GODI, Gaetano
Nacque a Parma il 17 apr. 1765 da Anton Francesco e dalla contessa Antonia Nasalli. Quando, il 9 luglio 1788, si laureò in giurisprudenza nell'ateneo parmense e ottenne l'aggregazione al Collegio dei dottori e giudici, era già membro della Società di filosofia e belle lettere di Piacenza, impegnato attivamente nelle riflessioni e discussioni che vi si svolgevano su temi sia poetico-letterari sia sociali e giuridici. Oltre a presentarvi alcuni componimenti poetici d'occasione, il G. vi lesse due dissertazioni di carattere giuridico, esponendo nella prima, il 3 febbr. 1786, le proprie teorie sulla pena di morte, e trattando l'anno dopo, nella seconda, l'argomento civilistico dell'invenzione dei tesori.
Sebbene il testo delle due dissertazioni non sia stato conservato, è possibile conoscere le idee del G. sulla pena capitale dalla relazione che ne fece G.P. Maggi, socio e segretario della società. Secondo il G. i fini che lo Stato persegue con la punizione dei delitti sono tre: emendare il colpevole, impedire che rechi ulteriori danni alla società commettendo altri delitti e dissuadere gli altri cittadini dall'imitarlo con il timore della pena; se la pena di morte si rivela inadatta per il primo scopo e assolutamente non necessaria per il secondo, essa rimane irrinunciabile per la sua indubbia forza deterrente. Tuttavia il G. tempera tale tesi con l'affermazione che un ricorso indiscriminato alla pena capitale la priverebbe di gran parte della sua efficacia.
C'è stato chi, tra i biografi di G.D. Romagnosi, ha visto nella dissertazione del G. uno degli spunti di partenza per la redazione della Genesi del diritto penale. Tale ipotesi, ripresa da altri autori, non è però suffragata da riscontri documentari. Quel che è certo è che in quegli anni il Romagnosi aveva preso a frequentare la Società letteraria, della quale sarebbe anche divenuto socio, e che conosceva il G., come attestano i frequenti riferimenti nelle sue lettere a L. Bramieri, vicesegretario della società.
Nel 1802 il G. divenne professore di diritto criminale presso l'Università di Parma, dove già dal 1788 insegnava come sostituto di diritto canonico. Nel frattempo era entrato anche nella carriera giudiziaria, ricoprendo sotto il governo francese l'incarico di giudice del tribunale di prima istanza. Confermato nel 1814 sulla cattedra di istituzioni criminali, il 9 ag. 1814 fu chiamato dal conte F. Magawly Cerati, ministro di Stato, a far parte della commissione istituita per rivedere la legislazione napoleonica vigente nel Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla e per compilare i nuovi codici civile, penale e di procedura civile e penale del Ducato.
Nella prima fase dei lavori la commissione si occupò esclusivamente della redazione di un progetto di codice civile, che fu ultimato già alla fine del 1815. Tale progetto, che non si scostava strutturalmente dal modello francese, recuperando però taluni istituti di diritto comune e prestando una maggiore attenzione alle tradizioni giuridiche locali, fu accolto con favore anche oltre i confini dello Stato. Tuttavia l'iter della promulgazione del codice civile venne considerevolmente rallentato dal successivo intervento di diverse commissioni nella fase preparatoria. Infatti il progetto venne sottoposto dapprima all'esame di tre giuristi milanesi. Successivamente, il 23 febbr. 1817, Maria Luigia, duchessa di Parma, che aveva nel frattempo preso possesso dei suoi Stati, nominò, su proposta del presidente dell'Interno F. Cornacchia, una nuova commissione parmense, detta di revisione, incaricata di rivedere il progetto del codice civile limitatamente alle parti emendate dai giuristi milanesi e, in un secondo momento, anche di studiare alcune modifiche al codice penale. In tal modo si creò fatalmente una contrapposizione tra la commissione di revisione, sostenuta dal Cornacchia e considerata più liberale e progressista, e l'originaria commissione legislativa di cui era membro il G., appoggiata dal segretario di gabinetto B. Scarampi e ritenuta più moderata e conservatrice.
La contrapposizione si risolse definitivamente nell'agosto 1819 con lo scioglimento della commissione di revisione e la designazione di una nuova commissione incaricata di procedere alla redazione definitiva del codice civile. Inserito anche in questo organismo, il G. scrisse la prefazione del nuovo codice civile, approvato il 4 genn. 1820.
Allo stesso tempo Maria Luigia istituì la Commissione di legislazione dello Stato, suddivisa in due distinte sezioni. La prima, che comprendeva ancora una volta il G., era incaricata della redazione del codice penale; la seconda doveva invece occuparsi della materia processualistica; prima dell'approvazione definitiva i progetti dovevano essere comunque rivisti a sezioni unite. I lavori procedettero a ritmo serrato, tanto che nell'aprile 1820 il G. venne temporaneamente sollevato dai suoi incarichi universitari: ciò rese possibile l'entrata in vigore dei nuovi codici penale e di procedura penale già dall'inizio del 1821.
Il G. ebbe dunque un ruolo rilevante nella compilazione dei codici parmensi, sia civile sia penale, e fu autore anche della parte del codice di procedura penale relativa al pubblico dibattimento. Uomo sostanzialmente moderato, ma dedito più alla cattedra e al tribunale che alla politica, egli godeva evidentemente della fiducia di Maria Luigia, dalla quale ricevette onorificenze e incarichi importanti. In particolare, fu designato a far parte del Tribunale supremo di revisione e del Consiglio di Stato.
Del suo lungo insegnamento universitario restano le Istituzioni criminali, opera manoscritta in tre volumi conservata presso la Biblioteca Palatina di Parma. Si tratta di lezioni tenute dal G., presumibilmente nel 1828-29, nelle quali egli non solo espone i lineamenti generali del diritto penale, ma procede altresì a un esame delle norme del codice parmense da pochi anni in vigore. Dalla sua opera emerge la figura di un giurista certamente legato alla tradizione, ma che non manca di esprimere apprezzamento per i sostenitori delle dottrine giuridiche più moderne, nonché per i redattori del progetto di codice italico del 1806. Le sue concezioni del diritto penale sono equilibrate e caratterizzate da un atteggiamento umanitario e garantista.
Ricerche recenti attribuiscono al G. anche le Prelezioni sul codice penale parmense (Parma, Biblioteca Palatina, Mss. parmensi 1475, 1476), opera anonima contenente lezioni dettate all'Università di Parma e risalente a un anno accademico precedente quello delle Istituzioni. Altre lezioni del G., di cui una intitolata Dal conato al delitto, si trovano tra i manoscritti di interesse parmense raccolti da A. Pezzana (nn. 707 e 946).
Oltre che giurista, il G. fu anche letterato, bibliofilo e poeta di una certa notorietà a livello locale. I suoi componimenti poetici d'occasione furono regolarmente pubblicati in diverse raccolte e giornali. In particolare si possono ricordare i sonetti in morte del canonico G.M. Rivalta, quelli per il generale A. Junot del 1806, i due scritti in occasione dell'ingresso di Maria Luigia a Parma, nonché i sonetti in memoria della moglie Paola De Mongeot. Una raccolta di Sonetti del cavaliere G. Godi dedicata al conte G. Marchetti venne pubblicata a Parma nel 1836 a cura di P. Viani.
Nel 1831 il G. rifiutò la proposta di continuare l'insegnamento presso la facoltà legale istituita a Piacenza dopo la chiusura dell'Università di Parma in seguito ai moti. Benché egli fosse estraneo agli avvenimenti del '31, la sua decisione fu interpretata come una presa di posizione contro l'allontanamento di alcuni colleghi e la trasformazione della sede dell'ateneo parmense in caserma per le truppe austriache.
Il 21 maggio 1848, ormai molto anziano, il G. fu nominato membro effettivo del magistrato degli Studi di Parma. Morì a Parma il 23 febbr. 1850.
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