PESCENNIO Nigro, Gaio (C. Pescennius Niger Iustus)
Pretendente all'impero nel 193-194 d. C. Nacque forse tra il 135 e il 140 d. C. (se ad Aquino è dubbio), da una famiglia italica appartenente all'ordine equestre. Sul primo periodo della sua carriera le notizie sono molto malsicure: sarebbe stato centurione, due volte primipilo, tre volte tribuno militare; poi avrebbe avuto il comando superiore degli ausiliarî in Egitto e infine ricoperto cariche di procuratore. Circa il 180, mediante l'adlectio, entrò in Senato. Tra il 180 e il 183 fu console suffetto; nel 183 legato delle Tre Dacie, dove combatté felicemente contro i barbari. Nel 188 Commodo lo inviò in Gallia contro le bande di disertori comandate da Materno; nel 191, al più tardi, gli affidò il governo della Siria. Alla morte di Pertinace, P., invocato dal popolo di Roma contro Didio Giuliano, si fece proclamare imperatore ad Antiochia (aprile del 193). Lo riconobbero le provincie d'Asia Minore, d'Oriente e anche l'Egitto; si dichiararono per lui piccoli dinasti orientali e il re dei Parti; l'Armenia invece si mantenne neutrale. Ma nell'Occidente s'impadroniva del potere Settimio Severo, che veniva riconosciuto dal Senato. Nella guerra fra i due pretendenti, P. ebbe ai suoi ordini 9 legioni e forse 50.000 ausiliarî. Egli provvide subito ad assicurare la difesa dell'Asia e si recò a Bisanzio, che stava dalla sua parte. Il passaggio a Severo delle legioni di Mesia gl'impedì qualunque progresso nelle provincie d'Occidente. Pur avendo battuto l'avanguardia di Severo, non riuscì ad occupare Perinto, difesa da L. Fabio Cilone. P. si ritirava a Bisanzio, che veniva assediata da L. Mario Massimo Perpetuo. Il grosso dell'esercito severiano passava in Asia Minore. A Cizico, il comandante supremo delle forze di P., Asellio Emiliano, era sconfitto e poi ucciso (fine del 193). P., partito da Bisanzio, subiva, per opera di Ti. Claudio Candido, una seconda gravissima sconfitta tra Cio e Nicea (gennaio 194). Questa gli costava la perdita di quasi tutta l'Asia Minore e dell'Egitto; contemporaneamente, forse, lo abbandonava l'Arabia e defezionava in Palestina la legione VI Ferrata; si ribellavano inoltre in Siria Laodicea e Tiro, che P. punì spietatamente. In uno dei passi del Tauro le difese di P. cedettero per effetto di una tempesta. La battaglia decisiva avvenne a Isso: le truppe di Severo, comandate da Cornelio Anullino e Valeriano, sconfissero pienamente P., che riparò ad Antiochia, donde tentò fuggire presso il re dei Parti, ma fu raggiunto e ucciso (ottobre? del 194). Solo Bisanzio continuava a resistere. La moglie e i figli di P. furono mandati in esilio da Severo, che sui fautori del rivale gravò duramente la mano.
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