GARCÍA MÁRQUEZ, Gabriel
Scrittore e giornalista colombiano (anche noto con il nome di Gabo), nato ad Aracataca il 6 marzo 1927 e morto a Città di Messico il 17 aprile 2014. Insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1982, lo volle dedicare all’America Latina nella speranza che «stirpi condannate a cent’anni di solitudine abbiano, finalmente e per sempre, una seconda opportunità sulla Terra».
Figlio di un telegrafista e di una veggente, nacque in un paesino della Colombia settentrionale incastonato tra aspre montagne e il mar dei Caraibi. Cresciuto con i nonni materni, dai quali apprese disciplina militare e leggende popolari, G. M. si scostò quasi subito dagli studi giuridici che aveva intrapreso per dedicarsi al giornalismo. L’esordio letterario, avvenuto nel 1955 con La hojarasca (trad. it. Foglie morte, 1977), lo proiettò in quel mondo fantastico tra sogno e realtà che ha contraddistinto la sua opera, trovando nella scrittura al tempo stesso un’arma affilata di denuncia e critica, e il passe-partout per un universo magico, vagheggiato e onirico.
Nel 1958, dopo un breve soggiorno londinese, G. M. rientrò in Sudamerica e sposò Mercedes Barcha dalla quale ebbe due figli, Rodrigo (1959) e Gonzalo (1962). Nello stesso anno visitò la Cuba rivoluzionaria di Fidel Castro, con cui strinse duratura amicizia, e iniziò una collaborazione professionale con l’agenzia Prensa latina (voluta daCastro), dapprima a Bogotá e, in seguito, a New York. È di questo periodo El coronel no tiene quien le escriba (1961; trad. it. Nessuno scrive al colonnello, 1969), affresco di un uomo vecchio e solo in attesa di una pensione e di un riscatto che non arriveranno mai.
Nel 1961, sorvegliato dalla CIA e osteggiato dagli esuli cubani, fu costretto a lasciare New York. Si trasferì a Città di Messico dove l’anno seguente pubblicò la raccolta di racconti Los funerales de la Mamá Grande (trad. it. I funerali della Mamá Grande, 1983) in uno stile molto diverso dai lavori precedenti, con ampi affacci sul fantastico e sul magico che nel 1967 si consolideranno in Cien años de soledad (trad. it. Cent’anni di solitudine, 1968) consacrandolo come il più grande romanziere dell’America Latina, esponente di quel realismo magico che avrebbe, poi, caratterizzato le opere di tanti scrittori della stessa generazione: Mario Vargas Llosa, Julio Corta-zar, Carlos Fuentes e così via. In questo, che è considerato il suo capolavoro, G. M. fonde reale e immaginifico in un tempo circolare e infinito dove le vicende dei protagonisti si ripetono senza soluzione di continuità, come i loro nomi sempre uguali e sempre nuovi. La magia poetica, il respiro dei Caraibi, il profumo di Macondo, paese immaginario ma vivissimo, diverranno luoghi dell’anima in una dimensione che segnerà fortemente tutta la produzione narrativa sudamericana.
Amico di Castro e Che Guevara, simpatizzante di Hugo Chávez, strenuo oppositore di Augusto Pinochet, G. M., alternando reportage giornalistico e saggi, raccolte di racconti e romanzi, affidò alla scrittura il suo personalissimo modo di leggere il mondo inseguendo il sogno, utopistico quanto reale, di potere introdurre in America Latina la via del socialismo. Ricordiamo, tra le sue opere,El otoño del patriarca (1975; trad. it. L’autunno del patriarca, 1975); Crónica de una muerte anunciada (1981; trad. it. Cronaca di una morte annunciata, 1981); El amor en los tiempos del cólera (1985; trad. it. L’amore ai tempi del colera, 1986); El general en su laberinto (1989; trad. it. Il generale nel suo labirinto, 1989); Doce cuentos peregrinos (1992; trad. it. Dodici racconti raminghi, 1992); Del amor y otros demonios (1994; trad. it. Dell’amore e di altri demoni, 1994); Noticia de un secuestro (1996; trad. it. Notizia di un sequestro, 1996), ciascuno tassello della sua chiara e poetica visione del mondo.
Nel 1999, scopertosi malato di un tumore linfatico, tornò alla scrittura dopo anni di silenzio dedicandosi alle proprie memorie. Di questo lungo periodo di malattia, di vittorie e ricadute, ricordiamo Vivir para contarla (2002; trad. it. Vivere per raccontarla, 2002), vivida e toccante autobiografia, e l’ultimo romanzo Memorias de mis putas tristes (2004; trad. it. Memoria delle mie puttane tristi, 2005) dove ancora una volta, come in El amor en los tiempos del cólera, il vecchio protagonista scopre ormai al tramonto della vita il senso ultimo dell’amore.
Cammeo unico nell’ambito della sua produzione, Diatriba de amor contra un hombre sentado (1988; trad. it. Diatriba d’amore contro un uomo seduto, 2007) è un monologo teatrale che affida alle parole di una donna frustrata e delusa tutta l’atrocità di un matrimonio solo apparentemente felice.
Bibliografia: S. Galvis, Los García Márquez, Bogotá 1996; D. Saldívar, Garcia Marquez: el viaje a la semilla. La biografia, Madrid 1997; Conversations with Gabriel Garcia Marquez, ed. G.H. Bell-Villada, Jackson (Miss.) 2006.