GABRIELE ANGELO da Nizza
Frate minore osservante, verosimilmente originario di Nizza, come sembra potersi ricavare dal nome assunto nell'Ordine, gli è attribuito il cognome Gautieri; egli però si sottoscriveva Angelo Gabriele. I dati biografici su G. riguardano soltanto la sua partecipazione come artificiere e artigliere alle campagne d'Ungheria contro i Turchi nell'ultimo quarto del XVII secolo. Nel 1686 era nel convento di S. Gerolamo a Vienna ed era già famoso per le sue invenzioni pirotecniche destinate a impieghi militari, tanto che in Ungheria divenne popolare con il soprannome di "tüzes Gábor", cioè "fiammeggiante Gabriele". Nel diario di guerra redatto nel quartier generale del duca Carlo di Lorena è menzionato due volte come padre Raffaele, e ciò ha fatto pensare, in mancanza di notizie sulla sua vita, che Raffaele potesse essere il nome e Gabrieli il cognome, ma è probabile si tratti soltanto di una confusione del cronista tra i nomi dei due arcangeli.
Probabilmente G. aveva già preso parte al precedente assedio di Buda del 1684; la sua presenza è comunque certa nel secondo assedio, che si concluse con la conquista della città e del castello il 2 sett. 1686. Mentre nel giugno 1686 si iniziava lo scavo delle trincee intorno a Buda, G. lavorava a Raab (l'attuale Györ) con oltre sessanta assistenti e operai, in diverse officine, alla preparazione di composti chimici con i quali appiccare incendi inestinguibili e di granate incendiarie (le "uova") da sparare coi mortai. Il 24 luglio il laboratorio e i materiali furono trasportati a Buda su navi lungo il Danubio. G. arrivò, molto atteso, il 26 luglio, e si dedicò immediatamente ai preparativi per il grande attacco, pianificato per il giorno successivo: bisognava bruciare nella notte le robuste palizzate con le quali i Turchi avevano otturato le brecce aperte nelle mura dall'artiglieria degli assedianti. Nella parte meridionale della cinta muraria la manovra riuscì, mentre a nord gli assediati - con un'intensa illuminazione delle opere difensive - riuscirono a impedire che il preparato incendiario di G. fosse gettato sui pali, e lanciarlo con i cannoni si rivelò altrettanto inefficace.
G. fu quindi alloggiato in una tenda dell'artiglieria imperiale, ebbe a disposizione preparati chimici e polvere da sparo e addestrò dodici moschettieri all'uso dei materiali e apparecchi da lui concepiti. Nella notte sul 17 agosto il secondo tentativo di dare alle fiamme le palizzate riuscì.
A G. è stata erroneamente attribuita l'esplosione di una polveriera nella parte orientale del castello che provocò la morte di ben 1.500 uomini. Il fatto si verificò il 22 luglio, quando G. non era ancora arrivato, e si ritiene debba essersi trattato di un sabotaggio da parte di un avventuriero armeno di nome Gabriele.
Nell'ultima settimana di agosto G. e i suoi uomini avrebbero dovuto bombardare la città dal lato di Pest per provocare una reazione degli assediati da quel lato, ma la manovra non riuscì; tuttavia, con la protezione dell'artiglieria di G., gli argini del Danubio prospicienti l'isola Margherita poterono essere resi più sicuri; costruì, inoltre, una barriera galleggiante per proteggere un ponte di barche dalle mine portate dalla corrente.
Anche dopo la presa di Buda l'interesse degli ufficiali imperiali per l'opera di G. non venne meno; fu di nuovo rifornito del materiale necessario, anche attingendo al bottino di guerra, e nel 1687 a Raab condusse esperimenti alla fine di maggio, probabilmente durante la permanenza del cardinale Leopold Kollonitsch, e poco dopo li ripeté a Vienna alla presenza dell'imperatore Leopoldo I; prese poi parte ad altre campagne in Ungheria, nelle quali non è noto il suo ruolo. L'importanza del suo contributo era tale che Antonio Carafa, uno dei condottieri imperiali, che voleva iniziare le operazioni d'assedio di Eger già verso la fine del 1686, le rinviò quando seppe che non avrebbe potuto disporre subito delle artiglierie di Gabriele Angelo. Per gli anni successivi della vita di G. abbiamo soltanto notizia di una missione a Belgrado, probabilmente nel 1689, accompagnato da dodici collaboratori; inoltre grazie a una richiesta di diminuzione di imposte del 1697 alla Dieta di Bratislava da parte delle città di Somorja (sull'isola di Csallóköz) e di Köszeg, sappiamo che vi aveva fatto tappa con 300 soldati, 80 carri e 500 buoi mentre si recava a Nyitra.
L'ultima traccia della vita di G. è il suo memoriale in lingua italiana del 1701 a Leopoldo nella sua veste di re d'Ungheria, nel quale si occupa dell'ordinamento statale da creare ex novo in Ungheria dopo la cacciata dei Turchi. Conformemente allo spirito del tempo, proponeva il rafforzamento del potere centrale, l'introduzione di strutture amministrative chiaramente distinguibili e la riorganizzazione della giustizia.
Nel documento egli muoveva dalla constatazione che la "moderna conspirazione Dell'Ongaria, manifesta […] le fellonie d'una ribellione scoperta, ma non stirpata", e che questa andava affrontata. Con la limitazione del potere della nobiltà, dell'esercito e dei funzionari locali egli intendeva soprattutto garantire la certezza del diritto, che doveva valere anche per i contadini-servi e per gli stranieri. Le posizioni di G. si fondavano sulla sua conoscenza del modo di governare dell'autorità centrale e della situazione del paese in tutti i suoi aspetti controversi, quelli di una realtà istituzionale che ostacolava le sue proposte di riforma. Aveva intravisto però il punto di partenza nei cambiamenti del 1687, quando la corona ungherese era divenuta ereditaria. Non è noto in quale veste abbia scritto questo memoriale, né se abbia ottenuto ascolto alla corte di Leopoldo I.
Non si conoscono data e luogo di morte di Gabriele Angelo.
Il memoriale - Angelo Gabrielle da Stizza (sic), Il governo dell'Ongaria. L'anno 1701 - è edito in Magyar történelmi tár - Collectanea historica Hungarica, Budapest 1900, pp. 219-263.
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