GAETANI DELL'AQUILA D'ARAGONA, Niccolò
Nacque all'Aquila nel 1644 da Antonio, conte d'Alife e duca di Laurenzana, e Cecilia Acquaviva dei duchi d'Atri. Fu dunque membro di un ramo dell'antichissima famiglia Gaetani, la quale nel 1466 aveva ottenuto da Ferdinando I, re di Napoli, la potestà di assumere il cognome d'Aragona, in quanto legata da vincoli di parentela con la casa reale. Come primogenito, ereditò tutti i titoli paterni. Compì gli studi presso l'Università di Napoli. Risulta dubbio, per motivi di natura cronologica, il discepolato, attribuitogli da F. Nicolini, presso G.B. Vico, che comunque probabilmente conobbe e frequentò (Nicolini, p. 482).
Si unì in matrimonio con Aurora Sanseverino dei principi di Bisignano, nota poetessa arcade, amante della musica e della letteratura. I vivaci interessi culturali della moglie e il salotto culturale e mondano da lei tenuto negli ultimi anni del sec. XVII misero il G. in contatto con i più attivi circoli intellettuali napoletani. Militò nell'esercito di Carlo II, re di Spagna e di Napoli, giungendo sino al grado di tenente generale e dal 1700 fu inoltre cavaliere gerosolimitano. Terminata la guerra di successione spagnola, ebbe dall'imperatore Carlo VI, re di Napoli, il titolo di principe di Piedimonte il 2 sett. 1715.
Molto poco rimane della sua attività letteraria. Fu iscritto all'Arcadia col nome di Elviro Triasio e due suoi componimenti furono pubblicati tra le Rime degli Arcadi (VI, Roma 1717, pp. 173-190).
Nel sonetto "Spesso tentai con passo tardo, e lento/ dell'Arcadia le vie erme e remote" il G. esprime le sue difficoltà di adesione ai dettami poetici dell'Accademia poiché, a causa della crudeltà del fato, la sua musa gli ispira solo "torbide note". Voci parlanti del secondo componimento, l'egloga "Or che la nostra greggia/ riposta abbiamo in più sicuro loco", sono Elviro, Menalca e Nicandro. In ossequio al più sfruttato cliché arcadico, i pastori, terminate le incombenze quotidiane, si soffermano a parlare dell'amore, il quale "pietoso Nume […] d'ogni creata cosa è 'l Fabbro industre". Nelle parole di Elviro non mancano riferimenti autobiografici.
Il G. fu inoltre autore di due trattatelli morali composti ormai in vecchiaia: Degli avvertimenti intorno alle passioni dell'animo (Napoli 1732) e La disciplina del cavalier giovane (ibid. 1738).
Gli Avvertimenti sono dedicati e indirizzati ai nipoti, con il fine di addottrinare i loro animi. Facendo tesoro della propria esperienza, l'anziano gentiluomo dichiara di voler manifestare "qual sia la natura delle principali passioni […] ed in qual guisa possiamo quelle piegare alle leggi della ragione, acciò ne derivi a noi la vera felicità" (p. 298). A tal fine egli non propone riflessioni teoriche ma la "pratica", cioè esempi di vita vissuta sparsi, in primo luogo, nelle opere di Cicerone, ma anche in quelle di Esopo, Omero, Seneca, Epitteto e Marco Aurelio.
La Disciplina del cavalier giovane è più genericamente volta alla formazione culturale degli esponenti del ceto nobiliare. Sicuramente meno innovativo dell'altro, il trattato risente delle nuove responsabilità politiche assegnate dal re Carlo al G., richiamato a Napoli dopo un periodo di assenza. Il ritorno in patria doveva però essere stato una delusione: nella prefazione dichiara infatti di aver trovato "le leggi dell'onesto vivere viziate e corrotte, le lettere malmenate" (p. IV). Nel "Primo ragionamento" illustra l'idea di nobiltà diffusa presso varie nazioni; nel secondo si occupa dell'educazione adatta ai nobili per risvegliare in loro la virtù dei progenitori; nel terzo si sofferma sulle scienze che dovrebbero rientrare nella loro formazione culturale. Conclude l'operetta un'inaspettata tirata contro la corruzione dei nobili contemporanei.
Il G. morì nel 1741 senza lasciare eredi diretti (l'unico figlio Pasquale era morto precocemente senza figli).
Fonti e Bibl.: G.M. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, Brescia 1753, I, p. 902; G.P. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, Napoli 1753, II, p. 310; C. Minieri Riccio, Mem. stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 33; O. Gaetani, Istoria generale della casa Gaetani, Caserta 1888, pp. 121-123; F. Nicolini, Saggio d'un repertorio bibliogr. di scrittori nati o vissuti nell'antico Regno di Napoli, Napoli 1966, p. 482.