BRESCI, Gaetano
Nacque a Coiano (Prato) il 10 nov. 1869 da Gaspare e Maddalena Godi. Il padre, modesto artigiano, commerciava in trecce di paglia per cappelli. Dopo aver frequentato la scuola d'arti e mestieri di Prato, entrò in fabbrica. Aveva 22 anni, quando, al "Fabbricone", prese parte al primo sciopero, che gli procurò nel dicembre 1892 la condanna a quindici giorni di detenzione, condonati, per oltraggio alla pubblica sicurezza. Terminato lo sciopero - durante il quale lo stabilimento fu occupato militarmente -, volle licenziarsi, e negli anni seguenti cambiò più volte lanificio: uno dei suoi nuovi datori di lavoro dirà al processo: "onestamente devo riconoscere che come operaio ce n'erano pochi come lui". Venne ancora fermato, "per misure di pubblica sicurezza", nel 1893 e 1895, quando fu confinato per oltre un anno a Lampedusa insieme ad altri 52 anarchici di Prato, in applicazione delle leggi repressive crispine. Fu liberato, insieme ai suoi compagni, nel maggio 1896, grazie ad una amnistia concessa per il disastro di Adua. Dopo aver cercato inutilmente lavoro a Prato, si trasferì a Ponte all'Ania, una frazione di Barga nell'alta Lucchesia, dove gli venne offerto un posto nello stabilimento laniero "Michele Tisi e C.". Alla fine del dicembre 1897 il B. simbarcò per gli Stati Uniti giungendo a New York il 29 gennaio seguente. Da New York si trasferì a Paterson, nel New Jersey, dove entrò a lavorare nel setificio Hamil and Booth. Paterson era sede di una florida e vivace colonia anarchica: una settimana dopo il suo arrivo il B. era iscritto alla Società per il diritto all'esistenza; un mese dopo acquistava dieci azioni da un dollaro l'una della società editrice "Era nuova".
Nell'agosto 1899la colonia della quale faceva parte il B. ospitò il Malatesta, reduce dall'evasione dal confino di Lampedusa, che prese per qualche tempo la direzione d'uno dei giornali anarchici locali, la Questione sociale. Nel novembre 1899, durante un animato dibattito tra Malatesta e l'anarchico individualista Giuseppe Ciancabilla, direttore di un altro periodico locale. L'Aurora, il B. strappò la rivoltella di mano a un tal Passaglia, un provocatore che si era avventato contro il Malatesta e l'aveva ferito ad una gamba, salvandogli così la vita.
Questo è l'ambiente e questi sono gli anni in cui maturò il gesto del Bresci. Il clima è stato efficacemente descritto da Armando Borghi, che ricorda come dopo il 1898negli ambienti rivoluzionari legati all'anarchico Cipriani, con cui i malatestiani erano in polemica, ma anche fra altri gruppi anarchici, l'uccisione di Umberto I fosse considerata "un primo passo utile verso una rivoluzione repubblicana".
Il B., il quale aveva una volontà di ferro e ottime qualità di tiratore, munito di una rivoltella, alla metà del 1900 prendeva la via del ritorno. In maggio era a Parigi, il 4 giugno a Prato, dove chiedeva al delegato di pubblica sicurezza il permesso di porto d'armi, che gli fu negato. Dal 20 giugno all'8 luglio si trovava in Castel San Pietro (Bologna), ospite della sorella, la quale, assieme al marito vi gestiva un'osteria, e qui lo intravvide il Borghi. L'8 luglio, a Bologna, partecipava all'inaugurazione di un monumento a Garibaldi, poi era di nuovo a Castel San Pietro, quindi il 19 ed il 20 luglio a Bologna, di qui passava a Parma e, il 29 luglio, a Monza.
Quella sera Umberto I si era recato ad un concorso ginnico, promosso dalla "Forti e liberi" di Monza; in carrozza, con lui, erano il generale Ponzio Vaglia, ministro della Real casa, e il generale Avogadro di Quarto, primo aiutante di campo. Alle 20,20, terminata la cerimonia della consegna dei premi, il corteo reale si apprestava ad uscire dallo stadio e Umberto era in piedi, dentro la carrozza scoperta, quando il B., da pochi passi, nascosto tra la folla, sparò i tre colpi, che Pareto chiamò con efficacia "un dernier et terrible avertissement".
Il suo attentato, come ha notato il Borghi, era "anarchico per l'uomo che lo compiva e per le intenzioni che lo animavano; ma non apparteneva al novero di quegli atti che solo un anarchico può compiere". Tuttavia, tolto un gruppo di anarchici romani, nessuno sconfessò il gesto del B., benché il Malatesta, in particolare, predicasse, in polemica col Cipriani, di rifuggire dagli atti individuali (sull'attentato il Malatesta faceva uscire in settembre a Londra il numero unico Cause ed effetti). Il B. suscitò entusiasmo tra i giovani, quale era allora il Borghi, che vedevano addirittura rinverdirsi i miti risorgimentali della lotta per la libertà; li colpiva tra l'altro l'assoluta serenità del protagonista, biondo, "fisicamente bello", che aveva lasciato a trent'anni la moglie Sofia Knieland, una bambina, Maddalena, ed un'altra figlia che stava per nascere, il quieto rifugio di Paterson ed il lavoro di maestro tessitore, sicuro e ben remunerato, per venire a compiere un atto che voleva essere esemplare. "Ho ucciso un principio... non un uomo" dirà in tribunale.
Particolarmente accesa fu la reazione dell'opinione pubblica moderata e dei poteri costituiti; questi ultimi perseguirono con accanimento tutti coloro che potevano avere avuto rapporti con il Bresci. Uno dei fratelli, Angiolino, ufficiale di carriera (era tenente di artiglieria), cambiò il cognome con quello della madre, pur di continuare nel suo impiego. L'altro fratello, Lorenzo, di professione calzolaio, venne invece arrestato e, da allora perseguitato, tre anni dopo si suicidava. Vennero arrestati anche il cognato del B., Augusto Mannocci, operaio del Fabbricone, e l'organizzatore sindacale Giulio Braga, ed altri anarchici pratesi, tra i quali Luigi e Carlo Masselli, sorpresi a strappare le insegne del lutto nazionale.
Al B. fu assegnato come difensore di ufficio Mario Martelli, presidente dell'ordine degli avvocati di Milano, nonostante egli avesse chiesto il patrocinio di Filippo Turati. Questi, preoccupato delle ripercussioni che avrebbe avuto sull'opinione pubblica l'accettazione dell'incarico, prima di rifiutare ebbe con il B. un colloquio in carcere, suggerendogli al suo posto il nome di Saverio Merlino che poi accettò di assumere la difesa. Al Turati il B. sembrò una persona dall'aspetto simpatico, ma intimamente glaciale, impenetrabile, "una figura fredda e concentrata", e che tuttavia non poteva essere considerato "un delinquente volgare", e ricordava come gli avesse detto di aver meditato il regicidio "dopo le fucilate di Sicilia e Lunigiana". Sul movente prossimo del suo gesto il B. tornò in sede di dibattito processuale, dove aggiunse che "il proposito" gli era tornato "in mente dopo i fatti di Milano" e dopo che aveva visto "premiare gli autori delle stragi di maggio anziché impiccarli".
Il processo si svolse nell'assise di Milano, tra le 9 e le 18 del 29 agosto. Il procedimento, quanto mai spiccio, passo sopra le richieste avanzate dalla difesa di un rinvio a tempi più sereni, per la formulazione del giudizio, e si concluse con la condanna rituale, in base agli articoli 12 e 117 del C.P.P., dell'ergastolo. Il B., prima di esser portato via, inneggiò alla rivoluzione sociale. Sembra che la moglie, alla notizia della condanna, avesse inoltrato una supplica alla regina madre.
La versione ufficiale della morte vuole che il B. si sia impiccato nella sua cella, nel penitenziario di Porto Santo Stefano, il 22 maggio 1901. Gli atti relativi alla detenzione, che potrebbero confermarla, risultano scomparsi dalla cartella del Fondo Giolitti all'Arch. Centrale di Stato, che la conteneva. Risultano irreperibili, presso l'Archivio di Stato di Milano, anche gli atti del processo.
Fonti e Bibl.: A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1898-1941), Napoli 1954, ad Indicem;V. Pareto, Lettere a M. Pantaleoni (1890-1923), a cura di G. De Rosa, Roma 1963, II, pp. 334 s.; P. Valera, Umberto,il secondo re d'Italia, Milano 1920, pp. 38-41, U. Pesci, Ilre martire; la vita e il regno di Umberto I, Bologna 1901, pp. 401-10; A. Cipriani, Bresci e Savoia. Il regicidio, Roma 1945; A. Borghi, E. Malatesta, Milano 1947, pp. 137-140, 148 s.; D. Morelli, Aspetti di vitapratese, in Arch. stor. pratese, XXXIII(1957). 1-4, pp. 23-32; E. Santarelli, Ilsocialismo anarchico in Italia, Milano 1959, ad Indicem;E. Rossi, G. B., Milano 1960; D. Fiorelli, Notiziario di vita pratese dalla crisi d'Affrica del '96all'armistizio del 1918, in Arch. stor. pratese, XXXVII (1961), 1-4, pp. 3-29; G. Woodcock, L'anarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, Milano 1966, ad Indicem;L. V. Ferraris, L'assassinio di Umberto I e gli anarchici di Paterson, in Rass. stor. del Risorg., LV (1968), pp. 47-64; A. Petacco, L'anarchico che venne dall'America, Milano 1969; P. C. Masini, Storia deglianarchici italiani... (1862-1892), Milano 1969, pp. 236, 354 s.