MARTINELLI, Gaetano
Nulla è noto circa i natali e i primi decenni di vita del Martinelli. È tuttavia probabile che se ne debba collocare la nascita non dopo il 1745, risalendo al 1764 la prima documentata prova della sua attività di librettista. Quanto al luogo d’origine, nel frontespizio di tre dei suoi primi libretti, impressi a Venezia, è detto «romano», segno di una nascita a Roma o vicinanze, o quantomeno di una formazione avvenuta in quella città.
La carriera di poeta per musica del M. sembra avere inizio nell’autunno 1764, quando nel teatro veneziano di S. Moisè andarono in scena Li rivali placati (musiche di P.A. Guglielmi), il primo di una fortunatissima serie di quattro drammi giocosi. Per le successive stagioni del teatro il M. produsse tre nuovi titoli: Il ratto della sposa per l’autunno 1765, Lo spirito di contradizione e Le nozze disturbate per il carnevale 1766, i primi due per lo stesso Guglielmi, il terzo per il giovane, ma già in carriera, G. Paisiello. Grazie ai buoni esiti di questi primi drammi – che cominciarono immediatamente a circolare per l’Italia e l’Europa – il M. poté imprimere una svolta alla propria carriera, abbandonando la precarietà delle collaborazioni con i teatri commerciali veneziani per collocarsi come poeta di importanti corti europee.
Forse per interessamento di N. Jommelli, all’epoca direttore della musica e maestro di cappella del duca del Württemberg Carlo Eugenio, nello stesso 1766 il M. fu chiamato a servire come poeta di quella corte. L’esordio tedesco avvenne nel teatro ducale di Ludwigsburg con due drammi giocosi intonati da Jommelli: La critica teatrale, la cui attribuzione al M. è assai probabile (ma non certa, così come ignota ne è l’esatta data di rappresentazione), e Il matrimonio per concorso – cavato dall’omonima commedia di C. Goldoni – che andò in scena il 4 novembre con un prologo mitologico-celebrativo. Nei due anni abbondanti trascorsi nel Württemberg il M. produsse, sempre per le musiche di Jommelli, altre due pièces giocose, Il cacciator deluso e La schiava liberata, date rispettivamente nei teatri ducali di Tubinga e Ludwigsburg il 4 nov. 1767 e il 18 dic. 1768, alle quali, dato l’inserimento di situazioni serie e momenti larmoyants, diede l’etichetta di genere – poco convenzionale, ma di lì in poi a lui assai cara – di «dramma serio-buffo per musica».
Come gli altri librettisti giocosi della sua generazione, anche il M. si rifece, nella scelta dei temi, nel numero di personaggi cantanti (tra 7 e 10, ma in genere 8), nella costruzione e nella condotta della narrazione drammatica, all’originario modello goldoniano, organizzato in tre atti – di cui i primi due chiusi da un importante finale concertato ove, riuniti tutti o quasi i personaggi, prende in genere vita una scena di caotico stupore – e la cui trama, invariabilmente amorosa, prevede, dopo una sequela di peripezie, un lieto fine con inevitabili nozze, semplici o doppie. L’ambientazione sociale mista, ove sono in scena nobili, borghesi e popolani, e la presenza di situazioni non solo comiche ma anche semiserie, consentiva al M. di parodizzare, nel corso del dramma, topoi scenici o stilemi poetici tipici dell’opera seria metastasiana. Nelle arie e nei numerosi pezzi d’assieme abbondano i «cataloghi», nelle forme più varie («delle tante qualità», «del giramondo», «della battaglia», ecc.) e, nei finali d’atto, le ripetizioni di sillabe con le quali i personaggi onomatopeizzano cuori che battono, teste percosse e altro ancora. Né sono infrequenti sapientoni verbosi, che erompono in espressioni latine, stranieri (veri o fasulli) con il relativo bagaglio di bizzarrie comportamentali e distorsioni linguistiche, o geografie esotiche, come l’Algeri in cui è ambientata La schiava liberata.
Nel 1768 Jommelli siglò con la corte portoghese un accordo che gli avrebbe permesso di fornire a essa opere di teatro pur risiedendo in Italia. Per essere rappresentato da persona fidata, in grado di curare anche artisticamente i suoi interessi, Jommelli raccomandò al direttore degli spettacoli reali P.J. da Silva Botelho l’assunzione del M. – già noto a Lisbona per le rappresentazioni che nel 1767 s’erano date de Il ratto della sposa – quale poeta dei teatri regi.
In lui Jommelli lodava, con altre qualità, «non solo l’ottimo suo carattere, ma il suo non comune talento, la sua instancabile buona volontà, e la sua intelligentissima prattica del teatro», «avendolo […] sempre trovato, in mille occasioni, affezionato, fedele, segreto, instancabile ed ottimo amico» (McClymonds, 1980, pp. 450, 460).
L’assunzione del M. fu decisa nell’autunno 1768 e regolarizzata al suo arrivo a Lisbona con un contratto triennale che prevedeva, come scrive Silva Botelho, l’«istesso onorario [suggerito da Jommelli] dei 300 zecchini […] che adesso avanza nel servizio di s.A.S. con obligo di fare qui in tutto l’istesso che adesso fa nella corte della sudetta A.S.» (ibid., pp. 590 s.). Trattenuto in Germania prima dalle rappresentazioni de La schiava liberata, quindi a forza dal principe Carlo Eugenio, il M. non poté tuttavia lasciare Ludwigsburg prima del 16 marzo 1769, per raggiungere infine Lisbona, via terra, il 20 maggio.
Com’era consuetudine, al poeta di corte spettavano, oltre alla stesura di libretti per nuove opere o componimenti per musica, anche i rimaneggiamenti necessari alla semplice ripresa dei drammi preesistenti da rappresentarsi nei teatri reali, e la direzione della loro messa in scena. Così avvenne, all’arrivo del M. a Lisbona, per la ripresa del Fetonte di Jommelli andato in scena il 6 giugno, giorno natalizio del re. Grazie a un servizio evidentemente ben reso, il M. non tardò a suscitare, per le sue doti personali e professionali, la soddisfazione dei reali e di Silva Botelho, che già il 19 giugno 1769 lo dice «di buon caratere, molto savio, e di buonissima indole» (ibid., p. 596). In veste di sovrintendente alla messa in scena degli spettacoli, al M. toccava anche il procacciamento delle musiche per i balli e la responsabilità di comunicare ai musicisti i desiderata dei reali, assai esigenti in materia di musica. Di lì a poco, in concomitanza con l’accordo che legava Jommelli alla corte, il M. fu incaricato sia di riadattare alcuni drammi da loro creati per i teatri del Württemberg, sia di risistemare vecchi drammi già musicati dal compositore, secondo le esigenze di produzione locali o le nuove tendenze drammatico-musicali.
Per il genere comico furono ripresi, nei teatri reali di Salvaterra de Magos o dell’Ajuda (Lisbona), Il matrimonio per concorso (Salvaterra, carnevale 1770), La schiava liberata (Ajuda, primavera 1770) e Il cacciatore deluso (Salvaterra, carnevale 1771), ed entro l’11 dic. 1770 fu steso il dramma serio-comico Le avventure di Cleomede (Ajuda, 6 giugno 1772). Per il serio, invece, dopo la commissione, poi annullata, di «un’opera seria da farsi nel gusto moderno» (Silva Botelho, ibid., p. 601) – notizia che entusiasmò Jommelli «giacché il medesimo sa tutto il mio piacere, gusto, e desiderio toccante le cose teatrali, ed abbiamo perciò tra di noi due, buona, amichevole e sincera intelligenza e fiducia» (ibid., p. 470) – al M. fu chiesto di metter mano a due drammi metastasiani: dapprima all’Ezio, affinché fosse musicato ex novo, con buona pace di Jommelli, ch’era così alla sua quarta intonazione di quel dramma, quindi a Il trionfo di Clelia. Riaggiustate rispettivamente prima del 26 sett. 1769 e del 18 giugno 1771, l’Ezio e la Clelia poterono tuttavia andare in scena all’Ajuda, con grande successo, solo il 20 apr. 1772 e il 6 giugno 1774, causa i lunghi ritardi di Jommelli nella composizione.
Da una lettera di G. Aprile a lui indirizzata, apprendiamo che nel 1770 il M. era innamorato di una certa «bella Teresina» (ibid., p. 520), forse la donna che sposò il 23 dic. 1771, e dalla quale ebbe almeno una figlia. Sappiamo inoltre, da una lettera di J.A. Pinto da Silva, successore di Silva Botelho, che, tra il marzo e l’aprile 1774, il M. s’ammalò di una «pericolosa mallattia cagionata da una febre putrida» (ibid., p. 678), da cui tuttavia guarì rapidamente.
Se con Le avventure di Cleomede il M. si era allontanato dai canoni dell’opera giocosa, sia mischiando – fuor da intenti parodici – stili poetici e personaggi, nell’elenco rigorosamente ripartiti in «seri» e «giocosi», sia introducendo maghi e relativi incantesimi al fine di presentare effetti scenici, macchinistici e pirotecnici meravigliosi – come la comparsa di «globi di fiamme e fumo» – e di «molti differenti mostri», la trasformazione di Anassandro «in orribil drago», o il cambiamento istantaneo della scena (atto I, scene 4 e 15), con Creusa in Delfo (Salvaterra, carnevale 1774), «dramma per musica in due atti misto di cori e danze» intonato dal maestro della cappella reale e di musica delle principesse D. Perez, il M., s’era spinto oltre, e abbandonato del tutto il dramma giocoso aveva iniziato ad attingere i temi dei suoi drammi anche alla mitologia già trattata nella tradizione lirica francese.
Dopo la morte di Giuseppe I (24 febbr. 1777) e la successione al trono della figlia Maria I e del consorte di questa Pietro III (fratello minore di Giuseppe I), la produzione drammatica del M. fu ancor più manifestamente mitologica nei soggetti e allegorico-celebrativa negli intenti. La nuova committenza reale gli chiese da quel momento solo drammi per musica o serenate di cortissimo respiro, per lo più di un solo atto, e ancor più brevi componimenti drammatici d’occasione, da affidare invariabilmente a un gruppetto di compositori portoghesi, in parte formatisi a Napoli col sussidio del defunto regnante, attivi a Lisbona con vari incarichi: J. de Sousa Carvalho, L.X. dos Santos, J.C. da Silva, i fratelli J.F. e B.F. de Lima, A. da Silva Gomes e Oliveira, e A.L. Moreira, allievo di Sousa Carvalho.
Come per Creusa in Delfo, il M. dovette ricercare ispirazione per la narrazione drammatica, e talvolta anche per la costruzione dell’impianto scenico – con le necessarie modifiche se l’occasione celebrativa gli avesse imposto di rettificare il finale da funesto in lieto – in particolari titoli della librettistica francese: Créuse l’athénienne e Callirhoé di P.-Ch. Roy, Persée, Atys, Thésée, Proserpine e Cadmus et Hermione di Ph. Quinault, Hésione di A. Danchet, Bellérophon di Th. Corneille, Alcione di A. Houdar de La Motte. Quanto al linguaggio poetico, il M. mantenne quello, ormai standardizzato nell’opera seria, eroica o mitologica che fosse, del dramma metastasiano, sia nelle scelte formali – la preponderante alternanza di recitativi e arie d’ingresso in quinta – sia in quelle retoriche e lessicali.
Prima di uscire definitivamente dalle cronache teatrali, il M. compose tuttavia ancora due libretti italiani in piena regola. Per il genere giocoso creò il dramma serio-comico Lindane e Dalmiro, dato con musiche di J.C. da Silva all’Ajuda il 17 dic. 1789. Per il serio fornì a Moreira un dramma per musica vero e proprio, L’eroina lusitana, che, rappresentato sempre a Lisbona l’autunno 1795 nel nuovo teatro di S. Carlo, sarebbe stata la pièce conclusiva della sua carriera.
Il M. morì probabilmente a Lisbona tra il luglio e il dicembre 1802, mese in cui quella che ormai doveva essere la pensione di sua spettanza fu pagata non più a lui, ma alla vedova e alla figlia (Brito, p. 210).
Oltre a quelle citate in precedenza il M. fu autore delle seguenti opere. Componimenti drammatici: Il trionfo di Sebaste (Lisbona, 13 maggio 1776); La verità disvelata (ibid., 1777, post 24 febbraio); Il trofeo di Gloria (ibid., 25 apr. 1791); Il presagio di Temide (ibid., 29 apr. 1794). Serenate per musica: L’unione coronata (N. Jommelli; Stoccarda, Palazzo della Solitudine, 22 sett. 1768); L’eroe coronato (D. Perez; Lisbona, Casa da Alfândega [della dogana], 7 giugno 1775); Perseo (J. de Sousa Carvalho; Queluz, villa reale, 5 luglio 1779); Ati e Sangaride (L.X. dos Santos; ibid., 25 luglio 1779); Palmira di Tebe (Id., ibid., 21 ag. 1781); Calliroe (A. da Silva Gomes e Oliveira; ibid., 25 luglio 1782); Bireno ed Olimpia (A.L. Moreira; ibid., 21 ag. 1782); L’imenei di Delfo (Id.; Lisbona, Ajuda, 28 marzo 1785); Numa Pompilio II re de’ Romani (J. de Sousa Carvalho; ibid., palazzo reale di Paço da Ribeira, 24 giugno 1789). Drammi per musica: Testoride argonauta (Id.; Queluz, villa reale, 5 luglio 1780); Edalide e Cambise (J.C. da Silva; Lisbona, Ajuda, 17 dic. 1780); Seleuco re di Siria (J. de Sousa Carvalho; Queluz, villa reale, 5 luglio 1781); Enea in Tracia (J.F. de Lima; Lisbona, Ajuda, 17 dic. 1781); Everardo II, re di Lituania (J. de Sousa Carvalho; Queluz, villa reale, 5 luglio 1782); Penelope nella partenza da Sparta (Id.; Lisbona, Ajuda, 17 dic. 1782); Siface e Sofonisba (A.L. Moreira; Queluz, villa reale, 5 luglio 1783); Teseo (J.F. de Lima; ibid., 21 ag. 1783); Tomiri (J. de Sousa Carvalho; Lisbona, Ajuda, 17 dic. 1783); Adrasto re degli Argivi (Id.; Queluz, villa reale, 5 luglio 1784); Il ratto di Proserpina (J.C. da Silva; ibid., 25 luglio 1784); Cadmo (A. da Silva Gomes e Oliveira; ibid., 21 ag. 1784); Esione (L.X. dos Santos; Lisbona, Ajuda, 17 dic. 1784); Archelao (J.C. da Silva; Queluz, villa reale, 21 ag. 1785); Alcione (J. de Sousa Carvalho; Lisbona, Ajuda, 25 luglio 1787); Artemisia regina di Caria (A.L. Moreira; ibid., 17 dic. 1787); Megara tebana (J.C. da Silva; ibid., palazzo di Paço da Ribeira, 25 luglio 1788); Gli eroi spartani (A.L. Moreira; ibid., 21 ag. 1788); Bauce e Palemone (J.C. da Silva; ibid., Ajuda, 25 apr. 1789); Gli affetti del Genio lusitano (A.L. Moreira; ibid., Casa pia del Castello di s. Giorgio, 1° sett. 1789); Il puro omaggio (Id.; ibid., Rua dos Condes, 13 maggio 1791); Il natale augusto (Id.; ibid., Casa di A.J. da Cruz Sobral, 1793, post 29 aprile). Oratori sacri: Salomè madre de’ sette martiri Maccabei, (J.C. da Silva; ibid., Ajuda, 21 marzo 1783); Il trionfo di Davidde, (B.F. de Lima; ibid., 19 marzo 1785); Ester (A.L. Moreira; ibid., 19 marzo 1786).
Fonti e Bibl.: H. Abert, N. Jommelli als Opernkomponist. Mit einer Biographie, Halle 1908, pp. 426-442; M.P. McClymonds, N. Jommelli. The last years, 1769-1774, University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 1980, pp. 8, 52-55, 60, 64, 71 s., 87, 122, 197, 219-227, 248 (appendice di lettere: pp. 446, 448-450, 460, 465, 469 s., 487, 520, 590 s., 595 s., 598 s., 601, 608 s., 613, 624-627, 635-640, 643 s., 654-656, 658 s., 678, 680 s., 684); Id., Jommelli’s last opera for Germany: the opera seria-comica «La schiava liberata» (Ludwigsburg, 1768), in Current Musicology, 1985, n. 39, pp. 7-20; M.C. de Brito, Opera in Portugal in the eighteenth century, Cambridge 1989, pp. 38, 40 s., 48, 141, 143-146, 149, 151, 153-164, 166 s., 169, 209 s.; Diz. dell’opera, a cura di P. Gelli, Milano 1996, p. 264; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, pp. 285 s.; The New Grove dictionary of opera, III, pp. 234 s. (per alcune opere su libretti del M. ibid., pp. 1242 s.; ibid., IV, pp. 217 s., 478).