BIRAGO, Galeazzo
Figlio di Giampietro, detto Pietrino, e di Angela di Princivalle Lampugnani, nacque in data imprecisata, nella seconda metà del sec. XV, con tutta probabilità a Milano. Dal padre, legatissimo a Ludovico il Moro, fu educato al mestiere della armi e avviato al servizio dello Sforza. Doveva essere ancora giovanissimo quando il 1º dic. 1481 fu nominato castellano di Pandino, dato che per sedici anni non si ha più alcuna notizia di lui, fino al 7 genn. 1497, data della sua nomina a commissario a Novara.
Il crollo del dominio sforzesco e la conquista francese del ducato spostò i Birago, guelfi di fazione, dalla parte dei vincitori, e il 29 sett. 1499 il B. partecipò al giuramento di fedeltà prestato dalle delegazioni dei quartieri milanesi a Luigi XII, entrato trionfalmente a Milano. Tale giuramento il B. rinnovò il 1º febbr. 1500, quando la rivolta dei ghibellini in città e il Moro alle porte indussero una parte della nobiltà e del clero di Milano a una solenne dichiarazione di fedeltà al re di Francia.
Come il fratello Cesare e vari altri familiari, anche il B. dovette entrare nell'esercito francese comandato da Gian Giacomo Trivulzio. Nel giugno del 1501 risulta al seguito del figlio del Trivulzio, Francesco conte di Mesocco. Per il decennio successivo mancano notizie su di lui: nel 1512, cacciati i Francesi dalla Lombardia, anche il B. li seguì in Francia, donde ritornò in Italia nel 1515, quando la battaglia di Marignano riportò la dominazione francese nel ducato. L'11 ott. 1515 Francesco I, nuovo re di Francia, fece il suo ingresso trionfale in Milano e il B. insieme col fratello Alfonso, in quel momento vicario di provvisione, gli offrì le chiavi della città. La riorganizzazione dell'amministrazione milanese portò il B. con il fratello Cesare e altri membri della famiglia nel Consiglio dei sessanta decurioni istituito da Francesco I il 1º luglio 1518. Tre anni dopo l'esercito dei collegati imperiali e pontifici costrinse i Francesi a ritirarsi e nel novembre del 1521 Milano fu evacuata: il B. ritornò così alla dura condizione del fuoruscito, subendo come altri suoi parenti la confisca dei beni. Dovette continuare a servire nell'esercito francese che si sciolse però di lì a poco, in conseguenza della dura sconfitta subita alla Bicocca il 27 apr. 1522. In attesa del ritorno in forze dei Francesi, si rifugiò in Piemonte. Nell'estate del 1523 risulta a Torino, dove la notizia dell'attentato di Bonifacio Visconti al duca di Milano Francesco II Sforza lo indusse a tentare insieme col suo parente Giovanni Birago un colpo di mano su Valenza che prese ai primi di settembre del 1523, nella speranza di poterla presidiare fino all'arrivo dei Francesi. Il tradimento del connestabile di Borbone costrinse però Francesco I a ritardare la discesa in Italia, offrendo così ad Antonio de Leyva, in quel momento di stanza ad Asti, l'opportunità di accorrere a Valenza, e di espugnarla dopo tre giorni di assedio. Il 12 sett. 1523 l'abate di Nájera riferì a Carlo V la cattura del B. "muy sabio y astuto faraxido deste Estado". Fu rinchiuso nel castello di Pavia, ma ne uscì presto, forse per un accordo col de Leyva.
Nell'estate del 1525 il B. era già in Francia, e dalla corte, dove si tratteneva in qualità di membro del Consiglio privato del re, entrò in trattative col de Leyva per passare al servizio imperiale e riavere i beni confiscati, inviando segretamente un agente che fornì al marchese di Pescara e all'abate di Nájera importanti informazioni sulle trattative della corte francese con Clemente VII e la Repubblica di Venezia per la costituzione di una lega antimperiale. Non è difficile cogliere in queste avances l'immediata ripercussione della battaglia di Pavia che eliminò definitivamente ogni possibilità di restaurazione francese in Lombardia. I responsabili della politica imperiale a Milano fecero sapere al B. di essere pronti ad accogliere le sue richieste a condizione che egli continuasse a rendere così buoni servizi. Non è noto però se egli continuasse effettivamente a fornire notizie.
Nell'ottobre del 1525 il B. era a Lione, dove in quel momento risiedeva la corte francese, dalla quale si congedò per rientrare in Italia. Non si diresse però a Milano, preferendo temporeggiare nella speranza forse di potere utilizzare la congiura antimperiale del Morone per giocare la carta sforzesca. Il fallimento della congiura e il rifiuto opposto dai collegati ad accoglierlo nell'esercito della lega di Cognac lo indussero tuttavia a riprendere le trattative con gli imperiali. Nell'agosto del 1526 si recò a Milano dove il duca di Borbone accolse le sue richieste, lo reintegrò nei beni e lo assunse al servizio imperiale, insieme con i figli e con i fratelli Cesare e Alfonso. Il B. fu utilizzato immediatamente, e nel settembre del 1526 risulta già al comando di cinquecento fanti. Nel gennaio dell'anno successivo fu lasciato a presidiare Milano, in assenza delle truppe imperiali che si erano dirette verso Roma. Il comando della piazza fu affidato a Lodovico Barbiano di Belgioioso, con non poco disappunto del Birago.
L'arrivo di rinforzi spagnoli consentì al B. di uscire dalla città alla testa di una compagnia di cavalli leggeri per battere il contado. Il 23 genn. 1527 si scontrò con un contingente dei collegati e ne restò sbaragliato. Inviato nel settembre ad Alessandria, assediata dall'esercito francese, riuscì a soccorrerla penetrando nella città che però si arrese subito dopo ai Francesi. Nei patti sottoscritti dal comandante del presidio conte di Lodrone c'era una clausola che lasciava via libera ai fuorusciti milanesi al servizio imperiale a condizione che non tornassero a Milano. I documenti menzionano esplicitamente, tra i fuorusciti presenti ad Alessandria al momento della resa, il cugino del B., Pietro, venuto anch'egli a dar man forte al Lodrone, ma non il B. stesso e il fratello Alfonso. Dove andasse dopo la resa di Alessandria non è noto: forse si allontanò dalla Lombardia, come il cugino Pietro, che in osservanza dei patti di resa fu mandato a Genova.
Nel settembre del 1528 il B. riappare a Pavia, come governatore della città assediata. Bombardata per dieci giorni e serrata dalle preponderanti forze dei collegati, Pavia non resse, e il 19 fu messa a sacco da Svizzeri e Guasconi penetrati attraverso una breccia, mentre il B. si ritirava nel castello. Dovette venire a patti e negoziare la resa con i collegati, ottenendo di riparare a Milano. Questo episodio segnò la fine della carriera militare del B., la cui presenza però è ancora attestata nella vita politica milanese. Alla fine di novembre del 1529 si recò infatti a Bologna, sede del convegno di Carlo V con Clemente VII, a quanto assicura il Sansovino per patrocinare, in qualità di ambasciatore della città di Milano, una soluzione repubblicana della crisi politica che aveva investito il ducato (F. Sansovino,Origine e fatti delle famiglie illustri d'Italia, Venezia 1670, pp. 43 s.).
Secondo il Litta, il B. morì a Milano nel 1540.
Aveva sposato Anna del conte Renato Trivulzio, nipote del gran maresciallo di Francia Giangiacomo, e ne ebbe vari figli: Renato, il futuro gran cancelliere di Francia, Antonio preposto di S. Albino di Mortara, Pietro cavaliere gerosolimitano, Francesco capitano nell'esercito francese, Lucrezia, Giulia ed Elisabetta. A questi figli legittimi indicati dal Litta, bisogna aggiungere il bastardo Pietro Antonio, il quale appare nelle fonti come condottiero di cavalli leggeri al seguito del padre.
Fonti e Bibl.: Commentarii Galeacii Capellae de rebus gestis pro restitutione Francisci II Mediolani..., Venetiis 1535, pp. 71 s.; Storia di Milano scritta da G. A. Prato, in Arch. stor. ital., III (1842), p. 347; Cronaca milanese di maestro Ambrogio da Paullo, a cura di A. Ceruti, in Misc. di storia ital., XIII, Torino 1871, p. 365; Calendar of letters,despatches,and state papers,relating to the negotiations between England and Spain…, III, 1,Henry VIII,1525-1526, a cura di P. De Gayangos, London 1873, pp. 229, 857, 858; 2,Henry VIII,1527-1529, ibid. 1877, p. 371; Iohannis Baptistae Speciani De bello gallico commentarii, in Bibl. histor. ital. cura et studio Soc. longobardicae, I, Mediolani 1876, pp. 113 s.; M. Sanuto,Diarii, III, Venezia 1880, col. 1332; XL, ibid. 1894, coll. 169, 465; XLII-XLIII, ibid. 395,ad Indices; XLVIII, ibid. 1897, col. 628; LII, ibid. 1898, col. 288; Mémoires de Martin et Guillaume du Bellay, a cura di V. L. Bourilly e F. Vindry, I, Paris 1908, pp. 261-282; La politica española en Italia. Correspondencia de don Fernando Marin,abad de Nájera,con Carlos I, a cura di E. Pacheco y de Leyva, I (1521-1524), Madrid 1919, p. 442; F. Guicciardini,Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, IV, p. 191; V, pp. 74, 235; M. Formentini,Ilducato di Milano, Milano 1877, p. 119; E. Picot,Les Italiens en France au XVIe siècle, in Bulletin italien, I (1901), pp. 132 ss.; C. Santoro,Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1800), Milano 1948, pp. 295, 603; G. Franceschini,Le dominazioni francesi e le restaurazioni sforzesche, in Storia di Milano, VIII, Milano 1957, pp. 190, 241, 309; P. Litta,Le famiglie celebri italiane, Birago di Milano, tav. III.