Galassia
Gli studi sulle g. stanno progredendo anche grazie a imponenti campagne osservative (surveys) finalizzate a studiare in maniera dettagliata intere regioni di cielo e non specifici oggetti astronomici. Le surveys sono caratterizzate dalla loro profondità, cioè dalla loro sensibilità o capacità di individuare oggetti deboli, e dalla loro estensione nel piano del cielo. Una delle campagne osservative più ambiziose è la Sloan digital sky survey (SDSS), condotta dal 2000 al 2005, che ha osservato circa un quarto di tutta la superficie del cielo (8000 gradi quadrati), ottenendo immagini in cinque diverse bande fotometriche (bande u, g, r, i, e z, che sono centrate rispettivamente alle lunghezze d'onda 355,1 nm, 468,6 nm, 616,5 nm, 748,1 nm e 893,1 nm, con magnitudine limite 22,0, 22,2, 22,2, 21,3 e 20,5) e spettri per gli oggetti più luminosi della diciottesima magnitudine. Sono circa 700.000 le g. di cui si sono ottenuti immagini e spettri, più che decuplicando il numero di g. catalogate. La survey, pur contenendo oggetti a un redshift maggiore di uno, ha fornito un catalogo completo e dettagliato per oggetti dell'Universo locale con redshift z≤0,2. La survey, infatti, non raggiunge oggetti estremamente deboli ma copre in cielo un angolo solido molto ampio.
Un'altra survey mirata allo studio del vicino Universo è la 2dF Galaxy redshift survey (2dFGRS). Prettamente spettroscopica, copre circa 1500 gradi quadrati ed è finalizzata a ottenere spettri di oggetti più brillanti della ventesima magnitudine. Ha prodotto circa 250.000 spettri di g., permettendo di ottenere la distanza degli oggetti osservati e quindi di creare una mappa tridimensionale della regione di cielo osservata fino alla distanza di 2×109 anni luce.
Vi sono serie di surveys finalizzate allo studio dell'Universo lontano: per queste non è importante osservare una porzione ampia di cielo quanto ottenere immagini ad altissima sensibilità che permettano di rivelare oggetti debolissimi. Un'importante survey di questo tipo è la Hubble deep field (HDF). Nel 1995 il telescopio spaziale Hubble (HST, Hubble Space Telescope) ha puntato per 10 giorni consecutivi la sua camera per immagini nella stessa zona di cielo ottenendo quella che all'epoca era l'immagine più profonda mai registrata. Lo strumento è stato puntato verso una delle regioni più buie del cielo e cioè lontano da stelle e g. brillanti, lontano dalla regione della Via Lattea, che con la sua polvere avrebbe potuto attenuare la luce, e lontano da ammassi di g. conosciuti. L'immagine ha dimensioni di 6 minuti d'arco quadrati (circa 0,002 gradi quadrati). In questa piccola porzione di cielo è stato possibile rilevare 1500 g. (anche di ventottesima magnitudine), alcune relativamente vicine ma altre lontanissime.
Il grande successo di questa survey ha stimolato l'attuazione di molte altre di questo tipo. Citiamo la Hubble ultra deep field (HUDF), che è simile alla precedente ma più profonda di una magnitudine. Questi tipi di surveys sono di frequente complementate da osservazioni ottenute in diverse bande, sia da terra sia dallo spazio, grazie a telescopi infrarossi, a raggi X, radiotelescopi e così via. Per oggetti così deboli è spesso impossibile ottenere una misura del redshift utilizzando la spettroscopia, come si fa di norma per oggetti più brillanti. In questo caso si ricorre alla tecnica del redshift fotometrico, basata sul confronto dei flussi ottenuti nelle diverse bande fotometriche. Questa tecnica, pur fornendo valori della velocità radiale meno accurati rispetto a quelli ottenibili per via spettroscopica, ha il vantaggio di essere applicabile ai numerosi oggetti catalogati da survey multi-banda.
Buchi neri supermassicci
È opinione comune che nei nuclei delle g. risieda un buco nero supermassiccio che ha una massa dell'ordine di 106÷109 masse solari. Questi buchi neri non devono essere confusi con i buchi neri meno massicci e con masse dell'ordine di qualche massa solare prodotti nell'esplosione di supernovae di massa superiore a tre masse solari. Non è ancora chiaro in quale modo i buchi neri supermassicci si siano formati. Il fatto che la loro massa risulti correlata con alcune proprietà fondamentali delle g. che li contengono, quali la luminosità dello sferoide o la dispersione di velocità stellare nel centro, fa pensare che la loro formazione ed evoluzione sia legata alla formazione ed evoluzione delle g. stesse.
La difficoltà maggiore che si incontra nello studio della massa dei buchi neri nelle g. è rappresentata dalle piccole dimensioni della sfera di influenza. Non essendo possibile osservare direttamente il buco nero, la sua massa è derivata dalla cinematica di gas o stelle che orbitano attorno a esso a una distanza così ravvicinata per cui l'influenza della g. nel suo insieme è trascurabile. La sfera di influenza dipende dalla massa del buco nero ed è tipicamente di poche decine di parsec o meno. Si tratta di una regione di spazio che è difficilmente risolvibile da terra.
Il caso in cui la presenza di un buco nero appare più stringente è quello della Via Lattea. Grazie a osservazioni ottenute nelle bande IR (infrarosse) e dalle quali è possibile ottenere immagini con una risoluzione spaziale angolare elevatissima, sono stati misurati i moti propri di una decina di stelle in prossimità del centro della galassia. In particolare, lo studio dei moti delle quattro stelle più vicine al centro indica che nel centro della g. vi è un oggetto non visibile della massa di 3,7±0,4×106 masse solari. Tale massa è confinata in un volume sferico con raggio dell'ordine di 0,008 pc, quindi con una densità dell'ordine di 1017 masse solari/pc3. È la concentrazione di massa oscura più alta mai osservata e rappresenta pertanto l'oggetto più simile a un buco nero di cui si abbia evidenza. La posizione di tale massa è molto vicina a quella della radiosorgente Sagittario A*. Nel 2003 è stata inoltre osservata la fugace apparizione di una sorgente luminosa (in banda IR) nell'esatta posizione del presunto buco nero nel centro della nostra galassia. Tale fenomeno è durato circa due ore ed è stato spiegato come la manifestazione della caduta di una nube di gas nel buco nero.
In g. diverse dalla nostra, a causa della maggiore distanza, è necessario utilizzare altre tecniche per la misura della massa dei buchi neri supermassicci. Ove sia presente, si utilizza come tracciante del potenziale gravitazionale una frequenza maser della molecola di acqua. La velocità di rotazione della sorgente maser attorno al buco nero centrale, che può raggiungere i 1000 km/s, è misurabile per mezzo di radiotelescopi e permette di determinare la massa del buco nero con notevole precisione. Nel caso della g. NGC 4258 è stata misurata una massa di 3,7×106 masse solari entro un volume sferico di 0,13 pc di raggio. Per g. non lontane più di una decina di Mpc è possibile risolvere la sfera di influenza per mezzo dello spettroscopio STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph) a bordo di HST. Misure cinematiche di gas ionizzato o stelle (non risolte singolarmente, ma osservate nel loro insieme) hanno permesso di individuare buchi neri supermassicci con masse dell'ordine di 107÷109 masse solari comprese entro un volume sferico di circa 4 pc di raggio.
Nel caso di g. attive è possibile utilizzare la tecnica del reverberation mapping. Questa tecnica, applicabile anche a g. lontane, si basa sulla variabilità della loro luminosità nucleare. In particolare, la massa del buco nero è nota una volta misurato il ritardo di tempo tra le variazioni in luminosità della sorgente centrale e della broad line region (regione di gas caratterizzata dall'emissione delle righe larghe degli spettri) presente nelle g. attive. Non è escluso che in futuro si riescano a utilizzare altre tecniche basate, per es., sull'effetto di lente gravitazionale che il buco nero produce su oggetti lontani posti nello sfondo.
Cinematica
Vi è relazione tra la forma delle g. e la cinematica che caratterizza le componenti di cui sono costituite. Le galassie a spirale sono composte da uno sferoide centrale (bulge) e da un disco. Le stelle del disco si muovono attorno al centro della g. con orbite quasi circolari complanari. La velocità media di rotazione delle stelle dipende dalla massa della g. ed è tipicamente compresa tra 100 e 250 km/s mentre la velocità in direzione perpendicolare al disco è circa dieci volte inferiore. Le stelle di cui è costituito lo sferoide centrale si muovono su orbite ellittiche in tutte le direzioni. Questo moto caotico trova riscontro nella forma non schiacciata ma ellissoidale dello sferoide.
Nelle galassie ellittiche le stelle si muovono, similmente agli sferoidi delle g. a spirale, con orbite ellittiche e non complanari. La velocità media di rotazione è quasi nulla. Al contrario, la dispersione di velocità può essere molto alta ed è tanto maggiore quanto maggiore è la massa della galassia. Nel caso delle g. più massicce si raggiungono i 300÷350 km/s nel centro.
Vi sono delle eccezioni significative a quanto appena descritto. Per es., nel nucleo di alcune g. ellittiche sono state individuate delle componenti stellari caratterizzate da una cinematica differente dal resto della galassia. Queste componenti cinematicamente disaccoppiate possono ruotare in senso inverso oppure con momento angolare perpendicolare all'asse di rotazione della galassia. Questo fenomeno è conseguenza della fusione (merging) di una piccola g. con la g. principale. Componenti disaccoppiate si trovano anche, sebbene più raramente, nelle g. a spirale. Il prototipo di queste g. è NGC 3593, nella quale il 30% delle stelle orbita in senso opposto rispetto alle altre. L'importanza del fenomeno della fusione nella formazione ed evoluzione delle g. è testimoniata anche da quanto osservato nella nostra g. e nella vicina g. di Andromeda. Nell'ultimo decennio sono stati individuati diversi sistemi stellari che stanno cadendo dentro la Via Lattea. La g. nana del Sagittario si trova dietro al centro galattico ed è stata ormai frammentata dalle forze mareali indotte dalla gravità della nostra galassia. Oltre al nucleo della g. sono infatti state individuate delle code mareali (tidal tales) che la g. nana si è lasciata dietro quasi come una scia e che circonda quasi completamente la Via Lattea, a testimonianza di come la g. si trovasse un tempo più distante e del fatto che si sta distruggendo via via che si approssima al centro. La g. nana aveva originariamente una luminosità di 2×108 luminosità solari, minore ma paragonabile a quella della Piccola Nube di Magellano. Simili code mareali sono state individuate nel sistema stellare Argo, o nana del Cane Maggiore, con una luminosità di 1×108 luminosità solari. La stessa sorte probabilmente toccherà alla Grande e alla Piccola Nube di Magellano. Per quanto riguarda la g. di Andromeda, la situazione sembra essere analoga alla perecedente. In questo caso, data la maggior distanza, non è stato possibile individuare singolarmente le g. satellite che si trovano immerse nel corpo della galassia.
È stato possibile invece mappare l'alone stellare che circonda la g.: si è visto come questo sia molto più esteso e irregolare di quello che ci si aspettava esaminando la regione del disco. È inoltre visibile una coda mareale che si estende in direzione SE per almeno 3 gradi (40 kpc). Code mareali e segni di fusione di g. erano già noti per molte g. dell'Universo vicino e lontano, ma la scoperta di questi fenomeni nella Via Lattea e in Andromeda permette di studiare la cattura di g. di piccola massa altrimenti difficili da individuare.
Osservazione delle galassie più distanti
Attualmente la g. più lontana mai osservata (Abell 1835) ha un redshift pari a 10, che corrisponde alla distanza di 13,2 miliardi di anni luce. La luce che vediamo è stata emessa quando l'Universo aveva solo 500 milioni di anni di vita. Vi è comunque un limite alla distanza massima da cui è possibile vedere g., essenzialmente per due motivi. Innanzitutto, prima di una certa epoca le g. non avevano ancora avuto tempo di formarsi; inoltre, bisogna considerare la cosiddetta epoca oscura (dark ages). Quando l'Universo, raffreddandosi, raggiunse una temperatura inferiore ai 3000 K, si formarono i primi atomi di idrogeno ed elio (che rappresentavano più del 99% della materia barionica); questo periodo è stato chiamato epoca della ricombinazione. L'Universo divenne trasparente in quanto per la prima volta i fotoni potevano viaggiare senza subire diffusione da parte degli ioni liberi. Idrogeno ed elio si sono quindi condensati a formare enormi nubi dalle quali stelle e g. hanno preso forma.
La prima generazione di stelle e successivamente di g. e quasar produsse una forte radiazione ultravioletta, che non poteva viaggiare molto lontano nonostante l'Universo fosse trasparente perché facilmente assorbita da idrogeno ed elio; la luce di lunghezza d'onda più lunga viaggiava liberamente. Il gas intergalattico che circondava queste sorgenti primordiali di luce ultravioletta ha cominciato a ionizzarsi in sfere di raggio via via crescente.
A un certo punto le varie sfere si sono fuse assieme (epoca della reionizzazione) e da allora in poi l'Universo appare pieno di oggetti brillanti. L'epoca tra la ricombinazione e la reionizzazione viene detta per questo epoca oscura. La sua durata è ancora oggetto di dibattito; si ritiene sia di alcune centinaia di milioni di anni. Per accertarsene è necessario studiare le g. più lontane, individuate utilizzando la riga di emissione Lyman-α (Lyα) emessa dall'idrogeno a 121,6 nm. Questa riga è una delle più intense emesse dalle g. ma in genere non è osservabile da terra in quanto essa cade nella regione dell'ultravioletto, completamente schermato dall'atmosfera terrestre. Se però la sorgente si sta allontanando a grande velocità, in altri termini se è molto lontana, in seguito allo spostamento verso il rosso, la riga Lyα va a cadere nella regione visibile. Lo spostamento verso il rosso della lunghezza d'onda è tanto più forte quanto più alto è il redshift della sorgente. Per es., la riga Lyα emessa da un oggetto con redshift pari a 5 viene vista da terra con una lunghezza d'onda pari a 799,6 nm nella regione rossa dello spettro, secondo la relazione
λosservata=(1+z)×λriposo,
dove z indica il redshift, λriposo la lunghezza d'onda alla quale viene emessa la luce e λosservata la lunghezza d'onda alla quale viene osservata.
Nel percorso tra la sorgente e la Terra la luce ultravioletta emessa da una g., o quella di un quasar che è generalmente più brillante, può essere assorbita da atomi di idrogeno neutro che incontra. Le prime nubi di idrogeno che la luce si trova ad attraversare sono in prossimità della galassia. Successivamente la luce attraverserà nubi sempre più distanti dalla g. e più vicine alla Terra.
La diversa distanza che le nubi di gas hanno rispetto a noi fa sì che la lunghezza d'onda della riga di assorbimento Lyα da loro prodotta sia vista da terra a lunghezze d'onda diverse. In pratica le nubi di gas producono una serie di righe di assorbimento molto fitta che interessa la regione di lunghezza d'onda spostata verso il blu rispetto alla riga di emissione Lyα della sorgente. Questa serie di righe di assorbimento viene denominata foresta Lyα (Lyα forest) e viene utilizzata per ottenere informazioni sulla materia non luminosa interposta tra noi e le sorgenti lontane. La lunghezza d'onda degli assorbimenti indica la distanza a cui si trova la nube di gas neutro, l'intensità dell'assorbimento indica la densità del gas. Mentre una nube poco densa produce soltanto un parziale assorbimento nello spettro, una nube molto densa può generare un assorbimento totale della luce alla lunghezza d'onda relativa al suo redshift. Nello studio delle foreste Lyα viene utilizzata in genere la luce di quasar distanti, in quanto molto luminosi.
L'Universo distante è molto poco conosciuto. Oltre alla g. più distante di redshift 10, vengono osservate con una certa frequenza g. con redshift inferiore a 6, equivalente all'epoca in cui l'Universo aveva il 6% dell'età attuale.
Classificazione
Allo scopo di studiare l'evoluzione delle g. risulta fondamentale poter confrontare le g. che popolano l'Universo vicino con quelle dell'Universo lontano. Esistono però alcune difficoltà di natura sia tecnico-osservativa sia astrofisica che rendono non immediato tale confronto.
Dal punto di vista osservativo è necessario tenere conto che la luce che viene emessa da una g. lontana è spostata verso il rosso. Dal momento che le caratteristiche di una g. variano a seconda della banda fotometrica in cui la si osserva, è necessario tenere conto di questo effetto. Nelle g. lontane non è possibile distinguere, a causa della loro piccola dimensione angolare in cielo, quelle strutture che sono invece alla base della classificazione morfologica delle g., quali bracci a spirale, barre, rapporto tra il disco e lo sferoide. La classificazione morfologica per oggetti lontani avviene quindi secondo criteri diversi rispetto alla classificazione che viene tradizionalmente utilizzata per oggetti vicini.
Innanzi tutto, la classificazione mira a distinguere essenzialmente tra g. dei primi tipi (early-type), ossia g. ellittiche, g. a spirale e g. irregolari. Dato il grande numero di g. che caratterizza le surveys attuali, è importante che tale metodo sia automatico, che si basi quindi su algoritmi eseguiti con computer piuttosto che sull'ispezione visuale degli oggetti da parte di un ricercatore. Uno schema di classificazione largamente utilizzato si basa su tre indici della distribuzione della luce, quello della concentrazione, della simmetria e dell'omogeneità (detta classificazione CAS). L'indice di concentrazione dà una misura di quanto il profilo di luminosità sia piccato nel centro della g. e viene ricavato come il rapporto tra la luce contenuta entro due diversi raggi; l'indice di simmetria indica quanto simmetrica rispetto al centro è la forma della g.; l'indice di omogeneità indica quanto la luce è distribuita in maniera uniforme o granulosa. Le g. ellittiche tendono ad avere una forma simmetrica, hanno poi una concentrazione alta e una granulosità bassa, mentre le g. a spirale sono meno concentrate, più granulose e anche meno simmetriche. Gli indici CAS hanno una sensibilità tale da permettere di distinguere tra g. a spirale di tipo Sa-Sb e spirali più avanzate come le Sc-Sd. È possibile individuare inoltre le g. irregolari.
Studiando l'Universo ad alto redshift è inoltre necessario introdurre alcune classi di g. meno frequenti nell'Universo locale. Una di queste è la classe delle ULIRG (Ultra Lumious InfraRed Galaxies), il cui prototipo è ARP220. Le galassie ULIRG (scoperte negli anni Ottanta del ecolo scorso dal satellite IRAS) hanno forma irregolare e sono caratterizzate da un'intensa emissione nell'infrarosso, pari a cento volte quella della nostra galassia. Sembra che l'emissione sia dovuta all'intensa attività di formazione stellare, forse innescata da una collisione di galassie. La radiazione infrarossa deriva dalla presenza di grandi quantità di polveri che assorbono gran parte dell'energia prodotta dalle stelle appena nate e la riemettono a queste lunghezze d'onda.
Anche una g. attiva, il cui nucleo sia completamente oscurato da polveri, può essere classificata come ULIRG. Le g. starburst sono oggetti frequenti nei quali in epoca recente è avvenuto un massiccio episodio di formazione stellare; il prototipo di questa classe di galassie è M82. In esse la formazione stellare è intensa a tal punto che la struttura stessa della g. può risultarne alterata. In M82, solo per fare un esempio, l'azione congiunta di venti stellari supersonici nonché l'esplosione di supernovae ha portato alla formazione di una bolla di gas molto caldo, che si espande fino a fuoriuscire dalla g. formando due estromissioni di gas perpendicolari al disco stellare e che sono visibili sotto forma di radiazione X.
Una tecnica di classificazione alternativa e complementare si basa sullo spettro delle g.; essa è applicabile a redshift intermedi (SDSS, 2dFGRS) in quanto sono necessari spettri con un elevato rapporto segnale/rumore. La tecnica, di carattere empirico, è basata sull'analisi statistica delle componenti principali degli spettri. Dato un campione di g. di tipo morfologico noto, questa tecnica permette di individuare alcuni (tipicamente ci si limita a cinque) spettri autovettori, che verranno poi utilizzati per scomporre gli spettri delle galassie. A seconda del tipo di decomposizione che si ottiene si determina il tipo di galassia. Dato che le g. esaminate in dettaglio sono diverse l'una dalle altre, non è utile confrontare le g. tra di loro singolarmente, ma conviene piuttosto confrontare gruppi di g., spesso utilizzando le relazioni di scala, ossia relazioni generalmente di carattere empirico che legano alcune grandezze caratteristiche delle galassie.
Selezionando un campione di g. ellittiche dell'Universo locale e misurandone il raggio efficace (o di metà luce, Re), la brillanza superficiale al raggio efficace (μe) e la dispersione di velocità stellare centrale (σ0), si trova che la distribuzione dei dati (dove ogni punto è rappresentato dal valore di queste tre grandezze per una g.) in una rappresentazione tridimensionale non è uniforme nello spazio (Re, μe, σ0), ma i punti si dispongono su di un piano, detto piano fondamentale. Questa circostanza indica che il meccanismo che ha portato alla formazione delle g. ellittiche è tale per cui g. con una certa massa (legata al valore di σ0) e una certa dimensione (legata a Re) hanno necessariamente una certa luminosità (legata a μe). I motivi dell'esistenza del piano fondamentale sono noti qualitativamente ma non è ancora stato chiarito al livello quantitativo, perché le grandezze menzionate sono legate tra loro con certi specifici coefficienti. Questo non impedisce di utilizzare il piano fondamentale come strumento per confrontare popolazioni di g. e studiarne l'evoluzione.
Le g. a spirale seguono la relazione detta di Tully-Fisher (TF), secondo la quale la velocità massima di rotazione di una g. è legata alla sua luminosità assoluta. Questa relazione è stata trovata in maniera empirica misurando la curva di rotazione di g. a spirale di diverso tipo morfologico ed è ritenuta valida in un ampio intervallo di luminosità. Originariamente si è trovato che la luminosità era proporzionale alla quarta potenza della velocità, ma il valore dell'esponente dipende dalla banda fotometrica utilizzata per misurare la luminosità. L'esistenza della relazione TF si può intuire dal fatto che tanto più una g. è luminosa, tante più stelle conterrà e conseguentemente tanto più sarà massiccia, per cui la rotazione deve essere più rapida in modo che la forza centrifuga possa controbilanciare la forza centripeta dovuta all'attrazione gravitazionale. Dal punto di vista quantitativo non è invece ancora ben chiaro come derivare i coefficienti che caratterizzano la relazione.
Se si assume che le g. a spirale abbiano tutte lo stesso rapporto massa-luminosità (cioè che la loro luminosità sia proporzionale alla loro massa) e che abbiano tutte la loro stessa densità, si ottiene che la luminosità è proporzionale a V4, dove V è la velocità circolare, ossia la velocità con cui il gas ionizzato o neutro orbitano attorno al centro della galassia. Il rapporto massa-luminosità dipende però dallo stato evolutivo della popolazione stellare di cui la g. è formata: una popolazione di stelle giovani è più brillante di una popolazione vecchia della stessa massa. Ci si aspetta quindi che la relazione TF possa cambiare dal punto di vista quantitativo andando a studiare g. meno evolute; questa è una delle tecniche utilizzate per derivare importanti indizi sui meccanismi con cui le g. a spirale si sono evolute (similmente a quanto si fa con il piano fondamentale).
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