazione; ognuno di essi tiene in mano un cartiglio con un passo del loro testo: in sostanza il primo fumetto. La relazione fra testo e immagine è perciò strettissima e tale che, proprio come nel moderno fumetto, l'uno senza l'altra non potrebbe sussistere. L'impianto delle pagine della Biblia pauperum ebbe larga diffusione attraverso la xilografia e andò a incidere profondamente sul futuro concetto d'illustrazione e di rapporto fra figura e testo.
Anche in opere di carattere monumentale, talvolta, si ricorse all'espediente di porre una scritta in bocca a un personaggio. Ne sono un esempio le immagini dell'Annunciazione dove, spesso, le parole pronunciate dall'arcangelo Gabriele fanno parte integrante della composizione; addirittura, nel caso della scena della Santissima Annunziata di Firenze, sono scritte a rovescio per sottolineare che il messaggio è solo per Maria, l'unica che possa leggerlo nel verso giusto. Interessanti sono anche due identiche scene del Trionfo della Morte di Buffalmacco (Pisa, Camposanto) e di Andrea Orcagna (Firenze, Museo di Santa Croce). Nel rappresentare gli storpi che invocano la morte con i versi: "Da che prosperitade ci ha lasati/o Morte medicina d'ogni pena/deh vieni a darci ormai l'ultima cena", Buffalmacco pone le frasi nel solito cartiglio tenuto in mano da un arcigno vegliardo, mentre Orcagna le pone proprio accanto alla bocca di uno dei suoi personaggi, come se si trattasse di un fumetto ante litteram. Sulla base di queste opere si può dire che la riflessione medievale sul rapporto testo-immagini è assai sofisticata e, in definitiva, molto più moderna di quella sviluppata non soltanto dalla classicità, ma anche dal Rinascimento. Infatti sono pochi gli esempi quattro- o cinquecenteschi paragonabili a quelli fin qui esaminati. Uno è Susanna e i vecchioni (1517) di Lorenzo Lotto, conservata agli Uffizi, in cui i principali personaggi dell'episodio biblico tengono in mano i cartigli con il dialogo relativo. L'apporto rinascimentale e poi, soprattutto, seicentesco alla formazione delle premesse culturali che porteranno alla nascita del fumetto appartiene piuttosto a un altro ambito, quello della caricatura.
La peculiarità delle soluzioni grafiche
La nascita ufficiale del balloon, la nuvoletta in cui sono inscritte le parole pronunciate dal personaggio, risale al 1908, quando il francese L. Forton cominciò a utilizzarlo nelle storie pubblicate sul periodico L'Épatant. Se i suoi antenati diretti possono individuarsi nelle ricordate storie del vecchio e segaligno Monsieur Vieux-Bois (1827), si può osservare che gli uomini moderni impiegarono quasi un secolo per recuperare quel rapporto evoluto fra testo e immagine che pittori e miniaturisti medievali avevano così efficacemente sviluppato. Naturalmente, però, cinque secoli non erano passati invano e le vignette tennero inevitabilmente conto delle prime esperienze narrative della lanterna magica, nonché di quelle più sofisticate relative alla resa fotografica del movimento (per es. il fucile fotografico di E. Muybridge). Non sarà infatti difficile rintracciare nella successione delle scene che compongono le storie de La famille Fenouillard (disegnate da G. Colomb, noto con lo pseudonimo di Christophe, per il periodico per ragazzi Petit Français illustré) il logico susseguirsi dei fotogrammi. La parcellizzazione di scene e spazi costituisce di per sé un passo avanti rispetto al continuum dei rotoli medievali e denuncia familiarità con i nuovi mezzi di espressione e riproduzione della realtà come appunto il dagherrotipo e il cinema. Non a caso, infatti, secondo la critica, Colomb avrebbe precorso il linguaggio cinematografico introducendo nelle sue strisce la successione di vere e proprie inquadrature, sia pure con un sistema ancora rigido e rudimentale. La storia è resa attraverso la successione di scene, tutte di uguale dimensione, accompagnate da un lungo commento che spesso costituisce la premessa e il prosieguo del fatto illustrato; in particolare, in un episodio come Un nouveau sport, dove Monsieur Fenouillard, assistito dai figli, decide di sistemarsi a cavallo della biella di un grosso ingranaggio perché sia più agevole stabilirne le dimensioni (dando così vita a una serie di buffe situazioni), Colomb anticipa la tematica di Tempi moderni di Chaplin.
Fin dagli esordi, nel fumetto, a ogni spazio corrisponde un tempo preciso; mai come in questo caso, infatti, spazio e tempo coincidono: ogni vignetta fissa una situazione in entrambe le dimensioni, contemporaneamente. Così, il verso di lettura corrisponde a un addentrarsi nel racconto dal punto di vista sia spaziale sia cronologico. Solo nelle redazioni più recenti e sofisticate del fumetto, in certi casi, questa regola finirà per essere sovvertita.
Anche la scatola grafica del rettangolo della vignetta ha un suo significato: nella grandissima maggioranza dei casi la sua linearità sta a indicare che l'azione si svolge nel presente e nel reale, mentre se i contorni sono fortemente ondulati o mossi vuol dire che si tratta di un sogno, di un ricordo o comunque di una dimensione che non è quella quotidiana. Vi sono però delle eccezioni: per es., nelle storie di Little Nemo, il ragazzino sognatore disegnato da W. McCay nel 1905, non c'è alcuna differenziazione grafica fra la dimensione onirica e quella reale ed entrambe sono racchiuse in cornici rigorosamente rettilinee; al contrario, le cornici che inquadrano le storie dissacranti di Zap comics, edite per la prima volta a San Francisco nel 1967, sono decisamente tremolanti: la scelta grafica, in questo caso, vuole sottolineare quell'atmosfera dimessa e degradata che caratterizza tutto il fumetto. Il formato della cornice subì nel corso del tempo notevoli modificazioni, tutte tese a migliorare il rapporto fra immagine e testo. Ben presto al rettangolino standard tipo fotogramma che, ripetuto nella pagina, dà l'effetto di un album fotografico, come sul Corriere dei Piccoli (dove furono pubblicate alcune delle strisce più popolari in Italia, dalle avventure di Formichino, di Bibì e Bibò, del ricordato Signor Bonaventura, fino ai personaggi di A. Rubino, come Quadratino o la principessa Rosaspina con i due servitori Sempresì e Sempreno), si sostituirono altre forme geometriche che, opportunamente utilizzate, miglioravano la capacità narrativa. Il rettangolo lungo, per es., che occupa in genere la prima scena servendo da richiamo per il lettore, ha funzione di vera e propria ripresa panoramica, che non di rado introduce il racconto, preparando il lettore all'ambientazione. Talora include anche il titolo, come nel caso della prima avventura di Buck Rogers (1929), il primo fumetto di fantascienza, con testi di P.F. Nowlan e disegni di D. Calkins. Altre volte, come nei fumetti nostrani di Dick Fulmine, di V. Baggioli e C. Cossio (1938), questa ouverture mostra una scena d'azione dell'eroe che dà un assaggio del resto dell'avventura. In entrambi i casi, la vicinanza al linguaggio cinematografico e televisivo è evidente. Con il passare del tempo, la prima tavola finì per aumentare di dimensioni fino a occupare spesso l'intera pagina. Una variante al rettangolo 'di base' fu introdotta da J.-P. Pinchon, che utilizzò per la prima volta il tondo per le storie di Bécassine, una bretone in veste tradizionale che disarma con la propria ingenuità. Il tondo ha la funzione di convogliare l'attenzione, mettendo a fuoco e isolando il personaggio. Walt Disney lo sistema spesso dietro il proprio Mickey Mouse, quando introduce i primi album, oppure lo utilizza per presentare i protagonisti di un'avventura. Non a caso il numero 52 di Action comics mostra tutti i fantastici protagonisti dei fumetti, capeggiati da Superman, sullo sfondo di un disco giallo che non solo evoca il sole, ma serve anche ad attirare l'attenzione, come il fuoco di un cannocchiale, sugli eroi rappresentati. Allo stesso modo, il potere evocativo del cerchio è utilizzato da S. Lee e S. Dirko nel 1962, quando presentano per la prima volta al pubblico Spiderman, l'Uomo ragno, che campeggia sulla copertina di Amazing Fantasy.
Gradualmente, la suddivisione degli spazi nella pagina è diventata un validissimo supporto alla tecnica narrativa, una sorta di prelinguaggio capace di ottimizzare il rapporto fra testo e immagine. G. Kane, illustratore di moltissimi fumetti di avventura, che nel 1971 pubblicò Blackmark, un romanzo grafico di fantascienza, utilizza un taglio molto sofisticato delle vignette, le cui dimensioni e forme cominciano a distaccarsi da quelle standard, adattandosi a sottolineare aspetti e dettagli della situazione e persino stati d'animo; è di Kane l'invenzione del taglio rettangolare verticale stretto che serve a creare suspence fra un momento e l'altro dell'azione. Invece G. Crepax in Valentina impiega tagli rettangolari in orizzontale che evidenziano particolari o costituiscono improvvisi cambiamenti di campo, zoomate sulla geografia del volto dei protagonisti, sicché la pagina si scompone. Questo modo di procedere ha portato anche a riflettere sulla composizione dell'intera pagina, che cessa di essere una sorta di album fotografico su cui fanno bella mostra di sé i 'dagherrotipi' della storia narrata. La pagina finisce per reclamare una propria estetica che, talora, si svincola completamente dal testo. È portando all'estremo questa tendenza che Moebius (pseudonimo di J. Giraud) concepisce per la rivista Métal hurlant, nel 1975, Arzach, una storia situata in un universo fantastico, fra il primitivo e il tecnologico, caratterizzata dalla totale assenza di testo: sono le scene in successione dinamica a determinare il ritmo dell'azione, talora ricorrendo all'espediente della rottura del limite della vignetta e della fuoriuscita all'esterno del personaggio principale di quel momento narrativo. In questo modo, ogni pagina acquisisce un proprio specifico verso di lettura. Ma questo verso talvolta scompare del tutto, come per es. accade sul primo numero di Zap comics (1967), nelle tre pagine dedicate ad Abstract expressionist. Ultra super modernistic comics: qui un fumetto senza trama, opera dell'incontenibile matita di R. Crumb, passa senza soluzione di continuità dal macroscopico al microscopico, dal banale all'osceno e la stessa cornice della vignetta pare risucchiata in un vortice di immagini praticamente prive di testo.
La trovata di parcellizzare le scene in vignette di forma diversificata, secondo le esigenze, si è rivelata vincente anche negli anni Ottanta, quando l'Europa è invasa dai fumetti giapponesi, i man-ga. In essi prevale un 'vocabolario' geometrico semplice, ma efficace: forme rettangolari per le scene statiche, trapezoidali, triangolari o simili per quelle dinamiche. Sempre più, dunque, a ogni spazio del fumetto finisce per corrispondere un 'tempo' diverso anche perché diversamente vissuto dal protagonista della storia e dal suo lettore.
Linguaggio ed espressione
Se per i romanzi, le poesie o i saggi si può parlare di testo, per i fumetti sarebbe assai più corretto parlare di 'testi'. Infatti la narrazione si svolge su due livelli: uno di racconto, nel quale si raccolgono le descrizioni, le premesse, gli antefatti, i commenti, in altre parole, la sceneggiatura; l'altro espressamente dedicato al dialogo. Nelle prime strisce questa diversificazione non esisteva e la corposa didascalia che accompagnava la vignetta includeva anche il parlato. È esemplare il caso di Bilbolbul, il fumetto con protagonista un negretto pasticcione inventato da A. Mussino nel 1908, in cui i dialoghi vengono riassunti nella filastrocca rimata di accompagno: così, per es., quando Bilbolbul per conto della mamma si reca a comperare stoffe da un mercante (Corriere dei Piccoli, 25, nr. 42, 15 ottobre 1933), lo scambio di battute viene reso con questa filastrocca: "È con voce vacillante / che gli chiede refe e tela; / ma s'accorge che il mercante, / esosissimo lo pela. / Si fa cuor, gli dice in faccia / che eccessivo è il chiesto prezzo / e quell'uomo allor lo schiaccia / sotto il peso del disprezzo". L'uso della rima, presente in molte delle strisce, non soltanto italiane, precedenti il 1908, rivela che il pubblico di destinazione era sostanzialmente infantile. Il 1908 fu un anno cruciale in quanto, come già ricordato, fu allora che L. Forton introdusse la rivoluzionaria novità della 'nuvoletta' da cui fuoriescono le parole pronunciate dal personaggio. Molti dei disegnatori e degli ideatori di strisce con commento in rima passarono al nuovo sistema, a cominciare da R. Dirks, l'inventore di The Katzenjammer Kids; in Italia però, il suo fumetto, tradotto con il titolo Bibì e Bibò, continuò a seguire il vecchio metodo della didascalia in rima diffuso sulle pagine del Corriere dei Piccoli.
L'idea della nuvola, non a caso precedente l'invenzione del cinema sonoro (1927), è geniale sotto molti punti di vista. Anzitutto, permette una più agevole collocazione all'interno dell'immagine, anche perché la 'coda' rastremata del fumetto consente di individuare immediatamente chi parla, mentre il corpo della nuvoletta circoscrive senza equivoci il testo. Le nuvolette, poi, possono fornire informazioni su come il testo in questione viene pronunciato o addirittura semplicemente pensato; in questo caso, infatti, alla 'coda' si sostituiscono dei tondini, in progressione decrescente; se invece la nuvoletta è tratteggiata, le frasi sono sussurrate, mentre se lascia il posto a una sorta di flash spigoloso, le parole sono decisamente urlate. Altre volte il fumetto non contiene frasi, ma segni, come per es. punti interrogativi ed esclamativi spesso utilizzati insieme per trasmettere il senso della sorpresa e dell'incertezza. La presenza di note musicali, poi, indica che la frase è cantata, come invariabilmente accade nell'ultima vignetta di tutte le avventure di Lucky Luke (disegnato da Morris, pseudonimo di M. de Bévère, e sceneggiato prima da R. Goscinny e poi da B. de Groot e altri), il quale si allontana fischiettando una malinconica canzone sullo sfondo di uno struggente tramonto. Infine, il fumetto può contenere altri disegni che visualizzino un ricordo o un'idea, oppure una serie di segni convenzionali: per es., una piccola spirale, una stella o più di una, una nuvoletta, dei punti esclamativi, l'immagine del pianeta Saturno vogliono alludere all'ira del personaggio. Talora si aggiunge anche un teschio che rimanda a perniciosi propositi e frasi poco eleganti.
Le possibilità di espressione insite nell'uso del fumetto, dunque, vanno ben al di là della semplice funzione di riportare il testo di un dialogo. Grazie agli accorgimenti grafici il testo si colora, se non di tutte, certo di molte delle sfumature tonali che sono proprie del parlato, più che dello scritto. Alcune volte, infine, la parola pronunciata dal personaggio è talmente importante che viene posta nella tavola come parte integrante di questa, senza la classica nuvoletta. Un esempio significativo sta in una tavola di Les passagers du vent, pubblicato da F. Bourgeon nel 1980. L'episodio, ambientato nel 18° secolo, è La fille sur la dunette e mostra lo scontro fra la marina inglese e quella francese: in un mare illuminato dai bagliori sinistri delle cannonate si aprono due riquadri con i volti concitati dei rispettivi nostromi che urlano, ognuno nella propria lingua, "Feu" e "Fire"; entrambe le parole hanno la veste grafica dell'onomatopea che conferisce loro una maggiore drammaticità. L'ultima frontiera del rapporto tra testo e immagine nel fumetto è, appunto, l'onomatopea, ovverosia l'impiego di parole il cui suono suggerisce il rumore prodotto dall'azione descritta nella scena. Agli albori del fumetto le vignette mostravano scene vissute nell'assoluto silenzio; poi, introdotte le nuvolette, il silenzio era rotto soltanto dal vociare dei personaggi. Alla fine degli anni Venti cominciano ad apparire le prime notazioni sonore all'interno delle scene, anche per via del rapporto sempre più stretto che si instaura fra fumetti e cortometraggi animati. Tuttavia, fino alla metà degli anni Trenta, l'uso che si fa dell'onomatopea è molto contenuto e anche incerto nella grafica. Può fare da esempio Topolino al lago polveroso, una storia di Mickey Mouse del 1934, stampata in Italia come edizione amatoriale nel 1983; per tutta la storia, che conta poco meno di centosessanta vignette, le indicazioni onomatopeiche non sono più di cinque e solo una, lo "splug" di Topolino che cade nell'acqua stupito dall'ingenuità di Clarabella, è resa in forma moderna, ovverosia scrivendo la parola in grossi caratteri di colore brillante, in questo caso rosso. Più spesso, si usava farne delle annotazioni marginali, senza particolare enfasi. A favorire la diffusione dell'onomatopea fu la presenza nel vocabolario anglosassone di parole in grado di suggerire con grande efficacia rumori e suoni. Si tratta di termini, tanto per citare i più comuni, come bang che vuol dire "detonazione", oppure crash che si può tradurre con "fracasso", oppure swish che si riferisce al "soffiare" del vento. Naturalmente, su queste basi non fu difficile coniare forme onomatopeiche appositamente inventate per rendere il rumore delle armi, come il "ratt-trt" della mitraglia di Corto Maltese, di H. Pratt, comunque connesso all'inglese to rattle, "strepitare". Le parole onomatopeiche sono sempre state di derivazione anglosassone (l'unico esempio contrario degno di nota è quello del Cocco Bill di B. Jacovitti, la cui pistola non fa "bang", ma "sparo"), tanto che quando, nel 1983, fu curata dall'European Language Institute una versione latina delle avventure di Donald Duck, intitolata Donaldus Anas, i suoni rimasero identici a quelli degli altri fumetti, a dimostrazione che non sarebbe stato possibile latinizzarli come tutto il testo.
È il suono onomatopeico, dunque, l'ultimo apporto verbale all'immagine, che più di ogni altro qualifica il fumetto come tale. Quando Lichtenstein orientò la propria arte nella direzione di macroscopici fumetti, come Whaam del 1963 (Londra, Tate Gallery), offrì all'onomatopea l'onore del titolo della sua opera. Per tornare a Schulz, anche nell'uso incisivo dell'onomatopea egli fu maestro: basti pensare all'"aaugh" con il quale i Peanuts esprimono la loro rabbia o la loro disperazione, il tenero "pat pat" con cui il bracchetto Snoopy consola il suo amichetto, l'uccellino Woodstock, o ancora il "sigh" che sintetizza la triste rassegnazione dell'eterno perdente Charlie Brown.
repertorio
Schulz e i Peanuts
Charles Monroe Schulz nacque a Minneapolis (Minnesota) il 26 novembre 1922. Il padre, di origine tedesca, di mestiere faceva il barbiere (come il padre di Charlie Brown) ed era un appassionato lettore di fumetti: una passione che presto trasmise al figlio. Nel 1940, finito il liceo, Schulz si iscrisse alla Art Instruction School Inc., una scuola di disegno per corrispondenza (era timido e preferiva spedire i suoi compiti per posta, piuttosto che presentarli di persona), dove, dopo la parentesi della guerra, che lo vide in Europa con la 20a divisione corazzata, divenne professore di tecnica di disegno animato. Dal 1946 al 1948 collaborò alla rivista cattolica Timeless Topix, scrivendo dialoghi per fumetti. Contemporaneamente pubblicava su un giornale di St. Paul, il Pioneer Express, una serie di vignette intitolata Li'l Folks.
Nel 1950, dopo che il Saturday Evening Post gli aveva acquistato qualche disegno, Schulz vendette all'United Feature Syndicate una striscia giornaliera che, ribattezzata con il nome di Peanuts, uscì su sette quotidiani, riscuotendo un immediato grandissimo successo. Da allora fino al suo ritiro, Schulz produsse quotidianamente una striscia, che si stima sia stata letta ogni giorno da milioni di persone in tutto il mondo.
Nel 1952 le strisce già pubblicate furono raccolte in Peanuts, che fu il primo degli oltre 1400 libri che Schulz diede alle stampe in cinquanta anni di carriera e che complessivamente hanno venduto più di trecento milioni di copie. I personaggi dei Peanuts sono stati protagonisti anche di quattro film, due commedie musicali, ventidue spettacoli sul ghiaccio.
Per due volte, nel 1955 e nel 1964, Schulz ha ricevuto il premio Reuben, il massimo riconoscimento conferito dalla National Cartoonist Society; nel 1978 è stato nominato Cartoonist of the year dal Pavillon International de l'Humour di Montreal; nel 1990 a Parigi, in occasione di una grande mostra organizzata al Louvre per celebrare i quaranta anni dei Peanuts, è stato insignito dell'onorificenza di Commandeur des Arts e des Lettres de France; nel 1996 gli è stata dedicata una stella nella leggendaria Walk of Fame di Hollywood.
Schulz, che nel dicembre 1999 aveva annunciato di non poter più disegnare a causa del cancro al colon da cui era affetto, è morto il 12 febbraio, la notte prima della comparsa della sua ultima vignetta per i settimanali.
I Peanuts
I personaggi dei Peanuts sono un gruppo di bambini di età fra i tre e i cinque anni, ognuno contraddistinto da una marcata peculiarità del carattere: il mite e maldestro Charlie Brown, eternamente destinato alla sconfitta; la bisbetica Lucy, prepotente e autoritaria; il timido Linus, che cerca sicurezza nel contatto con una vecchia coperta; il maschiaccio Piperita Patty, asso del baseball e disastro a scuola, con la sua fedele amica Marcie. E poi ancora la sorellina di Charlie Brown, Sally, e il fratello piccolo di Lucy e Linus, Replica, e altri personaggi minori, come il sempre sporco Pig Pen, Schroeder, appassionato cultore di Beethoven, Franklin, unico bambino di colore della banda. Ma il protagonista assoluto delle strisce di Schulz ha finito per essere il cane di Charlie Brown, Snoopy, il carattere più comico e fantastico dei Peanuts: bracchetto antropomorfizzato, disconosce il proprio ruolo di fedele compagno del suo padrone e preferisce invece immedesimarsi in una serie di personaggi eroici, eccellendo, nei suoi sogni, in qualsiasi attività decida di intraprendere. Gli fanno da spalla i suoi fratelli, Spike, Marbles, Olaf e Andy, e soprattutto il goffo uccellino Woodstock.
Nel loro complesso i Peanuts danno vita a una delle più deliziose saghe umoristiche della storia del fumetto, narrata con estrema finezza e con una grafica essenziale ma efficacissima, capace di evidenziare ogni minima sfaccettatura psicologica.
repertorio
Breve storia dei fumetti
La nascita del fumetto deve essere messa in relazione con la crescente espansione della stampa quotidiana nei paesi industriali alla fine dell'Ottocento, con il progredire dei procedimenti per la stampa a colori a grandi tirature e in genere con il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto del cinema, con il quale non casualmente il fumetto ha intrattenuto fin dalle origini fecondi rapporti di scambio. Il fumetto nacque negli Stati Uniti nel 1895, allorché l'editore J. Pulitzer decise di aggiungere ai quotidiani della domenica un supplemento illustrato a colori per l'infanzia: le storie di Yellow Kid, monello delle squallide periferie americane, che R.F. Outcault disegnò in questa occasione per il quotidiano The World di New York, ebbero un tale successo che ben presto si moltiplicarono i supplementi illustrati dei quotidiani e nacquero altre serie di personaggi comici e satirici. Tra le principali si possono ricordare: The Katzenjammer Kids (Bibì e Bibò), creati da R. Dirks nel 1897 ispirandosi a Max und Moritz di W. Busch, in seguito disegnati anche da H.H. Knerr; Happy Hooligan (1899, Fortunello) di F.B. Opper; Buster Brown (1902, Mimmo Mammolo), anch'esso di Outcault; The Newlyweds (1904, Cirillino) di G. McManus, creatore anche della serie Bringing up Father (1913, Arcibaldo e Petronilla); Little Nemo (1905, Bubi) di W. McCay; Krazy Kat (1913) di G. Herriman; Boob McNutt (1918, Meo Bichico) di R. Goldberg; The Thimble Theatre (1919), da cui in seguito nascerà Popeye (Braccio di ferro), di E.C. Segar; Felix (1923, Mio Mao) di P. Sullivan; Wash Tubbs (1924) e Captain Easy (1928) di R. Crane; Little orphan Annie (1924) di H. Gray. Accanto alle tavole domenicali (sunday pages) a colori, nel 1907 comparvero a poco a poco su tutti i quotidiani le strisce giornaliere a fumetto (daily strips) in bianco e nero, con storie concluse o a puntate di personaggi nuovi o già noti.
In Italia, la diffusione delle prime strisce comiche è legata al Corriere dei Piccoli, supplemento domenicale del Corriere della sera, diretto e fondato da S. Spaventa Filippi, e ricco di collaboratori di valore, sia scrittori sia illustratori; tra questi ultimi vi erano A. Rubino, creatore, tra l'altro, di Quadratino (1910), A. Mussino (Bilbolbul, 1909), Sto, pseudonimo di Sergio Tofano (Il Signor Bonaventura, 1917), B. Angoletta (Marmittone, 1928), C. Bisi (Sor Pampurio, 1929), G. Manca (Pier Cloruro de' Lambicchi, 1930), M. Pompei (Il prode Anselmo, 1931). Sulle pagine del Corriere dei Piccoli i testi erano affidati a tradizionali didascalie, per lo più in versi ottonari a rima baciata, che vennero abbandonate solo negli anni Sessanta.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, W. Disney e U. Iwerks crearono, prima per lo schermo (1928) e poi per il fumetto (1930), il personaggio di Mickey Mouse (Topolino), che ebbe subito in tutto il mondo un'immensa popolarità. Disney, separatosi da Iwerks e con nuovi e validissimi collaboratori (F. Gottfredson, F. Quimby, A. Tagliaferro, C. Barks), affiancò poi a Mickey Mouse nuovi personaggi, come Goofy (Pippo), Donald Duck (Paperino), Uncle Scrooge (Paperon de' Paperoni), che raggiunsero un successo tale da oscurare quello pur notevolissimo del primo eroe disneyano. Si affermavano intanto altri personaggi umoristici, come Blondie (1930) di Ch. Young; Betty Boop (1931) di M. Fleischer; Li'l Abner (1934) di Al Capp (A.G. Caplin); Nancy & Sluggo (1938, Arturo e Zoe), mentre in Belgio nasceva (1929), per opera di Hergé (G. Rémi), Tin Tin, primo fumetto europeo di risonanza mondiale.
Sempre negli Stati Uniti, furono pubblicati negli anni Trenta i primi albi a fumetto (comic books), che dapprima riproponevano storie già apparse sulle tavole domenicali o sulle strisce giornaliere, e in seguito ne lanciarono di nuove, appositamente create. Dalla fine degli anni Venti, inoltre, a cominciare da Tarzan (disegnato prima da H. Foster e poi da B. Hogarth, su testi di E.R. Borroughs) e da Buck Rogers (testi di P.F. Nowlan, disegni di D. Calkins), entrambi del 1929, il fumetto statunitense si arricchì di personaggi a carattere spiccatamente avventuroso, fra i quali Dick Tracy (1931) di Ch. Gould; Tim & Spud (Cino e Franco), creati nel 1928 da L. Young come protagonisti della serie umoristica Tim Tyler's luck e successivamente trasportati (1932) nel mondo dell'avventura; Brick Bradford (1933, noto in Italia sotto diversi nomi, tra cui quello di Giorgio Ventura) di W. Ritt e C. Gray; Jungle Jim (1933), Flash Gordon (1934) e Secret agent X-9 (1934) di A. Raymond; Inspector Wade (1934) di L. Anderson; Mandrake the Magician (1934) di L. Falk e P. Davis; Terry and the Pirates (1934) di M. Caniff; Sergeant King (1935, Audax) di Z. Gray e A. Dean; The Phantom (1936, L'Uomo mascherato) di L. Falk e R. Moore; Prince Valiant (1937, Il Principe Valentino) di H. Foster; Buck Ryan (1937) dell'inglese J. Monk; Superman (1938, Nembo Kid) di J. Siegel e J. Shuster; Batman (1939) di B. Finger e B. Kane; The Spirit (1940) di W. Eisner; Brenda Starr (1941), di D. Messick; Captain America (1941) di J. Simon e J. Kirby; Wonder Woman (1942) di W.M. Marston e H.G. Peter. Anche in Italia il genere avventuroso si diffuse rapidamente, grazie all'uscita, durante gli anni Trenta, di diverse pubblicazioni per ragazzi, per lo più a cadenza settimanale, come Il Monello (1933), L'Audace e L'Avventuroso (1934), l'Intrepido, I tre Porcellini e il Giornale di Cino e Franco (1935), Il Vittorioso e Paperino (1937), Giungla (1938). Queste pubblicazioni si affiancavano ad altri due settimanali, Jumbo e Topolino (1932), che erano stati i primi a far conoscere in Italia la nuovissima produzione americana e a utilizzare più diffusamente la nuvoletta parlante. Le pagine dei settimanali avventurosi cominciarono a ospitare però anche storie e personaggi di creazione del tutto italiana, soprattutto in seguito all'emanazione di una disposizione del Ministero della Cultura popolare (1938) contro la pubblicazione di fumetti stranieri. Possono essere ricordati tra i personaggi italiani creati in quegli anni: Rebo in Saturno contro la terra (1936) di C. Zavattini, F. Pedrocchi e G. Scolari; gli eroi salgariani illustrati da G. Moroni Celsi (1936); il bestiario umano di Zoolandia (1937) di S. Craveri; Kit Carson (1937) di R. Albertarelli; Virus e Capitan l'audace (1938) di F. Pedrocchi e W. Molino; Dick Fulmine (1938) di V. Baggioli e C. Cossio; Pinocchio (1938) di P. Lorenzini e G. Scudellari; Romano il legionario (1938) e Il mozzo del sommergibile (1940) di K. Caesar (C. Avai); i protagonisti dell'Isola Giovedì (1940) di F. Caprioli.
Dopo la guerra, la produzione avventurosa riprende con nuove storie e personaggi, che assumono però una dimensione più complessa e realistica. All'estero si affermano: Johnny Hazard (1944) di F. Robbins; Drago (1945) di B. Hogarth; Judge Wright (1945, Giudice Morris) di B. Brent e B. Wells; Garth (1945) di S. Dowling; Rip Kirby (1946) di A. Raymond; Blake & Mortimer (1946) di E.P. Jacobs; Steve Canyon (1947) di M. Caniff; Dan Dare (1950) di M. Morris e F. Hampson; Cisco Kid (1951) di R. Reed e J.L. Salinas; Jeff Hawke (1954) di W. Patterson e S. Jordan; Dan Cooper (1957) di A. Weiberg; Michel Vaillant (1959) di J. Graton; The Fantastic Four (1960) di Stan Lee (S. Lieber) e J. Kirby; Modesty Blaise (1962) di P. O'Donnell e J. Holdaway; Mort Cinder (1962) di H. Oesterheld e A. Breccia; Spiderman (1962, L'Uomo Ragno) di S. Lee e S. Ditko; Lieutenant Blueberry (1963) di J.M. Charlier e J. Giraud; Bernard Prince (1966) di Greg (M. Regnier) e Hermann (H. Huppen). Nuovi protagonisti del fumetto umoristico sono: Pogo (1948) di W. Kelly; Beetle Bailey (1950) di M. Walker; Charlie Brown (1950) di Ch.M. Schulz; Andy Capp (1958) di R. Smythe; i preistorici di B.C. (1958) di J. Hart; The Flinstones (1959, Gli Antenati) di W. Hanna e J. Barbera, creatori (1937) dei cartoni animati di Tom & Jerry; Bristow (1959) di F. Dickens; Tommy Wack (1961) di H. Morren; The wizard of Id (1960, Il mago Wiz) di B. Parker e J. Hart; Mafalda (1964) di Quino (J. Lavado); Colt (1967) di T.K. Ryan. A metà tra il comico e l'avventuroso sono tre personaggi, uno inglese, Romeo Brown (1959) di J. Holdaway, e due dell'area franco-belga: Lucky Luke (1946) di Morris (M. de Bévère) e Asterix (1959) di R. Goscinny e A. Uderzo.
In Italia, mentre solo alcune delle vecchie testate (Topolino, Intrepido, Il Vittorioso) riprendevano le pubblicazioni, nacquero nuovi settimanali a fumetto e si allargò la produzione di albi periodici, con prevalenza di personaggi italiani rispetto a quelli d'oltreoceano. Tra i primi hanno avuto un'importanza non trascurabile, nonostante la breve durata e la problematica diffusione: Giramondo (1944), L'Avventura (1944), Robinson (1945), Il Cow Boy (1946) e L'Italo-Americano (1946), esempio atipico di giornale a fumetto bilingue; tra le storie più caratteristiche e popolari: Raff (1944) di M. Guerri e V. Cossio; L'Asso di Picche (1945) di M. Faustinelli, A. Ongaro e H. Pratt; Gim Toro (1946) di A. Lavezzolo e E. Dell'Acqua; Tex Willer (1948) di G.L. Bonelli e A. Galleppini; Pantera Bionda (1948) di G.G. Dalmasso e E. Magni; Il piccolo sceriffo (1948) di T. Torelli e D. Zuffi; Sciuscià (1949) di T. Torelli e F. Paludetti; Pecos Bill (1949) di G. Martina e disegnato da G. D'Antonio, R. D'Amy, R. Paparella e P.L. De Vita (lo stesso D'Amy, insieme a G.L. Bonelli per i testi, creò nel 1949 i Tre Bill; poi, da solo, Gordon Jim, 1954, Il sergente York, 1954, e La pattuglia dei Bufali, 1956); Tony Falco (1948) di A. Lavezzolo e A. Bresciani; Kinowa (1950) di Essegesse (G. Sinchetto, D. Guzzon, P. Sartoris); Oklahoma (1952) di G. Martina e R. Paparella, P.L. De Vita e D. Battaglia; Il grande Blek (1954) e Il comandante Mark (1956) di Essegesse; Zagor (1961) di G. Nolitta (S. Bonelli) e G. Ferri; La storia del West (1967) di S. Bonelli e G. D'Antonio. È da notare come, a una grande abbondanza di soggettisti e disegnatori di storie avventurose, faccia riscontro un numero minimo di bravi autori umoristici, tra i quali vanno ricordati, oltre al citato Craveri, B. Jacovitti (attivo dal 1940 con le storie di Pippo, Pertica e Palla, poi con la riduzione a fumetto di Pinocchio, del 1945, e con la saga di Cocco Bill del 1957), i creatori delle storie italiane dei personaggi di Disney (tra gli altri, R. Scarpa, A. Bioletto, L. Bottaro) e quelli delle storie di Cucciolo e Tiramolla (G. Caregaro, R. Anzi, L. Bottaro, C. Chendi, G. Rebuffi). Tra il 1945 e il 1960 si affermarono gradatamente, in luogo del giornale a fumetti di grande formato, l'albo tascabile a striscia, di invenzione italiana, e il comic book, albo più grande alla maniera americana, tanto che alla data del 1968, escluso il Corriere dei Piccoli (sia pure profondamente trasformato con l'immissione del fumetto e di molti personaggi d'importazione francese), non esisteva più nessun giornale a fumetti, nemmeno Il Giorno dei Ragazzi, settimanale de Il Giorno di Milano, nato appena nel 1957, e ricco di valenti autori. Anche Topolino, nel 1949, si trasformò, e da giornale divenne libretto, escludendo tutte le storie avventurose e lasciando spazio a quelle di Disney; e quando, nel 1960, da periodico quindicinale divenne settimanale, non fu più sufficiente la produzione americana, e si dovette quindi impegnare un nutrito staff di soggettisti e disegnatori nostrani.
A metà degli anni Sessanta, con la progressiva scomparsa di quasi tutti i fumetti tradizionali, nati tra il 1930 e il 1950, si aprì un periodo di crisi, e insieme una pausa di riflessione che permise di storicizzare e valutare più attentamente il fumetto, fino ad allora considerato un sottoprodotto culturale di cui veniva sconsigliata, quando non proibita, la lettura. Da un lato la crisi di idee e di ideali portò alla nascita di un numero enorme di fumetti 'neri' e in gran parte deteriori, dei quali il capostipite nobile fu Diabolik (1962) delle sorelle Giussani, seguito poi da Kriminal (1964) di M. Bunker (L. Secchi), M.G. Perini e Magnus (R. Raviola); dall'altro si recuperò molto del fumetto sconosciuto in Italia, grazie soprattutto a una nuova raffinata rivista, Linus, che dal 1965 fece conoscere vecchi e nuovi personaggi americani ed europei (Krazy Kat, Pogo, Popeye, Dick Tracy, Li'l Abner, Charlie Brown, Jeff Hawke), dedicò spazio al dibattito sul fumetto come prodotto culturale e promosse la riscoperta di vecchi autori italiani (D. Battaglia) e la conoscenza di nuovi (G. Crepax, con Valentina, nel 1965).
In quegli anni, negli Stati Uniti, se si eccettuano le iniziative di tipo underground (come, per es., quella del periodico Barb, che fece conoscere personaggi come l'anticonformista Fritz the cat di R. Crumb, 1968), non si riscontravano novità di rilievo; ed era quindi l'Europa all'avanguardia nella fase di rinnovamento: in particolare la Francia che, con Barbarella di J.-C. Forest (1962), lanciò un tipo di fumetto in cui per la prima volta venivano proposti contenuti erotico-sessuali e si privilegiavano protagoniste femminili. Conquistato il pubblico degli adulti, il fumetto si avviava a una nuova fase di espansione su percorsi ora anche molto diversificati. Difatti, se alcuni personaggi tradizionali continuavano le loro saghe nelle mani di autori sempre validi (per es., il Tarzan di R. Manning, 1965-81), nell'ambito della satira e dell'umorismo nascevano in Italia Ghirighiz di E. Lunari (1965), Lupo Alberto (1965) di Silver (G. Silvestri), Alan Ford (1968) di M. Bunker e Magnus, e Sturmtruppen (1969) di Bonvi (F. Bonvicini). Up il sovversivo (1968) di A. Chiappori e Cipputi (1976) di Altan (F. Tullio-Altan), invece, testimoniavano l'efficacia del fumetto nel campo della satira propriamente politica che, in una fase di diffusa contestazione sociale, si esprimeva anche negli Stati Uniti attraverso le vignette di J. Feiffer, e in Francia per opera di Copi (R. Damonte), C. Brétécher (La Page des Frustrés, 1973) e G. Wolinski. Sempre in Francia, Ph. Druillet (Lone Sloane, 1973) e J. Giraud, con lo pseudonimo di Moebius (L'homme est-il bon?, 1977), fondavano nel 1975 la rivista Métal hurlant, sulla quale lanciavano il tema di un futuro disumano e alienante come unica prospettiva possibile di un presente già vissuto con ansia e disagio. Altri autori preferirono invece immergersi in un passato avventuroso: fra questi H. Pratt, con La ballata del mare salato (1967) e con tutte le storie di Corto Maltese. Nei decenni successivi, il genere avventuroso resiste, per es., con V. Giardino, autore di gialli d'epoca incentrati sul personaggio di Max Fridman (Rapsodia ungherese, 1982) e di storie ambientate nel presente, con protagonista l'investigatore Sam Pezzo (1979), o sconfinanti nel sogno con l'avvenente Little Ego (1984). In altre storie predominano il sesso e gli stati allucinatori: ne sono autori, per es., M. Manara (Il gioco, 1986), S. Tamburini e T. Liberatore (Ranx Xerox, 1978), A. Pazienza (Pentothal, 1977). In ogni caso, se l'avventura resiste, assume spesso, nei fumetti degli anni Ottanta, connotazioni gelide, spietate, disperanti, come in Les passagers du vent (1980, Le avventure di Isa) di F. Bourgeon. Ancora l'orrore e il mistero appaiono dominanti, rispettivamente, in Dylan Dog (1986), di T. Sclavi e di un folto gruppo di validi disegnatori, e in Martin Mystère (1982) di A. Castelli e G. Alessandrini.
Un fenomeno significativo nel panorama degli anni Ottanta è quello costituito dalla diffusione nel mondo occidentale dei fumetti giapponesi (man-ga), racconti di produzione marcatamente industriale, basati su storie di fantascienza con frequenti e furibonde lotte fra samurai e demoni, oppure popolati da adolescenti, spesso con un forte contenuto erotico. Se si escludono Akira di K. Otomo (1984) e Orange road di I. Matsumoto (1985), il livello qualitativo è in genere piuttosto basso.
Gli anni Novanta corrispondono a un momento critico della storia del fumetto: la drastica riduzione del tempo dedicato alla lettura, con il prevalere di altri tipi di svago (televisione, computer, videogiochi), fa sì che gli editori non rischino più esperimenti e nuove proposte, ma preferiscano rifarsi a filoni consolidati (horror, thriller, fantascienza ecc.). Dopo la scomparsa di alcuni protagonisti del fumetto (Pratt, Bonvi, Jacovitti e da ultimo Schulz e Barks) e il ritiro di altri, come B. Watterson, autore della fortunata serie Calvin & Hobbes (1985), non sembrano annunciarsi nuovi talenti. Rimane comunque inalterato il successo di alcuni classici, a cominciare da quelli Disney, e delle serie che hanno come protagonisti Asterix, Batman, l'Uomo Ragno, e naturalmente Charlie Brown e i suoi amici.