Gaetano Filangieri
Nella cultura politica e giuridica italiana del 18° sec., la figura di Gaetano Filangieri, morto precocemente prima dello scoppio della Rivoluzione francese, emerge in quanto autore tra i più rappresentativi della transizione fra la crisi dell’antico regime e la nascita del costituzionalismo moderno. La sua opera maggiore, intitolata La scienza della legislazione, fu assieme a Dei deliti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria uno dei contributi italiani maggiormente diffusi e tradotti all’estero, suscitando interesse e discussioni sino al Novecento anche grazie all’attenzione dedicatagli da Benjamin Constant.
Nato a Cercola, presso Napoli, il 22 (o, secondo alcune fonti, il 18) agosto 1753, Gaetano Filangieri proveniva da una delle famiglie più antiche della nobiltà partenopea. Il padre era Cesare Filangieri, principe di Arianello, la madre Marianna Montalto, dei duchi di Fragnito, zio l’arcivescovo Serafino Filangieri, più tardi insediato nella cattedra vescovile di Palermo. Nel 1759 il giovane Gaetano divenne alfiere del reggimento di fanteria dell'Abruzzo Ultra, nel 1760 alfiere di quello del Principato Ultra, e nel 1768 sottotenente di quello del Sannio. La sua educazione si svolse privatamente, e in parte, fino al 1777, sotto la guida di Luca Nicola De Luca, più tardi vescovo di Muro in Basilicata. Nel 1777 Filangieri era alla corte di Napoli in qualità di maggiordomo di settimana, e in seguito di gentiluomo di camera, mentre andava completando i primi due libri di quella che sarebbe divenuta la sua opera più importante, La scienza della legislazione, pubblicata a partire dal 1780.
Proprio nel 1780 conobbe alla corte di Napoli una giovane nobile ungherese, Carolina (o, secondo alcune fonti, Carlotta) Frendel, giunta per ordine dell'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo come governante della nipotina, figlia secondogenita della regina Maria Carolina di Asburgo-Lorena. Si sposò con lei il 27 luglio 1783 e, nell’estate di quell’anno, chiese e ottenne la dispensa dal servizio di corte, si trasferì con la moglie a La Cava, poco lontano da Napoli, per dedicarsi interamente alla scrittura e alla famiglia.
Tra l’estate e l’ottobre 1783 pubblicò anche i due volumi del terzo libro della Scienza, con l’aiuto redazionale di un giovane amico, Donato Tommasi. Mentre continuava nel suo ritiro a La Cava e nella stesura dei successivi volumi, e già giungevano le prime condanne dell’opera da parte dell’Inquisizione (6 dicembre 1784), nacquero anche i figli Carlo, il 10 maggio 1784, e Roberto, il 4 febbraio 1786. A loro seguì la figlia Adelaide, nata il 18 febbraio 1787. Parallelamente alla stesura della Scienza seguirono anche nuove promozioni al grado militare: tenente di fanteria nel 1783, capitano nel 1785.
Nel frattempo la sua fama si diffuse all’estero, soprattutto nel mondo tedesco, e si intensificarono le visite a La Cava e a Napoli di viaggiatori provenienti dal centro Europa: da Friedrich Johann Lorenz Meyer a Johann Heinrich Bartels e soprattutto a Friedrich Münter e a Johann Wolfgang von Goethe, che conobbe Filangieri nel marzo 1787 e ne lascerà una vivace descrizione nell’Italienische Reise (1816-1817).
Il 23 marzo 1787 Filangieri venne nominato membro del Supremo consiglio delle finanze e fece ritorno a Napoli, dove si impegnò attivamente nella riforma economica, in particolare cercando di abolire il monopolio del Tavoliere di Puglia, su cui stese un parere (Parere presentato al re [...] sulla proposizione di un affitto sessennale del così detto Tavoliere di Puglia, pubblicato postumo nel 1815 ), e proseguendo alacremente nella stesura della Scienza. Dopo poco più di un anno, mentre ancora stava lavorando al quinto libro dell'opera, deluso dalle difficoltà incontrare e provato sia fisicamente, sia intellettualmente dai ritmi frenetici di lavoro e dalla malattia che lo stava colpendo, si ritirò a Vico Equense. Lì morì il 20 luglio 1788, all’età di trentasei anni.
Già al 1771 risalgono le prime prove letterarie di Filangieri e risulta, da testimonianze dei contemporanei, che in quell'anno egli avesse già scritto un saggio in lingua latina sull’educazione. Nell'estate del 1773 si recò, assieme a De Luca, a Palermo per approfondire gli studi e per venire inserito nell’ambiente culturale di quella città; lì conobbe l’abate cremonese Isidoro Bianchi, con il quale rimase poi in contatto e che divenne uno dei suoi primi mentori ed estimatori. A quegli anni risalgono anche, secondo alcune testimonianze, le sue prime esperienze pubbliche di scrittore e pensatore politico, in particolare sul tema della legislazione, attraverso un’opera, andata perduta, intitolata La morale de' legislatori (1771), di cui diede notizia Bianchi nelle «Notizie de’ letterati» di Palermo.
Nel 1774, ormai rientrato a Napoli, Filangieri pubblicò la sua prima opera a stampa, Riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano, riguardante la legge del 23 settembre 1774 sulla riforma dell’amministrazione della giustizia. Filangieri interveniva in sostegno dell’obbligo della motivazione delle sentenze, aprendo la sua operetta con una lunga dedica al ministro Bernardo Tanucci.
Il suo ragionamento ruotava attorno a due principi fondamentali: il primo secondo il quale l’arbitrio giurisprudenziale è incompatibile con la libertà civile, l’altro secondo il quale esso è contrario anche all’essenza della libertà sociale. A parere di Filangieri, ogniqualvolta nella storia si era manifestato un conflitto fra le istituzioni e la pubblica opinione si era resa necessaria una riforma dell’amministrazione della giustizia, così come era avvenuto ad Atene e nella Roma imperiale. Per impedire questo conflitto e l’arbitrio giurisprudenziale occorreva perciò riaffermare il primato della legge, il principio della separazione dei poteri e della non confusione fra il legislativo e il giudiziario, una riduzione della durata dei processi e una limitazione dei motivi di annullamento delle sentenze. Infine sosteneva la necessità di accertare le responsabilità dei giudici nel corretto svolgimento del loro operato, abolendone l’impunità.
Notevole importanza assumevano l’introduzione della figura di un censore delle leggi, in quanto garante di un giudizio di legittimità della legge rispetto ai principi fondamentali dell’ordinamento, e l’idea dell'irretroattività della legge civile e penale.
Composta da cinque libri, suddivisi in otto volumi, apparve a partire dal 1780 e rimase incompiuta con la morte dell’autore; l’ultimo libro, il quinto, apparve infatti postumo nel 1791. Essa comprende un primo libro dedicato alle Regole generali della scienza legislativa, il secondo alle Leggi politiche ed economiche, il terzo alle Leggi criminali (prima parte: la procedura; seconda parte: dei delitti e delle pene), il quarto alle Leggi che riguardano l’educazione, i costumi e l’opinione pubblica, il quinto alle Leggi che riguardano la religione. Il sesto, dedicato alle leggi relative alla proprietà, rimase abbozzato (ne fu steso soltanto il sommario), e il settimo, dedicato alle leggi sulla famiglia, non venne mai scritto.
L’opera conobbe in realtà una lunga gestazione e una prima fase si può far risalire già al perduto scritto Della morale de' legislatori (1771), il cui riassunto, noto attraverso Bianchi, presenta numerose e interessanti analogie con il Piano ragionato dell’opera premesso poi da Filangieri al primo libro della Scienza.
Fra l’abbozzo del 1771 e il primo libro del 1780 si inseriscono poi altre fasi della stesura. Una è documentata dalle citate Riflessioni politiche su l’ultima legge del sovrano del 1774: il confronto fra un capitolo di quest'opera, quello dedicato alle origini e alle funzioni della censura delle leggi, e il primo libro della Scienza, dimostra chiaramente come il testo del 1774 venisse quasi letteralmente riutilizzato sei anni più tardi.
Un’altra fase dell’elaborazione della Scienza è documentata dal progetto pubblicato dallo stesso Filangieri, con il titolo La morale pubblica, nel numero 23 (9 giugno 1775), delle «Novelle letterarie» di Firenze. Egli vi presentava il sommario di un’opera progettata in due parti, la prima dedicata alla morale dei legislatori e la seconda alla morale degli Stati, per complessivi sei libri. Rispetto a quattro anni prima l’orizzonte dell’autore si allargava significativamente, e il giovane intellettuale napoletano dimostrava di voler abbandonare il terreno della polemica antirousseauiana per dimostrarsi più sensibile alla dimensione universalizzante dei problemi politici, alle grandi questioni economiche e al dibattito sulla ricchezza e sulla disuguaglianza delle nazioni considerate come motore del loro agire politico.
Quattro anni dopo, il manoscritto dei primi due libri della Scienza era terminato, ed è da presumere che la stesura del testo fosse stata affrettata negli anni 1776-1779 sulla scia degli avvenimenti rivoluzionari americani e dei dibattiti intellettuali sorti nell’ambiente napoletano. Filangieri consegnò alla censura napoletana i manoscritti di questi due libri il 29 maggio 1780. Dall’estate del 1780 la pubblicazione dei successivi libri proseguì con impressionante velocità: nel 1783 apparve il terzo libro, diviso in due volumi; nel 1785 il quarto libro, suddiviso in tre volumi. Poi il lavoro rallentò e, alla morte dell’autore, del quinto libro risultavano scritti solo i primi otto capitoli, apparsi postumi, come detto, nel 1791.
La pubblicazione del primo e del secondo libro, avvenuta contemporaneamente, gli valse immediati riconoscimenti e attestazioni di stima da parte di intellettuali italiani e stranieri. Autonomamente, ma anche grazie a Bianchi, entrò in contatto con gli illuministi e riformatori lombardi, in particolare con Pietro Verri, Cesare Beccaria e Gian Rinaldo Carli. Intensa fu anche la corrispondenza e il rapporto di amicizia e di stima con il senese Giovanni Bonaventura Spanocchi, membro del Senato milanese.
Dinanzi al consenso quasi unanime degli intellettuali della penisola italiana, l’unica voce critica provenne da un professore salernitano di matematica, Giuseppe Grippa, che in un'opera pubblicata nel 1782 (Lettera diretta al cavaliere Filangieri) e ristampata in nuova edizione nel 1784 (con il titolo Scienza della legislazione sindacata) attaccò nella Scienza della legislazione l’impianto antifeudale, difendendo invece l’istituto dei maggiorascati e i privilegi della nobiltà. Molte attestazioni di stima giunsero invece a Filangieri da intellettuali stranieri, primo fra tutti Benjamin Franklin, che utilizzò parte delle idee del giovane illuminista napoletano nella stesura delle leggi penali della Pennsylvania.
La Scienza della legislazione, opera complessa e articolata, ricca di rimandi interni, si presenta come un’analisi sistematica dei principi e delle regole, naturali e artificiali, che governano la politica e la scienza legislativa.
In realtà, il primo libro, dedicato alle regole generali della scienza della legislazione, è di carattere più programmatico, e rappresenta quindi il vero e proprio progetto editoriale dell’opera. Nelle innumerevoli fonti utilizzate, antiche e moderne, si riconoscono le tracce dei maggiori pensatori del 18° sec., primo fra tutti Montesquieu: ma il loro utilizzo assolve a uno scopo essenzialmente retorico, e l’obiettivo è piuttosto quello di mettere in luce le contraddizioni, i punti oscuri e le conseguenze non tratte dagli autori che lo avevano preceduto.
Il primo libro parte da una considerazione generale sulla crisi del tardo Settecento e dalla constatazione che i governi e le sorti delle nazioni europee erano in mano a pochi: occorreva quindi contrapporre a essi una forte coscienza ugualitaria, basata su una profonda riforma degli assetti economici, giuridici (soprattutto nel campo penale), educativi e religiosi. L’intero progetto doveva essere realizzato tenendo costantemente presente l’idea del primato della legge, della sua generalità e astrattezza e della necessità che i nuovi principi così delineati confluissero, così com'era avvenuto nelle colonie americane e come voleva Filangieri, in un piccolo codice di leggi fondamentali, sulla cui corretta esecuzione avrebbe dovuto vigilare una nuova magistratura della censura delle leggi. Solo allora i popoli d’Europa avrebbero raggiunto la coscienza della propria libertà e l’avrebbero rivendicata dinanzi ai loro governanti abbattendo, con una «pacifica rivoluzione», ogni forma di dispotismo.
Il secondo libro, dedicato alle leggi economiche, sviluppava questi concetti analizzando le ragioni della crisi dell’antico regime nella consapevolezza che, conclusa l’esperienza del mercantilismo, si era chiuso un importante ciclo della storia europea. La decadenza dell’Inghilterra, seguita a quella della Spagna e della Francia, induceva a volgere lo sguardo verso l’Europa orientale e le colonie americane. La crisi dell’Europa e della sua ricchezza economica rendeva così necessaria una critica radicale dell’antico regime e un piano di riforme basato sull’eversione della feudalità, su una nuova concezione della proprietà, su una migliore distribuzione delle ricchezze.
Nella prima parte del terzo libro si affronta il problema cruciale della procedura criminale, della farraginosità della legislazione, della sedimentazione delle leggi che, unite alla prassi giurisprudenziale, rendevano inefficaci i processi e attenuavano le garanzie di libertà degli individui. A questo sistema, Filangieri opponeva una nuova procedura basata sull’idea del primato della legge e della concezione repubblicana della giustizia, sull’affermazione del principio accusatorio contro il metodo inquisitorio, sull’abolizione delle denunce segrete, della tortura e della molteplicità dei giudizi.
Nella seconda parte del terzo libro, dedicata ai delitti e alle pene, Filangieri discuteva analiticamente un tema divenuto ormai centrale per la cultura europea, redigendo un vero e proprio trattato di diritto penale, volto a trarre da alcuni principi di carattere generale, attraverso un metodo razionalistico e deduttivo, una teoria dei diritti dell’uomo basata sulla lettura repubblicana del contrattualismo. Per questo motivo l’autore esaminava dettagliatamente le diverse tipologie di delitti, contro la persona, la famiglia, lo Stato e la società, comprendendovi sia i delitti di natura politica, sia quelli di natura economica.
Il quarto libro è suddiviso in tre parti, la prima riguardante i costumi, la seconda l’istruzione, la terza l’opinione pubblica; esso completa l’opera descrivendo la struttura di una società rinnovata nei suoi caratteri essenziali e nei suoi valori, attraverso la riforma della cultura, dell’istruzione, dell’università e delle accademie scientifiche. Una società destinata a esercitare un ruolo critico nell’esercizio della politica, attraverso la libertà di stampa e la forza critica riconosciuta all’opinione pubblica.
Nel quinto libro veniva infine affrontato il rapporto dell’uomo e della società con la religione, alla ricerca della fondazione di una nuova religione civile, intesa in senso massonico come una ricerca continua della verità e della perfezione dell’uomo, al di là dei miti e della stessa tradizione cristiana dell’Occidente.
La fortuna dell’opera di Filangieri e la sua influenza nella cultura europea
Non esiste forse altra opera della cultura italiana dei lumi, dopo il Dei delitti e delle pene di Beccaria, che sia stata tanto intensamente ripubblicata, tradotta e commentata quanto la Scienza della legislazione, la cui influenza giunge sino al secondo Novecento. L’elenco delle edizioni e delle traduzioni evidenzia come il maggior numero di esse apparve nel 18° e 19° sec., nel momento in cui più accese divenivano le discussioni sulle nuove forme di lotta politica e sui caratteri del costituzionalismo europeo. Da questo punto di vista, ciascuna edizione o traduzione assume un rilievo e un significato preciso rispetto al contesto nel quale venne prodotta.
L’opera conobbe una seconda vita negli anni delle rivoluzioni democratiche, tra il 1796 e il 1799, e venne ristampata a Venezia (1796), Genova (1798), Roma (1799), Parigi (1796-1799), Copenaghen (1799) e Livorno (1799), mentre tra il 1798 e il 1803 furono condotte a termine la traduzione russa e quella svedese. Trascorso poi il periodo napoleonico, la Scienza venne nuovamente stampata negli anni della Restaurazione, nel quadro della nascita del liberalismo europeo e dei movimenti costituzionali.
Le edizioni e le traduzioni della Scienza fino all’Ottocento possono dunque essere ricondotte essenzialmente a tre fasi principali: quella illuministica e coeva alla stesura dell’opera e ai dibattiti politici degli anni Ottanta del Settecento; quella rivoluzionaria, legata tra Settecento e Ottocento all’esperienza repubblicana e napoleonica; quella liberale, seguita ai moti degli anni 1820-21 e alla confutazione scritta da Benjamin Constant (Commentaire sur l’ouvrage de Filangieri, 2 voll., 1822-1824), conclusa sostanzialmente con le rivoluzioni europee del 1848. Si tratta di dinamiche chiaramente riconoscibili, per fare un esempio, nel caso delle traduzioni in lingua tedesca e francese.
Nello spazio tedesco la traduzione dell’opera di Filangieri venne annunciata sin dalla fiera del libro di Francoforte e di Lipsia del 1784, e se ne realizzarono due, una in Austria, in coincidenza con i dibattiti sulla riforma del processo civile voluta dall'imperatore Giuseppe II, e una ad Ansbach, in Baviera, in corrispondenza con l’avvio dei lavori per la redazione dell’Allgemeines Landrecht für die prussischen Staaten (1794), il corpo di norme civili e penali della Prussia. La traduzione austriaca, opera di Anton Wilhelm Gustermann, si arrestò al primo volume. Più nota è la versione completa apparsa ad Ansbach nel 1784, destinata a suscitare una notevole influenza sulla dottrina penalistica tedesca e a conoscere altre tre ristampe, nel 1788, 1794 e 1808. In questo caso Johann Christian Siebenkees e Gottlieb Christian Karl Link riuscirono a tradurre l’opera di Filangieri adattandone con grande efficacia il linguaggio alla cultura tedesca, e contribuendo così al rinnovamento del lessico politico tedesco, offrendo un contributo rilevante alla scuola storica del diritto naturale e alle elaborazioni dottrinali legate all’Università di Gottinga.
In Francia la Scienza venne tradotta integralmente tra il 1786 e il 1791 a opera di un giovane avvocato parigino, Jean-Antoine Gauvain Gallois, destinato a diventare uno dei protagonisti della Rivoluzione e un collega di Constant al tempo del Tribunato. La traduzione francese, peraltro, fu l’unica tra quelle europee che poté giovarsi, almeno in parte, di una collaborazione diretta con Filangieri. Ripubblicata negli anni 1798-99 e poi molto apprezzata da Napoleone Bonaparte divenuto Primo console, questa traduzione venne poi riproposta al pubblico all’indomani della Restaurazione per merito di un antico amico e allievo di Filangieri, Francesco Saverio Salfi, protagonista di spicco della cultura massonica e poi del movimento carbonaro. Fu quest’edizione, realizzata nel delicato clima politico dei movimenti liberali e costituzionali europei degli anni 1820-21, a suscitare l’attenzione di Constant, che decise di dedicare all’opera di Filangieri il citato Commentaire, destinato a rilanciarne l’attualità e a mantenere vivo l’interesse per essa fino ai giorni nostri.
Riflessioni politiche su l’ultima legge del sovrano che riguarda l’amministrazione della giustizia, Napoli 1774.
La scienza della legislazione, 8 voll., Napoli 1780-1791.
Opuscoli scelti editi ed inediti del Cavalier Gaetano Filangieri, Palermo 1815.
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