GABRIELLI, Giovanni, detto Sivello
Attore comico, vissuto tra il XVI e il XVII secolo, fu universalmente conosciuto con il nome d'arte di Sivello. Dotato di straordinarie capacità recitative, riusciva a interpretare da solo tutti i personaggi di una commedia. Fu in grado di recitare all'improvviso sia indossando la maschera, sia a viso scoperto, dominando entrambe le tecniche. Scrisse di lui il gesuita G.D. Ottonelli: "quando voleva rappresentare una donna non si vestiva da donna, ma faceva sentire dentro la scena la voce femminile. E così, tirando tutta l'azione sino al fine, senza far vedere mai femmina o giovanetto vestito da femmina, piaceva molto agli spettatori e da tutti era lodato e ammirato". Stando a questa testimonianza, il G. avrebbe quindi eliminato dai suoi spettacoli persino i travestimenti muliebri, rinunciando alla moderna prassi scenica che prevedeva ormai costantemente la presenza dell'attrice. La notizia tendenziosa del gesuita, ripresa e diffusa dai biografi successivi (Bartoli, Rasi), ha contribuito in modo determinante alle lodi di onestà e morigeratezza di Sivello, assurto a ideale campione di uno spettacolo purgato da presenze pericolose e diaboliche quali le attrici.
Professionista autonomo e autosufficiente, piuttosto simile agli attori che frequentavano fiere e mercati delle città cinquecentesche, è ricordato così: "Saliva egli in banco in una piazza, raccontando novellette onestissime, e gratiose al popolo, che affollato fermavasi ad ascoltarlo" (Bartoli, p. 246).
Non si conosce la città di origine del G., benché abbia soggiornato e si sia esibito a Bologna, e nemmeno il nome di sua moglie, forse adombrata nella Lavinia citata nei versi del Testamento. Fu il capostipite di una famiglia di attori, ed ebbe almeno due figli maschi: Francesco e Carlo (nato dopo il 1588), che formò alla sua scuola sin da bambini.
Si tramanda (Ottonelli) una viva scena tratta da un suo spettacolo, nella quale Sivello faceva "comparire un gran valigione, in cui diceva di tener riposti due vasi, uno maggiore e uno minore, e dopo la varietà di un bel discorso mostrava il maggiore, che era il suo figliuolino più grande; e poi il minore, che era il più piccolo figliuolino; e diceva con grazia: "Questo primo ha bisogno di due minestrine per riempirsi; e questo secondo di una. Orsù, Signori, pagatemi un bolognino per uno e venite a sentire la commedia"".
Protettore del G. fu il cardinale Antonio Caetani, che in una lettera di raccomandazione per il figlio Francesco indirizzata al duca di Mantova Vincenzo Gonzaga, scritta a Roma il 12 apr. 1611, definì il comico "suo amorevole". Fu amico di Agostino Carracci, che lo ritrasse in una incisione a mezzo busto con in mano una maschera e sotto il motto Solus instar omnium.
Fu autore di Il studio, commedia in tre atti del 1602; Maridazzo di m. Zan Frognocola con madama Gnigniocola alla bergamasca con il suo baletto alla romana et altre bizarie, arrivato alle stampe nel 1618; Testamento del Sivello in forma di lettera, composto il 15 genn. 1603; Villanelle nuove.
Fonti e Bibl.: G.D. Ottonelli, Della christiana moderatione del theatro. Libro II detto La soluzione de' nodi, Firenze 1649, I, capo IV, quesito 4; F.S. Bartoli, Notizie istor. de' comici italiani…, Padova 1781-82, pp. 246 s.; L. Rasi, I comici italiani…, I, Firenze 1897, pp. 953-957; M.K. Lea, Italian popular comedy, Oxford 1934, p. 488; C. Garboli, voce Gabrielli, in Enc. dello spettacolo, Roma 1958, coll. 803 s.; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell'arte. La memoria delle compagnie italiane…, Firenze 1982, pp. 12, 286, 344, 416; Comici dell'arte. Corrispondenze, ed. diretta da S. Ferrone, Firenze 1993, I, p. 265.