KANIZSA, Gaetano
Psicologo, nato a Trieste il 18 agosto 1913. Ha studiato filosofia a Padova, dove si è laureato con C. Musatti. Dopo aver lavorato presso le università di Milano e Firenze, dal 1953 è stato ordinario di Psicologia a Trieste, dove ha insegnato fino al 1988 e dove continua il suo lavoro di ricerca come professore emerito. È socio dell'Istituto veneto di scienze lettere e arti. Nel 1987 ha vinto il premio Metzger per i suoi contributi allo sviluppo della psicologia della Gestalt.
Nel 1954-55 ha pubblicato i primi studi che danno l'avvio all'ampio filone di ricerche sulle ''figure anomale''. La prima ed emblematica configurazione che evidenzia il fenomeno è ora riprodotta in gran parte dei manuali di percezione di tutto il mondo. Essa è costituita da tre cerchi neri in ognuno dei quali è stato ritagliato un settore di 60° di ampiezza. I tre cerchi sono distanziati, ma disposti in modo che i lati dei settori circolari siano fra loro allineati. L'area triangolare delimitata dai vertici dei settori circolari, pur essendo dello stesso colore dello sfondo, appare molto più chiara di quest'ultimo. All'osservatore diventano perciò evidenti dei margini fra le due regioni (triangolo e sfondo), che nello stimolo fisico non ci sono. Questa evidenza fenomenica pone grossi problemi, sia agli studiosi dell'attività cerebrale, che devono capire come un sistema percettivo deputato a mostrare l'ambiente circostante possa far vedere cose che in questo ambiente non ci sono, sia agli studiosi delle scienze cognitive che nel loro progettare modelli computazionali dell'attività conoscitiva non possono eludere l'enigma posto dalle figure anomale.
Altri contributi originali sono stati portati da K. agli studi sul ''completamento amodale'', sulla trasparenza e la causalità fenomeniche, sulla pregnanza come ostacolo alla soluzione di problemi.
Tutto il lavoro di K., pur rimanendo all'interno della psicologia della Gestalt, ne costituisce anche una revisione critica e quindi un ampliamento e un rinnovamento teorico. Secondo la recente critica storica della psicologia, la sua opera costituisce una saldatura fra la scuola psicologica di Graz, che da H. Brentano ad A. Meinong, attraverso V. Benussi, era approdata a Padova nel 1919, e la psicologia della Gestalt importata in Italia da Musatti. Egli sostiene e dimostra sperimentalmente che non sempre sono le proprietà del tutto a determinare il ruolo delle parti − come voleva l'ortodossia gestaltista − ma possono essere i fattori locali a determinare il costituirsi del rendimento percettivo. Da un punto di vista teorico K. tiene nettamente distinti due fondamentali passaggi dell'attività cognitiva come il ''vedere'' e il ''pensare'': il vedere in quanto momento in cui l'impulso sensoriale viene organizzato e segmentato per dar forma all'oggetto visivo (processo primario), e il pensare in quanto insieme delle operazioni di categorizzazione, interpretazione, significazione che la mente attua sulla segmentazione primaria (processo secondario). Numerose verifiche sperimentali consentono a K. di sostenere che questa sua interpretazione dell'attività cognitiva è più aderente ai fatti rispetto alla diffusa concezione che vede il pensiero intervenire inconsapevolmente a regolare e correggere i dati raccolti dagli organi di senso periferici.
Opere principali: Margini quasi-percettivi in campi di stimolazione omogenea, in Rivista di Psicologia, 49 (1955), 3, pp. 7-30; Organization in vision (1979); Grammatica del vedere (1980); Die Doppeldeutigkeiten der Praegnanz, in Gestalt Theory, 8 (1986), pp. 99-135, in collaborazione con R. Luccio; Vedere e pensare (1991).