Funghi
di Paola Lanzara e Red.
Funghi
I funghi costituiscono un gruppo sistematico appartenente alla divisione del regno vegetale Mycophyta e comprendente organismi di aspetto molto diverso, alcuni macroscopici, come i funghi eduli, altri così minuti da poter essere osservati solo al microscopio; rientrano in questo secondo gruppo le muffe, i lieviti che determinano la fermentazione del mosto e la lievitazione del pane, le ruggini che compaiono sulle foglie dei cereali, i microrganismi patogeni responsabili delle varie forme di micosi ecc. I funghi mangerecci, che l'uomo ha utilizzato per la propria alimentazione fin dai tempi più remoti, devono essere sottoposti a un serio esame prima di venire consumati, data l'esistenza di specie altamente velenose.
Nella cultura popolare i funghi sono sempre stati visti in correlazione con una sfera magica e soprannaturale, comunque misteriosa. Sono infatti creature vegetali, ma prive di quel particolare pigmento verde, la clorofilla, che permette alle piante di sintetizzare le sostanze organiche grazie all'energia solare. La comparsa improvvisa e la rapida crescita che li contraddistingue, apparentemente non collegate ad alcun fattore specifico, sono sempre apparse inspiegabili: la leggenda più poetica al riguardo è quella secondo la quale san Vito, un santo martirizzato in Lucania, nella notte del 15 giugno (in un'altra versione il 7 settembre) cavalca per i boschi e semina i funghi; al di là del racconto leggendario, è da notare che, se le condizioni meteorologiche sono state favorevoli, entrambe le date cadono nel periodo propizio alla crescita dei funghi. Un'altra leggenda si ritrova nella mitologia sassone: il dio Wotan è inseguito dai diavoli e le gocce che cadono dal suo schiumante cavallo a sei zampe, Slepnir, si trasformano magicamente nei caratteristici funghi dal cappello rosso vivo punteggiato di bianco, i velenosi Amanita muscaria. Anche certi nomi inglesi di funghi, come per es. fairy club (Clavaria flava), rimandano al mondo dell'immaginario. Analogamente, la tipica figura ad anello con cui sono disposte alcune specie nei prati o sui tappeti erbosi è spesso chiamata 'cerchio delle fate': secondo la fantasia popolare, esso è opera delle fate che danzano sull'erba, rappresentando, però, un pericolo per ogni uomo che si trovi a passare di lì, poiché il fascino della loro musica può attrarlo verso il cerchio, facendolo prigioniero. A lungo legata alla sfera dell'immaginario è stata anche l'interpretazione dei fenomeni conseguenti l'assunzione di pane di segale infestato dal fungo Claviceps purpurea; i principi attivi di questo, ergotamina, ergotossina ed ergometrina, possono provocare avvelenamenti che si manifestano con stato confusionale, crampi, allucinazioni visive fino alle convulsioni; in passato tali disturbi, più evidenti in individui malnutriti o psicolabili, facevano sì che questi fossero tacciati di stregoneria. Nella storia, l'uso dei funghi risulta documentato fin dagli egizi, dai babilonesi, dai greci. Ai tempi dei romani erano considerati 'cibo da re', tanto che l'ovolo buono, Amanita caesarea, deriva il suo nome dal fatto di essere stato considerato una leccornia dagli imperatori. Nei secoli, i funghi sono stati frequentemente scelti come oggetto di raffigurazione in ambito artistico. L'esempio più antico è probabilmente costituito dagli affreschi rinvenuti nella località archeologica di Oplonti. Spesso compaiono nelle nature morte: basti ricordare il bel cestino di funghi nel Banco di frutta e verdura di F. Snyders (Alte Pinakothek di Monaco) o la Natura morta con insetti e anfibi di O.M. van Schriek (Museo di Braunschweig), in cui i funghi sono disegnati molto accuratamente, con lamelle individuabili e volva e anello messi in chiara evidenza. Va menzionato, infine, l'Autunno di G. Arcimboldi (Louvre), nel quale un fungo è inserito al posto dell'orecchio.
I funghi, pur essendo generalmente considerati come facenti parte del mondo vegetale, non hanno in realtà nulla in comune con le piante che danno fiori e frutti. Appartengono alla divisione Mycophyta e sono compresi nella categoria delle Crittogame, le piante 'dalle nozze nascoste', che non sviluppano fiori e non si riproducono per seme. La riproduzione avviene infatti mediante le spore, piccolissime particelle, spesso unicellulari, che per essere generate non necessitano di gameti, cioè di cellule differenziate maschili e femminili. Peculiare ed esclusiva caratteristica di questi organismi è, come accennato, l'assenza di clorofilla. Per questo motivo i funghi, la cui eventuale colorazione è dovuta a pigmenti non idonei a scopo nutritivo, devono, come gli animali, assumere le sostanze organiche preformate da altri organismi, in questo caso dai vegetali. Nel ciclo biologico, tuttavia, essi rappresentano ugualmente un anello importante grazie alla loro capacità di demolire sostanze complesse, quali la cellulosa e la lignina, decomponendole in sostanze semplici e perfino negli elementi primitivi, che poi utilizzano per crescere e sostenersi. Hanno forma e struttura molto variabili. Le specie più evolute, tra le quali si annovera la maggioranza dei funghi utilizzati nell'alimentazione, sono composte generalmente da un cappello e da un gambo, che nell'insieme costituiscono il carpoforo, originato da un apparato vegetativo, il micelio, formato da sottili elementi filiformi, detti ife, che si diffondono nel terreno. Il carpoforo produce le spore, contenute nella parte inferiore del cappello, detta imenio, che può essere distesa su lamelle disposte a raggiera intorno al gambo, come nel prataiolo, o su tubuli che formano una sostanza spugnosa, come nei porcini, o su aculei, come nello steccherino dorato, o ancora su superfici lisce, come nelle spugnole. Il cappello può presentarsi sotto forma, aspetto, colore diversi, così come il gambo, che può essere circondato nella parte alta da un anello e avvolto invece al piede da una sorta di sacca, o volva. Altri funghi hanno l'apparenza di croste o mensole che vivono sul legno; altre ancora hanno forma di clava (Clavaria) o di bastoncello (Cantharellus), oppure sono sotterranee (tartufo). Aspetto totalmente diverso possiedono i funghi microscopici, come i licheni e le muffe.
I funghi contengono acqua in percentuale variabile dall'80% al 90%, sali minerali dallo 0,6% all'1,5 %, glucidi dall'1% al 3%, proteine dal 2% al 4%, una piccolissima quantità di lipidi e di vitamine A, B e D; con la cottura, una parte dell'acqua viene eliminata, con conseguente concentrazione delle sostanze nutritive. È da notare comunque che i funghi sono costituiti in gran parte da sostanze che si lasciano attaccare con difficoltà dai succhi gastrici e non possono quindi liberare gli elementi nutritivi. Le specie commestibili sono circa un migliaio (di gusto più o meno buono); una trentina di specie è velenosa e altrettante sono quelle più o meno sospette; altre sono immangiabili, perché dure o coriacee, ma non sono tossiche. Il riconoscimento dei funghi edibili è un tema importantissimo e molto delicato: anche se le specie velenose sono in numero relativamente esiguo e hanno caratteristiche abbastanza evidenti, i casi di avvelenamento da funghi conseguenti a raccolta da parte di persone non competenti sono molto frequenti, ed è questa la ragione per la quale è indispensabile, prima di mangiare funghi, ricorrere a esperti in grado di valutarne la commestibilità. Sono da evitare comunque, perché privi di ogni valore, tutti i mezzi empirici che danno come indice di velenosità alcuni segni, quali il cambiamento di colore del prezzemolo, dell'aglio, della mollica di pane o del cucchiaio d'argento avvicinati ai funghi durante la cottura; altra credenza priva di ogni fondamento è che sia elemento discriminante la variazione del colore al taglio: le tre Amanita mortali mantengono infatti il medesimo colore, mentre alcuni Boletus, le cui carni si tingono vivacemente di blu, sono eduli. Non è valido nemmeno il criterio che i funghi rosicchiati da animali selvatici siano buoni, perché i veleni letali per l'uomo non lo sono necessariamente per altre specie viventi. Un'altra credenza che va sfatata è che servano a eliminare il veleno l'immersione nell'aceto o la bollitura con ripetuto cambio dell'acqua salata; anche l'essiccamento, contrariamente a quanto spesso si afferma, non rende commestibili i funghi velenosi: al contrario, con l'evaporazione si concentrano i principi tossici. Inoltre, anche i funghi mangerecci possono, come tutti gli altri alimenti, diventare nocivi per l'organismo umano se non sono in buono stato di conservazione: è necessario scartare quindi nel modo più assoluto tutti quelli che, all'aspetto o all'odore, lasciano sospettare alterazioni dello stato di conservazione.
4. Avvelenamenti da funghi (Red)
In caso di ingestione di specie fungine velenose si possono registrare varie sindromi tossiche, tra le quali quella lividica, la muscarinica e la fallinica. La sindrome lividica, di regola benigna e precoce (compare 2-3 ore dopo l'ingestione), è dovuta a vari funghi (Entoloma lividum, Boletus luridus, Lactarius torminosus, Russula emetica) e si manifesta con nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, eventualmente disturbi nervosi. La sindrome muscarinica, raramente mortale, causata da Amanita muscaria o da Amanita pantherina, si manifesta in genere 3-4 ore dopo l'ingestione, perlopiù con pesantezza al capo, sopore, salivazione abbondante, sudorazione, bradicardia, miosi: sintomi simili a quelli dell'avvelenamento da muscarina; talvolta, però, prevalgono sintomi nervosi simili a quelli causati da atropina (eccitamento fino al delirio, disturbi visivi, midriasi ecc.). La sindrome più grave è quella fallinica, mortale nella metà dei casi, causata da Amanita phalloides, Amanita verna e Amanita virosa. Essa è tardiva (compare in media 10-12 ore dopo l'ingestione) ed è caratterizzata da vomito, dolori addominali, diarrea, febbre, crampi, shock ipovolemico dovuto a perdita di liquidi ed elettroliti ecc.: tali disturbi, dopo un'eventuale remissione di circa 2 giorni, possono essere seguiti da insufficienza epatica e cardiocircolatoria, spesso coma e morte. Nei casi di ingestione di funghi velenosi di specie diversa le tre sindromi descritte possono coesistere e intrecciarsi, rendendo estremamente difficile il compito prognostico e terapeutico del medico. In genere, se il tempo trascorso dall'ingestione è di poche ore, la procedura adottata consiste nello svuotamento dello stomaco (mediante emetici o lavande gastriche) e dell'intestino (con clisteri piuttosto che con purganti). Se la sintomatologia è tardiva o se l'osservazione del paziente da parte del medico avviene in ritardo, possono essere necessari l'ipodermoclisi o le fleboclisi glicosate, gli analettici, i diuretici, la trasfusione di sangue e, se possibile, gli eventuali antidoti.
d.r. benjamin, Mushrooms. Poisons and panaceas, New York, Freeman, 1995.
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