Camino, Gaia da
Gentildonna, figlia di Gherardo (v.) e di Chiara della Torre di Milano, ricordata da D. in Pg XVI 140. Nacque verso il 1270 e venne a morte nell'agosto del 1311; fu sepolta in un bel mausoleo fuori della chiesa di S. Niccolò di Treviso. Andò sposa a un parente, Tolberto de' Caminesi di sotto, figlio di Guecello signore di Ceneda, ed ebbe notevole influenza nell'attività politica del padre e del fratello Rizzardo. Ebbe parte anch'essa negli oscuri intrighi che portarono all'uccisione del vescovo di Feltre e di Belluno, la cui colpa ricade su Gherardo e su Rizzardo, e negli altri, ancor più tenebrosi, dell'uccisione di Iacopo del Cassero. Donna influente e ambiziosa, viene ricordata dal Serravalle anche come la prima poetessa in volgare.
Discussa la sua fama e diversamente presentata dai commentatori antichi della Commedia: " onesta e virtuosa " la dice il Buti, " costumata e simigliante al padre quasi in ogni cosa " l'Anonimo, " prudens " il Serravalle, " onestissima " il Landino, " grandissimo specchio di pudicizia " il Vellutello, i quali concordano unanimi anche sulla bellezza di lei (" per la sua bellezza era chiamata Gaia ", Buti). L'Ottimo scrive invece che " fo donna de tale regemento circa le delectazioni amorose, ch'era notorio lo suo nome per tutta Italia ", e tale è anche il giudizio del Lana; Benvenuto la presenta addirittura licenziosissima: " Ista enim erat famosissima in tota Lombardia ita quod ibique dicebatur de ea: ‛ Mulier quidem vere gaia et vana '; et ut breviter dicam, tarvisina tota amorosa; quae dicebat domino Rizardo fratri suo: ‛ Procura tantum mihi iuvenes procos amorosos, et ego procurabo tibi puellas formosas '. Multa iocosa sciens praetereo de foemina ista, quae dicere pudor prohibet ". Nonostante gli sforzi compiuti da alcuni studiosi (il Biscaro opina che i due versi danteschi, Per altro sopranome io nol conosco, / s'io nol togliessi da sua figlia Gaia, suonino chiara allusione al secondo nome di G., Soprana, come a dire che Gherardo poteva essere appellato, oltre che buon, " sovrano " nel bene; opinione questa molto discutibile) e dantisti (Torraca; che trova importuna e sguaiatamente scortese l'allusione alla disonestà della figlia in bocca a chi sta facendo l'elogio del padre), la critica moderna, sulla scia della dottrina di Marco Lombardo sulla corruzione dell'umanità, tiene ragionevolmente ad avvalorare la chiosa di Benvenuto, pensando che l'allusione dantesca serva a esemplificare in modo icastico la distinzione fra il secol selvaggio, rappresentato dalla mala condotta di G., e la nobile eccezione dei tre vecchi, tra i quali è il buon Gherardo, come a dire che un nobil uomo sia più conosciuto per la malvagità della figliola che non per le sue proprie virtù.
Bibl. - N. Barozzi, Accenni a cose venete, in D. e il suo secolo, Firenze 1865, 804; P. Litta, Famiglie celebri italiane: Da C., tav. II, Milano 1819; P. Rajna, G. da C., in " Archivio Stor. It. " IX (1893) 284-296; G.B. Picotti, I Caminesi e la loro signoria in Treviso, Livorno 1905; A. Marchesan, G. da C. nei Documenti trevisani: in D.: e nei Commentatori della D. C., Treviso 1904 (recens. di P. Rajna, in " Bull. " XI [1900] 349-359); L. Coletti, G. e Rizzardo da C., Treviso 1904; G. Biscaro, D. e il buon Gherardo, in " Studi Mediev. " n.s. I (1928) 74-113.