PREVIATI, Gaetano
PREVIATI, Gaetano. – Nacque a Ferrara il 31 agosto 1852 da Flaminio, orologiaio, e da Riccarda Benvenuti Bonlei, morta di parto due anni dopo. Nel 1855 il padre sposò in seconde nozze Cornelia Facchini.
Importanti informazioni sulle origini della famiglia e sui primi anni di vita dell’artista sono offerte dalle memorie del figlio, Alberto, nato nel 1901 (Previati, 1993, pp. 63 ss.).
Abbandonati gli studi presso l’Istituto tecnico locale, nel 1870 il giovane Previati iniziò a frequentare i corsi di pittura di Girolamo Domenichini e di Giovanni Pagliarini presso il civico ateneo. Allo stesso anno risale anche la partecipazione, con alcuni studi, all’Esposizione nazionale di belle arti di Parma.
A questi primi anni di attività è stato riferito il dipinto Belisario in atto di chiedere l’elemosina, siglato «G. P.», già attribuito a Pagliarini e quindi a Previati e ceduto, forse dallo stesso artista, alla Provincia di Ferrara in data imprecisata.
Nel 1872 la presenza a una mostra degli allievi dell’ateneo civico ferrarese organizzata a beneficio degli alluvionati del Po valse all’artista una serie di premi e menzioni di merito. Al 1873 data il trasferimento a Livorno per il servizio militare, concluso nel 1875 con i gradi di caporal maggiore. Nell’autunno dello stesso anno Previati si trasferì a Firenze, dove frequentò l’atelier del pittore Amos Cassioli fino alla primavera dell’anno successivo.
Alla fine del 1876 risale l’iscrizione all’Accademia di Brera di Milano, dapprima alla scuola libera del nudo e quindi, ufficialmente, al corso di pittura di Giuseppe Bertini. In Accademia Previati strinse importanti rapporti di amicizia con i compagni Giuseppe Mentessi, Leonardo Bazzaro, Lodovico Pogliaghi, Amerio Cagnoni e Francesco Filippini, tutti artisti attenti alle novità della scapigliatura. Nel 1877 è documentata la partecipazione del pittore alla mostra organizzata dalla Società Benvenuto Tisi da Garofalo di Ferrara, mentre all’estate del 1878 viene riferito un primo viaggio di studio a Parigi (La vita e le opere di Gaetano Previati, a cura di L. Lecci, in Gaetano Previati, 2005, pp. 153 ss., cui si rimanda anche per un regesto completo delle mostre).
Nel 1879, con il dipinto Ostaggi di Crema (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito nel Museo civico di Crema e del Cremasco), Previati vinse il premio Canonica bandito dall’Accademia di belle arti di Brera, dove pure aveva esposto Una pia donzella ai tempi di Alarico (collezione privata).
Il prestigioso riconoscimento confermò la vocazione iniziale del pittore di storia, impegnato sul grande formato e tuttavia capace di sperimentare un registro linguistico più moderno, esemplato ora sulla maniera accidentata e nervosa di Domenico Morelli, ora sulle più avanzate frange scapigliate degli allievi di Bertini (da Cesare Tallone a Pio Sanquirico), di Tranquillo Cremona e, per suo tramite, dell’eredità di Giovanni Carnovali, detto il Piccio (la prima attività milanese dell’artista è ampiamente ricostruita da Francesco Tedeschi, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999).
L’interesse per la pittura di storia, con una particolare affezione per il Rinascimento italiano nei suoi risvolti più torbidi e sinistri, è sintomatico di una precisa strategia, poetica e politica, dell’artista, che così intendeva conquistare, se non deliberatamente provocare, pubblico e critica, quest’ultima di fatto sempre più attenta nei suoi confronti, ancorché sulle prime piuttosto disorientata di fronte agli «effetti nuovi e strani» della sua pittura – così Virgilio Colombo sulle pagine de La Lombardia (Athos, 1881). Una visione retrospettiva della storia italiana tutt’altro che pacificata o edificante, che si sarebbe appuntata di lì a poco anche sulla più recente epopea risorgimentale.
Di questa tensione rimane testimonianza eloquente il dipinto Cesare Borgia a Capua (Il Valentino), in mostra nel 1880 all’Esposizione nazionale di Torino e acquistato dal conte Antonio Sauli Visconti per il proprio castello di Bertinoro (oggi nella collezione della Cassa dei risparmi di Forlì): un’opera che fece molto discutere per il tema scabroso e la sua fattura veloce e abbozzata, ma che fu anche molto apprezzata per il carattere prezioso dell’evocazione storica di ambienti e costumi, al punto da colpire un visitatore d’eccezione della mostra come Giuseppe Verdi (come si evince dalla lettera che il 12 maggio 1880 il compositore indirizzò a Domenico Morelli, in Levi, 1906, pp. 236 s.).
Dopo i mesi trascorsi a Torino, dove frattanto si era trasferito, nell’autunno del 1881 Previati rientrò a Milano e fissò il proprio studio nell’atelier di Giuseppe Grandi in corso di Porta Vittoria. Nello stesso anno a Brera espose il dipinto Torquato Tasso morente, distrutto per mano dello stesso artista, e l’anno successivo, sempre a Brera, fra gli altri, i dipinti Abelardo ed Eloisa, oggi disperso, Crocifisso, primo dipinto di soggetto sacro, e Alla porta dell’harem, la prima di una serie di opere di ispirazione orientalista: un altro filone vitale, quest’ultimo, della produzione previatiana, anche dopo la svolta simbolista degli anni Novanta, a cui appartengono soggetti ripresi a distanza di anni come Cleopatra (1888, Milano, Galleria d’arte moderna, e 1903 circa, collezione privata) e Fumatrici di hashish (1887, collezione privata, e 1890-92, Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi).
Sul finire dell’anno 1881, a causa di una malattia, Previati fu costretto a fare rientro in famiglia a Ferrara, dove trascorse quasi tutto il 1882, dedicandosi prevalentemente a vedute notturne e uggiose della piazza del Duomo e ai bozzetti con i quali partecipò al concorso per la realizzazione di affreschi con la Via Crucis nel cimitero di Castano Primo, in provincia di Milano, bandito grazie al lascito testamentario di monsignor Giovanni Battista Ramponi. Gli studi per gli affreschi furono portati a termine soltanto nel 1884. Risultato vincitore, Previati attese alla realizzazione di tutte le scene dal 1886 al 1888 (Gaetano Previati (1852-1920). La Via Crucis..., 1983).
Negli stessi anni continuò l’impegno sul fronte della pittura di storia e dell’esecuzione di dipinti di grande formato dedicati alla storia più recente: è questo il caso di Oporto, in mostra a Torino all’Esposizione nazionale del 1884 e poi a Brera nel 1886 e oggi nella Galleria nazionale d’arte moderna di Roma; o ancora dei dipinti Dopo Novara, del 1884 (Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi), e Tirem innanz, del 1886 (esposto a Brera nello stesso anno e andato distrutto nel 1943; ne rimane il bozzetto nel Museo del Risorgimento di Milano), ugualmente improntati a una visione tragicamente cupa della più recente storia italiana.
Della più tarda produzione degli anni Ottanta vanno ancora segnalati i dipinti Paolo e Francesca (1887, Bergamo, Pinacoteca dell’Accademia Carrara), presentato alla Permanente di Milano nello stesso anno e all’Esposizione universale di Parigi del 1889, e Il bacio (1889), presentato alla Permanente di Milano in quell’anno e oggi in collezione privata.
Quest’ultimo dipinto in particolare sembra segnare un cambio di rotta nel percorso creativo dell’artista, per l’ispirazione letteraria (l’opera è anche nota con il titolo Romeo e Giulietta), per l’ambientazione gotica della scena e per la stesura filamentosa della pittura, prossima alla sintassi divisionista. Datano del resto a quell’anno le prime sperimentazioni in tal senso, come si apprende dalle parole che lo stesso artista dedica al dipinto Pace nella corrispondenza con il fratello Giuseppe (G. Previati, Lettere al fratello, 1946): il paesaggio, risultato di una laboriosa vicenda creativa, sarebbe stato esposto per la prima volta nel 1907 a Parigi, al Salon des peintres divisionnistes, quindi nel 1910 alla Permanente di Milano e nel 1912, con il titolo Mattino, alla Biennale di Venezia, dove sarebbe stato acquistato dallo Stato italiano per la Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti a Firenze (Rebora, in Gaetano Previati 1852-1920…, 1999, p. 186, scheda 52).
Negli stessi anni si definirono nell’artista interessi di marca più squisitamente simbolista, come naturale evoluzione della carica tragica, insieme idealista e spiritualista, già attestata nei dipinti di storia: l’esplorazione di precise fonti letterarie – Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire – lo spinse al confronto a distanza con la grafica simbolista francese e belga (Odilon Redon, Félicien Rops, Henry De Groux, Henri Fantin-Latour, Eugène Carrière). Prese avvio così la serie dei disegni per i Racconti straordinari di Poe, esposti per la prima volta nel gennaio del 1891 alla Famiglia artistica di Milano, insieme ad alcuni fogli di tema manzoniano e ad altri di soggetto sacro (Fergonzi, in Gaetano Previati 1852-1920…, 1999). Al 1889 risalgono anche i primi contratti con Alberto e Vittore Grubicy de Dragon, alla cui riflessione e ai cui consigli si deve il progressivo passaggio alla pittura divisionista. Fra l’inverno del 1890 e la primavera del 1891 si colloca così la lunga gestazione del dipinto Maternità (Banca popolare di Novara), esposto fra non poche polemiche alla I Triennale di Brera nel 1891 e difeso strenuamente da Vittore Grubicy sulle pagine di Cronaca d’arte (1891).
Il diluvio di giudizi negativi e il conseguente mancato riscontro di vendite andarono a sommarsi agli assilli economici di un bilancio familiare sempre più gravoso, dopo le nozze di Previati, nel 1890, con Leonilda Baldassini, sua modella, e la nascita del primo figlio, Carlo, nel 1891. Nondimeno, il clamore suscitato dall’opera e il sostegno di Grubicy gli valsero l’invito a Parigi, l’anno seguente, al primo Salon de la Rose-Croix, che servì a rimarcare l’ormai compiuta svolta simbolista del pittore (Piantoni, 1990). Gli anni a seguire furono i più difficili – come testimoniava lo stesso Previati nelle lettere inviate al fratello (Lettere al fratello, cit.) – e, nonostante le molte occasioni espositive tra Milano, Torino e Ferrara, anche i più importanti appuntamenti della seconda edizione della Triennale di Milano nel 1894 – in cui fu esposta la Madonna dei Gigli (Milano, Galleria d’arte moderna) – e delle prime tre edizioni della Biennale di Venezia (1895, 1897, 1899) non riuscirono ad assicurare all’artista il riconoscimento tanto atteso.
Le sperimentazioni in ambito divisionista, e più in generale sul piano della tecnica pittorica, sono sorrette da una costante riflessione teorica, a riprova e sostegno delle ragioni e delle pratiche della pittura di Previati: nel 1894 il pittore scrisse una Memoria sulla tecnica dei dipinti con cui partecipò a un concorso bandito dal ministero della Pubblica Istruzione per la preparazione dei restauratori ottenendo una menzione di merito, ma solo un decennio più tardi gli appunti e le bozze redatte nel tempo avrebbero trovato esito in edizioni a stampa (1905, 1906 e 1913; nel merito, Bordini, 1993, 1996 e in Gaetano Previati 1852-1920, 1999; Rinaldi, 1999; Mastroianni, 2010).
Soltanto a partire dal 1899 la carriera di Previati iniziò a conquistare consensi e riscontri, quando, su suggerimento di Giovanni Segantini, Alberto Grubicy gli propose un contratto in esclusiva con la sua galleria per la vendita delle sue opere (Rebora, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999). Di lì a poco un altro importante riconoscimento arrivò con la raccolta in volume, nel 1900, dei fascicoli con le uscite a puntate dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, pubblicati dall’editore milanese Ulrico Hoepli con le illustrazioni dell’artista (I “Promessi Sposi”, 1993). Del 1901 è invece la sala personale allestita alla Biennale di Venezia, con una presentazione in catalogo a firma di Vittorio Pica (1901). In questa occasione alcuni dipinti – Farfalle, Uva, Pianticella, Bambino che suona – vennero acquistati dalla famiglia reale e i disegni Paolo e Francesca e Cleopatra dal mercante berlinese Ernst Seeger: fu questo il momento più alto della presenza dell’artista a Venezia.
Le successive partecipazioni non sarebbero state premiate da alcun acquisto, fra le lamentele dello stesso Previati per la scarsa attenzione prestata al corretto allestimento dei suoi dipinti e per il disinteresse più generale dell’istituzione per il divisionismo (Zatti, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999). Sarebbe stato necessario attendere la seconda personale nel 1912, organizzata da Alberto Grubicy e presentata in catalogo da Nino Barbatini, perché alla rinnovata attenzione nei confronti della sua pittura corrispondessero gli acquisti per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (Mammina) e per la Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro a Venezia (Leda), oltre al già citato Mattino per Firenze.
Lungo tutto il corso del primo decennio del Novecento l’iniziativa di Grubicy aveva tentato di veicolare la fortuna dell’artista soprattutto all’estero, con le partecipazioni alle mostre internazionali d’arte di Monaco (1901 e 1905), al già citato Salon des peintres divisionnistes (1907) e al Salon d’automne a Parigi (1909), all’Esposizione internazionale di Buenos Aires e all’Esposizione universale di Bruxelles (1910), da cui venne trattenuto Il re sole, oggi nella collezione dei Musées royaux des beaux-arts. Non poche furono anche le presenze in mostre italiane, a Torino, Milano, Roma, Ferrara, fra cui vanno ricordate almeno la doppia personale con Segantini all’Esposizione del Sempione nel 1906 (Esposizione di Milano, 1906) e la collettiva L’arte del sogno alla Biennale di Venezia nel 1907 (Giubilei, 2011). La mostra del 1906, in particolare, ebbe vasta eco nella stampa e consacrò il successo dell’artista a livello nazionale, grazie soprattutto ai contributi di Mario Morasso nel catalogo e ai successivi interventi di Achille Locatelli Milesi e di Enrico Corradini.
Nel 1908 vennero realizzati i sei dipinti commissionati da Alberto Grubicy come un insieme decorativo per la sala della musica della residenza milanese della figlia – La danza (Pastorale), Il vento (Fantasia), Notturno (Il silenzio), Armonia (Sinfonia) e due scene con putti –, esposti a Parigi nel 1909 e oggi conservati al Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera (Mariani - Bernardi, 1958).
La serie si configura come il primo coerente tentativo, da parte dell’artista, di misurarsi sul fronte della pittura murale o d’ambiente, facendosi interprete in questo modo delle più avanzate istanze simboliste che miravano al principio della sintesi delle arti e dell’opera d’arte totale, nel confronto privilegiato con la musica romantica tedesca di Richard Wagner e Ludwig van Beethoven.
Alla stessa altezza cronologica matura il progetto di un altro ciclo decorativo, riveduto e corretto in corso d’opera (ancora una volta sotto la regia di Alberto Grubicy), per essere portato a termine più tardi, fra il 1914 e il 1916, e adattato, nei contenuti e nel formato, alla sua definitiva collocazione (verosimilmente però solo a metà del decennio successivo) nel salone dei ricevimenti della Camera di commercio di Milano. Al trittico Il giorno (1907), dalla magniloquente enfasi wagneriana, fra Il carro del sole e le raffigurazioni simboliche del Giorno e della Notte, vennero così affiancate quattro grandi tele, di tono più didascalico, con le principali vie del commercio: Carovaniera del deserto, Ferrovia del Pacifico, Il canale di Suez, Traforo delle Alpi (1914-16; cfr. Ginex, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999, pp. 212-223).
Nel gennaio del 1910 venne allestita una mostra di duecento opere di Previati alla Permanente di Milano (Esposizione, 1910): in quell’occasione fu data alle stampe una raccolta di interventi critici a lui dedicati fino a quel momento, ancora oggi un utile repertorio per ricostruire la prima fortuna critica dell’artista (L’arte di Gaetano Previati, 1910). A riprova del consenso unanime ormai raggiunto, nello stesso anno il pittore venne nominato commendatore della Corona d’Italia (A.P. Torresi, Gaetano Previati: l’uomo e l’artista, in Previati, 1993, p. 23).
Nel 1911, su iniziativa di Alberto Grubicy, venne fondata la Società per l’arte di Gaetano Previati, per gestire più agilmente gli interessi dell’artista e la vendita delle sue opere. Ne facevano parte, oltre ai diretti interessati, anche il principe Alexandre Berthier de Wagram, l’editore Giuseppe Bocca, Carlo Fornara e Giacomo Puccini fra gli altri. Fu la Società a gestire tutte le partecipazioni dell’artista alle esposizioni successive, come a quella delle ultime opere dei divisionisti italiani, nel 1912, alla galleria Grubicy di Parigi, con una presentazione a firma dello stesso Previati, o ancora, nello stesso anno, alla Latin-British Exhibition nella Great White City a Londra. Dell’anno successivo è invece la mostra personale al Catholic Club di New York su invito del cardinale James Gibbons (Illustrated catalogue, 1913). Il tempestivo apprezzamento della pittura sacra di Previati da parte delle più alte gerarchie ecclesiastiche è documentato dalla lettera con cui nel 1914 il cardinale Antonio Agliardi concedeva l’utilizzo dell’aula magna e della sala dei Cento Giorni nel palazzo della Cancelleria apostolica di Roma per l’allestimento di una mostra personale dell’artista (Nicodemi, 1913-1914 e 1914; Vigorelli, 1999).
Negli anni del primo conflitto mondiale si registra il generoso impegno dell’artista, che partecipò con l’offerta di disegni e dipinti a molte iniziative di beneficenza a favore dell’esercito, degli invalidi di guerra e dei loro familiari. Sono anni di lutto per Previati, che nel 1915 perse la moglie, morta dopo lunga malattia, il fratello Giuseppe e, nel 1916, il secondogenito Flaminio, nato nel 1895 e morto prima di raggiungere il fronte. Nello stesso anno il figlio Carlo, arruolatosi volontario in fanteria, venne ferito nella battaglia sul Carso, fatto prigioniero e internato nel campo di Mauthausen, da cui avrebbe fatto ritorno soltanto tre anni più tardi. La sequenza di questi tragici eventi gettò Previati in uno stato di progressiva prostrazione, che lo portò a smettere del tutto di dipingere e a decidere di lasciare per sempre Milano per ritirarsi a vivere con i due figli e la cognata Anna nella casa di vacanze a Lavagna, in provincia di Genova.
Rimase così incompiuto, fra molte altre opere, anche l’ultimo dei tre grandi pannelli del monumentale ciclo decorativo dedicato alla Battaglia di Legnano e iniziato nel 1915 (Legnano, Museo civico Guido Sutermeister).
Tuttavia, la ben avviata macchina commerciale messa a punto da Grubicy continuò a sostenere la partecipazione di Previati a diverse esposizioni: dalla doppia personale con Fornara nel 1916 (Esposizioni collettive, 1916), con una presentazione in catalogo di Paolo de Gaufridy, alla Mostra pro tubercolosario di Cuasso al Monte nel 1919, allestita come la precedente alla Permanente di Milano. Iniziative analoghe sarebbero state intraprese a Milano anche dopo la morte di Previati, come la retrospettiva sulla pittura divisionista italiana allestita nel 1922 nella galleria Bottega di Poesia (Esposizione retrospettiva, 1922) o, ancora, la dismissione del lascito di Grubicy all’associazione nazionale dei mutilati e degli invalidi di guerra nel 1927 alla galleria Pesaro (Le opere di Gaetano Previati, 1927). Grubicy aveva già assicurato per testamento un cospicuo nucleo di dipinti di Previati alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (Damigella, 2006).
La crescente fortuna critica e collezionistica del pittore, fra gli anni Dieci e Venti, ha avuto importanti ricadute, anche sul piano teorico, sul lavoro di molti artisti d’avanguardia in Italia: dalle riflessioni di Umberto Boccioni sulla poetica degli stati d’animo (Calvesi, 1961; Ginex, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999; Schiaffini, 2002) alle più tarde considerazioni tributategli da Giorgio De Chirico e Carlo Carrà in occasione della morte, al ritorno d’interesse per la pittura di storia in clima Novecento italiano (Mazzocca, in Gaetano Previati 1852-1920, 1999).
Morì a Lavagna il 21 giugno 1920.
Opere. La tecnica della pittura, Torino 1905; I principi scientifici del divisionismo. La tecnica della pittura, Torino 1906.
Fonti e Bibl.: Athos [V. Colombo], Esposizione artistica. G. P., in La Lombardia, 25 luglio 1881 (anche in V. Colombo, Esposizione artistica 1881, Milano 1881, pp. 154-161); V. Grubicy, “Maternità” di G. P., in Cronaca d’arte, I (1891), 22, pp. 181 s.; V. Pica, Mostra del pittore G. P., in Quarta esposizione internazionale d’arte della città di Venezia 1901. Catalogo illustrato, Venezia 1901, pp. 146-150; E. Corradini, G. P., in Nuova Antologia, 1906, vol. 126, n. 839, pp. 421-434; P. Levi, Domenico Morelli nella vita e nell’arte, Roma-Torino 1906; A. Locatelli-Milesi, L’opera di G. P., Milano 1906; Esposizione di Milano 1906. Galleria Grubicy. Catalogo delle mostre collettive Segantini-P., Milano 1906; Esposizione di duecento opere di G. P.: nel palazzo della Società per le belle arti in Milano, gennaio-febbraio 1910 (catal.), Milano 1910; L’arte di G. P. nella stampa italiana: articoli critici-biografici e conferenze, Milano-Torino-Roma 1910; G. Previati, Della pittura. Tecnica e arte, Torino 1913; Illustrated catalogue of the paintings of Comm.re G. P. (catal.), New York 1913; G. Nicodemi, G. P., in Arte cristiana, I-II (1913-1914), pp. 109-112; Id., L’arte religiosa di G. P., Roma 1914; Esposizioni collettive di G. P. e Carlo Fornara indette dalla Societa per le belle arti ed Associazione lombarda dei giornalisti a beneficio dei soldati ciechi e mutilati in guerra e per l’acquisto di arti artificiali, testo di P. de Gaufridy, Milano 1916; G. Nicodemi, L’opera religiosa di G. P., Milano 1917; N. Barbantini, G. P., Roma 1919; Mostra di G. P., Milano 1919; c. b. [Bessi], Necrologio. G. P., in Emporium, 1920, vol. 51, n. 306, pp. 316-320; C. Carrà, P., in Valori plastici, II (1920), 7-8, pp. 81-83; G. De Chirico, G. P., in Il Convegno. Rivista di letteratura e di arte, I (1920), 7, p. 36; 269 disegni originali di G. P. (catal. d’asta), Milano 1922; Esposizione retrospettiva dell’opera di Giovanni Segantini, G. 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