STAMMATI, Gaetano
– Nacque a Napoli il 4 ottobre 1908 da Gennaro, ufficiale di Marina, e da Anna d’Auria, primogenito di una famiglia numerosa, nel cui ambito assunse presto un ruolo importante per la precoce perdita di entrambi i genitori.
Nonostante la prematura morte del padre (1921) portò avanti gli studi, lavorando nel contempo, e nel 1930 conseguì a pieni voti la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Nello stesso anno iniziò la sua lunga carriera nella pubblica amministrazione, superando il concorso per esami a vicesegretario nei ruoli dell’amministrazione centrale e delle intendenze di Finanza. Venne destinato alla sede di Siena, città dove si avvicinò, altresì, all’attività accademica e dove incontrò Maria Fiore, che sposò nel 1937 e dalla quale ebbe due figli, Sergio e Anna Laura.
Nel 1935 iniziò la sua attività come docente, conseguendo l’abilitazione all’insegnamento delle materie giuridiche ed economiche nelle scuole secondarie e la nomina ad assistente volontario presso la cattedra di economia politica dell’Università di Siena. Tornato a Roma con la famiglia, nel 1941 ottenne la libera docenza in economia politica corporativa e l’incarico di assistente straordinario presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma, dove nel 1943 fu assistente alla cattedra di Giuseppe Ugo Papi nell’Istituto di economia e finanza, presso cui si formarono illustri economisti italiani.
Entrò per concorso nella magistratura della Corte dei conti; nel 1944, grazie a un certificato medico, riuscì a evitare il trasferimento alla sede della Corte a Cremona; venne dunque collocato in disponibilità dal governo della Repubblica sociale italiana per non aver raggiunto le sedi del Nord. Dopo la liberazione di Roma riprese servizio presso la Corte e nel 1945 ebbe il grado di referendario presso gli Uffici per i giudizi di responsabilità. In quegli stessi mesi fu sottoposto a procedimento di epurazione per aver pubblicato saggi di economia corporativa (ai sensi del d.legisl. lgt. n. 159/1944 sulle sanzioni contro il fascismo), ma fu prosciolto.
Nel 1946 fu distaccato presso la Commissione economica del ministero per la Costituente, presieduta da Giovanni De Maria; prese parte ai lavori della sottocommissione finanza e redasse la relazione su La formazione del bilancio dello Stato. In quei mesi entrò in contatto con Rodolfo Morandi, Pasquale Saraceno e soprattutto Ezio Vanoni, che Stammati considerò un maestro. Dal luglio del 1946 al gennaio del 1947, nel II governo De Gasperi, Stammati fu vicecapo di gabinetto al ministero dell’Industria con il ministro Morandi, che in quei mesi stava fondando la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), sede di un’elaborazione meridionalista profondamente rinnovata.
Nel 1947 prese parte ai lavori dei Centri economici per la ricostruzione, luoghi di confronto tra esperti di differente formazione: tra gli altri vi partecipavano, oltre a Saraceno, Sergio Steve, Manlio Rossi Doria, Guido Carli, Massimo Severo Giannini.
Dal marzo al maggio del 1947, nel III governo De Gasperi, Stammati fu capo di gabinetto al ministero per il Commercio con l’estero con il ministro Vanoni, con il quale proseguì la collaborazione anche presso il Consiglio economico nazionale (organo consultivo del governo per l’elaborazione della politica economica), di cui Vanoni fu vicepresidente e Stammati segretario generale (settembre 1947-maggio 1948). Dal maggio del 1948 al gennaio del 1951 fu capo di gabinetto di Vanoni al ministero delle Finanze (V e VI governo De Gasperi) e in quel ruolo partecipò all’elaborazione della riforma fiscale e al dibattito che portò alla costituzione dell’Ente nazionale idrocarburi (ENI). Affiancò Vanoni nella riorganizzazione degli uffici periferici delle Finanze e nel varo dei primi corsi di formazione e aggiornamento per i dipendenti del ministero, un’esperienza che avrebbe portato all’istituzione della Scuola centrale tributaria.
Negli anni successivi mantenne l’incarico di direttore generale delle tasse e delle imposte sugli affari (1950-57); fece parte dei consigli di amministrazione dell’Istituto mobiliare italiano (IMI) e della RAI. Iniziò inoltre il suo impegno nel dibattito e nelle istituzioni europee: nel 1951 partecipò alle prime riunioni della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e fu capo della delegazione italiana al Comitato fiscale, dove ebbe modo di comparare i diversi sistemi di imposta, tema che avrebbe approfondito negli anni successivi.
Nel febbraio del 1954, con l’arrivo di Roberto Tremelloni al ministero delle Finanze (I governo Scelba), Stammati fu nuovamente nominato capo di gabinetto e partecipò alla redazione della legge sulla perequazione tributaria, che integrava la riforma Vanoni (legge Tremelloni del 5 gennaio 1956, n. 1). Rimase al ministero delle Finanze anche durante l’incarico di Giulio Andreotti (I governo Segni), con il quale stabilì un duraturo legame.
Nel 1957 assunse la carica di capo dell’Ispettorato generale del neoistituito ministero delle Partecipazioni statali, durante l’incarico del ministro Giorgio Bo (I governo Zoli). Prese parte ai lavori della Commissione Giacchi per lo studio dell’ordinamento sindacale delle imprese pubbliche. Dal giugno del 1959 al giugno del 1962 fu direttore generale del ministero. Sempre dal giugno del 1959, in rappresentanza del ministero, fece parte del Consiglio di amministrazione dell’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), ove restò sino al 1972 in rappresentanza dei ruoli ricoperti successivamente in diversi organismi.
Parallelamente agli incarichi ministeriali, Stammati portò avanti gli studi e l’attività accademica: fu direttore della rivista meridionalista Realtà del Mezzogiorno; nel 1958 conseguì la libera docenza in scienza delle finanze e svolse gli insegnamenti di economia politica, scienza delle finanze e diritto finanziario all’Università La Sapienza di Roma, dove insegnò, sino agli anni Settanta, anche presso la Scuola di perfezionamento in studi europei. Approfondì in quegli anni i temi della fiscalità nell’ambito del mercato comune, e partecipò ai lavori del Comitato Neumark (1961-62), istituito dalla Commissione europea per verificare gli effetti dei differenziali fiscali.
Nel marzo del 1962 lasciò il ministero delle Partecipazioni statali e, su sollecitazione di Tremelloni, ministro del Tesoro nel IV governo Fanfani, assunse la carica di capo di gabinetto e, pochi mesi dopo, anche quella di direttore generale del suo ministero. In quella veste fu presidente del Comitato per le assicurazioni del credito sulle esportazioni, ruolo in cui si impegnò a promuovere l’attività delle imprese italiane all’estero; rappresentò inoltre il ministero non solo nel Consiglio di amministrazione dell’IRI, ma anche dell’IMI e dell’ENI. In quegli anni seguì attivamente il dibattito sulla programmazione aperto dalla Nota aggiuntiva alla Relazione generale sulla situazione economica del Paese di Ugo La Malfa (1961) e le riforme economico-finanziarie del centrosinistra, in particolare l’introduzione della cosiddetta cedolare d’acconto, imposta sugli utili derivanti da attività finanziarie (1962). Negli anni successivi (1963-70) fu ministro del Tesoro Emilio Colombo (I governo Leone, I, II e III governo Moro, II governo Leone, I, II e III governo Rumor), il quale divenne per Stammati un riferimento politico fondamentale. Nel 1965, nell’ambito della campagna contro il ‘cumulismo’, Stammati fu oggetto di un’interrogazione parlamentare per il gran numero di cariche ricoperte e venne difeso in Senato dallo stesso Colombo (Senato della Repubblica, IV legislatura, seduta del 19 ottobre 1965).
In quegli anni portò avanti il suo impegno nelle istituzioni europee. Nel 1964 rappresentò il ministro del Tesoro alle riunioni dei ministri economico-finanziari della Comunità, al Fondo monetario internazionale, al Comitato monetario di Bruxelles, dove sostenne la linea Colombo-Carli per la stabilizzazione della lira. Alla fine del decennio fu presidente del Comitato di politica di bilancio della CEE (1967-72) e seguì i lavori che avrebbero portato all’elaborazione del Rapporto Werner, il primo progetto volto alla creazione di un’unione economica e monetaria. Stammati condivise il progetto, ma sostenne la necessità di un processo graduale, senza forzature nei tempi. Individuò le debolezze della Comunità nella mancanza di uno strumento di riequilibrio territoriale del reddito e sottolineò la necessità di una solidarietà finanziaria tra le banche centrali, per evitare spinte speculative che avrebbero minato la tenuta dell’integrazione monetaria.
Nell’ottobre del 1967, su sollecitazione di Colombo, fu nominato ragioniere generale dello Stato, carica mantenuta sino al 1972. In quel ruolo promosse l’innovazione organizzativa e tecnologica della ragioneria, con l’introduzione dei primi calcolatori e l’apertura a Roma di un Centro elettronico basato sulla tecnologia Italsiel che assicurasse il collegamento di tutte le sedi periferiche. Come ragioniere generale, nell’agosto del 1970 collaborò con Colombo presidente del Consiglio e con Mario Ferrari-Aggradi ministro del Tesoro alla scrittura del ‘decretone’ per il risanamento del disavanzo del bilancio dello Stato e partecipò alla redazione del primo Libro bianco sulla spesa pubblica.
Nel 1972 fu nominato presidente della Banca commerciale italiana (BCI), succedendo a Raffaele Mattioli; pur se favorita dal presidente dell’IRI, Raffaele Petrilli, e apprezzata da Saraceno, la sua fu una nomina discussa, anche per la difficoltà di prendere il posto di una figura carismatica come Mattioli.
L’avvicendamento rientrava negli orientamenti di Colombo e Andreotti, in una fase di sempre più visibile interferenza della politica nelle nomine e nelle strategie delle banche e delle imprese a partecipazione pubblica. Come presidente della BCI, Stammati prese parte ai lavori della Fédération bancaire européenne.
Nel dicembre del 1975 lasciò la BCI prima della scadenza del mandato per dedicarsi alla politica attiva. Schierato politicamente con la Democrazia cristiana (DC), alla quale però non si iscrisse mai, fu nominato, come tecnico, ministro delle Finanze nel V governo Moro (febbraio-luglio 1976). Nello stesso anno fu eletto senatore come indipendente per la DC nel collegio della regione Lazio; nella VII legislatura (1976-79) fu membro della Commissione permanente Finanze e tesoro. Divenne poi ministro del Tesoro nel III governo Andreotti (luglio 1976-marzo 1978); scelse come capo ufficio stampa Luigi Bisignani, giovane e brillante giornalista che si scoprì poi affiliato alla loggia P2 di Licio Gelli.
Nel 1977 Stammati emanò provvedimenti per la stabilizzazione della finanza locale a carico del bilancio dello Stato: sono i cosiddetti decreti Stammati (d.l. 2/1977 e d.l. 946/1977), con cui da un lato si cercava di limitare l’indebitamento bancario degli enti locali e si vietavano loro nuove assunzioni, dall’altro si introduceva il principio della ‘spesa storica’, in base al quale l’ammontare dei finanziamenti statali da destinare alle regioni, alle province e ai comuni veniva determinato in misura pari alla spesa sostenuta nell’anno precedente, aumentata di una percentuale fissa.
Nel 1978 partecipò anche all’introduzione della cosiddetta legge finanziaria (l. 468/ 1978), il principale strumento di attuazione della manovra finanziaria del governo.
In quegli stessi anni il presidente del Consiglio Andreotti affidò a Stammati il compito di mediare presso la Banca d’Italia per portare a soluzione il progetto di sistemazione delle banche di Michele Sindona, ma il piano di salvataggio non fu accolto.
Successivamente fu ministro dei Lavori pubblici nel IV governo Andreotti (marzo 1978-marzo 1979) e nel 1979 fu rieletto al Senato (VIII legislatura), dove prese parte ai lavori delle commissioni Giustizia, Bilancio, Finanze e Tesoro. Divenne poi ministro per il Commercio con l’estero nel V governo Andreotti (marzo-agosto 1979) e nel I governo Cossiga (agosto 1979-aprile 1980). In quella veste fu coinvolto nell’affare ENI-Petromin, un vasto sistema di tangenti diretto a società estere, oltreché a numerosi politici italiani. Nel 1985 Camera e Senato in seduta congiunta stabilirono l’inesistenza di elementi per procedere contro Stammati, ma la Corte dei conti decise comunque di procedere contro di lui sul piano della responsabilità amministrativa.
Il 20 maggio 1981 il nome di Stammati comparve nella lista dei 962 iscritti alla loggia P2. Da quel momento si ritirò dalla vita politica.
Morì a Roma l’11 febbraio 2002.
Aveva avuto molte onorificenze: grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica (1955); cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica (1965); medaglia d’oro al merito della Repubblica per la pubblica finanza (1969); medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte (1971).
Opere. Tra i numerosi scritti di Stammati si segnalano: Il problema industriale, Roma 1946; Fini, modalità e limiti dell’intervento statale, in Rivista di politica economica, s. 3, XXXVIII (1948), pp. 277-288; La finanza pubblica, Roma 1956; Sistemi fiscali e Mercato comune, Roma 1959; L’ordine monetario internazionale. Lezioni di politica economica, Roma 1971; Il sistema monetario internazionale, Torino 1974; L’Unione economica e il problema della moneta europea, Milano 1978; La finanza pubblica italiana raccontata da un testimone, Napoli 1990.
Fonti e Bibl.: Documentazione e notizie su Stammati sono in Roma, Archivio centrale dello Stato, Presidenza Consiglio dei ministri, Gabinetto, f. 109372/2; 1.1.2 - 15530/8; 1.3.1 - 59393/2.7; Ministero per la Costituente, Archivio generale, Ufficio affari generali e del personale, b. 124; Istituto per la Ricostruzione industriale, Serie Nera, bb. AG/20, AG/149, AG/1010, AG/1149, DPL/20; Archivio storico Pasquale Saraceno, Corrispondenze diverse, ad nomen; Archivio storico Intesa Sanpaolo, Patrimonio documentario Banca commerciale italiana, Consiglio di Amministrazione 1972-75 e Personale; Senato della Repubblica, Atti parlamentari, Discussioni, ad annum; Portale storico della Camera dei deputati; Database imprese italiane, http://imitadb.unisi.it; Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, Società per la storia orale: M.G. Melchionni, Intervista a G. S., Roma, 22-23 maggio 1986; S. Stammati, Breve allocuzione in memoria del padre (Volterra, 4 ottobre 2010), in Rivista di storia finanziaria, 2010, n. 25, http://www.delpt.unina.it/stof/25_pdf/25_2.pdf (29 ott. 2018).
F. Masini, G. S., in Dizionario storico dell’integrazione europea, 2010, http://www.dizie.eu/dizionario/stammati-gaetano/ (29 ott. 2018); L’ombra del potere. Biografie di capi di gabinetto e degli uffici legislativi, a cura di G. Tosatti, Roma 2016, pp. 216-219.