GHIDETTI, Gaetano
, Figlio dell'"indoratore" Giacomo e di Giulia Ferrari, nacque a Parma il 6 apr. 1723 nella parrocchia di S. Pietro dove, il giorno seguente, fu battezzato (Mendogni, G. G.…, p. 121).
Nonostante l'assenza di precisi dati documentari, è ipotizzabile che il G. abbia iniziato la pratica artistica presso il concittadino P. Righini, pittore e "architetto teatrale di corte", il quale alternò la sua attività tra Parma e Napoli.
Va scartata l'ipotesi che il G. sia stato allievo di F. Grassi, di un solo anno più anziano di lui. Pur in assenza di documenti, quest'ipotesi è stata accreditata dall'errata data di nascita, il 1740, attribuita al G. dalle pubblicazioni ottocentesche e, su questa base, riproposta anche di recente (Pellegri, 1981, pp. 97, 140 n.).
Gli anni della giovinezza e formazione artistica del G. coincisero con il periodo di profonda crisi sociale e culturale determinatosi a Parma dopo la morte dell'ultimo Farnese (1731) e culminato con il trasporto a Napoli di numerosi capolavori artistici e d'arredo voluto dal duca Carlo di Borbone, che, ottenuto, il Regno di Napoli, si era trasferito nel 1734 nella città partenopea. Solo la politica culturale del suo successore, il duca Filippo di Borbone, stabilitosi a Parma nel 1749, restituì al Ducato un rinnovato slancio sia economico sia culturale, anche grazie alla scelta di affiancarsi G. du Tillot - in qualità di intendente generale prima, di primo ministro poi - che favorì l'arrivo a Parma di numerosi artisti francesi, i quali vi importarono precoci fermenti neoclassici.
Fu in questo fervido clima culturale che il G. iniziò a svolgere la sua attività di quadraturista e architetto. Il primo riconoscimento pubblico di prestigio gli venne nell'autunno del 1751 quando, in occasione dei festeggiamenti per il battesimo del duca Ferdinando, realizzò la grandiosa e spettacolare macchina per i fuochi d'artificio (Mendogni, G. G.…, tav. 2). Negli anni immediatamente successivi fu sovente impegnato, in qualità di scenografo, nel teatro Ducale. Si ricordano in particolare le scenografie dipinte dal G., in collaborazione con il collega A. Malagoli, il loro aiuto G. Ruspaggiari e il figurista G. Menescardi, per opere come La buona figliola di C. Goldoni (1756), Issipile e Catone in Utica di P. Metastasio (1756), Titone e l'Aurora (1758) e Ippolito e Aricia (1759).
Nel 1757 furono commissionati al G. gli ornati dell'interno del teatro di Colorno; e due anni più tardi fu nominato "capo pittore del teatro Ducale". Il 1759 fu un anno di intensa attività per il G.: prese parte ai lavori di restauro della torre dell'Orologio in piazza Grande (ora Garibaldi) a Parma affrescandone le pareti esterne in collaborazione con il figurista piacentino A. Bresciani; fu incaricato del restauro interno della chiesa di S. Benedetto e, soprattutto, gli fu affidata la direzione dei lavori - già iniziati diversi decenni prima da Ferdinando Galli Bibiena - per il completamento della chiesa di S. Antonio Abate. Gli affreschi in S. Benedetto sono andati distrutti nel corso di un radicale restauro di metà Ottocento; mentre i lavori in S. Antonio sono giunti intatti fino a noi. I lavori si protrassero fino al 1766; il G. fu affiancato da un nutrito gruppo di artisti e artigiani tra cui il pittore abate G. Peroni, a cui si devono le scene e le figure affrescate all'interno delle quadrature, gli stuccatori C. Bosi e G. Ghezzi, e il fratello Giuseppe come indoratore.
Le raffinate decorazioni della doppia volta e quelle dell'area absidale, notevolmente alleggerite rispetto ai precedenti progetti del Galli Bibiena, rivelano una certa consonanza con il nascente gusto neoclassico che, proprio in quegli anni, veniva importato e diffuso a Parma dagli artisti francesi, in specie da E. Petitot.
Sempre nel 1759 si ha notizia della presenza del G. anche nella reggia di Colorno dove, sotto la direzione di Petitot, affrescò motivi architettonici nella quarta stanza dell'appartamento della duchessa. In seguito alla prematura morte della duchessa Luisa Elisabetta di Borbone Francia, avvenuta a Versailles nel dicembre del 1759, iniziò a Parma un lungo periodo di lutto in cui, sospese tutte le attività teatrali, architetti e scenografi furono impegnati nella realizzazione dei numerosi catafalchi che per diversi mesi vennero allestiti nelle chiese del Ducato. Nei primi mesi del 1760 il Comune di Parma commissionò al G., F. Grassi e F. Malagodi la realizzazione di tre grandiose macchine funebri da innalzarsi in cattedrale, nella chiesa della Steccata e in S. Rocco. Nel settembre dello stesso anno, in occasione delle nozze di Isabella di Borbone e dell'arciduca Giuseppe d'Asburgo Lorena, il G. collaborò all'esecuzione della straordinaria macchina pirotecnica progettata da Petitot, decorata da pannelli dipinti e statue di tema allegorico e innalzata davanti al palazzo reale di Parma.
Negli anni seguenti, oltre alla realizzazione di diversi apparati effimeri (scene per opere teatrali; il catafalco per le esequie del duca Filippo innalzato in cattedrale nel febbraio del 1766; le macchine pirotecniche allestite a Colorno in occasione delle nozze del giovane duca Ferdinando e di Maria Amalia d'Asburgo Lorena celebrate nel 1769), il G. fu impegnato nel restauro e nella decorazione della chiesa di S. Uldarico (1761-63) e della cappella della Vergine del Rosario nella chiesa del monastero di S. Paolo (1769).
Per S. Uldarico progettò e realizzò una nuova facciata la cui sobrietà ed essenzialità di ascendenza rinascimentale pare rivelare una chiara adesione del G. al neoclassicismo. Ancora fortemente legati al retaggio della tradizione barocca sono invece l'ornato disegnato per la grande ancona nella stessa chiesa e la composizione di festoni e motivi floreali dipinta in S. Paolo.
Nel 1774 fu nominato professore consigliere con voto all'Accademia di Parma e da allora, come attestano verbali e atti, partecipò intensamente alle attività accademiche. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta alternò la sua attività tra Parma e Colorno. Nel 1772 insieme con Bresciani affrescò a Copermio presso Colorno l'oratorio della Beata Vergine del Buon Cuore e il casino del duca. Il 1° genn. 1779 divenne pittore ufficiale di corte percependo lo stipendio annuo di lire 3000 e poco tempo dopo il duca lo nominò cavaliere. Nel 1785 diresse i lavori di ristrutturazione di S. Bartolomeo, sua chiesa parrocchiale, e l'anno successivo eseguì gli affreschi (distrutti durante il restauro del 1846) della cappella della Beata Orsolina nella chiesa parmense di S. Quintino. Tra il 1787 e il 1789 lavorò nella chiesa di S. Liborio a Colorno e nell'annesso appartamento ducale. Dal giugno 1792 la sua presenza non fu più registrata negli atti e nei verbali dell'Accademia, né si hanno più notizie circa la sua attività.
Il G. morì a Parma il 23 sett. 1793.
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca Palatina, Mss. Parm., 1451/13: I. Affò, Pitture delle chiese di Parma, c. 1v; ibid., 1106: Guida per i forastieri, c. 16; Ibid., Soprintendenza per i beni artistici e storici, ms. 107: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di belle arti parmigiane (sec. XIX), VIII, c. 165; Arch. di Stato di Parma, Mss., 27: A. Sgavetti, Cronaca, 18 ott. 1751; P. Donati, Nuova descrizione della città di Parma, Parma 1824, pp. 50, 55, 80, 162; G. Bertoluzzi, Guida per osservare le pitture nelle chiese di Parma, Parma 1830, pp. 14, 184; E. Jannelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Genova 1877, p. 186; S. Lottici Maglione, La chiesa di S. Quintino, Parma 1908, p. 12; D. Borri, La chiesa di S. Benedetto, in Aurea Parma, XLIX (1965), pp. 171-174; L. Gambara, Le ville parmensi, Parma 1966, pp. 400-402; G. Bertini, Colorno: una guida, Parma 1979, pp. 29, 33 n., 35, 36 n., 52, 61, 67 s., 97, 98 n., 101; G. Bertini, in L'arte a Parma dai Farnese ai Borbone (catal., Parma), Bologna 1979, pp. 68, 267; Felice da Mareto, Chiese e conventi di Parma, Parma 1979, pp. 128, 131, 182, 241, 265; P.P. Mendogni, G. G. pittore d'architettura, in Aurea Parma, LXIII (1979), pp. 120-135; Id., S. Antonio Abate. Uno scrigno rococò, Parma 1979, pp. 74-76, 80, 84; M. Pellegri, Colorno. Villa Ducale, Parma 1981, pp. 88, 97, 100, 103, 107 s., 125 s., 135, 140 n., 146 n., 150 n.; N. Agazzi, Feste e macchine di fuochi, in La Parma in festa. Spettacolarità e teatro nella Parma del Settecento, a cura di L. Allegri - R. Di Benedetto, Modena 1987, pp. 96, 112; Concorsi dell'Accademia reale di belle arti di Parma dal 1757 al 1796, a cura di M. Pellegri, Parma 1988, pp. 20, 41, 60; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 547.