BOSTOLI, Fumo (Fummo, Fumaiolo, Fornaiolo)
Figlio di Alberto, che nel 1285 era stato podestà di Reggio (cfr. Memoriale potestatum Regiensium, in L. A. Muratori, Rerum Ital. Scriptores, VIII, Mediolani 1726, col. 1166), apparteneva a una nobile famiglia guelfa di Arezzo, che nel 1287, in seguito agli avvenimenti che portavano all'istaurazione della signoria ghibellina del vescovo Guglielmino Ubertini, fu bandita dalla città.
Per il B., che allora doveva essere ancora in giovane età, cominciarono così lunghi anni di esilio, durante i quali dovette partecipare attivamente alle lotte della fazione guelfa, capeggiata dal suo parente Rainaldo Bostoli, per rientrare in Arezzo. Nel 1291 infatti lo troviamo, alla testa di una masnada, al servizio di Firenze che sosteneva le rivendicazioni dei fuorusciti guelfi aretini, impegnandosi in un'estenuante guerra contro Arezzo. Pare che nel 1289 o più probabilmente nel settembre 1291, partecipando a una scorreria nel Casentino, avesse ucciso il conte Federico Novello, figlio del famoso capo ghibellino Guido Novello: così per lo meno afferma Benvenuto da Imola "quidem Fumaiolus vel Fornaiolus filius domini Alberti de Bostolis") nel suo commento a Dante, che aveva ricordato il conte Federico nel Purgatorio (VI, 16).
Dopo questo episodio del B. non si hanno più notizie per molto anni, né si sa quando egli sia rientrato nella sua città natale, travagliata da continue lotte interne. Nella grande battaglia di Montecatini del 29 ag. 1315, dove si trovarono di fronte guelfi e ghibellini di quasi tutta Italia, il B. comandava una schiera di settanta cavalieri guelfi di Arezzo. Dovette distinguersi per valore nella sanguinosa battaglia che si concluse in un vero disastro per i guelfi, e nella quale perse la vita anche un congiunto del B., Niccolò Bostoli (cfr. Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, Berlin-Leipzig 1908, p. 555), se già nel settembre seguente i Fiorentini lo nominarono loro capitano generale.
Nel 1322 il B. fu coinvolto nelle lotte interne di Pistoia, dove, secondo l'erronea testimonianza dell'autore anonimo delle Storie pistoresi, in quell'anno sarebbe succeduto a Pino della Tosa come rettore per re Roberto d'Angiò. Rettore fu invece Bavigliano Manetti da Firenze (cfr. R. Davidsohn, Storia di Firenze, III, Firenze 1960, p. 930), mentre il B. ricopriva a quanto pare la carica di podestà.
Il Comune da tempo si trovava in guerra con Castruccio Castracane, signore di Pisa e di Lucca, che aspirava a estendere la sua signoria anche su Pistoia. Tuttavia in questa città il desiderio di pace era divenuto così forte che quasi tutti i cittadini, con la sola eccezione di alcuni fra i guelfi più intransigenti, sì trovarono d'accordo per intavolare trattative con Castruccio. Così anche il B., benché fosse considerato "uomo guelfissimo e della parte di Sancta Chiesa" (Storie pistoresi, p. 75).Ma già pochi giorni dopo l'inizio delle trattative la situazione precipitò: Ormanno Tedici, abate di Pacciana e capo dei ghibellini pistoiesi, riuscì con l'appoggio di Castruccio a imporre la propria signoria sulla città, costringendo il B. a lasciare il suo ufficio (aprile 1322).
Dopo questi avvenimenti del B. non si hanno più notizie. Risulta defunto in un documento del 18 genn. 1340, quando alcuni membri della sua famiglia, tra i quali anche i suoi figli - Alberto e Carletto, quest'ultimo naturale - conclusero una pace con i conti di Modigliana (cfr. Doc. per la storia... di Arezzo nel medio evo, a c. di U. Pasqui, III, Firenze 1937, pp. 57-9).
Fonti eBibl.: Albertini Mussati De gestisItalicorum, in L. A. Muratori, Rerum Ital. Scriptores, X, Mediolani 1727, col. 635; Benevenuti de Rambaldis de Imola Comentum super Dantis Aldigherii Comoediam, a cura di J. P. Lacaita, III, Florentiae 1887, p. 171; Le Consulte della Repubblica fiorentina, a cura di A. Gherardi, II, Firenze 1898, pp. 200, 209; Storie pistoresi, in Rerum Ital. Scriptores, 2 ediz., XI, 5, a cura di S. A. Barbi, ad Indicem;F. T. Perrens, Histoire de Florence, IV, Paris 1870, p. 30;Q. Santoli, Pistoia e Castruccio, in Castruccio Castracani degli Antelminelli..., Firenze 1934, pp. 105, 107.