LAPIS, Gaetano
Nacque a Cagli il 13 ag. 1706 da Filippo e Olimpia Orlandini di Cantiano, un'agiata famiglia di commercianti di lana.
Il L. si formò nella città natale applicandosi allo studio delle lettere e del disegno. Trasferitosi a Roma nel terzo decennio del secolo, dopo un breve apprendistato presso il poco noto Sebastiano Creo, entrò nello studio di S. Conca, artista forse conosciuto dalla famiglia Lapis grazie alle opere da lui dipinte per la cittadina di Cagli: una Madonna col Bambino e s. Teresa per la cattedrale e un S. Andrea per l'omonima chiesa.
Come riportato da De Rossi, il L., nello studio del Conca, manifestando una chiara autonomia di percorso rispetto ai suoi insegnamenti, fu soprannominato dai compagni il "carraccetto", a testimonianza dei modelli pittorici di riferimento assunti dal giovane artista che, sin dagli esordi, si indirizzò sul classicismo seicentesco desunto soprattutto da C. Maratta e, attraverso di lui, su Raffaello e Correggio.
Intorno al 1730 dipinse a Roma per la famiglia Loreti di Cagli le cinque grandi tele con Storie della Gerusalemme liberata (Sogno di Tancredi, Battesimo di Clorinda, Armida tenta di uccidere Rinaldo, Armida tenta di uccidersi, Armida trattiene Rinaldo). I dipinti, oggi presso la locale sede della Cassa di risparmio di Pesaro, denotano i termini dell'adozione formale e compositiva dei caratteri propri della pittura bolognese del Seicento, nonché una meditata assimilazione del classicismo romano degli anni Venti mutuato dalle opere di F. Trevisani, B. Luti e G.R. Imperiali; ricerche altrettanto evidenti nella pala con la Madonna della Neve per l'altare di patronato dei Causidici nella chiesa di S. Francesco a Cagli (tela firmata e datata 1730).
Tra le prime opere romane vanno annoverati gli affreschi, distrutti, con Episodi della Via Crucis eseguiti sulla facciata della chiesa di S. Bonaventura alla Polveriera, già dei francescani scalzi spagnoli, mentre data al 1732 la Gloria di s. Chiara sulla volta della chiesa dedicata alla santa a Cagli. In quest'opera in cui, oltre a rivelare un deciso interessamento per le celebri composizioni barocche conservate nella capitale pontificia, il L. si mostra debitore dei moduli compositivi adottati da Conca nella decorazione del soffitto della basilica di S. Cecilia in Trastevere, eseguita nel 1725 e alla quale forse il L. prese parte in qualità di aiuto. Ancora allo stile del maestro è assimilabile la tela con Cristo morto e la Vergine che l'artista dipinse intorno al 1733 per la cappella del romano Monte di pietà. Nello stesso anno eseguì la Pietà per l'ex convento di S. Chiara a Cagli; dipinto derivato da un'analoga composizione carraccesca (oggi a Napoli, Museo nazionale di Capodimonte) e dunque testimonianza della varietà dei registri stilistici assimilati nella fase giovanile della sua produzione.
Due anni dopo, ispirandosi al dipinto con soggetto analogo eseguito da Maratta nel 1679 per la chiesa del Gesù a Roma, il L. terminò la Morte di s. Francesco Saverio per la chiesa di S. Filippo a Cagli (firmata e datata), mentre è del 1737 la pala con S. Cornelio papa tra le ss. Armenia e Gennara per la chiesa romana dei Ss. Celso e Giuliano. Allo scadere degli anni Trenta si colloca la tela con la Madonna del Rosario e s. Domenico eseguita per la chiesa del convento delle domenicane di S. Nicolò a Cagli (a seguito delle precedenti requisizioni napoleoniche, trasferita nel 1815 nella chiesa parrocchiale di Casorate Primo, ove tuttora si conserva), risultato di un'attenta riflessione su Raffaello e soprattutto sui primi, importanti, saggi pittorici licenziati da P. Batoni.
Nel 1739 fu nominato tra i Virtuosi al Pantheon. In occasione del suo accoglimento tra gli accademici di S. Luca, avvenuto il 3 ott. 1741, eseguì quale morceau de réception la reniana Maria Maddalena, poi sistemata nella chiesa romana dei Ss. Luca e Martina.
Tra il 1743 e il 1744 si collocano due importanti dipinti per la città di Jesi: la monumentale tela con il Martirio di s. Lorenzo per l'altare Trionfi Onorati appena eretto nel duomo cittadino, e il S. Antonio Abate della chiesa dell'Adorazione.
Sebbene per gli anni immediatamente successivi non vi sia una cronologia certa dei suoi frequenti spostamenti tra Roma e la città natale, si è concordi nel datare il suo definitivo trasferimento nella capitale pontificia al 1754, anno successivo alla morte del padre. Intanto le commissioni, sia per Roma sia per l'Umbria e le Marche divennero sempre più numerose e prestigiose. Risale al 1750 il S. Giovanni de Matha per la chiesa dei trinitari spagnoli di Roma (opera aggiornata sui fermenti novatori indirizzati verso un più radicale classicismo), mentre all'anno successivo data il Martirio dei ss. Pietro e Marcellino per l'omonima chiesa romana. Tra il 1754 e il 1756 eseguì, per la città natale, l'Estasi di s. FilippoNeri per la chiesa di S. Filippo (1754), la Caduta della manna e la Comunione degli apostoli per la cappella del Sacramento del duomo.
Le opere della seconda metà degli anni Cinquanta, frutto della maturità artistica del pittore nonché di un prestigio professionale ormai consolidato, si caratterizzarono vieppiù quali esiti di un'attenta ricerca tesa al raggiungimento della perfezione formale e di una naturalistica resa degli affetti, anche in riferimento al modello, ormai dominante in ambiente romano, costituito da Batoni e all'imporsi di un rinnovato classicismo le cui fondamenta teoriche A.R. Mengs e J.J. Winckelmann (giunto a Roma nel novembre del 1755) venivano elaborando.
Nel 1756 licenziò il Miracolo di s. Nicola di Bari per la chiesa di S. Nicolò a Cagli, edificio per il quale nel 1759 avrebbe dipinto anche i quattro medaglioni con le allegorie delle virtù di s. Nicola. In questi anni si collocano anche due dipinti per la città di Gubbio: la S. Lucia per la chiesa omonima e il S. Francesco di Paola per la Madonna del Prato. Ormai all'apice del successo, nel 1757 detenne la carica di direttore della scuola del nudo in Campidoglio.
Anche gli anni Sessanta furono ricchi di committenze prestigiose. Il decennio si apre con la pala della Madonna e i ss. Luigi di Francia e Elisabetta per la chiesa di S. Giacomo a Cingoli. È del 1762 l'Estasi di s. Giuseppe da Copertino per la chiesa di S. Francesco al Prato di Perugia (opera la cui meticolosa genesi è documentata da un fitto carteggio intercorso tra l'artista e i committenti, reso noto da Rossi); dello stesso anno è anche l'Annunciazione per la chiesa del cimitero di Fossombrone, replica di un analogo dipinto giovanile eseguito per il monastero dell'Annunziata a Roma. L'anno successivo dipinse la pala con S. Camillo de Lellis per la chiesa romana di S. Giovanni della Malva, mentre intorno al 1764 si datano due opere per l'Umbria: la Madonna con il Bambino e i ss. Giovanni, Andrea e Bernardino da Siena per S. Bernardino a Perugia e l'imponente Crocifissione per la chiesa di S. Filippo a Spoleto, risultato di ulteriori indagini intorno ai classici cinquecenteschi della nostra storia pittorica. Il S. Giuseppe Calasanzio del santuario della Madonna delle Scuole pie di Frascati è del 1765.
Su commissione del cardinale Scipione Borghese, nel quadro di un più ampio intervento decorativo - progettato dall'architetto P. Posi - che interessò l'intero edificio e a cui concorsero gli artisti migliori presenti sulla scena romana, il L. dipinse tra il 1767 e il 1768 lo Sposalizio di s. Caterina da Siena per l'omonima chiesa romana di via Giulia. Qui, dove tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta si venne elaborando uno stile neoclassico anche per la produzione religiosa e chiesastica, la pala del L. assume il tono di una più rigorosa resa formale e compositiva, anticipando alcuni esiti stilistici che avrebbero avuto una più larga diffusione solo qualche anno più tardi. Per la stessa chiesa dipinse i due ovali con Gesù offre la croce a s. Caterina e Gesù mostra il costato a s. Caterina.
Nell'ottica di questa riforma dello stile e dell'ispirazione artistica del pittore, va anche letta la decorazione murale, licenziata dal L. nel 1770, con la Nascita di Venere per il soffitto di una stanza del palazzo Borghese a Roma, commissionata da quel principe Marcantonio (IV) che di lì a poco avrebbe dato avvio al più vasto e significativo episodio di committenza e mecenatismo della Roma di Pio VI Braschi: i lavori di ammodernamento architettonico e di decorazione plastica e pittorica del casino Borghese fuori porta Pinciana. Oltre a costituire, insieme con le giovanili Storie della Gerusalemme liberata, l'unico altro esempio della produzione di carattere profano del pittore, la Nascita di Venere del palazzo Borghese fu anche l'ultima importante opera a cui il L. si dedicò.
Morì a Roma entro l'aprile del 1773, data in cui un documento dell'Archivio dell'Accademia di S. Luca registra il pagamento di messe celebrate "per il defunto accademico Gaetano Lapis" (Onoranze a G. L.…, p. 47; Barroero, 1996, p. 677).
Fonti e Bibl.: G.G. De Rossi, Vita di G. L., in Memorie per le belle arti, III (1787), pp. 1-7; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1795-96), a cura di M. Cappucci, I, Firenze 1968, p. 411; A. Rossi, Carteggio sopra un dipinto del XIX secolo, in Giorn. di erudizione artistica, IV (1875), pp. 225-240; A. Tarducci, G. L., Cagli 1906; L. Pasquini, G. L., tesi di laurea, Università degli studi di Urbino, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1968-69; C. Arseni, G. Lapis. I dipinti, Cagli 1976; Onoranze a G. L. …, Cagli 1976; L. Barroero, La pittura a Roma nel Settecento, in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1990, I, pp. 402, 413, 419, 428, 432, 456, 460; V. Casale, La pittura del Settecento in Umbria, ibid., p. 360; M.R. Valazzi, La pittura del Settecento nelle Marche, ibid., pp. 378, 382; Id., ibid., II, pp. 759 s.; G. Lapis. I dipinti di Cagli (catal.), a cura di A. Mazzacchera - B. Montevecchi, Cagli 1994; L. Barroero, G.G. De Rossi biografo. Un esempio: la "Vita" di G. L., in Roma moderna e contemporanea, IV (1996), 3, pp. 677-690; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 371 s.