CIRCOLARI, FUNZIONI
Sono funzioni di una variabile indipendente, che si definiscono nel modo che segue: su di una circonferenza di centro O, il cui raggio si prenda per unità delle lunghezze, si fissino un punto A, che si dirà origine degli archi, e un verso positivo delle rotazioni (ad es. il verso contrario a quello nel quale si muovono le lancette di un orologio). Si considerino inoltre, il diametro OA, e il diametro perpendicolare OB, fissando come verso positivo sul primo quello che va da O a A, e su OB quello in cui si dispone codesto verso positivo di OA, quando questo diametro ruota intorno ad O di un angolo retto, nel verso positivo delle rotazioni stabilito sulla circonferenza. Dato un numero reale x, si prenda a partire da A, sulla circonferenza, nel verso positivo o negativo secondo che è x > 0 o x 〈 0, l'arco AM, la cui lunghezza sia uguale al valore assoluto di x; e si conduca da M la perpendicolare MP al diametro OA.
Si dicono seno e coseno di x, e si denotano brevemente con sen x. cos x, le misure dei segmenti PM e OP rispetto all'unità OA, prese ciascuna col segno + o −, secondo che il corrispondente segmento, percorso dal primo al secondo estremo, risulta di verso uguale o contrario rispetto a quello del diametro OB, OA rispettivamente. Insomma sen x e cos x sono le coordinate (v.) cartesiane del punto M rispetto agli assi OA, OB (e all'unità di misura OA).
In secondo luogo, si conducano le tangenti alla circonferenza in A e B e siano T e U le rispettive intersezioni colla semiretta OM. Si dicono tangente e cotangente di x, e si designano con tang x e cotang x, le misure (in valore assoluto e segno) rispetto ad OA dei segmenti AT e BU (riferite, per la scelta del segno, al verso positivo di OB e OA rispettivamente). Infine, condotta la tangente alla circonferenza in M, e dette S e V le sue intersizioni con OA e OB rispettivamente, si chiamano secante e cosecante di x e si indicano con sec x e cosec x le misure (in valore assoluto e segno) di OS e OV.
Le sei varibaili: sen x, cos x, tag x, cotang x, sec x, cosec x, sono evidentemente funzioni della variabile indipendente x: esse prendono il nome di "funzioni circolari dell'arco x". Si osservi che l'angolo al centro AOM ha la stessa misura dell'arco corrispondente AM, e perciò le funzioni circolari possono anche considerasi come funzioni dell'angolo AOM, anziché dell'arco AM.
La più importante applicazione delle funzioni circolari si ha nel problema della risoluzione dei triangoli (che è l'oggetto principale della trigonometria), cioè nel problema di determinare i rimananenti elementi (lati ed angoli) di un triangolo (piano o sferico), allorché siano dati tre elementi atti a determinare il triangolo stesso. Perciò tutti i trattati di trigonometria sono preceduti da uno studio sulle funzioni circolari.
Le funzioni inverse delle funzioni circolari prendono il nome di arcogeno, arcocoseno, arcotangente, ecc., e si designano con arcsen arccos, arctang, ecc. Scrivere y = arcsen x, y = arccos x, y = arctang x significa rispettivamente: x = sen y, x = cos y, x = tang y. Sulle funzioni circolari come funzioni analitiche v. funzioni notevoli.
Fra le più notevoli proprietà delle funzioni circolari ci limiteremo a enunciare le seguenti: 1. Fra i valori che le sei funzioni circolari, sopra definite, assumono per un medesimo valore dell'arco x, hanno luogo le cinque relazioni fondamentali:
Se x ed y sono due archi quali si vogliano, valgono le seguenti formule, dette formule di addizione degli archi:
Le origini della teoria delle funzioni circolari si debbono fare risalire agli astronomi greci, i quali sentirono il bisogno di risolvere problemi di trigonometria sferica e di costruire tavole indicanti la lunghezza delle corde di archi multipli di una parte aliquota della circonferenza. Il più grande astronomo greco, Ipparco di Nicea (sec. II a. C.), fu il fondatore della trigonometria propriamente detta; egli compose un'opera in dodici libri, sul calcolo delle corde di un circolo. L'opera di Ipparco andò perduta, al pari di quella, in sei libri, sul calcolo delle corde di Menelao d'Alessandria (verso la fine del sec. I d. C.); ma, attraverso versioni arabe, abbiamo di Menelao le Sferiche, nelle quali fra l'altro s'incontra il famoso teorema "delle sei quantità", concernente i triangoli sì piani che sferici, e chiamato teorema di Menelao, benché probabilmente già dovuto a Ipparco. Poi la trigonometria, soprattutto sferica, ha largo posto nell'Almagesto (v.), composto verso il 165 d. C. da Claudio Tolomeo. In esso, secondo l'uso greco dovuto probabilmente a Ipparco, ogni arco è determinato mediante la corda che lo sottende; ma basta sostituire alla corda di ciascun arco il doppio del seno dell'arco metà, per ritrovare nell'Almagesto molte proposizioni della moderna trigonometria. Tolomeo giunge ai teoremi equivalenti alle nostre formule di addizione degli archi, deducendoli dal teorema geometrico che porta il suo nome; questo procedimento è stato oggi rimesso in uso in qualche trattato scolastico di trigonometria (v. S. Dino, Elementi di trigonometria, 13ª ed., Napoli 1912; v. anche M. T. Zappelloni, Il teorema di Tolomeo e le formule di addizione delle funzioni circolari, in Periodico di matematiche, s. 4ª, III, 1).
Il merito d'avere semplificato i calcoli mediante la sostituzione dei seni alle corde spetta agl'Indiani, presso i quali incontriamo l'uso dei seni nel sec. IV d. C. (Sūrya-siddhānta); sennonché le tavole dei seni indiani procedono soltanto per archi di 3°45′, giacché, dato il modo del loro calcolo, gli archi minori di tale quantità s'identificavano coi rispettivi seni, mentre il raggio del circolo era calcolato di 3428′. Questi seni indiani e rispettivi senoversi furono fatti conoscere nel 773 agli Arabi di Baghdād, i quali non tardarono molto a riconoscere i vantaggi della sostituzione dei seni alle corde e, abbandonato il tipo di calcolo indiano, costruirono tavole dedotte da quelle tolemaiche delle corde e quindi in funzione del raggio di 60 parti; il più antico esempio a noi giunto ricorre nelle tavole astronomiche di al-Khuwārizmī (v.) composte intorno all'830, nelle quali il seno è indicato col vocabolo gīb, trascrizione del termine indiano gīva (jīva), che più tardi fu vocalizzato gioib e così identificato con la parola araba cne significa piegatura della veste sul petto a guisa di tasca; perciò i traduttori latini dopo il 1140 lo resero col latino sinus, importando nome e concetto in Europa. Seno, coseno e senoverso furono subito usati come funzioni trigonometriche dagli Arabi; invece la tangente, la cotangente e la cosecante furono dapprima usate soltanto per la gnomonica e quindi riferite non al raggio di 60 parti, ma al gnomone di 12 parti (così ancora in al-Battānī o Albatenio; v.). Il primo che le abbia adoperate come vere funzioni trigonometriche riferite al raggio di 60 parti e ne abbia costruito le tavole sembra essere il matematico e astronomo Habash intorno al 900: tangente, cotangente e cosecante, appunto per la loro origine gnomonica, portano rispettivamente il nome di ombra recta, ombra versa, ipotenusa (del triangolo) dell'ombra. Dagli Arabi tutte queste funzioni trigonometriche passarono all'Europa, ove le denominazioni di tangente e di secante, d'origine geometrica, furono introdotte nel 1583 dal matematico danese Tommaso Fink (1561-1656), mentre quella di coseno, semplice abbreviazione di complementi sinus, e che servì poi di modello ai nomi di cotangente e di cosecante, è dovuta all'inglese Edmondo Gunter (nel 1620).
Verso la metà del secolo scorso vennero introdotte le cosiddette funzioni verse, che sono le seguenti: il seno verso (brevemente: sen v.), che già era usato dagl'Indiani e dagli Arabi; il coseno-verso (brevemente: cos v.); il subsenoverso (brevemente: s. sen v.); e il subcosenoverso (brevemente s. cos v.). La relazione fra queste funzioni e le ordinarie funzioni circolari è indicata dalle formule:
Le metà di queste quattro funzioni, più tardi, furono chiamate rispettivamente con i nomi: verso; coverso; subverso; subcoverso. Di tutte queste funzioni verse, presentemente sono in uso solo il senoverso, il verso, e il coverso; e sono adoperate solo in Inghilterra per taluni calcoli nautici. In Inghilterra il senoverso e il verso sono chiamati rispettivamente versedsine e halfversedsine, e sono indicati brevemente con vers e hav (v. G. Pesci, Il senoverso, in Periodico di matematica, serie 3ª, VI, 11, 1908).