CHIAVERI, Gaetano
Secondogenito di Maffeo, commerciante di vini di origine bergamasca, nacque a Roma nel 1689, secondo quanto annotava nel 1766 il conte G. Carrara nello Zibaldone di F. M. Tassi (II, pp. 62-64). Sempre secondo il Carrara, dopo un breve periodo di studio nelle "belle lettere" il padre lo affidò a un valente architetto il quale lo trovò così dotato che lo portò con sé a Pietroburgo.
Primo documento dell'attività del C. in Russia è il contratto (inizialmente biennale) che il conte P. A. Tolstoj, in nome di Pietro il Grande, firmava con lui a Pietroburgo nell'agosto 1718: doveva ricevere un compenso di 1.100 rubli all'anno (Grabar, 1969, pp. 277 s.). Dato che, nel periodo in esame, solo l'architetto romano N. Michetti entrò al servizio dei Russi, si può supporre che il Michetti sia stato il maestro del Chiaveri. Inoltre il C., in un primo momento, fu assegnato al Michetti come aiuto per le sue fabbriche: il castello per Pietro il Grande a Strelna, la fortezza di Kronstadt nell'isola di Kotlin.
Il 27 ott. 1720 (Lo Gatto, 1935, p. 48) il C. fu nominato membro della Cancelleria imperiale per le costruzioni di Pietroburgo. L'anno dopo egli chiedeva il permesso di recarsi in patria (Grabar, 1969), ma nel 1722 era già ritornato. Prima della partenza aveva ricevuto dall'imperatrice Caterina l'incarico di costruire una chiesa nei suoi possedimenti di Korostino (oggi Korostyn, 60 Km a sudovest di Novgorod). Hempel (1955) ha scoperto all'Albertina di Vienna due progetti (non eseguiti) per questa chiesa datati 1722 con scritte del Chiaveri.
Il modello moderno che è stato tratto da questi disegni (Hempel, 1957) dimostra che il C. voleva impressionare la zarina con l'imponente progetto di una costruzione centrico-triangolare: la facciata è lunga m 75. Oltre a richiami a S. Ivo e a S. Agnese in Agone, si possono già riconoscere alcuni tratti caratteristici del C.: lo sviluppo di una costruzione variamente articolata entro una cornice chiusa; il rapporto con il soprastante tamburo della massa costruttiva inferiore che si espande in larghezza; il rilievo dato a importanti spazi interni attraverso particolari finestre e il trattamento delle colonne che, addossate alle pareti, servono non come membri portanti, ma a rinforzare la plasticità.
Dopo la morte dell'architetto svizzero N. F. Härbel nel 1724, il C. continuò le costruzioni da lui iniziate a Pietroburgo: il palazzo della vedova dello zar Ivan V, Praskovja Fëdorovna, nel 1725 ceduto all'Accademia delle scienze (parte di un progetto di facciata è all'Albertina di Vienna), l'edificio adiacente al palazzo verso ovest, sempre appartenente all'Accademia, con la sala per le collezioni e la biblioteca - entrambe sulla punta orientale dell'isola Vasilij (Vasil'evskij Ostrov) sulla riva della Grande Neva -, e infine, in collaborazione con D. Trezzini, la cupola e l'interno della chiesa di S. Isacco Dalmata. Qui come nelle altre costruzioni più piccole per le quali è documentata la partecipazione del C., è difficile individuare la parte da lui avuta perché dopo che egli lasciò Pietroburgo i suoi progetti spesso furono trasformati, in fase di esecuzione, in modo addirittura irriconoscibile. È però certo che il C. a Pietroburgo ricevette stimoli che affiorarono nei suoi progetti posteriori. Così nello inserimento della chiesa di corte di Dresda nell'area del castello che si estende verso l'Elba, la fronte con la torre che domina la parte verso il fiume, come alcuni particolari della torre stessa, suggeriscono l'influsso di edifici di Pietroburgo, soprattutto della cattedrale del convento di Aleksandr Nevskij, progettata da Trezzini (distrutta nel 1755, se ne conserva il modello: Hempel, 1955, pp. 14 s.).
Come altri architetti stranieri in Russia, anche il C. ebbe allievi che egli istruì sia negli ordini classici (servendosi di una traduzione in russo del Vignola) sia nel disegno di progetti e nella pratica di cantiere (Borisova, 1974, p. 74).
Secondo il Carrara (in Tassi), subito dopo la morte di Pietro il Grande (1725), il C. avrebbe voluto recarsi in Sassonia con la moglie, una russa, e i quattro nipoti che aveva preso presso di sé dopo la morte del fratello, per sottrarsi all'inimicizia "di quelli che mano avere potevano nel governo della Novella Sovrana Cattarina Alexiowna". Avrebbe quindi, sempre secondo il Carrara, abbandonato tutti i suoi averi, e sarebbe partito dalla Russia, senza la moglie che non aveva voluto lasciare il suo paese. In realtà Caterina I lo mantenne al suo servizio; e il C. è documentato a Pietroburgo anche dopo la morte della zarina (1727) sino al 1729.
Una petizione del C. al successore di Augusto il Forte, Federico Augusto II elettore di Sassonia (Augusto III come re di Polonia), testimonia che da sette anni egli sperava di essere assunto alla corte polacca. Fu allora stabilito per il 10 apr. 1763 l'inizio del suo servizio come direttore delle costruzioni con un compenso di 300 talleri l'anno, e gli fu promesso che, quando ci fosse stato un posto vacante, avrebbe ottenuto, alla pari degli altri architetti, un impiego con diritto alla pensione. Si può dedurne che fosse giunto a Varsavia tra la fine del '29 e gli inizi del '30.
Non è stata chiarita, né potrà mai più essere documentata nei particolari - dopo la distruzione degli archivi di Varsavia durante la seconda guerra mondiale - l'attività del C. in questi anni per quanto riguarda tutti i lavori occasionali di minore importanza: piano ideale per una chiesa della Trinità; Castrum doloris per Augusto il Forte (1733); progetto (non conservato) per un ponte sulla Vistola. Ma su basi stilistiche gli si possono attribuire vari edifici per lo più sacri (Lileyko, comun. scritta, 1973). Il cosiddetto "libro di schizzi di Dresda" (disegni e piante di chiese, palazzi ed altro in Polonia) gli è stato giustamente tolto dagli studiosi polacchi (Z. Hornung, Nouvelles contributions à l'activité de Placidi, in Biuletyn historii sztuki, IX [1947], pp. 281 ss., lo attribuisce a F. Placidi; N. Miks, Zbiór rysunków G. B. Gisleniego architekta XVII wieku... [Raccolta di disegni di G. B. Gisleni...], ibid., XXIII [1961], pp. 328-339, a G. B. Gisleni).
Senza dubbio il C. ebbe una parte determinante nei lavori di modifica del castello di Varsavia (i progetti prima datati attorno al 1740, sono ora anticipati verso il 1737: Lileyko, 1967). L'idea di sviluppare un'ala indipendentemente dalla pianta pentagonale del castello e di ottenere così una nuova fronte sulla Vistola, fu il presupposto per la facciata barocca.
Secondo Hempel (1961) appartiene all'epoca del soggiorno del C. a Varsavia anche il progetto per un castello reale (pianta, alzato, sezioni trasversale e longitudinale) conservato nell'archivio dell'Institut für Denkmalpflege di Dresda, che costituisce probabilmente un progetto ideale.
Intorno al 1737 cominciò il periodo più fecondo del Chiaveri. Oltre agli importanti progetti di castelli per Varsavia e Dresda, dove si era trasferito nel 1737-38, fece i disegni per la chiesa cattolica di corte.
L'idea di una chiesa cattolica per la corte dei Wettin a Dresda risaliva ai tempi di Augusto il Forte, ma prese forma solo durante il regno di suo figlio Augusto III (1733-63)che si era convertito nel 1712.Nonostante i progetti in concorrenza degli architetti di corte, e soprattutto quello di Z. Longuelune che si ispirava alla chiesa del castello di Versailles, il re, il 18 sett. 1738, conferì al C. l'incarico di direzione della fabbrica, qualificandolo come "il nostro architetto" e rendendolo con ciò indipendente dall'amministrazione pubblica delle costruzioni. Il C. ottenne l'importante incarico non solo grazie alle origini romane e al suo eccezionale talento, che il re aveva avuto modo di conoscere, ma sicuramente anche grazie alle raccomandazioni dei gesuiti che operavano a corte e in particolare del padre Ignazio Guarini, uno dei consiglieri del re.
Nella conduzione dei lavori della fabbrica il C. era assistito anche da F. Placidi e A. Zucchi; inoltre, come si sa dal Carrara (in Tassi), aveva portato dalla Russia suo nipote Maffeo che compare come direttore dei lavori tra il 1747 e il 1753.La progettazione, a causa delle temute reazioni della popolazione protestante, dovette dapprima procedere di nascosto; e venne anzi adottato come nome di copertura, "una certa costruzione presso la fortezza".Le fasi della costruzione si conoscono in dettaglio da fonti manoscritte (pubbl. da Schäfer, 1851), ma non sono a sufficienza sostenute da disegni. Alcuni particolari della storia della progettazione potrebbero essere ulteriormente chiariti da nuovi ritrovamenti (Hubala, 1957; Petzet, 1958). A questo punto va, però, ricordata la notizia data dal Carrara, che contrasta con quanto si conosce sinora: "del 1739 hebbe l'ordine di continuare la Magnifica Chiesa cattolica, la quale per alcuni anni era stata sospesa, e dalla quale lo stesso Chiaveri come di una sua singolare opera, ne conserva tuttavia il modello in bronzo" (si potrebbe trattare del modello conservato a Roma in palazzo Massimo).
Il primo progetto conosciuto (non del tutto accertato come del C.) prevedeva l'inclusione della chiesa in uno spazioso corpo di fabbrica di ampliamento del castello, di modo che essa veniva a trovarsi nell'asse mediano del vecchio castello. La definitiva posizione della chiesa, obliqua rispetto al ponte sull'Elba e in prolungamento dell'asse dello Zwinger (con una piccola deviazione di 8º), rinuncia alla disposizione verso oriente, ma in compenso offre la soluzione urbanistica più efficace. Già il 3 nov. 1738 vennero iniziati i lavori di allargamento del terreno di costruzione, lavori che si presentavano difficili e dispendiosi perché bisognava non solo spianare i terrapieni delle mura di fortificazione, ma anche spostare le banchine del fiume. Il 28 giugno 1739 fu posta la prima pietra; nel gennaio, seguente apparvero sei fogli incisi da L. Zucchi su disegni del C. che presentano la pianta e l'alzato della chiesa (riprod. in Hermanin, 1934, tavv. CXXXVIII ss.). La discussione pubblica che ne seguì portò a vari cambiamenti nella costruzione che in generale suscitò ammirazione: anzitutto l'innalzamento della torre di facciata da m 70 a m 84.
Negli stessi anni in cui si procedeva alla costruzione della chiesa di corte, il C. era occupato a lavori meno importanti di carattere occasionale come i Castra doloris per l'imperatore Carlo VI (1740)e per la regina madre Guglielmina Amalia (1742)nella (vecchia) cappella cattolica di corte a Dresda. Nel 1742progettò la sua abitazione un po' fuori della città: un edificio semplice, trasformato nel 1783 per il principe Massimiliano e distrutto nel 1890.Nel 1743 era ultimato il tetto della chiesa di corte; i dubbi sulla solidità della volta, che certamente sono riconducibili agli intrighi e conflitti che accompagnarono tutte le vicende della costruzione e alla fine indussero il C. ad abbandonare Dresda prima del tempo, nell'autunno 1748, si dimostrarono infondati.
La costruzione fu completata in sostanza secondo i progetti del Chiaveri. La chiesa della Trinità fu consacrata nel 1751, e nel 1755 fu finito il campanile. Durante la ricostruzione in seguito alle parziali distruzioni del 1945 furono rimossi i falsi dovuti a precedenti restauri (Hempel, 1967).
L'alta navata centrale, coperta da un'imponente volta a botte, è circondata da un ambulacro che offre lo spazio per le processioni; su di esso si trovano le tribune per la corte. Le navate laterali sono formate da file di cappelle oblunghe che si congiungono agli angoli attraverso spazi ovali trasversali. Risulta così una costruzione longitudinale a cinque navate con il carattere di pianta centrale. L'aspetto esteriore dell'imponente edificio è caratterizzato dai tetti piatti nascosti da attici e balaustre con il ricco coronamento di statue di L. Mattielli e dall'alta torre cuspidata della fronte che tiene conto del contrappeso ottico della torre del castello. Il campanile, a pianta ellittica trasversale che solo al piano più alto diventa circolare, seguendo il modello dei campanili del Bernini per S. Pietro, diventa sempre più slanciato mediante la disposizione delle colonne; collegato con il corpo di fabbrica solo al piano terreno, appare, visto di lato, sottile e libero.
La chiesa di corte costituisce, nel profilo della città vecchia, il pendant ottico alla massiccia fabbrica della Frauenkirche così come, nello stesso tempo, fa da riscontro anche spiritualmente a questa chiesa di poco precedente, voluta dalla cittadinanza protestante. Essa presenta una geniale sintesi di idee architettoniche: romane (facciata, elementi barocchi), tedesche (facciata con una sola torre derivante dalla tradizione medioevale) e francesi (impianto basilicale della navata con tribune per la corte). Come tale, solo a queste condizioni poteva sorgere in questo luogo, e non poteva avere seguito.
Il C. non rimase all'oscuro delle critiche degli architetti di corte aderenti al classicismo francese o al "moderno" rococò (Hempel, 1957, pp. 173 ss.).Ai suoicritici era diretta quindi la prefazione - con dedica alla regina Maria Giuseppa - al primo volume, apparso nel 1743, di un'opera concepita in quattro: Ornamenti diversi di porte e finestre in prospettiva (ilsecondo volume apparve nel 1744 dedicato al principe elettore). Nei modelli incisi da L. Zucchi, il C. volle verificare la sua ininterrotta capacità inventiva. Con ogni probabilità ebbe sfavorevoli riflessi sulla carriera del C. in Italia, in seguito alla sua partenza da Dresda nel 1748, la sua critica alla ormai consacrata cupola di S. Pietro, critica che era strettamente collegata alle sue proposte di restauro.
Quando era stata ripresa la discussione sulla sicurezza statica della cupola, tra i matematici e gli architetti era intervenuto, nel 1742 o 1743, anche il C. (F. Milizia, Memorie degli architetti..., Parma 1781, II, p. 290), con tutta probabilità personalmente, illustrando il suo progetto pubblicato per la prima volta a Roma nel 1742 (Sentimento sopra la pretesa reparazioni di danni della cupola di S. Pietro in Vaticano)e riprodotto a stampa nel 1748 (Padova) da G. Poleni nelle sue Memorie, artt. 509-517 con un disegno ora perduto. Egli proponeva niente meno che di abbattere e ricostruire il tamburo con zoccolo, cupola e lanterna, e sosteneva che la lanterna dovesse essere resa più sottile, e che la cupola, per alleggerimento, dovesse essere costruita con una sola calotta, in forma più acuta e voltata su sedici costoloni. In questi cambiamenti, di natura non solo statica ma anche artistica, il C., come osserva G. Hager (Die Kuppel des Domes in Montetefiascone..., in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XV [1975] pp. 143-168, in particolare pp. 157 ss.), venne particolarmente influenzato dalla cupola del duomo di Montefiascone (attribuita a C. Fontana), con il suo ondulato (convesso-concavo) rivestimento esterno. Nel 1744 il C. pubblicò nuovamente la sua opera a Dresda, dedicandola ad Augusto III. Probabilmente anche per la mancanza di incarichi più importanti, il C. fu assorbito da questo progetto sin quasi alla fine della sua vita, dato che tre anni prima della morte fece apparire ancora una volta il libretto a Pesaro (Breve discorso di G. Chiaveri romano architetto... circa i danni riconosciuti nella portentosa cupola di S. Pietro di Roma..., 1767) con tre incisioni a chiarimento e con proposte leggermente attenuate. Nella prefazione il C. esorta i "professori ed amatori dell'architettura" a bruciare la sua opera piuttosto che deriderla.
Il 4 ott. 1746 il C. fu nominato accademico di S. Luca. Dal 1748 al 1766 visse a Roma, dove cambiò casa varie volte, e fece svariati viaggi anche, qualche volta, per conto della corte di Sassonia che gli aveva assegnato una pensione a vita. Una vigna e un piccolo "albereto" presso Monte Porzio Catone, che egli comprò nel 1749 per 4.250 scudi, gli procurarono negli anni seguenti noiose controversie legali con i proprietari precedenti, questioni che si protrassero sino all'anno 1755 e nelle quali intervennero suo nipote Maffeo e dignitari influenti della corte di Dresda (tutti i particolari in Hempel, 1955, pp. 213 s.). Queste contese e le preoccupazioni per assicurarsi la pensione nonché per la riscossione di denari che aveva anticipato durante la costruzione della chiesa di corte tennero occupato il C. e, insieme con la crisi dell'edilizia a Roma, determinarono la sua inattività in quel periodo. Agli inizi del settimo decennio il C. ospitava, oltre a Marco Benefial e a vari pittori inglesi, lo scultore bavarese D. Auliczek il quale, prima di stabilirsi a Monaco nel 1763, alla fine dei suoi studi a Vienna, Parigi e Londra, studiò architettura presso il C. per tre anni (Hempel, 1955, p. 215).
Secondo il Carrara (in Tassi), nel 1766 il C. viveva a Roma "godendo nell'età sua avanzata di circa 70 anni ... la sua quiete, et il premio della sua virtù, e fatiche". Lo stesso autore lo loda inoltre per la cura che si era preso per i vari nipoti e per la cognata, vissuta con lui negli ultimi anni prima di morire (1761). Sempre nel 1766 il C. si stabilì a Foligno, dove morì il 5 marzo 1770 "architecti munus exercens" (Hempel, 1955, p. 215).
Già a Pietroburgo il C. aveva dovuto occuparsi di problemi di statica. Al principio del periodo di Dresda (1737-38), egli fu scelto come perito per l'esame tecnico della cupola della Frauenkirche che aveva subito dei danni (Krönert, in Hempel, 1955, p. 200).
Qui, come più tardi a Roma, il C., pur formulando una valutazione corretta dei dati tecnici, giunse a conclusioni eccessive. Una terza breve perizia fu fornita dal C. sui progetti per la torre della Kreuzkirche di Dresda probabilmente in occasione di una sua visita nella primavera del 1766, connessa forse con un aumento della sua pensione. Queste perizie, ma più che altro la grande solidità costruttiva della chiesa di corte, fanno apparire il C. come un architetto assai esperto di tecnica della costruzione. Lo stile del C., che doveva essere pienamente maturato quando egli si recò in Russia all'età di quasi trent'anni, si era formato a Roma, probabilmente alla scuola di Niccolò Michetti - collaboratore di Carlo Fontana - nel filone Michelangelo Borromini. È uno stile barocco romano per la composizione chiara e definita dello spazio, per la forte plasticità e per la motivazione funzionale di ogni forma. Per tutta la sua vita egli avversò il classicismo di marca sia italiana, sia francese. Circostanze esterne non permisero la realizzazione di alcuni suoi imponenti progetti in Russia e soprattutto di quelli per i castelli di Varsavia e di Dresda. Soltanto con la chiesa cattolica di corte il C. conseguì l'attuazione delle sue idee architettoniche; con questo capolavoro del tardo barocco europeo si affermò a livello internazionale.
Fonti e Bibl.: Per una dettagliata bibl. sul C. vedi E. Hempel, G. C. Der Architekt der kathol. Hofkirche zu Dresden. Mit bautechnischen und zeichnerischen Beiträgen von Walter Krönert, Dresden 1955. In particolare si veda inoltre: F. M. Tassi, Zibaldone, in Vite de' pittori... bergamaschi [sec. XVIII], a cura di F. Mazzini, II, Milano 1970, ad Indicem; W. Schäfer, Die katholische Hofkirche zu Dresden, Dresden 1851, passim; L'opera del genio ital. all'estero, F. Hermanin, Gli artisti in Germania, I, Gli architetti, Roma 1934, pp. 107-116; Ibid., E. Lo Gatto, Gli artisti ital. in Russia, II, Gli architetti..., Roma 1935, ad Indicem; E. Hempel, G. C.s katholische Hofkirche zu Dresden, in Kunstchronik, IV (1951), pp. 258-261; W. Krönert, Der Architekt G. C. als Techniker. Ein Beitrag sur Bautechnik der Barockzeit, tesi di laurea (dott.), Fac. di ingegn., Univ. di Dresda 1954; E. Hempel, G. C., Supplem. alle opere dell'archit. romano, in Palladio, n. s., VII (1957), pp. 172-178; E. Hubala, in Kunstchronik, X(1957), pp. 261-264 (rec. a Hempel, 1955); M. Petzet, Unbekanntes Projekt C.s für die dresdener Hofkirche, in Alte und moderne Kunst, III (1958), 4, p. 16; V. F. Šilkov, Dve raboty architektora Kiaveri v Rossii [Due lavori dell'architetto C. in Russia], in Architekturnoe Nasledstvo [L'eredità architettonica], IX (1959), pp. 62-64; E. Hempel. Unbekannte Entwürfe von G. C. ..., in Eberhard Hanfstaengl zum 75. Geburtstag, München 1961, pp. 59-68; F. Fasolo, in Palladio, XII(1962), pp. 93-98 (rec. a Hempel, 1955); G. Dehio, Handbuch der deutschen Kunstdenkmäler. Die Bezirke Dresden,Karl-Marx-Stadt,Leipzig, München-Berlin 1965, pp. 67-69; F. Löffler, Das alte Dresden. Gesch. seiner Bauten, Frankfurt am M.-Leipzig 1966, ad Indicem;E. Hempel, Wiederaufbau der kathol. Hofkirche in Dresden, in Stil und Überlieferung in der Kunst des Abendlandes. Akten des 21. Internationalen Kongresses für Kunstgesch. in Bonn 1964, Berlin 1967, III, pp. 313-318; J. Lileyko, Projekty G. Chiaveriego dla zamku królewskiego w Warszawie, ... [I progetti di G. C. per il castello reale di Varsavia], in Biuletyn historii sztuki, XXIX(1967), pp. 344-358; I. Grabar, Architektory-inostrancy pri Petre Velikom [Architetti stranieri all'epoca di Pietro il Grande], in O russkoj architekture. Issledovanija. Ochrana pamjatnikov [Sull'architettura russa. Ricerche. Protezione dei monumenti], Moskva 1969, pp. 277 s. (lo stesso contributo già pubblicato in Starye gody, luglio-settembre 1911, pp. 132-150); J. Lileyko, Projekty rozbudowy zamku z czasów Augusta III. Problem autorstwa [Progetti di ampliamento del castello dell'epoca di Augusto III. Il problema dell'autore], in Biuletyn historii sztuki, XXXII (1970), pp. 363-367; Id., Zamek królewski w Warszawie. Katalog rysunków architektonicznych z Państwowego Archiwum w Drežnie [Ilcastello di Varsavia. Catal. dei disegni architettonici dell'Archivio di Stato di Dresda], Warszawa 1971, ad Indicem;E. A. Borisova, "Architekturnye učeniki" petrovskogo vremeni i ich obučenie v komandach zodčich-inostrancev v Peterburge [Gli "allievi architetti" dell'epoca di Pietro il Grande e la loro istruzione nei gruppi degli architetti stranieri a Pietroburgo], in Russkoe iskusstvo pervoj četverti XVIII veka [L'arte russa nel primo quarto del XVIII sec.], Moskva 1974, pp. 68-80; A. Laing-A. Blunt, Baroque and Rococo. Architecture and Decoration, London 1978, pp. 280, 297; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p.489 (con bibl.); Encicl. ital., IX, p. 1000; Neue Deutsche Biographie, III, p. 204; Diz. encicl. d'architett. e urbanistica, I, p. 552. Sulla presenza del C. a Pietroburgo dopo il 1727 fino al 1729, informazione fornita (1973-74) da J. Lileyko.