fumonisina
Tossicità delle fumonisine
Nel corso degli anni si è dimostrato che le principali fumonisine (FB1, FB2 e FB3) sono la causa della leucoencefalomalacia equina, dell’edema polmonare nei suini e del tumore al fegato nel ratto. La fumonisina B1 è di gran lunga la più abbondante ed è quella che presenta la maggiore tossicità. Ceppi del genere Fusarium, in partic. le specie Fusarium moniliforme e Fusarium proliferatum, sono parassiti del mais e di altri cereali (grano, sorgo, riso e miglio). I pericoli, anche per l’uomo, derivano quindi dal loro accumulo e dalla loro ingestione anche attraverso farine di cereali o mangimi contaminati.
Le fumonisine sono classificate come sostanze a sospetta capacità di indurre tumori nell’uomo, soprattutto a livello esofageo. In alcune regioni del pianeta (nel Nordest dell’Italia, in Sud Africa, nel Sudest asiatico, nelle zone tra il Guatemala e il Messico), la dieta è particolarmente ricca, o addirittura quasi esclusivamente composta da cereali, in partic. da mais (ad es., le tortillas dell’America Centrale), che possono rappresentare il substrato ideale di accrescimento dei Fusarium. In partic., l’OMS ha pubblicato uno studio che correla l’incidenza del tumore all’esofago in popolazioni del Nordest italiano con gli elevati consumi di polenta. Le fumonisine sono inibitori naturali della biosintesi degli sfingolipidi in quanto, in studi fatti su epatociti del ratto, si è dimostrato che inibiscono l’enzima cerammide sintetasi. La riduzione degli sfingolipidi nella cellula determina alterazioni dei meccanismi di controllo e di differenziazione cellulare, che possono spiegare l’oncogenicità delle fumonisine. È stato successivamente mostrato che somministrando fumonisina B1 a cellule in coltura (cellule derivanti da adenocarcinoma di colon umano) si aveva non solo l’inibizione della biosintesi di sfingolipidi ma anche della funzionalità dei trasportatori di membrana del folato (o vitamina B9). Quest’ultimo, gioca un ruolo centrale nel corretto sviluppo e nella chiusura del tubo neurale, che avviene entro le primissime settimane di gestazione. Esistono due meccanismi responsabili dell’assunzione di folati: quello influenzato da sfingolipidi è responsabile dell’assunzione dei folati nelle cellule della placenta. Quindi l’esposizione con la dieta alla fumonisina B1 può contrastare l’assunzione di folati e i processi cellulari da essi dipendenti; la carenza di folati causa difetti del tubo neurale, spiegando alcuni difetti congeniti non interpretabili con altri fattori di rischio.
In diverse parti del mondo, le istituzioni preposte hanno aggiunto acido folico nell’alimentazione dell’intera popolazione, al fine di prevenire i difetti congeniti dovuti alle sue carenze. Queste malformazioni vanno dalla spina bifida alla palatoschisi, da difetti cardiaci ad anencefalia. Complessivamente i difetti da carenza di folati colpiscono una gestazione su mille in Europa e in tre casi su quattro quella gestazione non giunge a termine. La ragione di tali interventi preventivi risiede nel fatto che la concentrazione di acido folico per le gestanti va tenuta a livelli sufficienti sin dal momento del concepimento, tanto che i ginecologi suggeriscono l’integrazione alla dieta con acido folico sin dal mese che precede il concepimento e per almeno un mese di gestazione. Sono stati riportati sia dati sui potenziali effetti indesiderati derivanti dalla somministrazione a tutta la popolazione di dosi elevate di acido folico, sia dati che si riferiscono a consistenti abbattimenti (−44% in Messico) di malformazioni congenite in popolazioni dove tale pratica è stata introdotta d’ufficio. In Italia si è scelto di non trattare l’intera popolazione con aggiunte di acido folico, che viene invece consigliato a tutte le donne che hanno intenzione di procreare. I dati italiani sulle malformazioni congenite da carenza di acido folico, nonostante gli sforzi condotti, sono ancora parziali sul territorio e in parte disomogenei, in sintesi le zone del Nordest non hanno quasi mai una incidenza di malformazioni meno elevata di quelle della Campania, anzi hanno spesso incidenze maggiori. Una soluzione per abbattere la concentrazione di fumonisine nel mais, e quindi nelle polente, deriva dall’uso di mais ingegnerizzati (il cosiddetto mais BT) per aumentare le loro resistenze a parassiti (per es., la piralide) mediante modifiche genetiche. La piralide attacca il mais e vi scava piccole gallerie che sono luoghi ideali, umidi e in ombra, per l’insediamento di Fusarium. I mais modificati, meno attaccati dai parassiti tipo piralide, risultano meno sensibili all’attacco del Fusarium. Il mais BT mostra riduzioni nei tenori di fumonisine che oscillano da 3 a 10 volte rispetto al mais tradizionale. La variabilità deriva dagli andamenti climatici delle stagioni e dai relativi attacchi di parassiti. A sua volta polente di mais tradizionale mostrano concentrazioni di fumonisine che sono circa la metà rispetto a quelle di mais coltivato con tecniche biologiche le quali, escludendo l’uso di insetticidi, presentano un numero di attacchi più elevato e quindi rappresentano un più facile insediamento per Fusarium.
L’Unione Europea (dall’ottobre 2007) ha imposto livelli massimi nel tenore di fumonisine (0,8 mg/kg per il consumo di cereali da colazione per gli adulti e 0,2 mg/kg per bambini e gestanti). La Pianura Padana è il principale sito italiano di coltivazione del mais (circa un milione di ettari) ed è un contesto in cui gli attacchi dei parassiti del mais sono particolarmente frequenti, tanto che il 54% di tutto il mais italiano raccolto nel 2005, per il suo elevato contenuto in fumonisine, sarebbe stato inadatto al consumo umano secondo la normativa del 2007.
Senza un cambio di strategia sulle disponibilità del mais, come suggerisce il rapporto Nomisma 2008, l’Italia rischia di mettere in crisi l’intera filiera della produzione del mais.