Galeno
Medico (Pergamo 129-130 - ivi, o Roma, 201). Iniziatosi alla filosofia aristotelica, si recò poi ad Alessandria per lo studio dell’anatomia. Nel 157 tornò a Pergamo, da dove si trasferì, nel 162, a Roma. Qui esercitò l’arte medica, prima come medico dei gladiatori e in seguito presso la corte di Marco Aurelio e dei suoi successori, e condusse, con originale e spesso impeccabile metodologia, sistematiche ricerche di anatomia e di fisiologia sperimentale, che espose soprattutto nell’opera Administrationes anatomicae. Le sue accurate indagini di anatomia, condotte soprattutto, se non esclusivamente, sugli animali (scimmia, cane, maiale e ovini) furono in parte condizionate da concezioni teleologiche assiomaticamente formulate e dalla tendenza, da parte non solo e non tanto di G. ma anche e soprattutto dei suoi seguaci e commentatori, a trasferire direttamente dall’animale all’uomo i risultati dell’osservazione anatomica. Anche in fisiologia G. compì fondamentali ricerche: studiò tra l’altro la secrezione dell’urina da parte dei reni, descrisse la paralisi degli arti e i disturbi della sensibilità conseguenti alla resezione dei nervi spinali (che distinse in motori e sensitivi) e dimostrò la presenza del sangue nelle arterie e nel ventricolo sinistro del cuore. Rielaborò inoltre la dottrina umorale ippocratica e identificò l’essenza della vita nel πνεῦμα, che distinse in tre parti: animale, con sede nel cervello, vitale, con sede nel cuore, e naturale, con sede nel fegato e nelle vene. In patologia, a differenza di Ippocrate, valorizzò l’importanza delle perturbazioni locali, cioè delle alterazioni dei singoli organi. Il complesso sistema dottrinale formulato da G. acquisì rapida, indiscussa e duratura autorità, al punto da rivestire significato dogmatico: perché costruito sul fondamento della filosofia aristotelica e ispirato a un esplicito monoteismo che lo rese accetto ai seguaci del giudaismo, ai padri della Chiesa e alla religione islamica; infine perché formulato compiutamente proprio in un’epoca in cui si continuava a sentire viva l’esigenza di comporre e superare i dissensi tra le scuole mediche già sorte a Roma (metodica, pneumatica, eclettica) senza peraltro sovvertire le concezioni ippocratiche. Ciò portò all’adozione dei testi di Galeno (e del Canone di Avicenna) nelle università medievali e all’organizzazione di un tipo di medicina basato sulla lettura dei testi antichi.