BRUNETTI, Gaetano
Nacque forse a Fano circa il 1740, figlio di uno Stefano Brunetti, nativo di Fano, e di Vittoria Perosino. Per lungo tempo si è creduto che fosse figlio di Antonio Brunetti di Pisa e fratello di Giovanni Gualberto, ma ricerche recenti hanno fatto ritenere inattendibile tale parentela. Studiò il violino con P. Nardini, allievo di Tartini, e sicuramente dovette presto dar prova di possedere del talento se, al più tardi nel 1762, poté recarsi a Madrid preceduto da buona fama di violinista e di compositore, dapprima presso il duca d'Alba, poi sovraintendente della musica a corte, al servizio di Carlo principe delle Asturie.
Scarse le rimanenti notizie sulla sua vita: si sa che sposò una spagnola - da cui ebbe un figlio, Francisco, che gli causò non poche angustie e preoccupazioni - e che fu costantemente attivo a Madrid. Qui ebbe rapporti con il Boccherini, certo non amichevoli, dato il suo carattere geloso, invidioso e anche superbo. Tuttavia, le accuse rivoltegli tradizionalmente d'ingratitudine verso il Boccherini, che lo avrebbe aiutato a sistemarsi alla corte madrilena, sono risultate infondate, perché il musicista lucchese giunse a Madrid sei anni dopo di lui, né sono stati trovati documenti probanti le sue presunte macchinazioni per screditare e perdere il Boccherini.
Sembra invece, che l'ingrato musicista beneficato da quest'ultimo sia stato un altro lucchese, il violinista e compositore Giuseppe Puppo. Inoltre, il Brunetti citato nella lettera del 22 febbr. 1778, in cui Mozart per rivendicare la sua costumatezza e onestà a riguardo di fanciulle precisa al padre Leopoldo "...io non sono Brunetti" (Mozart-Briefe..., a cura di W. A. Bauer e O. E. Deutsch, II, 1777-1779, Kassel-Basel-London-New York 1962, p. 290), può identificarsi con Peter Brunetti, violinista dell'orchestra salisburghese, per il quale Mozart aveva scritto nel 1776 l'Adagio in mi (K.261) per il Concerto perviolino in la (K.219) e nel 1781 comporrà il Rondò per violino e orchestra in do (K.373).
Dopo una vita intensamente operosa alla corte madrilena, dove rimasero manoscritte numerosissime sue composizioni, che, insieme con quelle della biblioteca del duca d'Alba, non potevano essere pubblicate, perché di proprietà dei reali committenti, il B. morì a Madrid circa l'anno 1798.
Il silenzio che ha circondato l'opera del B., ora in via di rivalutazione, è in parte dovuto alla sua volontà testamentaria, che legava la propria musica, e persino l'esecuzione, al suo protettore, il principe delle Asturie (poi Carlo III di Spagna), di cui fu il musicista preferito. Compositore di musica prevalentemente strumentale e sinfonica, egli ha lasciato 40 sonate per violino, 18 trii, diversi quartetti, 53 quintetti, 61 sestetti e, per orchestra, 6 ouvertures, minuetti e contraddanze, concertati con vari strumenti, composti per il duca d'Alba (1789), marce e galop per i cavalli del re ad Aranjuez, ecc. Ma soprattutto degne di ricordo sono 33 sinfonie (di cui quattro, scritte in età giovanile, sono andate distrutte durante la seconda guerra mondiale, a Milano); di queste, la Sinfonia n. 9, per due violini e orchestra, è "concertante" e quella n. 33, per violoncello obbligato e orchestra, del 1780, è "a programma": intitolata Il Maniàtico (ilmaniaco), è indicativa del gusto della ricerca e dell'originalità del Brunetti. Sulla partitura, infatti, si legge che la sua sinfonia "descrive, per quanto si puote con l'uso de' soli intrumenti, senza l'aiuto delle parole, la fissazione di un delirante ad un oggetto, e questa parte viene eseguita da un violoncello solo, a cui si uniscono gli altri istrumenti quasi amici impegnati a liberarlo dal suo delirio, presentandoli (sic) una infinita varietà de idee nella varietà de' motivi...", anticipando così, secondo il Grove, "Berlioz e R. Strauss nell'uso di un solo strumento ad arco... per esprimere le passioni dell'eroe e le idee del delirio". Come sinfonista, lo Jenkins lo ritiene "il più interessante e importante compositore italiano della fine del sec. XVIII. Ultimo della grande stirpe dei sinfonisti italiani del periodo classico, oltrepassa di gran lunga tutti i contemporanei nel cammino verso il romanticismo. Le sue 33 sinfonie abbracciano il periodo che corre dal cosiddetto stile galante al primo romanticismo". La sua scrittura è solida, chiara la forma, nella quale è "il più originale di tutti i contemporanei, esclusi i transalpini Haydn e Mozart", l'estro sempre vivo, a volte bizzarro, magistrale l'orchestrazione e "cautamente brillante" (ibid.).
Come compositore di musica vocale, il B. fu scarsamente produttivo: ai pochi lavori rimasti (alcuni recitativi per voce e orchestra, 3 lamentazioni, 1 salmo Miserere, musiche di scena per El Faéton, Madrid 1762, ecc.), il Grove aggiunge un'opera teatrale, Jason o La conquista del velloncino, data a Madrid il 4 ott. 1768, ma senza altra indicazione. In edizione moderna sono state pubblicate nel III volume dei Classici Italiani della Musica, Roma 1960, la già citata sinfonia Il Maniàtico (pp. 1-53) e la Sinfonia n. 22in sol minore (pp. 54-97), con la revisione di N. Jenkins e la prefazione di A. Bonaccorsi.
Bibl.: J. Subirá, La musica en la Casa de Alba, Madrid 1927, pp. 159-169; L. Picquot, Boccherini. Notes et documents nouveaux par G. de Saint-Foix, Paris 1930, pp. 10, 62-64; A. Bonaccorsi, G. B., in La Rassegna musicale, XXX (1960), n. 1, pp. 136-141; W. S. Newman, The Sonata in the classic Era, Chapel Hill 1963, pp. 54, 249, 258, 495; N. Jenkins, G. B., in Enciclopedia della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 332; O. E. Albrecht, A census of autograph music manuscripts of European composers in American libraries, Philadelphia-London 1953, pp. 70-74; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 256; Suppl., p. 130; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 984; La Musica,Diz., I, Torino 1968, p. 299.