ABELA, Gaetano
Nacque a Siracusa il 24 genn. 1778 da Giuseppe, barone di Camelio, e da Concetta dei principi di La Torre. Nel 1795 entrò, quale volontario, nel terzo battaglione di stanza a Girgenti. Recatosi nel 1798 a Malta e nominato cavaliere nel Sacro Ordine Gerosolimitano, partecipò alla lotta contro i barbareschi. Non essendo stata accolta la domanda, che aveva diretta nel 1799 al re Ferdinando, di militare nella Regia Marina in ricompensa dei servizi gratuitamente prestati sui vascelli dell'Ordine gerosolimitano, e divenuto, dopo l'occupazione di Malta da parte di Napoleone, amico del di lui aiutante di campo L. Girard, si arruolò nell'esercito francese. Ebbe allora anche uffici civili e a Calais si aggregò alla massoneria. Partecipò come ufficiale all'occupazione militare di Napoli e si distinse in varie campagne, raggiungendo il grado di colonnello dei corazzieri.
Nel 1812 si dimise dall'esercito di Napoleone e tentò invano di entrare a Napoli al servizio di Gioacchino Murat. Allo stesso periodo risale la sua affiliazione alla carboneria.
Ritornato in Sicilia nel 1817, fu tra i primi a diffondere nell'isola le idee della carboneria di Napoli, in ciò coadiuvato dal fratello Giuseppe, che a questo scopo fu dall'A. incaricato di varie missioni in diversi comuni di Val di Noto. Arrestato col fratello il 21 dic. 1818 in seguito a denunzia, fu prima rinchiuso nel castello di Siracusa, quindi, nel marzo 1819, trasferito nel castello Sant'Elmo di Napoli. Liberato dalla rivoluzione nel luglio 1820 e recatosi subito a Palermo, riprese la sua attività carbonara, questa volta, però, con intendimenti puramente siciliani, per cui, staccatosi dalla carboneria di Napoli, aprì una vendita dal titolo "Costanza alla prova" che, seguendo l'indirizzo impresso alla rivoluzione dell'isola dall'aristocrazia palermitana, si proponeva la restaurazione dell'antico regno secondo la costituzione del 1812. Ebbe perciò il comando di una delle "guerriglie" destinate a marciare contro quelle città che, seguendo il movimento di Napoli, non volevano aderire al programma separatista di Palermo, e, precisamente, della "guerriglia" (circa quattrocento uomini) che doveva operare in Val di Noto contro Siracusa. Ma, essendo gli armati gente indisciplinata e malcontenta, corse vari pericoli, finché, giunto a Licata, assalito anche da quella popolazione, a stento poté salvare la vita.
Ritornato a Palermo, riprese l'opera di diffusione e organizzazione carbonara, sempre in senso separatista. Ma, firmata la capitolazione di Termini Imerese (22 settembre) e abbandonato il programma separatista da parte della nobiltà, che accettava il ritorno della dinastia borbonica, l'A. non ebbe più seguito e il 28 ottobre venne arrestato e rinchiuso nelle carceri di Palermo. Nel febbraio 1821 fu trasferito nella cittadella di Messina, dove rimase per circa due anni. E poiché fu scoperta una sua relazione epistolare, che fu ritenuta criminosa, col sacerdote milanese Agostino Ferrari, andato in Sicilia al seguito dell'esercito napoletano quale cappellano militare, fu escluso dalla generale amnistia del 28 sett. 1822, di nuovo ricondotto nelle prigioni di Palermo e sottoposto ad un nuovo processo. Con altri detenuti il 1 apr. 1824 cercò invano di far saltare, per mezzo di una mina, una parte del fabbricato delle carceri per evadere ed assaltare gli Austriaci, che erano in Palermo dal 1 maggio 1821. L'A. così fu sottoposto ancora ad un lungo processo, prima affidato ad una Commissione militare e poi alla Commissione suprema per i reati di Stato, che il 22 dic. 1826 lo condannò alla fucilazione. Dopo un ultimo, vano tentativo di evasione mentre dalle carceri veniva trasportato al luogo del supplizio (i gendarmi che lo scortavano furono assaliti da altri gendarmi affiliati all'organizzazione settaria dell'A.), la fucilazione fu eseguita la mattina del 30 dic. 1826 entro il forte di Castellammare.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, R. Segreteria di Stato presso il luogotenente generale del Re, Polizia;Curia arcivescovile di Siracusa, Parrocchia di S. Giovanni Battista, Registro battezzati,a. 1778.
V. Mortillaro, Leggende storiche siciliane dal XIII al XIX secolo,3 ediz., Palermo 1887, Documenti (lettere di Donato Tommaso del febbraio-giugno 1819), pp. 356-362;V. Labate, Un decennio di Carboneria in Sicilia (1821-1831),I, Narrazione storica,Roma-Milano 1904, pp. 162-163, 262-263 e passim;II, Documenti,ibid. 1909, p. 226; F. Guardione, Di G. A. e degli avvenimenti politici di Sicilia dal 1820 al 1826 (con un'appendice documentaria e lettere di G. A.), in La Sicilia nella rigenerazione politica d'Italia (1715- 1860),Palermo 1912, pp. 244-313; G. Barra, G. A. cospiratore e martire,in Il Giornale d'Italia,7 febbr. 1941; P. Rio, La Carboneria a Siracusa,in Il Popolo di Sicilia,Catania, 2, 9, 14, 20, 28 genn. 1943.