GRASSETTI, Gaetano
, Nacque a Roma, probabilmente nel 1778. Secondo i primi biografi, che riprendono senz'altro notizie ricevute dallo stesso G., perse il padre in giovane età e fu allevato dagli zii, i quali lo inviarono a studiare a Bologna, dove si laureò in medicina.
Le prime notizie certe su di lui risalgono al 1795, quando insieme con F. Battistini e G. Capogrossi risulta a Roma fra i fondatori dell'Accademia Esquilina, promossa dai fratelli F. e E. Caetani, cui partecipavano fra gli altri G.G. De Rossi e G. Alborghetti. Nel corso della Repubblica Romana del 1798-99 presenziò più volte alle sedute dell'Accademia, che si era data statuti di ispirazione democratica; vi lesse fra l'altro, nell'agosto 1799, una prosa sui pregi della musica.
Il periodo degli studi a Bologna potrebbe collocarsi fra il 1795 e il 1798, anni in cui non è documentata una sua presenza a Roma, oppure fra la fine del 1799 e il 1803. Il G. non figura fra i dottori laureati entro il 1800 (Notitia doctorum, sive Catalogus doctorum qui in Collegiis philosophiae et medicinae Bononiae laureati fuerunt ab anno 1480 usque ad annum 1800, Milano 1962) né in documenti successivi dell'ateneo bolognese; tuttavia la notizia della sua laurea sembra confermata dalle circostanze successive.
Nel 1803, infatti, il G., che successivamente risulta fra i corrispondenti della Società medica di Bologna, già dottore in medicina (o prossimo a laurearsi, secondo U. De Maria) era a Bologna, dove, nella notte fra il 7 e l'8 ottobre, partecipò alla sfortunata esperienza del conte F. Zambeccari, primo tentativo di ascensione in pallone aerostatico effettuato in quella città e primo notturno in Italia.
Il pallone con a bordo Zambeccari, il G. e l'anconitano P. Andreoli, partito a dispetto di problemi tecnici, che avrebbero consigliato un rinvio, per l'insistenza degli spettatori che avevano pagato un biglietto per assistere al volo, precipitò nell'Adriatico e venne recuperato al largo della costa istriana. Il G., in un primo tempo creduto morto, riportò lesioni a un braccio e probabilmente contrasse in questa occasione la tisi. Rientrò a Bologna dopo pochi giorni; nell'agosto successivo non prese parte al secondo tentativo di ascensione di Zambeccari e Andreoli.
Nel 1804 fu nominato professore di elementi di fisica generale e sperimentale nel ginnasio di Ravenna, con uno stipendio di 1120 lire a carico dell'amministrazione della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, cui si aggiunse un'ulteriore gratificazione, quando, nell'estate dello stesso anno, fu incaricato di formare e dirigere l'orto botanico di Classe. Nei primi mesi del 1809 pubblicò a Ravenna presso Antonio Roveri un opuscolo dal titolo Dell'aria ravennate.
Lo scritto, frutto sia della cultura medica del G., sia dei suoi interessi erudito-letterari, si proponeva esplicitamente di confutare le tesi tradizionali, riprese anche in tempi recenti, sull'insalubrità dell'aria di Ravenna e del suo territorio. Attingendo a testimonianze di storici a partire da Strabone, egli afferma che, malgrado l'abbondanza di acque, l'aria di Ravenna era stata ottima fino alla caduta dell'Esarcato, che era poi peggiorata a causa dell'incuria dei campi seguita all'invasione longobarda ed era tornata salubre dal sec. XVII. Passa quindi ad analizzare minuziosamente le condizioni fisiche, la topografia e idrologia del Ravennate, il regime dei venti, le variazioni atmosferiche e la disposizione dei boschi che, anche sulla base delle osservazioni di G.M. Lancisi, giudica favorevoli; soprattutto, espone l'esperienza medica e l'andamento demografico della città, che rivela a suo avviso l'assenza di epidemie e di febbri stagionali. Il G. corredò l'opera con un'analisi minuziosa della composizione delle acque e della qualità dei vini, nonché con una rassegna di ravennati illustri.
Dedicò l'operetta al podestà di Ravenna, P. Gamba, e attraverso l'arcivescovo di Ravenna, A. Codronchi, ne trasmise copia al viceré E. Beauharnais e ad altre autorità, riportando apprezzamenti lusinghieri. Forse anche grazie a essa nell'agosto 1809 fu nominato medico condotto del Comune di Ravenna.
Dopo il crollo dell'Impero napoleonico il G. aderì al governo di Gioacchino Murat; alla caduta di quest'ultimo si rifugiò in Ancona insieme con altri personaggi politicamente compromessi, fra cui E. Fabbri, cui prestò cure mediche e col quale rimase poi in contatto. Terminato il blocco di Ancona nella primavera del 1815, al contrario di altri decise di non tornare a Ravenna - forse perché, in quanto non ravennate, non riteneva sicura la sua posizione - e si trasferì in Grecia.
Dopo aver viaggiato per il paese, si stabilì a Patrasso, dove esercitò la professione medica insieme con la moglie, Zaffira Ferretti, che aveva studiato ostetricia a Parigi e lo aveva seguito nell'esilio. La Ferretti però morì presto e il G. tornò per un breve periodo a Roma. Del 31 luglio 1818 è una sua lettera da Ancona al Fabbri, di accento patriottico, in cui afferma di aver inciso sulle pietre di un tempio greco presso il Parnaso il nome dell'amico e di "altri italiani […] degni di raccogliersi a formare una colonia in quella terra", fra i quali D.A. Farini.
Successivamente il G. si stabilì nelle Isole Ionie, a Zante, probabilmente su invito di notabili locali che gli offrivano un impiego di precettore (P. Chiotis). A Zante aprì una scuola di lettere italiane e latine e sposò in seconde nozze Adelaide Karvelà. Le notizie che possediamo su due dei quattro figli avuti dal matrimonio (uno divenne direttore della Banca Ionia, mentre una femmina andò in moglie al conte Teotochi, esponente di una delle principali famiglie della nobiltà locale) indicano un suo pieno inserimento nella società dell'isola.
In quegli anni le Isole Ionie, staccate dall'Impero ottomano, vivevano il convulso periodo del protettorato britannico; il G. entrò in rapporto con un circolo di letterati sostenitori dell'opposizione al dominio turco nella Grecia continentale, che si raccoglieva a Zante attorno al poeta D. Solomos. Fu inoltre in relazione con A. Maurocordato, uno dei protagonisti della resistenza antiturca a Missolungi e Nauplia. Proprio a Missolungi, nel 1825, pubblicò una traduzione in prosa italiana dell'Inno alla libertà di Solomos, prima versione italiana di quello che era destinato a diventare l'inno nazionale greco (Inno alla libertà. Dionisio Solomos da Zacinto scrisse il mese di maggio 1823. Volgarizzato in prosa italiana da G. Grassetti, professore di lettere italiane e latine in Zante). Il G. tradusse inoltre in greco alcune ecloghe di Virgilio e scrisse opere di grammatica greca, una delle quali pubblicata postuma a Malta nel 1853.
Fondata, nel 1824, l'Accademia Ionica di Corfù, F. North conte di Guilfold, che ne era stato l'artefice e ne aveva assunto la direzione col titolo di cancelliere, invitò il G. a ricoprirvi la cattedra di lingua latina e italiana. Si trasferì a Corfù probabilmente verso il 1829, anno in cui vi pubblicò il necrologio di un collega, il letterato A. Psallidas.
Non si hanno notizie sui rapporti fra il G. e i filelleni italiani né sulle sue relazioni con i numerosi patrioti che, soprattutto in seguito ai moti insurrezionali, avevano trovato rifugio nelle Isole Ionie, salvo la testimonianza di un anonimo italiano autore del necrologio pubblicato dalla Gazzetta degli Stati Uniti delle Isole Ionie, che affermò che il G. lo aveva accolto quand'era giunto naufrago a Corfù nel 1831.
Nel 1835, per problemi di salute, compì un breve soggiorno a Napoli. Rientrato a Corfù fu nominato segretario della Pubblica Istruzione. In tale occasione pronunciò un discorso, stampato a Napoli con il titolo Brevi considerazioni intorno alla prima educazione letteraria de' giovanetti, massimamente greci.
Dedicato all'arconte dell'Università Ionia, S. Gangadi, il testo costituisce una proposta di riforma radicale degli studi, non solo letterari, ispirata fra l'altro alla gnoseologia sensista e alle idee pedagogiche di C. Chesneau du Marsais. Secondo le idee del G., articolate anche in un "modello di riforma" dei programmi dei licei che accompagna il testo, l'insegnamento deve partire dall'osservazione dei fatti concreti per poi sviluppare il ragionamento e la capacità di astrazione; in particolare, per lo studio delle lingue ciò implica l'adozione di un metodo sperimentale e il rifiuto dell'insegnamento preliminare della grammatica.
L'imprimatur delle Considerazioni porta la data del 22 febbr. 1836; il G. morì a Corfù, di tisi, il 19 aprile dello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Documenti sugli incarichi assunti dal G. a Ravenna sono nel locale Archivio storico comunale, Archivio moderno, Carteggio amministrativo, tit. XIII, rubr. 1, 1804; tit. XIX, rubr. 10, anno 1804; tit. XV, 1809; tit. XXV, 1809; G. Therianò, Cenni intorno alla morte dell'egregio professore dr. G. G., in Gazzetta degli Stati Uniti delle Isole Ionie, n. 278, 23 apr. 1836, p. 10; Articolo necrologico, ibid., n. 279, 30 apr. 1836, pp. 5 s.; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, III, Venezia 1836, pp. 61 s.; Bibliografia romana, Roma 1880, ad ind.; P. Chiotis, Historika apomnimonephmata Eptanisu, VI, Zakynthos 1887, ad ind.; L. Benvenuti, Diz. degli italiani all'estero, Firenze 1890, ad vocem; G. Barone, Dionisio Solomos, Napoli 1910, pp. 51 s.; E. Fabbri, Sei anni e due mesi della mia vita, a cura di N. Trovanelli, Roma 1915, pp. CXXXVIII, CXLIII, 398; G. Canna, Scritti letterari, Casale Monferrato 1919, p. 207; U. De Maria, Della vita, degli scritti e degli amici del conte Eduardo Fabbri, Bologna 1921, pp. 57 ss.; L. Miserocchi, Ravenna e Ravennati nel secolo XIX, Ravenna 1927, p. 197; Elefterudàki enkyklopedikòn lexikon, IV, Athine 1928, s.v.; T. Caproni Guasti - A. Bertarelli, Francesco Zambeccari areonauta. Bologna (1752-1812), Milano 1932, pp. 32 ss., 43, 61 ss., 93, 104; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, s.v.; Lexikon historikon ke laographikon Zakynthu, Athine 1963, s.v.; M. Battaglini, La Accademia Esquilina: aspetti della vita culturale nella Repubblica Romana del 1798, in Rassegna storica del Risorgimento, LXXXIV (1997), 3, pp. 324, 326, 333; Nea mégali helleniki enkyklopédia, XII, sub voce.