EMILLIANI, Gaetano
Nacque a Faenza (od. prov. Ravenna) il 17 dic. 1773 da Giacomo, possidente, e Susanna Angelini. Compiuti gli studi nella città natale, si iscrisse a Roma alla facoltà di medicina. Dal contenuto di un'istanza rivolta al pontefice Pio VII, diretta ad ottenere il permesso per la lettura dei libri proibiti, sappiamo che l'E. compi studi di lingua latina, di retorica e di filosofia. Si desume inoltre che abbia sostenuto presso il Collegio dei medici alla Sapienza l'esame di abilitazione all'esercizio della chirurgia pratica.
Esercitata per cinque anni la chirurgia nella provincia di Frosinone, ritornò nella città natale nel 1808. Per una disposizione governativa dovette sottostare a un successivo esame alla università di Bologna per l'esercizio libero della professione pratica. Fu abilitato in chirurgia a pieni voti e con alta distinzione. Il 14 dic. 1816 conseguì la nomina a protochirurgo della città; l'8 febbraio dell'anno seguente la nomina fu omologata dal cardinale legato e l'E. ottenne pertanto il titolo di chirurgo primario professore ostetrico della città, dei sobborghi e del circondario di Faenza.
Egli non ebbe occasione di lavorare nell'ospedale, fondato nel 1753 dal vescovo A. G. Cantoni, ma compi i più difficili interventi, a quel tempo possibili, nel domicilio dei propri malati.
Professionista di raro equilibrio subì accuse ingiuste da P. Morini, chirurgo secondario condotto in Faenza. Nel 1824, in un caso di parto distocico, il Morini chiamò a consulto l'E., dopo essere intervenuto con il forcipe e altri strumenti. La paziente morì e il Morini coinvolse l'E. nella responsabilità per il decesso.
L'E. scrisse una lunga lettera (All'eccellentissimo medico dott. Paolo Morini chirurgo secondario condotto in Faenza, Faenza 1824) in qualità di "chirurgo comprimario operatore, ed ostetrico condotto" di Faenza (e fu verosimilmente il suo unico scritto di carattere scientifico ed etico al tempo stesso), in cui coglieva l'occasione per giustificare il suo operato e discutere sulle tecniche manuali in ostetricia.
Nel 1814 aveva sposato Maria Cattani, dalla quale ebbe numerosa prole.
Nel 1835 l'E., sebbene stanco e in non buone condizioni di salute, accettò l'incarico di chirurgo all'ospedale faentino, rimasto privo del suo primario, A. Lapi, e del sostituto temporaneo, G. Brunetti; chiese però un collaboratore, concessogli solo un anno e mezzo più tardi, ritenendo l'amministrazione ospedaliera che la sua richiesta fosse dettata solo da eccesso di modestia.
Morì a Faenza il 26 nov. 1842. Fu tumulato nel sepolcreto della famiglia nella chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo, meglio nota come Chiesa dei servi.
Il nome dell'E. è oggi ricordato - non sempre con riferimenti esatti - da alcuni storici della medicina per l'"estirpazione di una ovaia scirrosa", compiuta nel 1815 e resa nota pubblicamente dal figlio Emilio nella seduta del 10 nov. 1843 della Società medico-chirurgica di Bologna e nel Bollettino della stessa Società.
Prima dell'Ottocento le ovaie non erano state aggredite chirurgicamente in modo concreto e completo. Ancora agli inizi del secolo si discuteva in Italia sulla praticabilità di un intervento demolitore. Negli Stati Uniti d'America, viceversa, già nel 1809 a Danville nel Kentucky E. Mac Dowell, già allievo del chirurgo J. Bell a Edimburgo, aveva eseguito con successo la sua prima ovariotomia su una donna di 35 anni, erroneamente da due medici giudicata gravida e portatrice invece di tumore ovarico. Nel 1830 Mac Dowell poteva vantare al suo attivo ben tredici ovariotomie con otto risultati positivi.
In Italia erano stati effettuati soltanto tentativi di svuotamento delle cisti ovariche con l'uso di un grosso trequarti da parte di G. B. Monteggia all'ospedale Maggiore di Milano. Nel 1815 fu proprio l'E., senza peraltro aver notizie delle esperienze statunitensi, a compiere per primo l'intervento che, coronato dal successo, doveva risultare la prima ovariotomia eseguita in Europa.
Il Testi ricorda anche un altro intervento importante compiuto dall'E. in Urbino, l'asportazione di un tumore (verosimilmente addominale) di dodici libbre e mezza.
Fonti e Bibl.: P. Morini, Descrizione di un caso di ostetricia, Faenza 1824, pp. XV-XIX; F. Pasolini Dall'Onda, Sonetto CXXXII In lode del sig. d. G. E. chirurgo comprimario, ed ostetrico in Faenza sua patria, il quale con molta perizia, e destrezza operò la consorte dell'autore nel detto triste incontro, in Sonetti…, Faenza 1832; E. Emiliani, Storia della estirpazione di una ovaia, in Bullettino delle scienze mediche della Soc. med-chir. di Bologna, s. 3, IV (1843), pp. 332-337; F. Lanzoni, Orazione funebre in lode di monsignor Achille Emiliani, Faenza 1884; D. Giordano, Compendio di chirurgia operatoria, Torino 1911, ad Ind.; Id., Sguardo alla chirurgia italiana dalla Roma dei littori a quella del littorio, in Id., Scritti e discorsi, Milano 1930, p. 367; F. Serantini, Il primo ovariotomista in Europa: il chirurgo faentino G. E. e i suoi tempi, in Il Plauto. Rassegna mensile d'Illustrazione romagnola, XII (1931), pp. 52 s.; A. Testi, Il primo ovariotomista in Europa G. E. faentino, Faenza 1931, p. 61; A. Castiglioni, Storia della medicina, Verona 1948, II, p. 610; Encicl. medica italiana, s. 2, III, 1, pp. 876-931; Encicl. Ital., XIII, p. 913.