GALBA (Servius Sulpicius Galba)
Imperatore romano. Figlio del console C. Sulpicio Galba, nacque nel 4 a. C. presso Terracina.
Console nel 33 d. C., legato nella Germania Superiore sotto Caligola e vincitore dei Catti, prese parte sotto Claudio alla spedizione in Britannia; in seguito a una campagna, condotta come proconsole d'Africa, ottenne gli onori del trionfo. Nel 6o fu nominato legato della Hispania Tarraconensis. Nel 68, non volle far causa comune con Vindice, ma scelse una posizione di rivolta contro Nerone, assumendo il titolo di "legato del Senato e del Popolo Romano". Alla morte di Nerone fu eletto dal Senato imperatore (9 giugno 68). La sua severità, la durezza della politica finanziaria, l'avarizia nei donativi lo resero impopolare, mentre Otone si adoperava per sostituirlo; dopo pochi mesi di regno, fu ucciso dai pretoriani (15 gennaio 69).
Aveva ormai settantadue anni quando salì al trono; era calvo, aveva naso aquilino e occhi azzurri (Sueton., Galba, 20, 2; 21; Tac., Hist., i, 7, 15). Oltre agli scarsi cenni descrittivi delle fonti letterarie, il ricordo del suo aspetto fisico è affidato soprattutto alle monete. Infatti, nessun ritratto plastico può essergli attribuito con certezza assoluta e ben pochi con sufficiente probabilità. La famosa statua della Rotonda del Vaticano deve la somiglianza specialmente ai restauri.
Un busto di bronzo argentato al Museo Nazionale di Napoli, proveniente da Pompei, che rappresenta un personaggio anziano loricato, calvo e col naso adunco, ha raccolto il consenso di studiosi particolarmente competenti. Tuttavia il grossolano verismo, con cui è espressa la non comune bruttezza dell'individuo genera il dubbio se possa veramente trattarsi di ritratto imperiale. La forma del busto conferma che l'opera è vicina all' età flavia. Una testa su busto non pertinente del museo di Villa Borghese è stata pubblicata come immagine sicura dell'imperatore, in base al confronto con il profilo delle monete. Questa scultura ha alcuni tratti fisionomici in comune, da un lato, con i sesterzi di G. (calvizie, naso aquilino), dall'altro col busto pompeiano (bocca fortemente serrata, due rughe trasversali sulla fronte), ma la somiglianza resta generica. Inoltre il ductus della capigliatura e l'uso abbondante dell'incisione in superficie (capelli, palpebre, zampe di gallo, solchi labio-nasali, mento) possono suggerire una datazione all'inizio dell'Impero, quando nel ritratto privato si trovano non di rado accostate la tendenza al linearismo, eredità dell'arte repubblicana, con il senso non nuovo della struttura corporea, ma con una rinnovata sensibilità plastica. Le altre attribuzioni a G. sono per ragioni cronologiche o fisionomiche ancora più difficilmente accettabili. Sono da segnalare quelle recenti di una testa, del Museo Civico di Bologna, e di una con corona di quercia, da Italica, nel Museo Archeologico di Siviglia. Sebbene abbia scarsi caratteri individuali, interessa perché segna gli inizî della produzione artistica della Hispania Tarraconensis ed è da mettersi in relazione con le monete prodotte dalla zecca provinciale. Fra i ritratti di G. vi sono opere presumibilmente moderne, alcune del XVI-XVII secolo. Le pietre incise attribuite a questo imperatore attendono di essere pubblicate e riprese in esame. La più nota, al British Museum, mostra il profilo di un uomo maturo con fronte sfuggente, arcate sopraorbitarie accentuate e capelli ricciuti, ben diverso da quello dei conî monetali. L'iconografia monetale si basa specialmente sui bronzi, numerosi e belli, nonostante la brevità del regno. Sono state recentemente individuate per le loro caratteristiche le varie officine che li hanno prodotti. In base a questi elementi sarebbe forse possibile risalire agli archetipi plastici, i quali certamente non mancavano, trattandosi di un uomo di illustre famiglia e di alto grado, a cui furono subito innalzate statue (Tac., Hist., iii, 7; iv, 40). Nel ritratto di G. si riscontra in linea di massima un atteggiamento severo e una tendenza realistica, che vogliono contrapporsi alla iconografia neroniana degli ultimi anni, in cui si era andato accentuando il carattere del sovrano ellenistico. Il tentativo di ritornare, almeno nelle forme, alla severità repubblicana ha lasciato traccia nella monetazione di G.; in taluni bronzi perdura l'influsso dell'iconografia del predecessore, ma in altri predomina un attento realismo descrittivo, in altri ancora il realismo è temperato dalla volontà di esprimere la dignità imperiale.
Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ikon., II 2, Stoccarda 1891, p. i ss. tav. I; R. West, Römische Porträt-Plastik, Monaco 1933, p. 241 s.; F. Poulsen, Problem der römischen Ikonographie, Copenaghen 1937, p. 46, tav. LXVI; M. Borda, in Riv. Ist. Arch. e St. dell'Arte, IX, 1942, p. 87 ss.; M. Borda, Le famiglie imperiali da G. a Commodo, Roma 1943, p. 8 s.; A. García y Bellido, Esculturas romanas de España y Portugal, Madrid 1949, p. 30 s., tav. 19. Gemme: H. B. Walters, Engraved Gems and Cameos in the British Museum, Londra 1926, nn. 3606 - 3608, tav. XLII; J. Yvon, in Bull. Soc. Franc. Num., 1956, p. 34. Monete: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, I, Londra 1923, p. CCII ss., p. 309 ss., tavv. 52-59; C. M. Kraay, The Aes Coinage of G., in Numismatic Notes and Monographs, 133, Am. Num. Society, New York 1956; G. Lippold, Die Skulpt. d. Vat. Mus., III i, p. 132, n. 548, tavv. 40, 46; V. Poulsen, in Meddelelser fra Ny Carlsberg Glypt., XVI, 1959, p. 15 ss.