fusione
In economia, finanza e management, l’unione tra due o più imprese in un unico soggetto giuridico. È tipicamente realizzata attraverso l’acquisizione da parte di un’impresa di un’altra impresa (➔ anche acquisizione). Le finalità della f. tendono a coincidere con quelle dell’acquisizione, a tal punto che si parla generalmente insieme di f. e acquisizioni (ingl. merger and acquisition). La f. può essere preferita all’acquisizione, quando si ricerca una forte integrazione fra le aziende, oppure quando si perseguono sinergie tra le imprese, senza dover esborsare grandi quantità di denaro. L’obiettivo della f. generalmente è la ricerca di miglioramento nella gestione aziendale per costruire o difendere un vantaggio competitivo. La f. permette anche la diversificazione in nuovi mercati, con prodotti recenti e/o nuove tecnologie.
Si distinguono 3 tipi principali di f.: quelle orizzontali, che coinvolgono imprese della stessa industria; quelle verticali, che interessano aziende operanti a diversi stadi dello stesso processo produttivo; quelle ‘diversificate’, che coinvolgono attività di differenti industrie, senza legami fra loro.
Si calcola che circa un quarto di tutte le f. e acquisizioni realizzate nel mondo siano transfrontaliere. Di conseguenza, molti studi hanno focalizzato l’attenzione su questa tipologia di fusioni. Essi indicano, in primo luogo, che queste operazioni hanno contribuito fortemente all’internazionalizzazione della produzione verificatasi dalla fine del 20° secolo. La maggior parte degli investimenti diretti all’estero (➔ investimento diretto estero), osservati dagli anni 1990, sono stati realizzati attraverso f. e acquisizioni, piuttosto che tramite la creazione di nuove imprese all’estero. In secondo luogo, attraverso tali operazioni si realizzano le ristrutturazioni necessarie all’integrazione economica fra Paesi. Per questa ragione, le f. hanno destato particolare interesse in coloro che si sono occupati di aggiustamenti economici legati alla costruzione dell’Unione Europea (UE). In terzo luogo, queste operazioni hanno implicazioni sulla concentrazione nei mercati, e quindi sollevano potenziali problemi di politica della concorrenza. Le f. mirate esclusivamente a incrementare il potere di mercato attraverso la concentrazione della produzione sono vietate dalla regolamentazione antitrust. Specialmente le f. orizzontali tendono ad aumentare la concentrazione e quindi i prezzi, a scapito dei consumatori. Se le f. permettono alle imprese di migliorare i processi di produzione e produrre a costo minore, allora il prezzo dei prodotti diminuisce e le autorità garanti della concorrenza accettano la fusione. Nella UE, dal 1989 è in vigore un regolamento in materia di fusioni.
Nella realtà le f. osservate sembrano procedere per ondate, vale a dire che si concentrano in specifici periodi di tempo, e in particolari settori. Si osserva, inoltre, che la loro dinamica segue il ciclo economico. Gli studi sembrano confermare l’esistenza di 3 principali ondate di f. (e acquisizioni) negli ultimi 50 anni: alla fine degli anni 1960, negli anni 1980 e alla fine degli anni 1990. La prima è stata caratterizzata principalmente da f. diversificate, ovvero di società di diversi settori, con scarsi risultati sulla performance delle imprese. L’ultima ondata ha mobilitato circa 12.000 miliardi di dollari a livello mondiale; vale a dire che le aziende hanno speso circa 8 volte quello che investono in ricerca e sviluppo. Negli anni 1990, anche l’Italia è stata toccata dalle f., specialmente nel settore bancario.
La ricerca sugli effetti delle f. evidenzia però un paradosso. Molti studi mostrano che f. e acquisizioni non producono gli effetti positivi attesi in termini di profittabilità e di produttività. Una parte dei casi di fallimento sembra imputabile alle difficoltà incontrate nella combinazione delle conoscenze e delle culture aziendali nella nuova struttura aziendale unificata.