NEGRI, Gaetano
NEGRI, Gaetano. – Nacque a Milano l’11 luglio 1838, secondogenito di Luigi e di Giulia Vassalli, da una ricca famiglia della borghesia terriera dell’Abbiatense (tra Magenta e Abbiategrasso), che aveva residenza a Cassinetta di Lugagnano, di cui Luigi fu sindaco dopo l’Unità.
Studiò al liceo S. Alessandro di Milano, poi si laureò in legge all’Università di Pavia. Coltivò anche interessi più eclettici, approfondendo, tra l’altro, gli studi di scienze naturali e di geologia sotto la guida di Antonio Stoppani e frequentando il Museo di storia naturale di palazzo Dugnani a Milano.
Come per molti giovani della sua generazione e della sua condizione, l’ambiente universitario pavese costituì uno stimolo a partecipare alla guerra per l’indipendenza nazionale; a fine aprile 1859, non avendo ricevuto dal padre il permesso di arruolarsi tra i garibaldini, ottenne almeno di entrare nella Sabauda Accademia militare di Ivrea. Quando dopo la battaglia di Solferino (24 giugno 1859) anche i giovani dell’Accademia furono chiamati nei ranghi effettivi, il sottotenente Negri fu aggregato al VI reggimento della brigata Aosta, tuttavia non fu mai impegnato nel conflitto. Per circa due anni fece vita di guarnigione e quando, con l’Unità, il suo reggimento fu inviato a Napoli, inizialmente fu aiutante del comandante della brigata, generale Cesare Ricotti. Nell’agosto 1861 si ricongiunse al suo battaglione, dedicandosi a malincuore – come scriveva nelle sue lettere – non alla guerra contro lo straniero, ma alle operazioni di polizia contro il brigantaggio. Fino all’aprile 1862 fu impegnato nel pattugliamento delle aree interne della Campania; col grado di tenente partecipò a diverse operazioni armate, che gli valsero due medaglie d’argento al valore.
La prima gli fu attribuita per un’azione compiuta il 18 dicembre 1861: durante una perlustrazione con i suoi 34 soldati nei pressi di Montesarchio, vicino a Benevento, s’imbatté in 200 uomini della banda di Cipriano La Gala; il drappello sostenne l’urto senza perdite e ripiegò, mentre il grosso della truppa interveniva provocando diversi morti tra i briganti. Meritò la seconda medaglia a Calitri, nei pressi di Avellino: il 7 aprile 1862 il suo plotone si scontrò con un centinaio di cavalieri della banda di Carmine Crocco, ai quali inferse perdite ingenti a costo però di otto morti tra i suoi uomini. Egli stesso fu ferito a una spalla; rimessosi, lasciò il servizio nell’esercito.
Stabilitosi a Milano divenne collaboratore della Perseveranza, organo del moderatismo lombardo, attese a studi naturalistici e si dedicò a lavori di geologia e cartografia.
Con Emilio Spreafico fu incaricato di realizzare il foglio 24 della prima carta topografica della Svizzera, la cosiddetta Carta Dufour (1845-67), per la zona tra Lugano e Varese; frutto di quegli studi fu anche la memoria dei due autori: Saggio sulla geologia dei dintorni di Varese e di Lugano (Milano 1869). Negri pubblicò inoltre la Descrizione dei terreni componenti il suolo d’Italia (ibid. 1873), che poi costituì la prima parte di una Geologia d’Italia, cui l’editore Vallardi aggiunse un volume di Antonio Stoppani (1880) e uno di Giuseppe Mercalli (1883); scrisse inoltre saggi sulla scienza, attraverso i quali maturava il suo razionalismo filosofico, come La teoria della evoluzione nelle scienze naturali (Milano 1872).
Cominciò quindi la carriera politica che lo avrebbe portato a divenire forse il massimo esponente della ‘consorteria’ moderata milanese, avente il suo caposaldo nell’Associazione costituzionale, di cui Negri fu vicepresidente, e che resse il Municipio dall’Unità al 1899. Nel 1873 fu eletto consigliere comunale a Milano (vi sarebbe rimasto fino al 1899), e nel 1889 entrò come rappresentante di Abbiategrasso nel Consiglio provinciale, dove rimase fino alla morte con la carica di vicepresidente; nel 1880-82 fu deputato del II collegio di Milano alla Camera (XIV legislatura); nel giugno 1886 fu scelto come senatore, ma la nomina fu respinta per difetto di censo, requisito che risultò sufficiente all’atto della successiva nomina, del dicembre 1890 (XXI categoria); prestò giuramento nel febbraio 1891.
Nella giunta comunale milanese guidata da Giulio Belinzaghi (1873-84), fu protagonista come assessore all’educazione e sovrintendente alle scuole municipali, garantendo un aumento delle spese per l’istruzione primaria nel bilancio del Comune e dedicandosi al potenziamento della Scuola superiore femminile (fondata nel 1861), concepita come un istituto di formazione per le donne della borghesia. Dimessosi Belinzaghi per il malcontento che si era registrato anche nella maggioranza consiliare per l’irrisolta politica di indirizzo allo sviluppo urbano, assunse la guida della giunta come assessore anziano nell’aprile 1884 e, dopo le nuove elezioni, nel 1885-89 fu il primo sindaco non nobile di Milano. Interpretò il suo ruolo con uno spirito di concreto interventismo, ma anche con uno stile autoritario e arrogante verso le opposizioni.
Eppure non era mancato il consenso dell’opposizione democratica intorno al suo provvedimento più rilevante, il progetto del nuovo piano regolatore, compilato prevalentemente dall’ingegnere comunale Cesare Beruto e nella prima redazione approvato all’unanimità dal Consiglio comunale nel gennaio 1886. Il piano, che regolava la maglia viaria e gli insediamenti abitativi tra i bastioni e la circonvallazione esterna della città, comprendendo anche una risistemazione delle reti fognarie e di distribuzione dell’acqua potabile, l’illuminazione elettrica, il restauro del castello Sforzesco e la creazione del foro Bonaparte, e l’erezione del nuovo grande cimitero di Musocco, fu inizialmente respinto dal Consiglio superiore dei lavori pubblici; nuovamente rielaborato fu sottoposto all’approvazione del Consiglio comunale e approvato dal ministero nel luglio 1889, ormai alla fine del sindacato di Negri; i suoi successori, anche per le ristrettezze di bilancio, lo applicarono solo parzialmente.
Si scelse lo scontro con l’opposizione intorno al riassetto amministrativo e tributario del municipio a seguito della riunificazione del Comune dei Corpi Santi con il centro storico, avvenuta nel 1873 lasciando in sospeso molte questioni: l’integrazione fiscale e patrimoniale tra città e forese, l’unificazione delle liste elettorali municipali e il riparto dei consiglieri. La resistenza di Negri a risolvere la questione delle liste derivava dal timore che la forza elettorale dei democratici nel suburbio incrinasse la solidità del potere della consorteria moderata; d’altro canto le esigenze di bilancio imponevano una rapida realizzazione dell’unificazione tributaria, estendendo anche al circondario il pagamento del dazio-consumo per le merci introdotte in città. Per vincere l’ostilità delle opposizioni e degli abitanti delle periferie, il sindaco, nell’aprile 1886, provocatoriamente ordinò alle guardie di non derogare all’imposizione dal dazio neppure nel caso degli operai che entravano per lavorare nella città murata portandosi come colazione la ‘micca’ di pane – che in periferia costava meno – dal peso superiore a una libbra. Ne seguirono tumulti e la sconfessione della decisione di Negri anche in Consiglio comunale, con una momentanea convergenza di esponenti della maggioranza più moderata con l’opposizione. L’atto di forza in gran parte rientrò, con l’attenuarsi dei controlli e l’aumento di peso del pane esentato dal dazio, ma la questione dell’unificazione tributaria rimase in sospeso, anche per l’assoluto rifiuto di Negri di concordare con l’opposizione altre possibili soluzioni.
L’allargamento dell’elettorato amministrativo, che nel 1889 diede alla democrazia radicale una forte rappresentanza in Consiglio comunale, orientò i moderati milanesi verso una giunta di conciliazione con le opposizioni; per presiederla fu scelto come sindaco il più accomodante Belinzaghi. Negri rimase comunque eminenza grigia della consorteria milanese e fu tra gli artefici, nel 1892, dell’elezione a sindaco di Giuseppe Vigoni, insieme al quale fece approvare al Consiglio comunale l’indirizzo di plauso all’opera del generale Fiorenzo Bava-Beccaris nella sanguinosa repressione dei disordini del maggio 1898.
La sua influenza in città si articolava in ruoli di rilievo in imprese economiche, come la presidenza della Società anonima strade ferrate Vigevano-Milano, o in istituti scientifici e culturali di prestigio: fu tra l’altro il primo presidente dell’Istituto sieroterapico milanese dal 1895; presiedette l’Istituto lombardo di scienze e lettere, la Società storica lombarda, la Casa di ricovero per i musicisti, e i consigli di amministrazione di diverse opere pie.
In parlamento non fu molto attivo; spesso assente alla Camera nel breve mandato, al Senato intervenne soprattutto su temi relativi al culto e al rapporto con la Chiesa; tra i suoi discorsi più rilevanti vi fu quello del 17 luglio 1895 contro il disegno di legge per l’istituzione della festa del XX settembre, che avrebbe costituito un motivo di divisione nel campo moderato; mentre nel maggio 1900 intervenne contro il progetto di legge per l’istituzione del matrimonio civile, poiché riteneva che avrebbe rafforzato l’opposizione della Chiesa allo Stato italiano.
Parallelamente alla politica, svolse una prolifica attività di studioso e scrittore, che ebbe un importante successo editoriale e contribuì a quello dell’amico editore Ulrico Hoepli, per il quale pubblicò alcune delle sue opere maggiori e curò un volume celebrativo (25 anni di vita editoriale. Catalogo cronologico, alfabetico-critico, sistematico e per soggetti delle edizioni Hoepli, 1872-1896, Milano 1896). Oltre agli opuscoli legati all’attività politica e agli articoli per i quotidiani, pubblicò una decina di monografie e numerosi saggi di argomento filosofico-storico e letterario su riviste (Rivista europea e Nuova Antologia) e nei rendiconti di diverse accademie di cui era membro.
Tra le opere maggiori vi sono due ricostruzioni sotto il profilo storico, etico e poetico dell’opera della scrittrice inglese George Eliot (Mary Anne Evans), G. Eliot. La sua vita e i suoi romanzi (ibid. 1891), allora praticamente sconosciuta in Italia, e dell’imperatore del IV secolo Flavio Claudio Giuliano (L’imperatore Giuliano l’apostata. Studio storico, ibid. 1901, che ebbe anche una edizione inglese nel 1905), nelle quali l’analisi è inframmezzata da digressioni di ordine morale, da intuizioni letterarie, da forzature analitiche, imprecisioni e anacronismi condotti però con una prosa coinvolgente, di alta divulgazione, che piacque al pubblico. Il suo orizzonte filosofico era improntato a un disincantato agnosticismo, che si nutriva della positiva fiducia nelle scienze ma non rinnegava il fascino e l’esigenza di una metafisica, né la natura di sorgente di conoscenza e di etica del sentimento religioso. Da tali presupposti derivavano anche le oscillazioni di pensiero e le contraddizioni irrisolte presenti nelle sue opere. Negli scritti di filosofia (il principale: Meditazioni vagabonde. Saggi critici, ibid. 1897) fu soprattutto studioso dei problemi morali, che affrontò con sereno spirito razionalista, ma con procedere non sistematico.
Una geniale intuizione editoriale e testimonianza della sua attenzione per l’educazione dei fanciulli fu la traduzione dal tedesco del libro di filastrocche Struwwelpeter (H. Hoffman, Pierino Porcospino, ibid.1882), che ebbe grande fortuna.
Morì a seguito di una caduta durante un’escursione con la famiglia sulle alture di Varazze, il 31 luglio 1902.
Aveva sposato Carolina Origoni, detta Carlotta, e dal matrimonio nacquero sei figli: Carlo, il maggiore, fu ingegnere presso la Società per le strade ferrate del Mediterraneo, sindaco e poi podestà di Cassinetta (rispettivamente nel 1914-20 e nel 1927-32); Giulia, coniugata Nicolai; Anna, coniugata Gabardini; Teresa, coniugata nel 1904 con il filologo Michele Scherillo, che insieme alla moglie fu biografo di Negri e curatore delle edizioni postume delle sue opere; Gina e Antonio, ancora giovinetti all’inizio del XX secolo.
Le sue principali opere filosofiche, storiche e letterarie e alcuni interventi politici sono in Opere di G. N., a cura di M. Scherillo, I-VI, Milano 1892-1904 (2a ed. 1905-14); nel terzo volume (Rumori mondani, ibid. 1907, pp. 3-17) è il saggio di P. Villari, G. N. Cenno biografico; in appendice al quinto volume l’edizione delle lettere scritte durante il servizio militare.
Fonti e Bibl.: Lettere inedite di Negri sono conservate in vari archivi, soprattutto ma non esclusivamente in Lombardia; si segnalano: Milano, Museo del Risorgimento, Arch. delle civiche raccolte storiche, Carte di Cesare Correnti, Corrispondenza (136 lettere: 1859-84, ad nomen); Ibid., Biblioteca archeologica - Biblioteca d’arte - Centro di alti studi sulle arti visive, Consulta del Museo patrio di archeologia di Milano (1892-1903), Depositi, doni e legati, ad nomen (carteggio di circa 150 lettere del 1860-70); Loveno (Como), Arch. storico di Villa Vigoni, Fondi Giulio e Giuseppe Vigoni, ad nomen (circa 25 lettere); Bergamo, Arch. del Museo storico, Fondo Luigi e Francesco Cucchi, bb. 1, 6, 9. Necr., in La tragica morte del sen. N., in Corriere della sera, 1-2 agosto 1902; F. D’Ovidio, G. N., ibid., 5-6 agosto 1902; L’opera di G. N, in Perseveranza, 5 agosto 1902; G. Barzellotti, G. N., in IlMarzocco, 14 dicembre 1902. G. Della Valle, Il pensiero filosofico di G. N., in Opere di G. N., cit., II, Milano 1897, pp. IX-XXV; B. Croce, La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, Bari 1915, pp. 285-296; Il pensiero di G. N. su uomini e fatti del Risorgimento e sui problemi più ardui e più vivi di politica, di religione, di morale, a cura di T. Scherillo Negri, Milano 1928; P. D’Angiolini, Il moderatismo lombardo e la politica italiana, (1962), ora in Scritti archivistici e storici, a cura di E. Altieri Magliozzi, Roma 2002, passim; Storia di Milano, XV, Nell’unità italiana (1859-1900), Milano 1962, pp. 214, 222, 232-235, 260; XVI, Principio di secolo (1901-1915), pp. 8-35, 439-442, 1017; M. Punzo, Il problema dell’allargamento della cinta daziaria di Milano (1860-1898): un contrasto tra “destra” e “sinistra”, in Amministrare, 1977, n. 1-2, pp. 117-149; R. Ghi-ringhelli, Un ritratto: il sindaco G. N., in Milano 1848-1898. Ascesa e trasformazione della capitale morale, a cura di R. Pavoni - C. Mozzarelli, Venezia 2000, pp. 151-156.