SANTINI, Gabriele
SANTINI, Gabriele. – Nacque a Perugia il 20 gennaio 1886 da Pio e Carmela Nolaschi. La famiglia proveniva da Umbertide, e la musica vi era già presente con lo zio acquisito Francesco Agnolucci, violinista e direttore di banda, e sua figlia Zelmirina (1879-1944), soprano, che cantò a Perugia, Novara, Riga, Vilnius e Pietroburgo.
Santini studiò alla scuola di musica Francesco Morlacchi di Perugia, che trovò nuovo impulso sotto la direzione di Giovanni Minguzzi, e proseguì gli studi, fino al diploma in composizione, seguendo Minguzzi quando questi divenne direttore del Liceo musicale di Bologna. La formazione direttoriale si svolse principalmente come maestro sostituto al teatro Costanzi di Roma, allora guidato dall’impresario Walter Mocchi, entrando in contatto con grandi direttori, fra cui il suo maestro e mentore Gino Marinuzzi. Santini debuttò nel dicembre 1909 al teatro Sangiorgi di Catania con un’Adriana Lecouvreur. Di lì a poco fu coinvolto nelle stagioni e tournées che Mocchi realizzò in America Latina, come maestro sostituto e direttore delle repliche, poi come titolare. Al Coliseo di Buenos Aires nel 1913 diresse Isabeau di Pietro Mascagni, Rigoletto, Carmen alternandosi con Marinuzzi, e Pagliacci alternandosi con Attico Bernabini.
Nel frattempo non trascurò la carriera italiana, dirigendo fra l’altro nel gennaio 1914 una Traviata al Verdi di Trieste con Rosina Storchio, Fernando Carpi e Giuseppe De Luca. Al Colón di Buenos Aires debuttò con la prima assoluta di Huemac (1916) di Pascual De Rogatis, evento rilevante nella storia musicale latinoamericana per il soggetto tratto da una leggenda tolteca e l’ispirazione folklorica, con Gilda Dalla Rizza e Francesco Merli, e vi tornò dal 1922 al 1926 con una certa frequenza, dirigendo il repertorio, ma anche novità per l’America Meridionale, e due prime assolute di autori bonaerensi: Nazdah di Athos Palma (1924, 1925) e Ollantay di Constantino Gaito (1926). Fu a Rosario, Rio de Janeiro, San Paolo del Brasile, Chicago, dove nel 1920 diresse Edward Johnson, Rosa Raisa e Titta Ruffo in Andrea Chénier. Negli stessi anni fu al Costanzi, dove firmò tra l’altro la prima assoluta dei Compagnacci di Primo Riccitelli (10 aprile 1923), opera dal grande anche se effimero successo mondiale, ch’egli portò anche al Colón.
In questi anni, fra Italia e America, Santini poté formarsi una robusta esperienza e dirigere grandi cantanti: oltre Dalla Rizza, Raisa, Merli, De Luca e Ruffo, anche Claudia Muzio, Aureliano Pertile, Miguel Fleta, Rosetta Pampanini, Ezio Pinza, Giacomo Lauri-Volpi, Benvenuto Franci, Tancredi Pasero, Giannina Arangi-Lombardi, Beniamino Gigli, Elvira de Hidalgo, Hipólito Lázaro.
Santini fu poi chiamato alla Scala da Arturo Toscanini nel suo secondo periodo scaligero (1922-29) e debuttò con Aida (1926). Dal 1926 al 1929 Santini fu il direttore più assiduo su quel podio dopo Toscanini ed Ettore Panizza, per opere di cartello e per novità, tra cui la prima assoluta delle Preziose ridicole di Felice Lattuada (1929, con Mafalda Favero ed Ebe Stignani). Questa continuità s’interruppe dopo l’abbandono del teatro da parte di Toscanini, ma Santini fece poi più volte ritorno alla Scala, fino alla morte, sia per il repertorio sia per le novità, fra cui la prima assoluta dell’Alba della Rinascita di Nino Cattozzo (1934). Si ricorda in particolare La Wally con Maria Caniglia e Lauri-Volpi (1943), Carmen con Galliano Masini e Fedora Barbieri (1946, al Palazzo dello Sport, la Scala essendo ancora chiusa), e negli ultimi anni un famoso Don Carlo nella versione italiana in cinque atti prediletta da Toscanini e all’epoca ancora poco frequentata su quel palcoscenico (con Ettore Bastianini, Boris Christoff, Nicolai Ghiaurov, Flaviano Labò, Antonietta Stella, Giulietta Simionato, 1960), e ancora Semiramide (con Joan Sutherland, Simionato, Gianni Raimondi, Wladimiro Ganzarolli, 1962), ultima apparizione Il barbiere di Siviglia (con Luigi Alva, Sesto Bruscantini, Fiorenza Cossotto, 1964).
Al Costanzi, ridenominato nel frattempo Opera Reale di Roma, il teatro dov’era cresciuto, approdò dopo il 1929, e dal 1944 ne fu direttore artistico per un triennio oltre che bacchetta fra le più presenti dal 1930 alla morte. Diresse l’Aida con cui ricominciarono le stagioni all’aperto a Caracalla (1945) e, oltre ai titoli più consueti (Verdi, Giovane scuola, ma anche Wagner), vi realizzò prime esecuzioni assolute (Madonna Oretta di Riccitelli, 1932; Il dottor Antonio di Franco Alfano, 1949), italiane (The rape of Lucretia di Benjamin Britten, in italiano come Il sacrificio di Lucrezia, 1949; Cristoforo Colombo di Darius Milhaud, 1954) e locali (Medea di Luigi Cherubini con Maria Callas nel 1955). In questa lunga collaborazione è noto l’episodio della Norma abbandonata dalla Callas dopo il primo atto per afonia, con grave scandalo del pubblico e della stampa (2 gennaio 1958); ma con il soprano greco c’erano già stati diversi incontri nel complesso felici, a partire dall’oratorio S. Giovanni Battista di Alessandro Stradella, la partitura più antica da lei affrontata (Sagra musicale umbra, Perugia 1949), per non dire di una storica registrazione in studio della Traviata (1953).
Non meno importante fu il ruolo di Santini al San Carlo di Napoli, in particolare dal 1948 al 1961, anche qui alternando il repertorio, fra cui i titoli a lui particolarmente cari (Adriana Lecouvreur, La bohème, Andrea Chénier, I Puritani, La traviata), a prime assolute, rarità e riscoperte (Beatrice Cenci di Guido Pannain, 1942, con Margherita Carosio; Fernando Cortez di Gaspare Spontini, 1951, con Renata Tebaldi). Fu Santini a guidare la tournée parigina del San Carlo per il cinquantesimo verdiano del 1951, con Giovanna d’Arco, Tebaldi protagonista. Diresse anche nei teatri di Torino, Genova, Firenze, Piacenza, Vicenza, e più volte alla Sagra musicale umbra, nelle orchestre EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) e poi Rai (Radiotelevisione italiana) per opere in forma di concerto e partiture sinfonico-corali.
La fisionomia direttoriale di Santini fu quella del direttore d’opera di ottimo mestiere, autorevole nella gestione delle compagnie di canto e delle orchestre, cui si affidavano con fiducia allestimenti di grande richiamo con cast importanti, anche in spazi all’aperto, come Caracalla e il fiorentino Giardino di Boboli per il Maggio musicale (la sua ultima apparizione a Firenze fu per una Turandot in Boboli nel 1958); ma anche partiture nuove o riscoperte, occasionali incursioni nel repertorio antico o contemporaneo, dal monteverdiano Combattimento di Tancredi e Clorinda associato a Perséphone di Igor′ Stravinskij (Roma 1956) alla Giuditta di Arthur Honegger e al riscoperto Requiem di Francesco Morlacchi (Sagra musicale umbra, 1948 e 1951). Le cronache musicali del tempo non consentono di andare al di là di questa immagine di affidabile e versatile professionista della bacchetta. Ma retrospettivamente il direttore umbro, associato ai nomi illustri di Tullio Serafin, Francesco Molinari Pradelli, Franco Capuana, è stato talvolta collocato al di sopra di questa sbrigativa classificazione e ricordato come esponente di una scuola ‘italiana’ e toscaniniana, caratterizzata dalla centralità del canto rispetto alle visioni più sinfoniche di matrice germanica, da efficacia e incisività drammatica congiunta a lirismo, e additato perfino tra i battistrada della imminente Rossini Renaissance, in virtù di operazioni come L’assedio di Corinto del XII Maggio musicale fiorentino (1949) con Mirto Picchi, Tebaldi, Miriam Pirazzini e Giulio Neri, e, sempre a Firenze, un Mosè (nella versione parigina, traduzione di Calisto Bassi) con Christoff protagonista (1951).
Morì a Roma il 13 novembre 1964, in seguito a un ictus. Dalla moglie Francesca Bondonio, milanese, aveva avuto quattro figli: Maria Pia, Alberto, Luciana, Raffaella.
Discografia essenziale: G. Verdi, La traviata (Fonit Cetra, 1953); Id., Simon Boccanegra (EMI, 1957); G. Puccini, Gianni Schicchi (EMI, 1958); G. Verdi, Don Carlo, versione italiana in cinque atti (Deutsche Grammophon, 1961); U. Giordano, Andrea Chénier (EMI, 1964).
Fonti e Bibl.: Dal Costanzi al Teatro dell’Opera, 1880-1968, a cura del teatro, Roma s.d., ad ind.; F. Mancini, Il Teatro di San Carlo di Napoli 1737-1987, Napoli 1987, II, cronologia a cura di B. Cagli - A. Ziino; C. Marinelli Roscioni, Le otto stagioni di Toscanini alla Scala: 1921-1929, Roma 1993, ad ind.; C. Casini, G. S., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXII, London-New York 2001, pp. 258 s.; N. Lucarelli, G. S., illustre umbertidese, in Umbertide Cronache, 2002, n. 1, pp. 42 s.; P. Isotta, La virtù dell’elefante: la musica, i libri, gli amici e San Gennaro, Venezia 2014, pp. 209-214; A. Massetti, Zelmirina cantò per lo zar, s.d., http://www.umbertideturismo.it/ content/download/260404/2771385/file/La%20 storia%20di%20Zelmirina%20Agnolucci.pdf (29 settembre 2017).