Casati, Gabrio
Uomo politico (Milano 1798 - ivi 1873). Esponente dell’aristocrazia lombarda, dal 1837 fu podestà di Milano e in tale veste prospettò in più occasioni al governo di Vienna la necessità di sostanziali riforme economiche e politiche. Mantenne un atteggiamento tollerante nei confronti delle manifestazioni popolari antiaustriache intervenendo in alcuni casi in aperta difesa dei manifestanti, come avvenne in occasione dei tumulti seguiti al cosiddetto sciopero del fumo proclamato nel gennaio del 1848 dai patrioti lombardi. Nel marzo 1848 cercò inizialmente di scoraggiare l’insurrezione popolare, nella convinzione che senza l’intervento del Regno di Sardegna si sarebbe risolta in un grande spargimento di sangue, e fin quando gli fu possibile, insistette nei tentativi di mediazione. Scoppiata la rivolta, si schierò con gli insorti ma operò per accelerare l’intervento dei Savoia. Dopo la cacciata degli austriaci, assunse la presidenza del governo provvisorio e fu tra i più accesi sostenitori dell’immediata annessione della Lombardia al Piemonte. Proclamata l’annessione, fu nominato da Carlo Alberto presidente del Consiglio, carica dalla quale si dimise dopo l’armistizio Salasco, da lui duramente riprovato. Esule in Piemonte, organizzò la Consulta di Lombardia, una specie di governo in esilio che operò dal settembre 1848 al maggio 1849. Nel marzo 1849, quando la sconfitta di Novara fece temere l’invasione austriaca del Piemonte, riparò in Francia, stabilendosi prima a Briançon poi a Lione. Tornato in Piemonte e divenuto cittadino del Regno di Sardegna, fu nominato senatore e si schierò tra i sostenitori di Cavour. Dal 1859 al 1860 fu ministro della Pubblica istruzione e legò il suo nome alla riforma scolastica che fu recepita integralmente dallo Stato italiano unitario rimanendo in vigore, nel suo impianto strutturale, fino al 1923. La legge Casati riordinò in maniera rigidamente uniforme e accentrata l’intero ordinamento scolastico e sancì per la prima volta la priorità della scuola pubblica su quella privata, con la conseguente limitazione dell’ingerenza della Chiesa nell’istruzione. Essa introdusse inoltre il principio della gratuità della scuola elementare, il cui onere venne attribuito ai comuni, e stabilì che fosse obbligatoria e uguale per entrambi i sessi nel suo primo biennio. Favorevole al ritorno di Cavour al governo, nel gennaio 1860 Casati rassegnò le dimissioni, alle quali seguirono quelle dell’intero gabinetto guidato da La Marmora. Ricoprì in seguito la carica di vicepresidente e poi, dal 1865 al 1872, di presidente del Senato. Di formazione e convinzione cattolica, seguì con rammarico la progressiva frattura tra il nuovo Stato italiano e la Chiesa e nel 1871 fu tra quanti si pronunciarono contro il trasferimento della capitale a Roma, perché le motivazioni addotte a giustificazione della decisione erano a suo giudizio retoriche e contrastanti con l’opportunità politica e geografica.