CUSATI, Gaetano
Il luogo di nascita e i nomi dei genitori di questo pittore di nature morte, attivo a Napoli e, secondo il De Dominici (1742: "Andò a Palermo e guadagnò gran danari"), a Palermo tra la fine del XVII e i primi decenni del sec. XVIII, sono tuttora sconosciuti.
Il C. fu allievo di G. B. Ruoppolo, uno dei più grandi pittori di natura morta a Napoli, che contribuì accanto a G. Recco al definitivo affermarsi di questo genere pittorico di accezione naturalistica verso caratteri più decisamente barocchi. Successivamente subì l'influenza, di A. Brueghel, la cui produzione pittorica brillante e decorativa valse a trasformare radicalmente i caratteri della pittura locale attraverso una serie di soluzioni compositive e tecniche che ebbero immediata ed entusiastica recezione, come l'arricchirsi della composizione con il più largo spazio accordato agli animali e anche alla raffigurazione umana, quasi sempre realizzata in collaborazione con i pittori di figure, l'importanza del fondale paesistico, il compiacimento per l'arricchimento scenografico e infine l'adozione dei grandi formati. L'artista inoltre, nonostante avesse già compiuto il passaggio dal naturalismo caravaggesco ad un linguaggio barocco, nell'ambito dei pittori di natura morta ai quali si era ispirato, fu sensibile ai suggerimenti formali di L. Giordano e intese fondere le sue acquisizioni con i nuovi apporti giordaneschi. Questa caratterizzazione stilistica, riconosciutagli concordemente dagli studiosi, lo inserisce nellaschiera dei pittori decisamente barocchi, accanto a N. Malinconico, N. M. Recco ed altri, con i quali rappresentò la tendenza culturale che si contrapponeva a quella di pittori come A. Belvedere, i quali, estranei al nuovo linguaggio, recuperavano i contenuti tradizionali con un forte vigore espressivo.
Esiste una produzione del C. in cui tali elementi culturali non appaiono ancora pienamente realizzati. Ciò in particolare è in due dipinti di coll. privata napoletana e in qualche modo è ancora riscontrabile nella tela con Ortaggi del Museo della Certosa di S. Martino, in cui il facile estro decorativo, unito alla rapidità di esecuzione, tipicamente giordanesca, prende il sopravvento "determinando... una marcata flessione nel corso della natura morta napoletana" (Causa, 1964, n. 117, tav. 52 a). L'opera è da considerare non oltre i limiti di una buona esercitazione accademica, in cui qualsiasi rigorosa esigenza formale viene subordinata agli intenti decorativi. Per quanto riguarda il dipinto siglato "G. C.", una Natura morta con pesci del Museo Correale di Terranova di Sorrento, che per un'erronea interpretazione del monogramma veniva precedentemente attribuito a Colomba Guardi, in esso si concreta "la luminosa tradizione dei Ruoppolo e dei Recco" e il C. riesce a dare un ultimo momento di originalità, "in accenti felici di un barocchetto fresco e guizzante; ma qui si tratta di un'opera di eccezione nel percorso del C., normalmente meno intenso e vivo" (Causa, 1964, n. 118, tav. 52 b). È chiara la ricerca di naturalismo e il compito, affidato alla luce, di esaltare i volumi. Allo stesso periodo possono collegarsi i due dipinti con Ortaggi (ibid., tav. 52 a) e Fiori, frutta e pappagalli del Museo della Certosa di S. Martino a Napoli.
Al C. si può attribuire, in un'ultima fase della sua attività, una Figura di donna con puttini e fiori del palazzo Reale di Napoli, in cui troviamo l'esempio di quanto la composizione tendesse sempre più ad arricchirsi di nuovi elementi. A questo proposito alcune opere elencate in un inventario della collezione di Francesco Pinto, principe di Ischitella, presentano la collaborazione dell'artista con Paolo de Matteis, che si dedicò alla realizzazione delle figure (Pacelli, 1979).
Tutto ciò attesta quanto il C. si inserisca in un momento della produzione pittorica di natura morta in cui la moda di dipingere uno specifico genere di soggetti, o fiori, o frutta, o animali, o figure, nel quale ciascun artista era particolarmente versato, era dettata da esigenze pratiche di durata e semplicità di esecuzione dell'opera. Ciò creava una sorta di vera e propria collaborazione tra diversi artisti per la realizzazione di un unico dipinto ed è segno di una sentita esigenza di specialismo nell'ambito degli artisti e di una riconosciuta professionalità pretesa, alla luce delle nuove conquiste pittoriche, dalla stessa committenza, i cui nomi sono da ricercare anche in strati sociali non particolarmente elevati.
Oltre al dipinto con Pesci della collezione del Milwaukee Art Center (Milwaukee, Wisconsin), vanno ricordati altri tre ignorati dipinti dell'artista recentemente esposti alla galleria Lampronti di Roma e precisamente Fiori e frutti con un cesto di fragole attorno a una fontana; Fiori e frutta con un'anguria tagliata attorno a una fontana e Fiori e frutti con un pappagallo attorno a una fontana (Bologna, 1983). Inoltre non molto tempo fa sono stati scoperti i quattro teleri raffiguranti soggetti sacri del soffitto della chiesa del Rosario a Maratea, che, firmati per esteso e datati al 1715, presentano un particolare stile che si rifà a modi solimeneschi fino ad ora sconosciuti all'artista. Tale inedita documentazione figurativa non soltanto permette di rivalutare la personalità del C., che non si dedicò quindi esclusivamente alla natura morta, ma testimonia quanto anche all'interno della sua produzione pittorica più nota debba essere ulteriormente approfondito.
Il C. morì a Napoli nel 1720.
Del fratello Geronimo che nella sua scia iniziò a dipingere fiori e frutta e che successivamente abbandonò la pittura, preferendo svolgere l'attività di comico teatrale, non ci è nota alcuna opera.
Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 1742, III, pp. 294, 301, 442; C. T. Dalbono, Storia d. pittura in Napoli e in Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Napoli 1860, p. 183; R. Causa, in La natura morta in Italia (catal.), Napoli 1964, p. 63tav. 52; Id., La natura morta in Italia nel Sei e nel Settecento, in Storia di Napoli, V, 2, Napoli 1972, p. 1053n. 112e passim (cfr. Indici), V. Pacelli, La collezione di F. Pinto principe di Ischitella, in Storia d. arte, XI (1979), 35-36, p. 165 e figg. 6, 9 s.; A. Grelle lusco, Arte in Basilicata. Matera - Pal. del Semin. (catal.), Matera 1981, pp. 10 s., 128; J. T. Spike, Italian still life paintings from three centuries, Firenze 1983, p. 130; F. Bologna, Natura morta - Stilleven. Opere della natura morta europea dal XVI al XVIII sec. (Roma, gall. C. Lampronti; catal.), Roma 1983, tavv. 34-36; F. Zeri, Tuji Slikarii (catal.), Ljubliana 1983, p. 119; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, pp. 216 s.; Dizion. encicl. Bolaffi, IV, p. 98.