BEVILACQUA (de Bivilacquis, Beacqua), Galeotto
Nacque nel 1374 a Verona da Guglielmo e da Taddea di Maso Tarlati d'Arezzo, ricevendo il nome dal cardinale Galeotto di Pietramala, zio materno. Compagno dei padre a soli sette anni nell'esilio da Verona, si addestrò ancor giovane nelle armi: e nel 1386 (15 febbraio) ricevette per diritto ereditario, assieme col padre, la cittadinanza milanese. A diciannove anni sposò Leda Smeducci, figlia di Onofrio, signore di Sanseverino (nella Marca d'Ancona), da cui ebbe cinque figli.
A vent'anni il B. entrò come condottiero al soldo di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, restandovi fino alla morte di lui (3 sett. 1402). Alla fine del 1397 gli toccò in eredità, oltre alle terre veronesi (tra cui Bevilacqua), la rocca di Maccastorna, avanzato fortilizio dello Stato milanese; ma ad essa. come il padre, non prestò allora alcuna particolare cura. Nel giugno 1402, poi, fruendo della buona fama che godeva alla corte viscontea, ottenne dal signore di Padova ("de mea gratia speciali", il che è perlomeno straordinario, essendo la famiglia Bevilacqua notoriamente a lui avversa) il permesso di trasferire alcuni suoi beni, che erano in Montagnana, al castello di Bevilacqua.
Le discordie verificatesi dopo la morte del Visconti tra i commissari testamentari e i consiglieri della vedova duchessa Caterina indussero il B. a ritirarsi nell'avito castello di Bevilacqua, nel Veronese, ad aspettare un cambiamento di situazione. Ma questo allontanamento dal centro degli affari politici fece sì che nel 1403, ad opera di Ugolino Cavalcabò, il B. perdesse la rocca di Maccastorna, che aveva lasciato sin'allora in abbandono. Ritornato alla vita attiva, il 9 maggio dello dello stesso anno appare tra i testimoni dell'assegnazione di Pisa e Crema a Gabriele Visconti, figlio naturale di Gian Galeazzo.
Il 10 apr. 1404, sotto il comando di Francesco Novello da Carrara, signore di Padova, e di Guglielmo della Scala, il B. partecipò alla conquista di Verona, e il 27 dello stesso mese, in considerazione della sua attiva partecipazione alla cacciata dei Viscontei dalla cittadella, con altri venne nominato "cavaliere ". Ma comprendendo quanto sarebbe stato utile ai Veneziani il castello di Bevilacqua nella loro guerra contro il Carrarese, dopo averlo fortificato a dovere e dopo avervi insediato, come presidio, un discreto numero di soldati ben addestrati ed equipaggiati, il B. decise di consegnarlo alla Serenissima. La sua mossa, tuttavia, fallì: dichiarato ribelle e traditore da Francesco Novello, ebbe confiscati il castello e i suoi possedimenti veronesi. Più tardi, però, il 23 giugno 1405, insieme con le milizie veneziane (nei cui ranghi era stato liberamente accettato) rientrò in Verona ove venne fatto, anche questa volta, "cavaliere". E il 15 dicembre il doge Michele Steno stabilì che a lui e al fratello Francesco fossero restituiti tutti i beni che precedentemente erano stati confiscati sia da Francesco Novello sia dalla stessa Venezia.
Rimasto qualche tempo a Verona, ebbe modo di conoscere Pandolfa Malatesta signore di Brescia, che gli era parente da parte di madre: in breve tempo ne divenne confidente e favorito, fino ad assolvere per conto di lui delicate funzioni di segretario e di inviato particolare.
Come tale appare una prima volta tra i testimoni di alto rango della lega tra Pandolfo Malatesta, Giovanni Maria Visconti, Niccolò III d'Este e Cabrino Fondulo contro Otto Terzi, tiranno di Parma (Mantova, 13 maggio 1408). Quindi, il 28 febbr. 1409, in veste di luogotenente del Malatesta, fu inviato come arbitro a Bergamo per dirimere alcune controversie tra la chiesa di S. Maria Maggiore e i frati predicatori di Brescia. Risolta abilmente la questione, il B. fece ritorno a Brescia: ma lo troviamo nuovamente nella città orobica (dove forse rimase sino a tutto il 1411) nel 1410, in qualità di luogotenente del Malatesta.
Venuto a morte Giovanni Maria Visconti il 16 maggio 1412, il B. riallacciò i rapporti con Milano: e, fatto ritorno in quella città, vi venne subito confermato consigliere e segretario di Filippo Maria, e suo condottiero. In quello stesso anno 1412 comandò le due compagnie dal Visconti inviate in soccorso dei Veneziani assaliti da re Sigismondo.
In considerazione dei suoi precedenti rapporti col Malatesta, il duca lo incaricò di dirigere le trattative per una lega tra Milano e Pandolfo Malatesta (29 maggio 1413) e di concludere con quest'ultimo un accordo sulla sorte di Bergamo e Brescia (13 sett. 1413)
Il B. si adoperò scaltramente nel conciliare i contrastanti interessi dei due signori: tanto che, grazie ai suoi buoni uffici, il Malatesta finì con l'accedere alla lega con il duca di Milano. L'11 aprile 1414 egli appare tra i testimoni della ratifica del trattato tra Venezia e Filippo Maria, e delle clausole che sancirono la rinuncia di Milano a Verona e Vicenza. In questi anni è spesso come consigliere e procuratore ducale nei trattati, leghe e convenzioni che Filippo Maria Visconti strinse con potentati e principi italiani allo scopo di ricostituire saldamente lo Stato milanese, sgretolatosi dopo la morte di Gian Galeazzo: nel 1414 era a Vercelli per sottoscrivere, a nome del duca, un accordo con quella città; nel 1415 ricevette l'incarico di trattare una nuova lega con Venezia, con Pandolfo Malatesta, con il marchese di Ferrara e "quant'altri parrà alla discrezione del detto Galeotto". L'anno successivo, prolungandosi le trattative, lo vediamo svolgere ancora analoghi incarichi, sempre per conto di Filippo Maria Visconti.
Il 19 febbr. 1417 riebbe dal duca, in riconoscimento dei suoi meriti, la perduta rocca di Maccastorna, che venne reinvestita a lui e al fratello Francesco. Essendo però prossima ai territori presso l'Adda, contesi tra Milano e Venezia, la rocca fu più volte presa e riconquistata: fatto che praticamente impedì al B. di soggiornarvi stabilmente. Era intanto sempre attivo presso il duca: nel 1417 venne più volte inviato a Venezia per discutere trattati e specialmente per presentare proteste circa l'attività, pericolosa a Milano, di Pandolfo Malatesta, divenuto capitano generale della Serenissima. Il 12 ott. 1418, infine, quando Martino V, eletto da poco al soglio pontificio dal concilio di Costanza, fece solennemente ingresso in Milano, il B., per espressa richiesta del papa, seguì immediatamente quest'ultimo nel corteo, portando il gonfalone di Santa Romana Chiesa.
E' questo l'ultimo atto pubblico che noi conosciamo del B.: probabilmente, come affermano alcuni contemporanei, ridivenuti tesi i rapporti tra Milano e Venezia, per le sue amicizie e benemerenze venete fu costretto a ritirarsi nel castello di Bevilacqua, e di qui a Verona. Dovette però tornare più tardi a Milano per rioccuparsi della segreteria ducale. Ce ne dà fede l'atto d'investitura del castello di Maccastorna (tornato definitivamente nelle mani dei Visconti) del 20 dic. 1437: "considerans continuam et comprobatain fidelitatem, moruin venustatem et devotam constantiam"; all'atto il duca unì il titolo di conte per lui e i suoi discendenti. Più tardi ancora, l'11 maggio 1440, Filippo Maria Visconti gli offrì il privilegio dell'esenzione da qualunque tassa o dazio su ogni sua proprietà in Lombardia.
Morì nel gennaio del 1441 a Verona, dove si era ritirato.
Fonti e Bibl.: Alcuni documenti riferentisi al B. sono nell'Arch. di Stato di Milano (Feudi camerali, Maccastorna) e nell'Arch. vescovile di Lodi (Storia dei beni della Mensa). Altri sono stati editi: Doc. diplom. tratti. dagli archivi milanesi, a c. di L. Osio, II, 1, Milano 1869, pp. 40, 54; I regs. stri viscontei, a c. di C. Manaresi, Milano 1915, pp. 21, 23 s., 53, 79, 89; Il copialettere Marciano della cancelleria carrarese, a cura di E. Pastorello, Venezia 1915, pp. 232, 233 n.; I registri dell'Ufficio di provvisione e dell'Ufficio dei sindaci sotto la dominazione viscontea, a cura di C. Santoro, Milano 1929, p. 442; Il registro di Giovannolo Besozzi, a cura di C. Santoro, Milano 1937, p. 35 e n.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1947, p. 10 n. 6, Vedi inoltre; G. e B. Gatari, Cronaca carrarese…, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XVII, 1, a cura di A. Medin e G. Tolomei, pp. 523 e n., 541, 557 n.; P. Zagata, Cronica della città di Verona, I, Verona 1745, pp. 101 ss.; II, 1, ibid. 1747, pp. 24, 326; II, 2, ibid. 1749, p. 77; B. Corio, Storia di Milano, II, Milano 1856, pp. 545 ss.; G. Pereti, Totius Bevilaquae familiae legitima exactaque sexus utriusque descriptio… ab anno MCLIX in hunc usque diem, Veronae 1584; V. Seta, Compendio historico dell'origine, discendenza, attioni et accasamentidella famiglia Bevilacqua, Ferrara 1606; A. Superbi, Genealogia della famiglia Bevilacqua,Ferrara 1627; L. A. Muratori, Antichità estensi, II, Modena 1740, p. 174; A. Frizzi, Mem. stor. della nobile famiglia Bevilacqua,Parma 1779, pp. 40. ss.; L. Tettoni-F. Saladini, Teatro araldico, VI, Lodi 1846, sub voce Bevilacqua; G. Giulini, Mem. spettanti alla storia, al governo e alla descriz. della città e campagna di Milano, VI, Milano 1857, pp. 209 ss. (dove erroneamente si è attribuito al B. il nome di Giacomo); Z. Volta, Papa Martino V a Milano, in Arch. stor. lombardo,XIII(1886), p. 837; G. Romano, Contributo alla storia della ricostituzione del ducato di Milano sotto Filippo Maria Visconti. ibid., XXIII(1896), pp. 238, 269; G. Boni, La rocca di Maccastorna, in Arch. stor. Per la città e i comuni del circondario di Lodi,XXVII (1908), pp. 49 ss. 97 ss.; G. Agnelli, Lodi e il suo territorio, Lodi 1917, pp. 991, 993 ss. (cfr. Indice, dove però sono confusi due distinti G. B.); E. Casanova, Diz. feudale delle province componenti l'antico Stato di Milano, Milano 1930, p. 57; F. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano,VI, Milano 1955, p. 178; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, II, Bergamo 1959, pp. 340, 347 (dove, seguendo il Giulini, erroneamente si parla di un Giacomo invece di Galeotto), 394, 424 n.; A. Paredi, La biblioteca di Pizzolpasso, Milano 1961, p. 22; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, App. I, p. 357; C. Argegni, I condottieri, in Encicl. biogr. e bibl. ital.,s.19, I, Roma 1937, p. 92; P. Litta, Famiglie celebri italiane, tav. CXXXIV, sub voce Bevilacqua.