DOMENICHINI, Gaetano
Mancano dati biografici di questo pittore ferrarese, la cui data di nascita in base alle note del Boschini è situabile intorno al 1794, mentre secondo altre fonti risalirebbe al 1786. Cresciuto a Ferrara negli anni confusi e difficili dei rapidi mutamenti politici e formatosi alla scuola del pittore "giacobino" Giuseppe Santi, in rapporto anche con F. L. Cicognara e con l'architetto A. Foschini, si manifestò tenacemente ancorato a un gusto conservatore accademico che ne limitò gli slanci romantici.
Abile disegnatore, si volse particolarmente a riprendere e a tradurre "a contorno" testi classici della pittura ferrarese, quali ad esempio le tele del Garofalo che, come una sorta di anti-Raffaello "cristiano" (Savonuzzi, 1971), certi amatori locali esaltavano in linea col neoguelfismo purista ferrarese. Ne è un chiaro esempio La preghiera (Ferrara, Pinacoteca comunale, 1840 c.), una delle poche opere sicuramente attribuibili al D., di "un manzonismo impeccabile" (Savonuzzi, 1971) nella voluta freddezza tonale e nell'accattivante bravura accademica.
Se pur provvisto di mezzi, il D. rimase imbrigliato nella modestia culturale dell'ambiente in cui si trovò ad operare e tutta la sua vita si può racchiudere nei trentacinque lunghi anni di insegnamento trascorsi all'Accademia, dove tenne la cattedra di ornato, che era stata in precedenza di G. Saroli, insegnando anche figura a molti giovani artisti.
Eppure alla sua scuola, alla sua classe di ornato, si formarono, oltre al figlio Girolamo, molti dei protagonisti della pittura ferrarese dell'Ottocento, i quali "trovati istruiti nel disegno, nell'anatomia, nella statuaria, ma bisognevoli di totale riforma nel metodo del colorire" (Scutellari, 1893), si liberarono in seguito dall'eredità del conservatorismo accademico.
Nei primi decenni del secolo, in seguito a rivolgimenti storici ed economici, si era formata a Ferrara una classe dirigente di borghesia nuova, imprenditoriale e neocapitalista, che diede impulso alla costruzione di alcuni palazzi "moderni", in cui la decorazione a tempera degli interni determinò una nuova tendenza nell'arte ferrarese agli inizi dell'800.
In queste case "moderne" si trovò ad operare il D., insieme con l'impresa di decorazioni di Francesco Migliari, suo coetaneo. Per lo scalone di palazzo Camerini esegui alcune Scene mitologiche a tempera monocroma in linea col gusto di derivazione neoclassica introdotto a Ferrara dal Migliari, così come sono ascrivibili alla sua mano i monocromi a tempera con figure di efebi nello scalone di casa C in via della Ghiara (1840-45). Rimane invece puramente induttiva l'attribuzione al D. dei monocromi allegorico-rettorici della "sala gialla" del castello estense (Savonuzzi, 1971, p. 30).
All'interno dell'"impresa Migliari & C.", data l'abilità di disegnatore del D., probabilmente un ruolo specifico era quello di fornire i "cartoni", ma non si hanno prove evidenti per affermarlo. Certamente la sua mano è identificabile nelle parti condotte secondo un accademismo impeccabile ma spesso senza dinamismo.
Francesco Migliari preferi la collaborazione del figlio del D. Girolamo, affidando al padre ruoli marginali nella decorazione dei palazzi, così come nell'impresa del soffitto del teatro Comunale. Infatti nel 1850 venne affidato l'incarico di ridipingere la sala del teatro Comunale al Migliari, il quale si valse ancora una volta della collaborazione del D. e del figlio Girolamo, per le pitture e la scultura, e di G. Davia, per gli ornati. L. N. Cittadella (Sul teatro pubblico di Ferrara, Ferrara 1850, pp. 19 s.) documenta con precisione tale avvenimento e descrive con puntualità la decorazione allegorica nella quale Girolamo quasi sempre sicuramente si limitò alle figure, senza intervenire nei fastosi racemi, a conferma della sua impostazione dignitosamente accademica.
Oltre alla decorazione del soffitto del teatro Comunale, non ci rimane quasi nulla degli altri lavori condotti dal D. nella chiesa di S. Paolo (1820 c.) e nelle volte tra la seconda e la terza cappella di sinistra della chiesa del Gesù, scoperta il 23 luglio 1843 (Boschini).
Come già ricordava lo Scutellari (1893), il D. fu abile incisore su rame e disegnatore su pietra litografica, tanto che nelle raccolte di stampe ed incisioni della Biblioteca Ariostea di Ferrara si conservano un buon numero di suoi originali, che testimoniano il gusto di questo artista per i classici, per le illustrazioni romantico-popolari e neomedievaliste e per la storia del municipalismo riscoperto nei ritratti dei ferraresi illustri (Savonuzzi, 1971, p. 32).
II D. morì a Ferrara il 18 giugno 1864. Aveva sposato Maria Guidetti.
Fonti e Bibl.: G. Boschini, in G. Baruffaldi, Vite de'pittori e scultori ferraresi, Ferrara 1844, I, pp. 306, 426; L. N. Cittadella, Memorie... del tempio di S. Francesco in Ferrara, Ferrara 1860, pp. 74 s.; Id., Guida del forestiero in Ferrara, Ferrara 1873, p. 114; G. Fei, Pinacoteca municipale di Ferrara, Ferrara 1883, p. 13; G. Scutellari, Cenni biografici intorno ai pittori ... ferraresi dal 1750 ..., in Atti d. Deput. ferrarese di storia patria, V (1893), pp. 46 s.; A. Magrini, La Pinacoteca comunale di Ferrara, Ferrara 1926, p. 60; C. Savonuzzi, Il teatro Comunale di Ferrara, Ferrara 1965, p. 17; Id., Ottocento ferrarese, Ferrara 1971, pp. 29-32; A. C. Venturini, La collez. di stampe, in Il Museo civico di Ferrara.. Donazioni e restauri, Firenze 1985, p. 108; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 399; Diz. encicl. Bolaffi..., IV, pp. 167s.