CANETOLI, Galeotto
Figlio di Matteo, cambiatore, e, probabilmente, di Vermiglia Bentivoglio, e fratello, con ogni probabilità minore, di Battista, Baldassarre e Gaspare, nacque alla fine del '300 o all'inizio del '400. Sposò nel 1426 una figlia di Gozzadino Gozzadini, da cui ebbe almeno un figlio, Matteo, morto in tragiche circostanze nel 1457.
Si avviò alla carriera giuridica seguendo l'esempio dello zio Giovanni e del cugino Marco, illustri giuristi bolognesi, e fruì delle consuete dispense che spettavano ormai di diritto ai parenti dei dottori e ai membri delle famiglie più in vista di Bologna: l'8 luglio 1423 fu ammesso all'esame privato di laurea, senza aver letto e disputato per un semestre; lo sostenne il 12 luglio, presentato dal cugino Marco e fu approvato all'unanimità; il 27 genn. 1424 conseguì il dottorato nella sacrestia di S. Pietro, che per l'occasione era stata dichiarata dall'arcidiacono, con una disinvolta interpretazione degli statuti, adatta e degna per quest'atto; solo tre giorni dopo fu aggregato al Collegio dei dottori in diritto civile. Da questa data lo troviamo spesso presente alle riunioni del Collegio fino al 1445, anno in cui fu bandito da Bologna. Fu anche lettore dello Studio bolognese dall'ottobre 1426 alla fine del 1430 e riprese l'insegnamento dall'ottobre del 1443 fino al giugno 1445.
Il suo primo incarico di carattere pubblico fu quello di sindaco in una commissione che condannò a morte, nel dicembre 1423, Francesco di Sicilia, ex esecutore di giustizia di Bologna. Nel giugno 1428 partecipò alle riunioni delle famiglie cittadine che decisero di cacciare il legato, Ludovico Alamanni, e tutti gli ufficiali della Chiesa. Stando al Guidicini, fu eletto, dopo l'instaurazione del nuovo regime, a far parte dei Sedici riformatori per il 1429. Nel marzo 1431, dopo essere scampato ad un agguato tesogli da certi fuorusciti mandati in esilio dal nuovo governo, venne inviato a Roma per trattare la pace col papa Eugenio IV. Nonostante che il vescovo Acciapaccia, che assediava la città, ostacolasse l'accordo, il C. riuscì a tracciare le linee fondamentali della pace, conclusa poi nel giugno dagli ambasciatori inviati dal Senato bolognese.
Scomparso il pericolo esterno, esplosero nella città le rivalità fra i seguaci dell'abate Zambeccari e quelli della parte canesca: in quel frangente il C. diede man, forte al fratello, Battista, il quale, nell'agosto del 1432, riuscì a far esiliare gli avversari. Nel gennaio-febbraio 1433 il C. si recò di nuovo a Roma, molto probabilmente per trattare la sostituzione del governatore pontificio, accusato di tramare coi Veneziani a danno dei Bolognesi. Nei primi mesi del 1434, quando il C. era gonfaloniere di Giustizia, i rapporti col papa peggiorarono e i Caneschi, forti dell'appoggio visconteo, si impadronirono del potere: il C. allora entrò nel Consiglio dei Dieci di balia. In giugno si recò a Firenze, per trattare la pace col papa. Oggetto delle trattative fu anche la liberazione del fratello Gaspare, imprigionato dal Gattamelata, alleato del pontefice. Ma quando l'accordo parve ormai raggiunto, le prepotenze del condottiero veneziano irritarono i Bolognesi e la pace, ancora una volta negoziata dal C., venne conclusa soltanto un anno dopo, all'indomani di quella stipulata tra il papa, la Serenissima e Firenze da unaparte e il duca di Milano dall'altra (10 ag. 1435). I Canetoli, non più appoggiati dal Visconti, si trovarono ormai soli di fronte al potere pontificio, con il rischio di vedersi rinfacciare le precedenti insubordinazioni. Così Battista, per evitare la reazione del papa, pensò bene di fuggire da Bologna, mentre il C., che si trovava ancora a Firenze presso Eugenio IV, riparò a Siena (ottobre 1435).
Da questo anno cominciò per il C. un periodo di esilio, prima a Correggio, poi a Milano, dove fu trattenuto dal Visconti. Ritornò a Bologna solo nel febbraio 1439, in occasione dell'effimero accordo tra Battista Canetoli e Annibale Bentivoglio. Ma quando, cinque mesi dopo, i rapporti tra i due capiparte divennero sempre più tesi, il C. fu imprigionato con l'accusa, forse giustificata, di voler consegnare Bologna in mano del Visconti, il quale, appunto, intervenne subito per farlo liberare. Tuttavia, allorquando il duca di Milano passò dalla parte di Annibale Bentivoglio, il C. prima fu imprigionato a Forlì (marzo 1440) e poi spedito a Milano, come i fratelli. Poté rientrare nella sua città e riprendere le sue attività di giurista e di lettore, quando il Bentivoglio, nell'agosto del 1443, cercando di perseguire una politica più autonoma, si volle avvalere della collaborazione degli antichi avversari. Da poco rientrato, fece parte, nel dicembre, della commissione che doveva scegliere i cittadini idonei a ricoprire le cariche per il 1444. Anche se non sembra abbia partecipato alla congiura organizzata dal cugino Baldassarre per assassinare il Bentivoglio (24 giugno 1445), fu ugualmente perseguitato dai Bentivoglieschi. Ma, mentre il fratello Battista venne barbaramente ucciso il giorno stesso del complotto, egli riuscì, con un abile travestimento, a fuggire qualche giorno dopo da Bologna. Bandito, con una taglia di 1.000 lire sulla testa, si rifugiò molto probabilmente a Modena, da dove cercò di rimpatriare nel gennaio 1451; poi si recò, assieme a Gaspare, presso il signore di Carpi, Alberto Pio, con l'aiuto del quale i due fratelli attaccarono Bologna con un esercito di circa 4.000 uomini (7-8 giugno 1451). Fallita l'impresa, il C. la ritentò, sempre senza successo, nel gennaio 1454 e di nuovo nel 1459, ancora con l'aiuto di Alberto Pio. È probabile che - dopo quest'ultimo tentativo - abbia cercato di riconciliarsi coi Bentivoglio, se è vera la notizia, riportata dal Mazzetti, secondo la quale sarebbe morto a Bologna nell'anno 1478.
Fonti e Bibl.: Corpus Chronicorum Bononiensium, III-IV, in Rerum Italic. Scriptorum, 2ed., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem;Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum, ibid., XVIII, 2, a cura di L. Frati-A. Sorbelli, p. 107; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii,ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, p. 123; Hyeronimi de Bursellis Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli pp. 75, 80 s., 83, 90, 96; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, III, ibid., XXXIII, i, a c. di A. Sorbelli, ad Indicem; U.Dallari, Irotuli dei dottori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al, 1799, Bologna 1888-1924, 1, pp. 17-19; IV, pp. 52, 54, 57, 59; Il "Liber secretus iuris cesarei" a cura di A. Sorbelli, Bologna 1938-42, ad Indicem;G. N. Pasquali Alidosi, Li confalonieri di giustizia del popolo et commune di Bologna, Bologna 1616, p. 9; Id., Li dottori bolognesi di legge canonica e civile, Bologna 1620, p. 115; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università di Bologna, Bologna 1848, p. 81; G. Guidicini, I Riformatori dello stato di libertà della città di Bologna dal 1394al 1797, Bologna 1876, p. 30; M. Longhi, NiccolòPiccinino a Bologna, in Atti e mem. della Reale Dep. di storia patria per le province di Romagna, s. 3, XXIV (1906), p. 24; XXV (1907), pp. 113, 118-122, 128, 137; A. Sorbelli, Storia dell'Università diBologna, Bologna 1944, I, p. 243; C. Piana, Lauree in diritto civile e canonico conferite dall'Università di Bologna secondo le relazioni del "Liber sapientium", in Atti e mem. della Dep. di storia patria per le provv. di Romagna, n.s., XVII-XIX (1965-68), pp. 280, 283, 288, 293, 297 s., 305, 307, 318.