GADDI
. Famiglia di pittori fiorentini. Capostipite ne fu, secondo il Vasari, Gaddo (notizie dal 1312 al 1333?) che avrebbe eseguito opere di mosaico e su tavola, quasi tutte perdute, a Firenze, a Roma, ad Arezzo, a Pisa. Taddeo (ignota la data di nascita, morto nel 1366) fu scolaro diretto di Giotto e aiuto del maestro. L'Incoronazione nella cappella Medici in S. Croce, firmata col nome di Giotto, è forse principalmente sua. Fra le opere del periodo giovanile, nel quale le influenze di Giotto sono più palesi, per quanto unite anche a quelle coloristiche di Siena, sono un trittico a Berlino (firmato e datato 1334), e a Firenze la serie delle storie di Cristo e di S. Francesco all'Accademia, i busti nella cripta di San Miniato al Monte (1341-42), e soprattutto la decorazione - con storie di Maria - della cappella Baroncelli in S. Croce (circa 1332-1338), dove accanto a ricerche di una pittura rapida e di luminosità improvvise, appare poi (e questo nella zona più bassa) un'alterazione degli elementi stilistici giotteschi, per cui le figure e le architetture non hanno più forte sostanza plastica. Altre sue opere sono una tavola per San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia (1353), una Madonna agli Uffizî (firmata e datata 1355), ecc. A Taddeo e a un suo continuatore sono ora attribuiti gli affreschi del Camposanto di Pisa già detti di Francesco da Volterra.
Di Agnolo (morto il 16 ottobre 1396), figlio di Taddeo, l'opera principale sono gli affreschi nel coro di S. Croce, dipinti dopo il 1374. Se qua e là il pittore ha qualche vivace ritratto, e qualità narrative, per il resto è profondamente trecentesco e tradizionalista. Un colore chiaro riveste le sue scene incoerenti e affollate senza però diventare elemento unificatore. Possono essere attribuiti in gran parte a lui gli affreschi della cappella Castellani, in S. Croce; e suoi, ma più tardi, sono quelli della cappella della Cintola nel duomo di Prato (1394-96), in cui il giottismo ancora vivo in S. Croce sembra quietarsi sotto un velo di colore, in una fusione più delicata, priva del brusco disegno di quelli.
Bibl.: O. Sirèn, Giotto and Some of his Followers, Cambridge (Mass.) 1917; B. C. Kreplin, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIII, Lipsia 1920 (con la bibl. prec.); R. van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, I, L'Aia 1923, p. 493 segg.; III, ivi 1924, pp. 301 segg., 536 segg.; P. Toesca, Storia dell'arte ital., I, Torino 1927 (indici); R. Offner, Italian Primitives at Yale University, New Haven 1927, p. 19; id., Studies in Florentine Painting, New York 1927, p. 59 segg.; N. van Lennep, De Legende van het heilige Kruis ecc., in Elsevier's Geillustreerd Maandschrift, LXXIV (1927), pag. 168 segg.; L. M. Tosi, Gli affr. della cappella Castellani, in Boll. d'arte, n. s., IX (1929-30), p. 538 segg.; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Verona 1929, p. 43 segg.; id., Trecentisti toscani nel Museo di Berna, in L'Arte, XXXIII (1930), p. 6; L. Venturi, Pitture italiane in America, Milano 1931, tavv. XL, XLI, L e LI; B. Berenson, Ital. Pictures of the Ren., Oxford 1932, pagina 213 segg.