ZAMOREI, Gabrio
Nacque a Parma tra la fine del 1294 e l'inizio del 1295 da una famiglia di rilievo che risiedeva nel quartiere di Porta Nuova almeno a partire dal XII secolo. Dalle parole di Zamorei si apprende che egli vide la luce poco dopo la rinuncia al papato di Celestino V avvenuta a Napoli il 13 dicembre 1294. Il padre ricoprì l’incarico di massaro, ovvero tesoriere del comune di Parma, fra il 1318 e il 1319, mentre della madre è ricordata la discendenza illustre dallo stesso Zamorei nella sua maggiore opera, i Sermones morales super virtutibus et vitiis. Risulta nota l’esistenza di almeno una sorella, la quale, grazie all’intervento di Bernabò Visconti, fu nominata badessa dell’abbazia benedettina di S. Quintino a Parma agli inizi dell’aprile del 1362 (Repertorio diplomatico visconteo, 1911, n. 1225). Informazioni sulla vita di Zamorei emergono da due manoscritti contenti per intero il testo dei Sermones morales (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 768; ibid., Vat. lat. 10134).
Con buona probabilità trascorse la giovinezza a Parma ricevendo una prima educazione grammaticale conforme all’uso dell’epoca. Agli anni giovanili risale un Liber poeticus adolescentie, oggi perduto e a noi noto soltanto tramite passi citati nei Sermones morales e in un altro sermone intitolato De penitentiis. Il Liber doveva essere organizzato in quattro sezioni che raccoglievano carmi latini in distici elegiaci di contenuto vario. Sempre a Parma dovette frequentare le lezioni del giurista Giacomo Ruffini. Non è da escludere che negli anni della formazione Zamorei sia stato anche a Bologna, città ripetutamente menzionata nei Sermones morales: qui dovette portare a compimento gli studi conseguendo il titolo di legum doctor. Riservò parte del suo tempo alle letture e alla composizione di versi, dedicandosi talvolta alla celebrazione di contemporanei illustri: è il caso del lamento in distici per Carlo I duca di Calabria, morto il 9 novembre 1328 (Vattasso, 1904, pp. 59 s.).
Basandosi anche sulla testimonianza di un'epistola di Francesco Petrarca (Var. 21), indirizzata a Zamorei (Feo 1983, pp. 73 s.), si è attribuita al parmense la fama di illustre giurista; a ritenere che il destinatario dell’epistola non fosse Zamorei furono invece Giuseppe Fracassetti (1890, pp. 412-416: Azzo da Correggio), Angelo Maria Bandini (1974-78, p. 274: Moggio Moggi) e Arnaldo Foresti (1977, pp. 171-173: Giovanni Fedolfi da Parma).
La corrispondenza di Zamorei mostra un assiduo culto della poesia: forse seguendo l’esempio delle Epistole di Petrarca, riunì almeno una parte delle epistole metriche in latino destinate agli amici più stimati in una raccolta intitolata Orphea, da lui definita «iocosa». Anche quest’opera poetica è perduta e ci è nota solo attraverso citazioni contenute nei Sermones morales e nel De penitentiis. La nostra conoscenza dell’Orphea risulta comunque di notevole importanza, poiché alcune porzioni di testo conservate fanno parte di una metrica indirizzata a Cino da Pistoia e di una lettera laudativa, aperta da un sonetto in volgare, che Zamorei inviò a Francesco Petrarca nel 1344 («ad Franciscum Petrarcam novum et mirabilem poetam et amicum dilectum»). L’epistola e il sonetto possono essere datati con sicurezza dal momento che Petrarca annotò sul retro «Receptum 1344 aprilis 30. Responsum 4 maii proximi» (Faraggiana, 1984, p. 231), per poi rispondere con una epistola (II 9). La missiva di Zamorei entrò a far parte della raccolta di autografi allestita dal grammatico Moggio Moggi, tramandata da codice di Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur. LIII 35, cc. 19r-20v.
La carriera politica di Zamorei si svolse nell’orbita dei Visconti. Il 12 luglio 1344 risulta vicario del podestà della città di Asti (Cognasso, 1923, p. 98 n. 2), ma nel 1347, dopo che Parma venne nelle mani dei Visconti, si ristabilì nella città natale e il 12 giugno sedette in un consiglio fra i Sapienti del quartiere di Porta Nuova. All’inizio del 1350 si trovava a Milano, dove ricoprì la carica di vicario dell’arcivescovo Giovanni Visconti. È di nuovo a Parma il 22 gennaio 1354, annoverato tra gli Anziani del comune. Alla morte dell’arcivescovo Giovanni, il 5 ottobre 1354, per la quale gli fu commissionato l’epitaffio, Zamorei rimase vicario presso Galeazzo II. Doveva ormai contare sulla reputazione di affermato uomo di cultura e grande eloquenza: compose anche l’epitaffio per Isabella di Valois richiestogli nel 1372 dal marito Gian Galeazzo Visconti, insieme ad alcuni distici per ornare i simboli degli evangelisti dipinti probabilmente nel castello (l’unica traccia rimasta di questi componimenti si trova nei Sermones morales). Ma soprattutto tale fama gli valse l’onore di pronunciare il discorso di incoronazione di Carlo IV di Boemia a re d’Italia, il 6 gennaio 1355. Zamorei ricordò l’avvenimento nei Sermones morales, riassumendo l’orazione e riportandone l’incipit («Ubi est qui natus est rex Iudeorum»; Faraggiana, 1984, p. 233). Fu creato conte palatino da Carlo IV nel gennaio 1355.
Proseguì nello svolgimento di incarichi ordinari per conto dei Visconti, e sebbene le notizie si diradino è presumibile che dopo il 1360 abbia seguito Galeazzo II a Pavia. In questa città entrò a far parte del collegio dei giuristi: egli vi figura dal 1374 al 1376 nei più antichi diplomi di licenza e di laurea conservati nei protocolli del notaio dello Studio pavese Albertolo Griffi (Maiocchi 1905, n. 21). È possibile supporre un suo insegnamento pavese: in alcuni passi dei Sermones morales e del De penitentiis egli ricorda tematiche affrontate con i propri scolari. Il 21 agosto 1376 fu delegato da Galeazzo II a pronunciare una sentenza tra i pavesi e i conti di Meda (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ambr. D 59 suss., c. 82r), e all’inizio del 1377 svolse le mansioni di capitano visconteo nel territorio di Pavia (Faraggiana, 1984, p. 236). Dopo questa data non si hanno altre notizie, ma è presumibile che Zamorei rimase presso il successore di Galeazzo II, Gian Galeazzo. Questi si impossessò di Parma nel 1385, e il 19 ottobre 1386 ricompensò la fedeltà di Zamorei donandogli una casa nella vicinia di S. Marco.
Negli anni della vecchiaia poté dedicarsi con più costanza agli interessi letterari e religioso-morali, impegnandosi nella composizione dei Sermones morales (sulle virtù morali e teologali e i sette vizi capitali) e del De penitentiis. L’opera dovrebbe aver impegnato il giurista fra il 1371 e il 1375 (Vattasso, 1904, p. 49): il terminus post quem si ricava dal fatto che nel penultimo sermone Petrarca è ricordato come morto «a sex mensibus citra» (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 768, c. 174r). Illustri eruditi del Settecento si interessarono a Zamorei: Lorenzo Mehus (1759) pubblicò per la prima volta la lettera indirizzata a Petrarca e fino ad allora conosciuta solo attraverso la risposta del poeta (Epist., II 9); Ireneo Affò (1789) raccolse notizie sulla sua biografia e la sua produzione. Affò segnalò un codice miscellaneo (dal 1817 presso la Bodleian Library di Oxford con la segnatura Canon. Misc. 96, cc. 116r-148v), che ospita solo una breve silloge dei Sermones morales (Faraggiana, 1984, p. 228). Mauro Sarti citò l’opera da un altro manoscritto del XV secolo, oggi perduto, consultato nel monastero di S. Michele in Bosco degli Olivetani presso Bologna. Un contributo fondamentale giunse da Marco Vattasso, il quale scoprì due codici (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 768; ibid., Vat. lat. 10134) che tramandano per intero l’opera di Zamorei. Francesco Novati (1904) individuò il manoscritto della Biblioteca Capitular y Colombina di Siviglia (82.i.25) contenente i Sermones morales e il De penitentiis copiati nel 1447.
L’anno preciso della morte non è noto; certo è che il 15 giugno 1388 egli non era più in vita come dimostra un rogito nel quale il figlio è ricordato come Valeriano «del fu Gabrio Zamorei» (Archivio di Stato di Parma, Corporazioni religiose soppresse, X (S. Quintino), I, pergamena A. 4). Della famiglia sappiamo solo che ebbe una figlia di nome Mabilia andata in moglie a Tommaso Cambiatore di Reggio e un figlio, Valeriano, che, in un documento del 15 giugno 1388, risulta sposato con Contesia da Pistoia (Vattasso, 1904, p. 46).
I Sermones morales sono tuttora inediti nella loro integrità, ma diversi passi sono stati pubblicati nei principali studi dedicati all’autore. Fra le pubblicazioni moderne: il lamento per la morte di Carlo I duca di Calabria (Vattasso, 1904, pp. 59 s.); il sonetto e l’epistola metrica indirizzati a Petrarca (Magrini, 1907; Faraggiana, 1984); l’epitaffio per l’arcivescovo Giovanni Visconti (Faraggiana, 1984).
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 768; ibid., Vat. lat. 10134; Sevilla, Biblioteca Capitular y Colombina, 82.i.25, ff. 89rab, 192rb, 271va; Oxford, Bodleian Library, Canon. Misc. 96, cc. 116r-148v.; Archivio di Stato di Parma, Archivio del Comune, 2037, pp. 778, 782, 973; ibid., Archivio del Comune, 4139, «Milano», pergamena 59; ibid., Carteggio Farnesiano estero, 182 [Milano, i (1343-1548)]; ibid., Corporazioni religiose soppresse, X (S. Quintino), I, pergamena A. 4; Parma, Biblioteca Palatina, Parm. 553 (sec. XIV), c. 163r; Piacenza, Biblioteca Comunale Passerini-Landi, Registrum magnum del comune di Piacenza, cc. 676r-682r; Repertorio diplomatico visconteo, a cura della Società Storica Lombarda, I, Milano 1911, nn. 1225, 1668. L. Mehus, Vita Ambrosii Travrsarii…, in Ambrosii Traversarii…latinae epistulae, I, Florentiae 1759, pp. CC-CCIII, CCXXIX, CCLVIII s., CCCCLVIII; A.M. Bandini, Catalogus codicum latinorum Bibliothecae Mediaceae Laurentianae, III, Florentiae 1774-78, p. 274; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, VI.2, Parma 1789, pp. XXV s., 58-64; I. Affò - A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1827, pp. XXV s., 58-64; ibid., vol. VI, t. 2, pp. 100-103; A. Pezzana, Storia della città di Parma, I, Parma 1837, pp. 16, 36, 64, 183 s.; ibid., vol. II, pp. 54, 119, 243; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo XI usque saeculum XIV, I, Bononiae 1888-96, p. 155 n. 3; G. Fracassetti, In epistolas Francisci Petrarcae de rebus familiaribus et variis adnotationes…, opus postremum, Fermo 1890, pp. 412-416; F. Novati, Il Petrarca ed i Visconti, in Francesco Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, pp. 22 s., 30; M. Vattasso, Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma 1904, pp. 22, 37-63, 107; R. Maiocchi, Codice diplomatico dell’Università di Pavia, I, Pavia 1905, nn. 21, 43-45, 50, 59; D. Magrini, Le epistole metriche di Francesco Petrarca, Rocca S. Casciano 1907, pp. 106-110, 183; F. Cognasso, Note e documenti sulla formazione dello Stato Visconteo, in Bollettino della Società pavese di storia patria, XXIII (1923), p. 98; A. Foresti, Aneddoti della vita di Francesco Petrarca, Padova 1977, pp. 171-173; M. Feo, Di alcuni rusticani cestelli di pomi, in Quaderni petrarcheschi, I (1983), pp. 23-75; C. Faraggiana, G. Z.: un funzionario visconteo amico del Petrarca, in Studi petrarcheschi, I (1984), p. 227-243.