GABELLA (lat. medievale cabella, dall'arabo qabālah "imposta")
Rifacendosi al Medioevo e anche al periodo immediatamente successivo, troviamo la parola usata per esprimere molteplici forme di contribuzione non legate da alcun rapporto d'identità; essa serviva perciò indifferentemente a esprimere così un'imposta diretta come una indiretta e anche una tassa. Gli statuti dei principali comuni fanno fede della confusione che si faceva in questa materia: così in una nota di tributi che il comune di Roma dava in appalto nel periodo 1421-1425, accanto a gabelle vere e proprie (gabella vini ad grossum, musti, lignaminis, spetiariae, lactis, olei, casei, lanae, carnium e simili), se ne trovano menzionate altre di carattere totalmente diverso, come per esempio la gabella contractuum, la quale altro non è che un'imposta sui trasferimenti di proprietà, e la gabella sigilli e la gabella staterae grossae che altro non sono che vere e proprie tasse.
La confusione è più o meno accentuata nei varî comuni. A Orvieto si trova una "gabella sugli impiegati del comune" cui erano tenuti tutti coloro che ricevevano "paga" dal comune. Il vocabolo "gabella" è qui usato come "colletta" e al difuori del campo delle imposte di consumo. A Narni si trova la "gabella grande" la quale comprendeva, oltre ad alcuni tributi sui consumi, quelli "del peso e della misura". A San Severino la "gabella generale" comprendeva quella dell'"estrazione e del passo della robba". La stessa confusione troviamo a proposito dei pubblici ufficiali cui erano affidate le funzioni fiscali, tanto che si chiama "giudice della gabella" colui che è delegato non soltanto a conoscere delle questioni relative alla materia dei dazî, ma anche a giudicare i "camarlinghi" a ricevere le malleverie degli ufficiali del comune e così via.
A mano mano che il processo di specificazione si è andato svolgendo, alla parola gabella si è andato attribuendo un significato sempre più ristretto ed è rimasta per quelle forme di imposizione, le quali, pur assumendo aspetti diversi (dazî e diritti di confine e diritti marittimi; dazî interni di consumo; imposte di fabbricazione e monopolî), sono legate dal fine comune di colpire il consumo nelle sue più svariate manifestazioni (v. dazio e dogana).