fuoco
Nel pensiero scientifico greco, sulla linea speculativa della scuola ionica, che cercava l’unico principio materiale delle cose, il pitagorico Ippaso di Metaponto (5° sec. a.C.) pose il f. come primo principio di tutte le cose, mentre Eraclito di Efeso assunse il f. come simbolo materiale di quell’universale contrasto, di quella discorde armonia di tutte le cose che è la legge suprema della realtà. Un altro pitagorico, Filolao di Crotone, propose un ardito sistema cosmico, ponendo nel mezzo dell’Universo non la Terra ma il f. centrale, la divinità Hestia, focolare o altare del mondo, trono di Zeus che plasma e ordina la materia e ne fa il mondo. Intorno al f. centrale si muovono, da occidente a oriente, dieci corpi celesti tra i quali si trova anche il Sole (che non è luminoso per sé stesso, ma riceve i raggi dal f. centrale e li riflette). Mentre i predetti pitagorici avevano posto il f. come unico principio del cosmo, Empedocle di Agrigento l’assunse come una delle quattro «radici» di tutto (terra, acqua, aria, f.), che dovevano poi rimanere per molti secoli i tipici elementi delle cose; e Democrito di Abdera, fra gli infiniti elementi originari delle cose, da lui detti atomi, ammise quelli di f., piccoli e di forma sferica, che, per il loro moto rapidissimo, darebbero luogo al calore (a quest’ultima teoria si richiamò poi Galileo, quando diede ai corpuscoli responsabili dei fenomeni termici il nome di «ignicoli»). Gli stoici, riprendendo taluni aspetti della tradizione eraclitea, videro l’eterna legge del divenire tipicamente espressa dall’elemento che per eccellenza trasforma e si trasforma, il f., e identificarono più nettamente con esso la divina religione cosmica, considerando quindi la sua manifestazione nel divenire del mondo anche come trasformazione materiale del f. negli altri elementi e aspetti del reale. Tutte le cose, cioè, per gli stoici derivano dal f. e nel f. ritornano quando, compiuto il ciclo del loro sviluppo al termine di ogni anno cosmico, la «conflagrazione» (ἐκπύρωσις) universale riassorbe nel f. originario tutto ciò che da esso si è generato e che da esso dovrà nuovamente generarsi (legge dell’eterno ritorno).