AULENTI, Gaetana
Nacque a Palazzolo dello Stella (Udine) il 4 dicembre 1927 da Aldo e da Virginia Gioia.
Gae discendeva da una ricca famiglia originaria di Canneto di Bari (oggi Adelfia) dove era nato (nel 1865) il nonno paterno Giuseppe Aulenti (poi magistrato a Trani). Il padre di Gae, Aldo, era però nato (nel 1901) ad Acri, in Calabria, e la madre Virginia, a Napoli, ma era anch'essa di origini calabresi. Niente di strano quindi se, in una intervista degli anni Settanta, Gae identificò nella Calabria la terra d'origine della sua famiglia che definì «benestante […] una famiglia di magistrati, di avvocati, di medici e vescovi» (intervista a Dacia Maraini, in Vogue Italia, giugno 1972, p. 71). Aldo e Virginia si sposarono nel 1926 a Palazzolo dello Stella, dove vivevano. Virginia insegnava nella locale scuola elementare mentre Aldo (diplomatosi perito agrimensore a Foggia nell'autunno del 1920) era procuratore delle imposte a Latisana, località poco distante da Palazzolo; nel 1927, l'anno della nascita di Gaetana, si iscrisse all'Università di Ca' Foscari, a Venezia, dove si laureò nel 1937 in scienze economiche e commerciali. La famiglia si sistemò poi a Latisana dove nacque la secondogenita Olga (il 4 ottobre 1930).
Nel 1939 la famiglia Aulenti si trasferì a Biella dove Aldo poté trovare migliori sbocchi professionali. Gae mantenne comunque un solido legame con la Calabria trascorrendo le estati in campagna in una casa di famiglia. Portato a termine il ciclo di studi dell'obbligo, Gae scelse di iscriversi al liceo artistico di Firenze fondamentalmente «per andar via da casa [cercando] un liceo che non fosse nella città dove i miei genitori abitavano», una scelta che ella stessa definì «molto esistenziale» prima che disciplinare (intervista a Franco Raggi, in Modo, luglio-agosto 1979, n. 21, p. 20). Fu però costretta a rientrare a Biella a causa della guerra, un'esperienza traumatica durante la quale mise a fuoco l'atrocità del regime fascista indirizzandosi verso un antifascismo di matrice comunista che connoterà il suo impegno politico e civile fino ai fatti di Ungheria. Terminata la guerra riprese gli studi e nell'agosto del 1946 conseguì il diploma di maturità presso l'Accademia Albertina di belle arti e liceo artistico di Torino; nell'autunno successivo, si iscrisse alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano dove conseguì la laurea nella sessione autunnale del 1953 ottenendo poi l'abilitazione professionale.
Nel 1990, introducendo in una conferenza alla Triennale di Milano la sua 'opera prima', Casa Cumani (una casa con annessa una piccola scuderia nei pressi di San Siro, a Milano, disegnata nel 1956 per una coppia di amici), Gae tracciò un affresco degli anni della sua formazione e del salvifico trapasso alla professione. In alcuni appunti per quell'intervento Gae sintetizza bene l'irrequietezza ma anche la ricchezza di esperienze di quegli anni: «Studi irregolari | Salita spinta dalla guerra da Firenze | a Torino – Bombardamenti | Biella studi privati | Milano, lezioni di Guido Ballo – le suore | i pochi soldi (NO alla scuola estiva del CIAM) | Il partito Comunista | il collettivo d'architettura | il processo dei medici | l'uscita (senza libri) | Una compagna di scuola se n'era andata | così possedevo un quarto di cavallo | andavo tutti i giorni a Casabella | assistevo alla battaglia | dei galli di redazione | avevo assunto un atteggiamento sornione | andavo con i picchiatori al Teatro Nuovo | a difendere Luchino Visconti | Un tram che si chiama | desiderio | di Tennessee Williams | o | Morte di un commesso viaggiatore | Arthur Miller | Alla Scala La Traviata | Pomeriggi musicali | La composizione della fuga | Per avere una figlia mi sposai | ma mi separai e non c'era il divorzio | Facevamo concorsi fino a notte fonda e poi | andavamo a ballare | Interventi all'MSA | Stesura di testi per notti e notti | Viaggi | Vilma distrutta | L'Ungheria | Quando E. e S. Cumani | mi chiesero di fare la casa | fu la salvezza | un ancoraggio | capii che tutto sarebbe cominciato | il progetto – i disegni | la costruzione [...]». (Archivio Gae Aulenti, 6.1.ua3.148, sottolineature originali).
Gae dedica solo un accenno a due importanti accadimenti occorsi, nella sfera privata, subito dopo la laurea: il matrimonio del maggio 1954, destinato a breve durata, con l'architetto Francesco Buzzi (con conseguente trasferimento a Milano) e la nascita della figlia Giovanna nel 1955. Nonostante questi grandi cambiamenti di vita, non venne meno l'impellente bisogno della giovane Aulenti di esprimere la propria creatività nel mondo dell'architettura: Casa Cumani ne sarà il primo esito concreto, l'inizio di tutto, l'uscita verso un nuovo equilibrio personale imperniato su alcuni termini cruciali, «[...] il progetto, i disegni, la costruzione [...]».
Per conciliare il ruolo materno con il lavoro, inizialmente Gae svolse l'attività in uno studio sistemato in casa. Lavorava in proprio ma senza alcun dipendente, sviluppando in più occasioni progetti in collaborazione (perlopiù concorsi) con altri giovani professionisti, amici d'università e di avventure. Data la comprensibile carenza, agli esordi, di incarichi legati alla dimensione architettonica, si concentrò sulla progettazione di industrial design (mobili, lampade, accessori da tavola) e di interior design (arredamento di case e appartamenti e allestimenti di negozi); al di là della congiuntura tipica degli esordienti nella professione, è anche l'emergere subitaneo di un interesse precipuo che segnerà la sua carriera, per tutta la vita.
La cultura architettonica milanese in cui operava era segnata dalla presenza del Movimento studi architettura (MSA) e della rivista Casabella. Riunendo i migliori architetti non accademici della realtà milanese, il MSA nacque con lo scopo di ricucire l'epoca della ricostruzione postbellica con il razionalismo architettonico europeo degli anni Venti e Trenta; Casabella sotto la direzione di Ernesto Nathan Rogers (che l'aveva denominata Casabella-continuità) stava mettendo in discussione proprio le modalità del riferimento a quella tradizione, anche con faticose divergenze tra i «galli di redazione» osservati dalla sorniona Gae. Se alcuni razionalisti ortodossi vollero vedere nel numero 215 del 1957 quel manifesto del Neoliberty che scaldò molti animi e fece gridare al tradimento italiano della missione internazionale del Movimento moderno, nel numero 219 del 1958 un impegnativo articolo di Aldo Rossi su Il passato e il presente nella nuova architettura accompagnò alcuni progetti di giovani architetti italiani alla ricerca di nuovi orizzonti, complementari, se non alternativi, a quelli del Movimento moderno. Tra questi progetti vi era anche l' opera prima di Gae Aulenti, Casa Cumani, che rimase coinvolta così nella polemica sul Neoliberty. Gae Aulenti non prese mai molto sul serio questa come altre etichette storico-critiche, per quanto sia Casa Cumani sia il disegno di certi suoi pezzi di design, primo la poltrona a dondolo Sgarsul (dei primi anni Sessanta, dal 1966 in produzione per la ditta Poltronova) con la struttura a elementi lineari in faggio sinuosamente curvati, offrivano il fianco a queste interpretazioni; ed è un fatto che cinque disegni di studio attribuiti a questo periodo sono individuati nel suo archivio professionale come studi per una «sedia Neo Liberty».
In realtà la ricerca condotta da Gae era ben lontana dall'orientarsi su questioni stilistico-formali e, scevra da aneliti nostalgici, svolgeva al contrario una riflessione sul significato della modernità nell'Italia degli anni Sessanta. Episodio significativo di questa ricerca, condivisa con altri protagonisti della scena milanese, fu la mostra Nuovi disegni per il mobile italiano, tenutasi nel marzo del 1960 presso la sede de L'Osservatore delle arti industriali a Milano, che raccolse le proposte di quasi una trentina di architetti, perlopiù della giovane generazione e di area milanese (Gae Aulenti ne curò anche l'allestimento assieme a Guido Canella). Nello stesso periodo tre gruppi formati da nove dei progettisti coinvolti nella mostra furono messi a contratto dalla ditta Anguillesi per la progettazione di nuovi prototipi di mobili da camera: uno dei gruppi era costituito da Gae con Sergio Rizzi e Aldo Rossi. Il dibattito sul design nella Milano dei primi anni Sessanta era dunque vivace e un suo importante luogo era l'Associazione per il disegno industriale (ADI), attiva dal 1956, di cui Aulenti divenne membro nel 1960.
Significativo del percorso di ricerca che svolse sul design fu anche il ruolo ricoperto nel 1966 come art director del Centro Fly casa. Si trattò di un'esperienza innovativa in cui si tentò, forse per la prima volta, di rompere il nesso, fino ad allora indiscusso, tra mobile di qualità e destinazione esclusiva, elitaria, introducendo la dimensione (e la filosofia) del «grande magazzino» nella commercializzazione del mobile e del complemento d'arredo; un'esperienza che traeva linfa anche dalla nuova congiuntura economico-sociale italiana ormai segnata dall'innescarsi del boom economico e della produzione nella (e per la) società di massa. Gae spese diversi mesi del 1965 a raccogliere informazioni e documentazione sulle esperienze in questo settore (anche viaggiando negli Stati Uniti, in Inghilterra, Francia e Germania). Realizzò quindi una struttura innovativa, un grande contenitore organizzato su più livelli collegati da scale mobili, senza alcun frazionamento dello spazio che rimaneva continuo e delimitato solo dalle pareti perimetrali, in cui i pezzi in vendita (di più di cinquanta designer internazionali di diverse generazioni) erano esposti su semplici pedane ricoperte di una neutra moquette. L'idea era di vendere la qualità fuori dai circuiti elitari delle piccole mostre raffinate; in fondo era «[...] l'uovo di Colombo: non esistono in Italia grandi magazzini del mobile di qualità. La qualità si può vendere? […] Qualità di disegno, qualità tecnologica, qualità d'uso, qualità economica e commerciale» (Gae Aulenti, in Domus, 1966, n. 438). Vi era anche uno sforzo per formare una cultura della qualità: la dimensione commerciale del Centro Fly casa era accompagnata da mostre temporanee su alcuni tra i più famosi designer (le prime furono su Ettore Sottsass e i Castiglioni) ed era prevista anche la formazione di una biblioteca specialistica sull'arredamento aperta al pubblico. L'inaugurazione fu un evento mondano di grande richiamo, «[...] di notte, con un grande ballo, con un happening, con una dose, insomma, mista di gioia e imprevedibilità» (ibid.), celebrato l'indomani da una brillante cronaca di Dino Buzzati sulle pagine del Corriere della Sera.
Risale a quest'epoca il disegno di pezzi (alcuni dei quali ancora in produzione) che hanno reso celebre il contributo di Gae alla nascita del design italiano: oltre alla già citata poltrona a dondolo Sgarsul, si ricordano la libreria da centro stanza (1959, prodotta dalla ditta F.lli Tornaghi, esposta da Gae nella mostra Nuovi disegni per il mobile italiano), la serie di mobili da giardino Locus Solus (1964, Poltronova, poi Zanotta in una versione per interni), e soprattutto le lampade Giova (1964, Fontana Arte, il cui nome tradisce la dedica alla figlia), Pipistrello (1965, Martinelli Luce), Rimorchiatore (1967, Candle, poi Fontana arte in una nuova rielaborazione degli anni Novanta), King Sun (1967, Kartell), Ruspa (1967, Martinelli Luce), Oracolo e Mezzoracolo (entrambe 1968, Artemide). Il suo ruolo da protagonista nel panorama del design italiano ebbe un pronto riconoscimento in alcune importanti mostre, soprattutto quelle newyorkesi, a cavallo degli anni Sessanta e Settanta: Modern Mediterranean, mostra internazionale di design del 1967, in cui per l'Italia erano presenti i lavori di Gae Aulenti e di Joe Colombo; Design. Italian style, del 1968, alla quale esponevano anche altri protagonisti della scena milanese destinati a grande notorietà (Bruno Munari, Marco Zanuso, Enzo Mari, Achille e Pier Giacomo Castiglioni tra gli altri); ma soprattutto Italy. The new domestic landscape, la fondamentale mostra tenutasi al MOMA di New York nel 1972 (curata da Emilio Ambasz).
Oltre all'impegno sul fronte del design, Gae Aulenti non appena ne ebbe l'occasione si cimentò anche con la dimensione architettonica, riuscendo perlopiù (Casa Cumani e la Villa in Brianza del 1959 e poco altro a parte) a trovare opportunità nel campo dell'architettura degli interni. Realizzò arredamenti di case e appartamenti di privati e l'allestimento di alcuni negozi in centro a Milano. Progettò anche allestimenti espositivi temporanei, e in particolare fu coinvolta in due allestimenti per la Triennale di Milano, la XII (1960) e la XIII (1964): l'allestimento della sezione italiana per la XIII edizione della Triennale, intitolato Il tempo delle vacanze, realizzato con Carlo Aymonino e Stefano Paciello (collaboratori Ezio Bonfanti, Jacopo Gardella e Cesare Macchi Cassia), fruttò a Gae Aulenti anche il riconoscimento del Gran premio internazionale.
Dalla metà degli anni Sessanta riuscì ad avviare una fruttuosa collaborazione con due importanti imprese nazionali per l'allestimento di stand e punti vendita e la progettazione di soluzioni espositive, la Olivetti di Ivrea e la FIAT di Torino. Per la Olivetti, con cui aveva un trascorso da grafica per l'impaginazione della rivista Tecnica e organizzazione, realizzò tra il 1966 e il 1968 due importanti showroom, a Parigi (in sostituzione di quello disegnato da Franco Albini del 1958) e a Buenos Aires; realizzò poi l'allestimento della importante mostra itinerante Olivetti formes et recherche, celebrativa dell'impresa di Ivrea, inaugurata al Louvre di Parigi nel 1969, poi a Barcellona, Madrid, Londra, Edimburgo e Tokyo tra il 1970 e il 1971: sono queste le prime occasioni di Gae di presentarsi alla ribalta internazionale. Per la FIAT iniziò nel 1968 una intensa collaborazione che la impegnerà almeno fino al 1978: l'allestimento di punti vendita in varie città italiane ed europee (Torino, Roma, Zurigo, Vienna e Bruxelles) e la sistemazione degli stand per diverse edizioni del Salone dell'automobile di Torino e di Ginevra.
In questi anni Gae Aulenti non era ancora titolare di uno studio professionale e l'attività progettuale si esplicava anche attraverso le collaborazioni per conto terzi, con la società Tekne Spa in particolare, per la quale studiò l'insediamento turistico al Passo del Tonale (1962, non realizzato) e alcuni complessi residenziali. Si dedicò poi all'attività didattica nell'università: nel biennio 1960-62 fu assistente volontaria alla cattedra di composizione architettonica di Giuseppe Samonà, alla Scuola di Venezia, mentre quando nel 1964 Ernesto Nathan Rogers perse la direzione di Casabella e diventò professore di ruolo al Politecnico di Milano, chiamò proprio Gae Aulenti quale assistente volontaria incaricata presso la sua cattedra di elementi di composizione architettonica. Si è già detto del suo coinvolgimento nell'attività dell'ADI di cui, tra il 1966 e il 1969, sarà vicepresidente, mentre, benché non ne risulti essere stata ufficialmente membro, fu vicina alle attività del MSA (di cui dal 1955 risulta membro il marito Francesco Buzzi).
La prima parte della carriera di Gae Aulenti è caratterizzata quindi dall'impegno versatile su più attività oltre alla progettazione nell'industrial e nell'interior design. Questa poliedrica applicazione su più campi, oltre che essere una scelta personale, fu anche una condizione diffusa di quella «terza generazione» di architetti (successiva a quella de «i Maestri riveriti – i Rogers, Albini, Belgioioso, Gardella», e alla generazione di mezzo de «i Magistretti, gli Zanuso, i De Carlo»), che in un articolo di Alberto Arbasino del 1965 veniva identificata come la generazione degli «angry», «decisamente 'arrabbiata' e certamente la più 'politica'» (Il Giorno, 28 dic. 1965). Arbasino intervistò in proposito Gae Aulenti e poi Vittorio Gregotti: «Sembra che l'interesse si stia spostando dall'architettura all'arredamento – dice Gae – ed è anche logico: dall'esterno all'interno, una volta che le case sono state costruite (quasi sempre male...) Ma anche perché ormai si ha la sensazione […] di star facendo del bricolage intellettuale di piccola portata, sui residui rimasti dagli anni d'oro [...] Così non fa più neanche senso vedere gli 'angry' rivolti al disegno per l'industria, o interamente dedicati all'arredamento... […]». «Oppure, diventa sempre più importante l'attività nell'ambito della scuola – spiega Gregotti –. L'Università come alternativa, a cui si dedica altrettanto tempo che alla professione» (ibid.).
Per Gae questi anni furono caratterizzati anche da stimolanti e talvolta avventurosi viaggi nel mondo «per rincorrere l'architettura e i protagonisti dell'architettura» (Archivio Gae Aulenti, 6.1.ua1.35): in Unione Sovietica nel 1961; in Messico nel 1962 e in diversi altri Paesi dell'America Latina nel 1968; in Egitto nel 1970, e poi India, Giappone, Cina e altri Paesi ancora.
L'anno della morte di Ernesto Nathan Rogers, il 1969, può essere considerato uno spartiacque nella vita di Gae Aulenti; e non poteva essere che così. Rogers, per una generazione di giovani milanesi (tra cui Rossi, Canella e Gregotti che avevano condiviso con lui il progetto di Casabella) e ancor più per Gae Aulenti (che tra Casabella e insegnamento universitario gli era rimasta fedele per tre lustri), era stato un autentico padre spirituale. In quel 1969 Gae chiuse con l'università, ma terminò anche il suo impegno quale vicepresidente dell'ADI; progettò la sistemazione di una nuova casa-studio per sé, in via Annunciata, dove avviò l'attività di un suo studio professionale forte dei primi collaboratori fissi. Abbandonando quel «bricolage intellettuale» che aveva segnato fin lì la sua professionalità, Gae dedicherà d'ora in poi ogni sua energia all'attività progettuale.
Non v'è dubbio che tale risoluzione fu resa possibile dalla possibilità di sviluppare le occasioni professionali con la Olivetti e la FIAT sopra menzionate; soprattutto la FIAT sembrava poter garantire un certo numero di incarichi nel medio termine, tanto più che Gae, al di là dei progetti per i punti vendita e per i Saloni dell'automobile, strinse fin dall'inizio un rapporto di stima anche personale con Gianni Agnelli diventando nei fatti l'architetto di fiducia della influente famiglia per la quale realizzò diversi interventi, per prima la Casa del collezionista (1969) in cui trovavano una sintesi perfetta i temi cari ad Aulenti dell'architettura degli interni e dell'allestimento espositivo.
Trasferitasi a Milano al tempo del matrimonio con Francesco Buzzi, nel 1955, non tardò a stringere rapporti con personalità attive nel più ampio panorama intellettuale della città di quegli anni. Questo suo inserimento nella società milanese più influente non poté che consolidarsi negli anni seguenti con l'innescarsi del rapporto sentimentale con Carlo Ripa di Meana con cui Gae condivise, per un lungo tratto, una comune passione politica segnata dall'allontanamento dal Partito comunista italiano e dall'avvicinamento al Partito socialista italiano: erano gli anni delle discussioni al Club Turati di via Brera (di cui Ripa di Meana sarà più tardi segretario) e delle aspirazioni di portare al governo del Paese una cultura politica progressista cui Gae sentiva di appartenere. Aulenti non fu però mai esponente e nemmeno intellettuale organico di partito. Sempre in prima fila, ma mai orientata al protagonismo, fu libera nelle sue idee (famosa la sua dissociazione da quello che definiva il «craxismo deleterio», che fu anche all'origine della fine del rapporto sentimentale con Ripa di Meana alla vigilia della stagione che diverrà, nella vulgata giornalistica, la «Milano da bere») e partecipe con passione della vita civile milanese del suo tempo. Attenta regista di momenti conviviali, il «salotto di Gae Aulenti» fu negli anni Settanta uno degli snodi della vita milanese di orientamento progressista in cui Gae Aulenti e il suo compagno ricevevano amici quali Vittorio Gregotti e Camilla Cederna, Guido Vergani e Giorgio Bocca, Giulia Maria Crespi e Lina Sotis, Umberto Eco e Maurizio Pollini, Eva Cantarella e Rosellina Archinto. L'affermazione personale nel panorama culturale milanese di quegli anni si aggiunse così all'affermazione professionale ormai definitiva: se il suo coinvolgimento nella mostra al MOMA sancì il suo importante ruolo nel panorama del design italiano, sarà la prima mostra monografica a lei dedicata alla fine dello stesso decennio al Padiglione d'Arte contemporanea (PAC) di Milano a darle un posto di rilievo nel più ampio panorama dell'architettura italiana.
Lo studio si trasferì in una sede più ampia che Gae progettò, nel 1973, in piazza S. Marco. Arrivavano incarichi prestigiosi da importanti case di alta moda per nuove sedi (Maison Ken Scott Eze a Pigalle a Parigi, 1971; Valentino a Roma, 1971; Bulgari a Milano, 1972, a Taormina, 1973, a Ginevra 1977-78; Max Mara a Napoli, 1973, a Casalmaggiore, 1973-74); da società e imprese nazionali e internazionali per nuove sedi di uffici e altre strutture (Gruppo Rinascente a Milano, 1971; Banca commerciale italiana a Milano, 1971-72; Thyssen Bornemisza Group ad Amsterdam, 1971-73, a Montecarlo, 1975; Montedison a Milano, 1972-73; Banca di credito a Milano, 1972-75); si rivolgevano a lei molti esponenti dell'alta borghesia, milanese e non solo, per la sistemazione, ristrutturazione o costruzione ex novo di ville o case in esclusive località di vacanze.
Parallelamente continuò la ricerca avviata sul terreno del design con altre importanti realizzazioni per le maggiori ditte del settore (mobili Tennis per la Knoll,1971; sanitari Linea per la Pozzi-Ginori, 1972; faretti per Stilnovo sistema Tre più 2 e Tre Più 1, 1972, Tre Più 3, 1976; lampade Patroclo e Alcinoo per Artemide, 1975; mobili per la Elam, Elam, 1975, e Orsamaggiore, 1976; mobili Lettura per Planula, 1975; mobili Gae Aulenti collection per la Knoll, 1975-76; maniglie Otto A per la Valli &Valli, 1977-79; valigia per Louis Vuitton, 1979; Tavolo con ruote per Fontana arte, 1979). Nel 1979 Gae Aulenti diventò art director della ditta Fontana arte (lo sarà fino al 1996). Non venne meno l'interesse per il settore dell'allestimento espositivo (dalle mostre di Christo alla Rotonda della Besana a Milano 1973 e a Kassel 1977, all'allestimento celebrativo del centenario del Corriere della Sera, 1976).
Alla metà degli anni Settanta risale anche l'inizio della collaborazione di Gae con il teatro di Luca Ronconi. Di teatro Aulenti si era occupata anche una decina di anni prima ricostruendo, per gli studenti di Rogers, l'evoluzione delle concezioni teatrali in epoca moderna e contemporanea; l'incontro con Ronconi le diede l'occasione di mettersi in gioco di persona facendo interferire la propria esperienza di progettista con la particolare dimensione dello spazio/tempo scenico. Dopo due prime realizzazioni, Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa portate in scena a Napoli (1974) e Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini portato in scena a Parigi (1975), Gae contribuì, nel Laboratorio di progettazione teatrale di Prato di Luca Ronconi (1976-78), a una delle sperimentazioni più importanti di quegli anni che indagava la dimensione politica dell'attività teatrale e i nessi con il territorio e i suoi attori, istituzionali e non. A Prato Gae Aulenti curò gli allestimenti scenici di tre spettacoli: Calderon di Pier Paolo Pasolini, La Torre di Hugo von Hofmannsthal, Le Baccanti di Euripide. Non tardarono a giungere riconoscimenti del suo lavoro anche in questo campo, come il premio Ubu '78 per la migliore scenografia italiana (conferitole nel 1979).
La collaborazione con Ronconi, sullo sfondo di una solidissima amicizia, durò fino al 1995 e produsse una serie fortunata di spettacoli alcuni dei quali ripresi in diverse sedi, anche in anni successivi a questa data: Wozzek di Alban Berg (Milano e Parigi nel 1977), Anitra selvatica di Henrik Ibsen (Prato, Pisa, Genova, Milano, Bologna, Modena, Bergamo, Roma nel 1977, Torino, Ferrara e Ravenna nel 1978), Opera di Luciano Berio (Lione, Parigi, Torino e Roma nel 1979), Samstag aus Licht (Milano nel 1984), Viaggio a Reims (Pesaro nel 1984, Milano nel 1985 e poi nel 2009, Vienna 1988, Ferrara e Pesaro 1992, Bologna 2001), Zar Saltan (Reggio Emilia e Milano nel 1988), Ricciardo e Zoraide (Pesaro nel 1990 e 1996), Elektra (Milano 1994), Re Lear (Milano 1995). Il successo nella collaborazione con Ronconi portò a Gae Aulenti, negli anni Ottanta, nuove collaborazioni anche con con altri registi. Nel corso degli anni ebbe a conoscere e frequentare autorevoli musicisti e direttori d'orchestra, da Karlheinz Stockhausen a Giuseppe Sinopoli, da Luciano Berio a Riccardo Chailly, da Claudio Abbado a Maurizio Pollini: con quest'ultimo poi si cimentò anche come regista ne La donna del lago di Rossini, ripreso in diverse sedi tra il 1981 e il 1989 (con Maurizio Pollini alla direzione d'orchestra).
La scenografia segnò l'attività di Gae Aulenti dalla seconda metà degli anni Settanta fino alla metà degli anni Novanta, con un'ultima, isolata esperienza del 2011 (Lo stesso mare di Fabio Vacchi, portato in scena al teatro Petruzzelli di Bari per la regia di Federico Tiezzi). Fu un impegno molto personale, legato a una propria passione, che non coinvolse l'attività dello studio (che continuava, nel frattempo, a produrre il suo lavoro sui progetti di architettura). Fu per Gae, piuttosto, l'occasione di un impegno piacevolmente svolto entro la dimensione familiare: coinvolse infatti a lungo la figlia Giovanna Buzzi, alla realizzazione dei costumi, e (nell'ultima messa in scena del 2011) anche la giovane nipote Nina Artioli quale architetto assistente scenografo.
Alla fine degli anni Settanta l'impegno dello studio Aulenti è ormai una routine consolidata di incarichi e concorsi di progettazione urbana e architettonica, di commesse per arredamenti e allestimenti (commerciali ed espositivi) oltre al lavoro di design. Con gli anni Ottanta entrarono in scena alcuni grandi lavori che le daranno un successo e una notorietà tali da farne, soprattutto nel settore museografico ed espositivo, un architetto internazionale prima che italiano.
Senza immaginare di innescare forse il momento più importante della sua carriera, nel maggio del 1980 Gae consegnò, a Parigi, le tavole redatte per il Concorso internazionale di progettazione bandito dall’Etablissement public du Musée d’Orsay per la ristrutturazione e l'allestimento museografico della Gare d'Orsay (una stazione ferroviaria inaugurata per l’Esposizione universale del 1900 e dismessa nel 1950 dopo una progressiva decadenza iniziata alla fine degli anni Trenta). A novembre dello stesso anno iniziò la fase progettuale vera e propria: la realizzazione (47.000 m2 di superficie di cui 22.000 dedicati agli spazi espositivi) occupò Gae e i suoi collaboratori per ben sei anni. Il Museo d'Orsay, compreso ben presto tra i Grands Travaux dell'ambizioso programma di François Mitterrand, fu inaugurato ai primi di dicembre 1986 e rese nota Gae al mondo in virtù della grande eco che suscitò.
Nel 1985, con il Museo d'Orsay in via di completamento, Gae intraprese una seconda grande opera. A quell'epoca risalgono i primi contatti e poi l'avvio del progetto di ristrutturazione del Palau nacional di Barcellona (edificio principale della Esposizione universale del 1929 eretto sulla collina di Montjuïc, destinato a usi museali fin dagli anni Trenta) e la risistemazione complessiva al suo interno del Museo nazionale d’arte Catalana (MNAC) su incarico del Patronat del Museu nacional d'art de Catalunya e del ministero della Cultura della regione della Catalogna. Per questo incarico Gae Aulenti disegnò un primo progetto di massima e due soluzioni differenti per il progetto definitivo ed esecutivo, lavorando in particolare sul nuovo assetto della grande sala a pianta ovale che caratterizza il nucleo centrale dell'edificio (l'ambiente di rappresentanza che nel 1929 aveva ospitato le cerimonie e gli eventi principali della Esposizione universale). Il Museo, una struttura di ben 54.000 metri2 complessivi, aprì progressivamente al pubblico le sue diverse sezioni a partire dal 1992 fino al 2004, anno in cui si completarono gli ultimi interventi.
In questi stessi anni lavorò anche ad altri due progetti in ambito museale-espositivo, minori per dimensioni ma non certo per importanza. Tra il 1982 e il 1985 realizzò il Centro nazionale di arte moderna di Parigi con una complessiva ristrutturazione del quarto piano del Centre Georges Pompidou: un'occasione straordinaria per misurarsi questa volta con un edificio-icona dell'architettura contemporanea, quel Centre Beaubourg che Richard Rogers e Renzo Piano avevano realizzato qualche lustro prima. L'altro progetto fu la ristrutturazione di palazzo Grassi: in questo caso il tema era la sistemazione di un grande spazio espositivo dentro un palazzo del Settecento prestigiosamente affacciato sul Canal Grande di Venezia che era stato acquistato nel 1983 dalla FIAT. Il progetto venne redatto a partire dal 1985 e ai primi di maggio del 1986 palazzo Grassi aprì al pubblico con una prima grande mostra dedicata a Futurismo e futurismi (allestita sempre da Gae Aulenti che organizzò, durante la gestione FIAT del palazzo, una serie di grandi mostre, tra arte e archeologia: I Fenici del 1988, Arte italiana. Presenze 1900-1945 del 1989, Andy Warhol e Da Van Gogh a Picasso, da Kandinsky a Pollok del 1990, I Celti del 1991, Marcel Duchamp del 1993, Modigliani. Dalla collezione del dottor Paul Alexandre del 1994, I Greci in Occidente del 1996, Pittura fiamminga e olandese. Da Van Gogh, Ensor, Magritte, Mondrian ai contemporanei ed Espressionismo tedesco. Arte e società. 1909-1923 del 1997, Picasso 1917-1924 del 1998, Il Rinascimento a Venezia del 1999, Cosmos, da Goya a De Chirico, da Friedrich a Kiefer. L’arte alla scoperta dell’infinito del 2000, Balthus del 2001. Benché non comparabili al Museo d'Orsay e al MNAC in termini dimensionali e di complessità morfologica e strutturale, anche questi due interventi possono essere annoverati tra le opere più importanti del periodo in quanto furono delle occasioni preziose per continuare a costruire quell'esperienza sul tema museografico ed espositivo di cui ormai, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, Gae è una leader riconosciuta, chiamata a relazionare in conferenze in tutto il mondo.
La fortunata serie di progetti in ambito espositivo-museale continuò negli anni Novanta. Due occasioni in particolare meritano di essere ricordate. Una costituì la seconda opportunità per Gae di misurarsi con un'opera architettonica icona del moderno, il Solomon Guggenheim Museum di New York, di Frank Lloyid Wright. Per l'allestimento della mostra The italian Metamorphosis 1943-1968 (curata da Germano Celant), nel 1994 Gae Aulenti intervenne senza alcuna esitazione, dialogando con le geometrie della particolare struttura a spirale disegnata da Wright, spezzando l'unitarietà del vuoto centrale con delle proiezioni in aggetto verso il centro, posizionate in precisi punti del percorso espositivo. La seconda invece fu di nuovo l'esito di un concorso internazionale cui Gae partecipò vincendolo, nel 1996, per la sistemazione del New Asian Art Museum di San Francisco all'interno dell'edificio della Old Main Library (costruito nel 1917). Il suo progetto seppe equilibrare il rispetto della struttura dell'edificio preesistente con una serie di trasformazioni atte a renderne più flessibile e permeabile la sequenza degli spazi. Il museo fu aperto nel 2003. Altri progetti di Gae Aulenti frutto di concorsi internazionali vinti furono in quegli anni quello per la ristrutturazione e l'ampliamento del Civico Museo d'arte orientale Edoardo Chiossone di Genova (concorso del 1998), la ristrutturazione e l'adeguamento funzionale delle Scuderie papali al Quirinale a Roma (1998-99), il restauro e la valorizzazione della Reggia di Venaria reale a Torino (1998). Progettato a partire dal 1995 è invece il Museo d’arte moderna e contemporanea Casa Cavazzini a Udine (lavoro terminato nel 2003).
In tutta la produzione di Gae Aulenti è stato centrale il tema urbano, anche nel disegno di un oggetto di design, di un allestimento espositivo o di un arredamento, magari in una reinterpretazione metafisica di figure, volumi e spazi della città. Aprendo la relazione del progetto per il negozio Olivetti di Parigi, la sua prima realizzazione all'estero del 1967, Gae fu esplicita in questo senso: «Il disegno insegue l'idea di realizzare una 'Piazza d'Italia'. Gli elementi costitutivi sono infatti quelli della piazza: i gradini, i livelli differenti e la continuità dello spazio» (Archivio Gae Aulenti, 6.1ua1.34).
È tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio però che ebbe l'occasione di misurarsi fattivamente, fuor di metafora, con la città fisica. Non erano mancate precedenti occasioni di studio del tema, ma si era trattato perlopiù di concorsi nei quali non era andata oltre a qualche riconoscimento o incarichi per progetti poi rimasti solo sulla carta. È il caso del concorso per il Centro direzionale di Perugia Fontivegge-Bellocchio (in cui ottenne una menzione speciale) del 1971; della proposta Milano invece di Milano presentata al concorso La città come ambiente significante del 1972; della progettazione del quartiere (non realizzato) per 3500 abitanti a Cinisello Balsamo, 1973-75; del disegno del grande complesso residenziale (non realizzato) El Alto Hatillo a Caracas, in Venezuela, 1977-78; dei concorsi per l'area Garibaldi-Porta Nuova Milano del 1979, per il recupero dell'area del Lingotto a Torino del 1983 e dell'area Pirelli Bicocca a Milano del 1986. In effetti una prima realizzazione con implicazioni alla scala urbana fu il progetto per la Città degli studi di Biella (costruito in diversi stralci a partire dal 1987); ma le realizzazioni più stimolanti su questo tema vennero tra il 1998 e i primi anni Duemila.
La prima fu il progetto di riqualificazione dell'area di piazzale Cadorna a Milano, uno snodo infrastrutturale cruciale della metropoli lombarda di cui ridisegnò i tracciati della viabilità (tranviaria e automobilistica) e la facciata dell'edificio della stazione delle ferrovie nord Milano, realizzò un sistema di pensiline con piccoli esercizi commerciali nell'area antistante la stazione in corrispondenza delle uscite dalla metropolitana, dispose un iconico intervento scultoreo di Claes Oldemburg dal titolo Ago e filo e nodo che campeggia variopinto al centro dello spazio urbano. Ancora il tema degli snodi infrastrutturali nella grande città fu al centro del progetto, di pochi anni successivo, per la realizzazione di due stazioni della metropolitana di Napoli e degli spazi urbani a esse connessi di piazza Dante e di piazza Cavour (1999-2002). La riconfigurazione della piazza S. Giovanni a Gubbio (2003-06) fu invece l'occasione, in un centro di ben altre dimensioni, per una immersione nella lettura storica del contesto, alla ricerca delle tracce antiche e dei caratteri più sottili del luogo.
La città fu il tema implicito anche di altri progetti di questo periodo finalizzati al recupero di singoli edifici o di più vasti complessi particolarmente significativi nella storia e/o nel tessuto edilizio delle città di appartenenza. Uno merita di essere ricordato anche per essere stato la più grande delusione professionale di Gae Aulenti: si tratta della ricostruzione del teatro La Fenice di Venezia (distrutto da un furioso incendio nel gennaio del 1996) cui lavorò con grande impegno producendo un progetto preliminare e un progetto esecutivo per le strutture, per gli apparati decorativi e per gli arredi. I lavori di ricostruzione iniziarono nel giugno del 1997, ma nel febbraio del 1998 vennero sospesi in virtù di una sentenza del Consiglio di Stato che, al termine di un iter giudiziario controverso, determinò un ribaltamento del giudizio della commissione della gara d'appalto: il progetto di Gae rimase così sulla carta e venne sostituito, in cantiere, da quello di Aldo Rossi. Altri progetti ebbero esiti ben più fortunati. È il caso del Pala Vela di Torino (un'ardita struttura in cemento armato di Franco Levi, Annibale e Giorgio Rigotti, realizzata come Palazzo delle mostre tra il 1959 e il 1961 per le celebrazioni del Centenario dell'Unità d'Italia) cui ridiede vita per i Giochi Olimpici invernali di Torino 2006; altro caso è il progetto per il castello Estense di Ferrara, da poco restaurato, con allestimento del percorso di visita e di due mostre temporanee in occasione dell'apertura al pubblico (2003-05); oppure è il caso di palazzo Branciforte nel centro storico di Palermo (2007-11), prestigioso edificio del Cinquecento siciliano recuperato per conto della Fondazione Sicilia e destinato a diversi usi culturali, e del complesso edilizio di S. Agostino a Modena, oggetto di un concorso vinto nel 2010, finalizzato a realizzare la sua ristrutturazione e valorizzazione quale polo culturale della città: un ultimo grande progetto che Gae non farà in tempo a vedere realizzato.
Tra attività ordinaria, per così dire, e grandi opere, all'aprirsi del nuovo millennio la firma Gae Aulenti ormai significa uno studio collaudato, affermato e prestigioso, la cui attività si colloca su scala internazionale. L'organico non superò mai la piccola-media dimensione (che permetteva a Gae di seguire tutti i progetti), ma si adeguò ai fortunati sviluppi dell'attività svolta. Se negli anni Settanta i collaboratori iniziali furono solo disegnatori, si dovettero a mano a mano aggiungere addetti alla segreteria e all'amministrazione, infine ai rapporti con la stampa e più in generale alle relazioni esterne: Gae infatti, in virtù della personale fama ormai raggiunta, era ormai invitata a convegni, conferenze e lezioni, chiamata a prendere parte a giurie di concorsi di progettazione, in Italia e all'estero; richiesta per interviste e collaborazioni editoriali varie, insignita di premi e riconoscimenti da diverse autorevoli istituzioni nazionali e internazionali. Nel 2005 cambiò la ragione sociale del suo studio professionale trasformandolo in uno studio associato prima con i tre collaboratori di più lungo corso (Marco Buffoni, Francesca Fenaroli e Vittoria Massa) cui in seguito si aggiunse anche la nipote, Nina Artioli.
Nonostante il grande impegno professionale, che la terrà occupata fino all'ultimo, Gae non smise di interessarsi e partecipare per quanto poteva alla vita culturale, politica e civile che la circondava. Già nel 1995 era stata chiamata a ricoprire il ruolo di presidente dell'Accademia di belle arti di Brera; dal 1996 si impegnò con il FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) prestando disinteressatamente la sua opera soprattutto in allestimenti di mostre varie. Nel 2002, riprendendo un filo che si era interrotto negli anni di Tangentopoli (in cui rimase pesantemente coinvolto quel Partito socialista italiano ormai lontano dallo spirito che aveva animato le attività del Club Turati nella Brera degli anni Sessanta e Settanta), si lasciò coinvolgere in una nuova avventura politica partecipando alla nascita del movimento politico Libertà e giustizia (del cui Comitato dei garanti fece parte per alcuni anni assieme ad amici quali Enzo Biagi, Umberto Eco e Guido Rossi).
In seguito a malattia, Gae Aulenti morì a Milano il 31 ottobre 2012, all'età di 84 anni, due settimane dopo aver ricevuto alla Triennale di Milano la Medaglia d'oro alla carriera a riconoscimento dell'importante contributo dato alla cultura architettonica italiana e internazionale.
1967 Membro onorario del National Society of interior designers (NSID)
1983 Medaille d'architecture, conferito da l'Academie d'architecture, Parigi
1984 Premio Joseph Hoffmann 1983, conferito dalla Hochschule für angewandte Kunst, Vienna
1987 Titolo di Chevalier de la Legion d'Honneur, conferitole dal presidente della Repubblica francese François Mitterrand
1987 Titolo di Commandeur dans l'Ordre des arts et lettres, conferitole dal ministro della Cultura francese Jack Lang
1987 Riconoscimento dal XVI Congreso de la Union Internacional de Arquitecto (UIA)
1988 Titolo di Dean of architecture 1988, conferito dal Merchandise Mart di Chicago
1989 Premio speciale per la Cultura, assegnato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana
1989 Premio Ambrogino d'oro per la Città di Milano
1990 Membro onorario dell'American Institute of architects (Hon. FAIA)
1990 Membro onorario del Bund Deutscher Architekten (BDA)
1991 Praemium Imperiale, conferito da The Japan art association (Tokyo) per l'architettura
1994 Diploma benemerito Cultura e arte, conferito dal ministro dei Beni culturali Alberto Ronchey
1995 Titolo di Cavaliere di Gran Croce, conferito dal presidente della Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro
1999 Premio Sigillo longobardo, conferito dal presidente del Consiglio regionale della Lombardia
2001 Laurea ad honorem in belle arti dalla Rhode Island School of design, Providence
2012 Medaglia d’oro alla carriera, conferita dalla Triennale di Milano e dal ministero per i Beni e le Attività culturali
G. A. (catal.), Milano 1979; M. Petranzan, G. A., Milano 1997, 20022; S. Suma, G. A., Milano 2007; F. Balena Arista, G. A., Milano 2011; G. A. Gli oggetti, gli spazi (catal.), a cura di V. Pasca, Milano 2013.
Desidero ringraziare Nina Artioli, Giuliano Bini e Paola Durazzo.
(Gae) Emilia