gaggio
Provenzalismo (da gadge), assimilato dalla lingua trecentesca nel significato di " pegno ", " ostaggio " (cfr. ad es. G. Villani X 136 " Il detto messer Marco non volle tornare a Lucca perch'era in gaggio "). Compare in Pd VI 118 nel commensurar d'i nostri gaggi / col merto è parte di nostra letizia, ove è usato figuratamente nel senso, abbastanza raro, di " premio ", come annota, dilatando ancora il campo semantico, il Buti: " de' nostri gaggi, cioè delle nostre allegrezze, cioè della nostra beatitudine ". Rilevamento che ci pare opportuno, trattandosi di anime beate.
Interessante la nota di un lettore d'eccezione come il Bembo (Prose della volgar lingua, in Prose e Rime, Torino 1966, 98), che postilla come " Dante molto vago si sia dimostrato di portare nella Toscana le provenzali voci: sì come ‛ a resta ', che vale quanto ‛ appena ', e ‛ bozzo ' che è ‛ bastardo ' e ‛ non legittimo ', e ‛ gaggio ', come che egli di questo non fosse il primo che in Toscana la si portasse ". Attestazioni, sempre nell'uso di " pegno ", anche in Detto 24, Fiore III 5, LXXVII 11 E CLXXVIII 4.
Bibl. - R.R. Bezzola, Abbozzo di una storia dei gallicismi italiani nei primi secoli, Heidelberg 1925, 74; Parodi, Lingua 227.