GAITELGRIMA
Figlia di Guaimario IV, principe di Salerno, e della seconda moglie di questo, Gemma, nacque in epoca a noi ignota, da porsi intorno alla metà del sec. XI e, in ogni modo, anteriore al 1052, data della tragica morte del padre.
Il nome del padre ci è riferito dall'anonimo autore dei Chronici Amalphitani… fragmenta. Le fonti non riportano il nome della madre. Considerazioni di ordine cronologico - l'epoca del primo e del secondo matrimonio - e il fatto che ella venga ricordata come sorella germana di Gisulfo II e di Sikelgaita (poi seconda moglie di Roberto il Guiscardo) che Guaimario ebbe da Gemma, da lui sposata in seconde nozze prima del 1042, anno in cui si associò al trono il piccolo Gisulfo, inducono a respingere l'affermazione del Sanfelice di Monteforte secondo cui G. sarebbe figlia di Porpora, prima moglie di Guaimario, ricordata come vivente in un preceptum concessionis del luglio 1035 in favore del monastero di S. Barbara "in finibus Salernitanis".
Nulla sappiamo degli anni della prima giovinezza di G. né della sua educazione. Ignoriamo quando abbia sposato il normanno Riccardo I Drengot, conte di Aversa e principe di Capua, rimasto vedovo della prima moglie Freselinda. Del matrimonio di G. con Riccardo abbiamo notizia da una lettera di Gregorio VII del 22 apr. 1079 indirizzata a Giordano (figlio di Riccardo) che viene rimproverato per avere sposato - dopo la morte del padre - G. che è detta sua "novercam et dominam". Il matrimonio con Riccardo deve in ogni caso essere visto nel quadro dei non sempre facili rapporti intercorsi tra Salerno e Capua e va pertanto collocato con buona probabilità nel settimo decennio del secolo, quando, superata la crisi del 1053, vi fu tra Gisulfo II e Riccardo I quel ravvicinamento che portò, prima, nel 1062, alla caduta di Gaeta sotto il controllo di Riccardo e di suo figlio Giordano, e in seguito, sul finire del 1071, alla costituzione della lega contro il Guiscardo, alla quale rimasero estranee Napoli e Amalfi.
Poco tempo dopo la morte di Riccardo I, avvenuta il 15 apr. 1078, G. fu costretta a sposare, contro la sua volontà, il figliastro Giordano di Capua. Di questo secondo matrimonio, celebrato prima della primavera del 1079, e delle circostanze che lo precedettero testimonia la già citata lettera di Gregorio VII del 21 apr. 1079. In essa il pontefice rimprovera duramente Giordano, non solo perché "contra ius et fas" aveva osato "de ecclesia trahere invitam et reclamantem" la sua "novercam et dominam" - G. appunto - ma soprattutto perché aveva spinto la sua protervia al punto di "nuptis tradere violentissime" la donna "nubere nolentem".
Non sappiamo se la scelta di sposare G. fosse il risultato di un calcolo politico, mirato ad acquistare il controllo del patrimonio della donna. In ogni modo, seppure contraria inizialmente al matrimonio con Giordano, G. si dovette rassegnare alla nuova situazione. Tra il 1079 e il 1080 dette alla luce il suo primogenito, Riccardo, come si deduce da un diploma del 18 sett. 1080.
Tale diploma è costituito da un preceptum concessionis, con cui il principe Giordano I di Capua concede e conferma al monastero di S. Lorenzo, "iuxta muros Aversanae urbis", il possesso del lago di Patria e metà del canale di Vena, "pariter concedente uxore mea Gaytelgrima et filio meo Riccardo". Il fatto che G. compaia insieme con il marito e il figlioletto, autore della concessione, testimonia che ella deteneva diritti almeno su una parte dei beni assegnati e confermati al cenobio.
Quale parte G. abbia avuto nelle vicende politiche del principato, in quanto figlia di Guaimario, consorte di Giordano e signora di Capua e di Aversa, poco sappiamo, a causa del silenzio delle fonti note. Tuttavia il suo ruolo non dovette essere secondario, data la forza economica di cui ella sembra avere disposto. Infatti, in un preceptum, datato 1° apr. 1083, con il quale confermava al monastero di S. Salvatore "in insula maris in pertinentiis Neapolis" (ora Castel dell'Ovo) un cospicuo complesso di beni, cui altri ne aggiungeva in quell'occasione, Giordano tiene a sottolineare che G., "uxor mea" e "sagacissima principissa", aveva presenziato come interveniente all'atto, con ciò significando che ella aveva diritti almeno su una parte di quanto egli aveva confermato e donato. Si trattava di un consistente complesso patrimoniale, costituito da chiese, da proprietà e da diritti in Sorrento, in Nola, nel territorio di Acerra, in Savignano, in Pozzuoli, in Cuma e in Posillipo.
Buoni dovettero essere i rapporti di G. con l'abate di Montecassino, Desiderio: su istanza della principessa, "dilecte mee uxoris", Giordano, il 18 nov. 1085, si indusse non solo a confermare al monastero le concessioni fatte dal padre Riccardo ma anche a concedere in quella stessa regione "terram cultam et incultam et silvam Nostro Palatio pertinentem".
Quando, forse sul finire del penultimo decennio del secolo, Giordano promise di dare in moglie una sua figlia ancora minorenne al console e duca di Gaeta Rainaldo Ridelli e stipulò con lui il relativo contratto di nozze, G., spalleggiata dai parenti, si oppose tenacemente al progetto sostenendo che la fanciulla era troppo giovane e che promessa e contratto di nozze erano stati imposti contro la volontà della fanciulla, della madre e della famiglia. Il peso e l'influenza di G. nella vicenda fu, almeno in un primo momento, determinante: riuscì a ottenere che Rainaldo soprassedesse a onorare l'impegno preso e che inviasse ambasciatori per chiedere il parere e l'intervento del papa.
Non conosciamo né il nome della promessa sposa, né le circostanze in seguito alle quali Giordano si era indotto a prometterla al duca Rainaldo Ridelli, né gli sviluppi ulteriori della vicenda. Di questa si parla infatti in un passo (conservato nel Decretum Gratiani, XXXI, 5, 1), di una lettera di istruzioni, inviata da Urbano II a un suo legato presso la corte capuana. Il brano non reca indicazioni cronologiche ma la lettera, da cui è stato estratto, deve porsi tra il 12 marzo 1088 (data dell'elezione del pontefice) e il novembre del 1090 data di morte di Giordano. Il pontefice incaricava il suo inviato di accertare i fatti: nel caso fosse risultato che il matrimonio era stato imposto da Giordano la promessa e il contratto di nozze sarebbero stati nulli e inefficaci "quoniam canonum et legum auctoritas talia sponsalia… non approbant" e il legato avrebbe dovuto sciogliere Giordano dall'impegno preso. Se tuttavia il legato fosse riuscito a ottenere il consenso della fanciulla, di G. e dei loro familiari, il papa si dichiarava pronto a legittimare promessa e contratto matrimoniale. Non sappiamo cosa sia avvenuto: è certo, in ogni modo, che Rainaldo Ridelli non sposò una figlia di G. e di Giordano di Capua.
Dal matrimonio di G. con Giordano nacquero, oltre al primogenito Riccardo e alla figlia, già ricordati, almeno altri due figli maschi: Roberto e Giordano. Alla morte del consorte, avvenuta nel novembre 1090, G. assunse la guida del principato, in nome dei figli ancora in tenera età. Tra la fine del 1090 e il gennaio dell'anno seguente, Urbano II fu ospite di G. a Capua, circostanza che ci accerta dei buoni rapporti intercorrenti tra il pontefice e la principessa. Ignoriamo, tuttavia, le vere ragioni di tale soggiorno: alla luce degli avvenimenti che lo precedettero e lo seguirono non sembra azzardato ritenere che il papa volesse dare un appoggio al governo della reggente, nell'intento di preparare il passaggio del principato di Capua sotto una sorta di protettorato della Sede apostolica.
Quali che fossero stati i propositi del pontefice e le sue intese con la reggente, dopo la partenza di Urbano II, sul finire del gennaio 1091, i Capuani, sotto la guida di uno dei maggiori esponenti della nobiltà locale di stirpe longobarda, Landone, insorsero contro il governo di G., che fu costretta ad abbandonare la città ai ribelli e a cercare rifugio con i figli entro le mura di Aversa.
È questa l'ultima notizia su G. che ci sia riferita dalle fonti note.
Secondo una notizia fornita dal Di Meo (pp. 289, 312), che non ne menziona la fonte, ma che lo Chalandon attribuisce a un documento dell'Archivio dell'Abbazia di Cava dei Tirreni, G. avrebbe contratto matrimonio nel giugno 1091 con un Ugo conte di Faida.
Da non confondere con G. è la Gaitelgrima, moglie di Sergio, "filius domni Campuli praefecturii", ricordata nel testamento di quest'ultimo, rogato in Gaeta nel giugno 1071 da Marino, "diaconus et Notarius dictae civitatis" (Cod. dipl. Caietanus, doc. 245).
Fonti e Bibl.: Romualdus Salernitanus, Chronicon, a cura di C.A. Garufi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., VII, 1, p. 190; Chronici Amalphitani… fragmenta, in L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, I, Mediolani 1738, col. 214 D; Leonis Marsicani et Petri Diaconi Chronica monasterii Casinensis, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, VII, Hannoverae 1846, p. 764; Urbanus II, Epistolae, Diplomata, Sermones, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CLI, n. 276 col. 534; Codex diplomaticus Caietanus, II, 2, Montis Casini 1891, docc. 245, pp. 105-109 (per la Gaitelgrima moglie di Sergio); 256, p. 132; Gregorii VII Registrum, a cura di E. Caspar, in Mon. Germ. Hist., Epistolae selectae, II, 2, Berolini 1923, n. 37 pp. 453 s.; Codice diplomatico normanno di Aversa, a cura di A. Gallo, I, 2, Napoli 1926, doc. 2 p. 4; Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, II, 2, 1022-1492, Napoli 1960, doc. 52 pp. 75 s.; L.A. Muratori, Annali d'Italia…, Milano 1744, p. 304; A. Di Meo, Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli della Mezzana Età, VII, Napoli 1803, pp. 289, 311 s., 321 s.; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris 1907, I, p. 297; II, p. 36; A. Sanfelice di Monteforte, La prima famiglia di Guaimario IV principe di Salerno, Friburgo 1936, pp. 8 s.; I. Resta, Il Principato di Capua, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Napoli 1988, p. 181; P.F. Kehr, Italia pontificia…, VIII, pp. 207 n. 30, 209 n. 39.